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martedì 22 Settembre 2009, 10:30

Apre il passante, a metà

Era un po’ che aspettavamo che qualcuno desse la notizia, e finalmente si sono degnati di farla uscire, con ben cinque giorni di anticipo: da domenica prossima apre il passante ferroviario tra Porta Susa e corso Grosseto, e i treni per Milano si spostano in sotterranea. Per ora apre solo un binario, quello in direzione nord, mentre i treni che arrivano da Milano continueranno a fermare in superficie; dal 18 ottobre però aprirà anche il secondo, e tutti i treni andranno in sotterranea, mentre i binari di Porta Susa – i primi dei quali entrarono in servizio il 25 maggio 1854 – andranno in pensione dopo oltre 155 anni. Contemporaneamente chiuderà per sempre anche la stazione di Torino Dora, in cui il servizio risale al 20 ottobre 1856; ne riaprirà forse una nuova tra qualche anno, quando troveranno i soldi per costruirla in sotterranea sul passante.

Sarebbe una data storica, se non fosse la classica inaugurazione all’italiana. Non soltanto per l’approssimazione con cui è stata gestita: di informazione finora non c’era nulla, e le date erano trapelate da poco tempo sui forum degli appassionati e dei pendolari solo per via delle informative interne, ma l’orario ufficiale di questo primo periodo è stato pubblicato solo in questi giorni, mentre per il secondo periodo ancora non si sa nulla. Inoltre, l’attivazione dei binari richiederà lavori che dureranno per 24 ore ogni volta, dal sabato sera alla domenica sera, sia domenica prossima che domenica 18 ottobre; in queste giornate molti treni saranno soppressi, limitati a Torino Stura o a Chivasso, o fortemente ritardati… eppure nessuno ancora sa esattamente quali; il sito di Trenitalia vende i biglietti per domenica come se nulla fosse…

Anche passata la transizione, tuttavia, il servizio sarà molto difficoltoso. Come forse avrete letto, l’azienda che aveva in appalto la costruzione della nuova stazione di Porta Susa è fallita qualche tempo fa, e i lavori a fine marzo si sono bloccati. Pare che stiano per riprendere, tuttavia della nuova stazione – pur inaugurata in pompa magna quasi un anno fa – esistono solo quattro dei sei binari sotterranei e i relativi corridoi di accesso, con ingresso dal marciapiede di corso Inghilterra e – solo per quello nord – dal marciapiede del binario 3 della vecchia Porta Susa. Dentro non c’è niente: non un bar, non una biglietteria, nemmeno le macchinette automatiche; si può solo scendere al binario e prendere il treno. Questa situazione durerà almeno fino a marzo 2011 (data prevista…), quando si potranno inaugurare le prime parti del nuovo fabbricato viaggiatori e collegare i binari alla nuova fermata della metro, quella “fantasma” dove i treni della metro si fermano senza aprire le porte già da due anni.

Per questo motivo, ancora per due anni resterà attivo l’edificio della vecchia stazione, con tutti i relativi servizi (biglietterie comprese). Comprato il biglietto, il giornale o il panino si dovrà però attraversare a piedi la zona dei vecchi binari, spostarsi verso sud di un centinaio di metri ed entrare al capo nord della nuova stazione, per poi continuare a spostarsi a piedi verso sud (il capo sud dei marciapiedi è circa all’altezza di corso Vittorio). Bisogna dunque scordarsi di arrivare in stazione all’ultimo, perché dalla fermata della metro ci sono almeno cinque minuti a piedi, e fino a fine ottobre bisognerà addirittura scendere nel sottopassaggio della vecchia stazione per risalire poi dalla strettissima scala del binario 3 (voglio vedere coi regionali per Milano…).

Forse siamo noi a lamentarci sempre, ma in un altro paese non sarebbero certo arrivati a spostare il traffico di una delle principali stazioni cittadine senza aver pronto almeno un minimo di servizi e locali per i viaggiatori e senza aver spostato i trasporti pubblici urbani; non credo che sia chiedere troppo da chi pianifica lavori di questa portata.

[tags]ferrovie, torino, porta susa, dora, passante, lavori[/tags]

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lunedì 21 Settembre 2009, 14:40

Videopresi per il culo

Saranno anni che non guardo più nemmeno per caso Quelli che il calcio e faccio assolutamente bene. Dopo Videocracy, però, la fama sulla qualità della nostra televisione deve essersi diffusa meglio anche all’estero, visto quello che è successo ieri…

Gli ospiti musicali del programma erano i Muse, uno dei tre o quattro gruppi rock più famosi dell’ultimo decennio, in giro per presentare il proprio nuovo album; ovviamente, come qualsiasi musicista, avrebbero desiderato farlo suonando dal vivo in una atmosfera adatta, ma si sono trovati davanti la Ventura – già globalmente nota per una terrificante riproposizione di un meraviglioso classico anni ’60 di Lola Falana – che sbraitava con le tette di fuori e che esordiva sbagliando il loro nome e chiamandoli “The Muse” perché così (come griderà poi a fine canzone) è tutto “molto internazionale very internescional”. Ovviamente di suonare dal vivo alla TV italiana non se ne parla, in Italia si può soltanto suonare in playback perché altrimenti la maggior parte dei nostri cantanti farebbe pietà.

E così, i Muse si sono prontamente vendicati: per il playback, il cantante Matt Bellamy si è seduto alla batteria e ha cominciato a suonare in un modo talmente ridicolo da essere evidentemente finto per chiunque abbia mai visto un batterista suonare, mentre il batterista ha preso il basso e ha finto di cantare.

Come ha risposto la Ventura alla provocazione? Beh, non ha risposto: infatti in tutto lo studio nessuno si è accorto di niente! Invano il batterista, intervistato come se fosse il cantante, ha cercato di dare un indizio alla Ventura parlando de “il nostro batterista Matt”, ma probabilmente la Ventura non solo non conosceva il volto, ma non sapeva nemmeno il nome della persona che doveva intervistare. Che il telespettatore medio possa non conoscere a memoria il volto di Bellamy è normale, ma che la conduttrice che lo deve ospitare e la redazione che li ha invitati non sappiano come si chiami e che faccia abbia è un po’ più grave… E così la nostra videocrazia si è fatta prendere bellamente per il culo dagli “ospiti internazionali”!

[tags]televisione, ventura, muse, videocrazia[/tags]

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domenica 20 Settembre 2009, 12:01

Bolliti di speranza

In apparenza, fare il bagnetto verde non pare poi così difficile: si tratta di mescolare aglio, acciughe e prezzemolo. Eppure ieri sera ho partecipato all’annuale competizione di bagnetti verdi con annessa cena di bollito del comune di Montechiaro d’Asti, parte del rito propiziatorio in funzione del Palio di Asti che si corre oggi pomeriggio, e quelli che ci sono arrivati erano uno peggio dell’altro; addirittura uno sembrava una confezione di ragù industriale aperta e versata nel bicchierino, insomma andava al massimo bene per condirci la pasta, certo non il bollito; altri erano indistinguibili dal pesto, sia come consistenza che come sapore. Ho capito che le buone tradizioni si stanno perdendo quando, dietro di me, una famiglia è entrata portando in mano una bottiglia di ketchup e ha condito il bollito con quello.

In compenso, il bollito era ottimo e l’atmosfera piuttosto particolare; del resto, mentre stavamo incamminandoci verso il cinema comunale, all’occasione adibito a salone delle feste per oltre trecento partecipanti alla cena, si è fermato un furgoncino sponsorizzato da un concessionario della val d’Elsa, un tizio ha abbassato il finestrino e con un bell’accento toscano ci ha chiesto dov’era la cena. All’inizio pensavo che avessero sbagliato Palio, ma alla cena abbiamo poi scoperto che si trattava del clan di Gigi Bruschelli, il fantino senese per eccellenza, ospite insieme ai suoi amici e a una fidanzata di altissimo livello (nel senese il fantino professionista acquisisce lo stesso status sociale dei calciatori di serie A). Alla fine sono usciti ironizzando sull’abbondanza di bagnetti; in effetti la parte finale della serata è stata occupata da una proclamazione della classifica in ordine di risultato, cioè “Numero 13! Numero 5! Numero 22!”.

L’inizio è stato travagliato (fino alle dieci meno un quarto non abbiamo visto cibo) ma dopo il terzo giro di bollito, preceduto da un antipasto di salumi, ero piuttosto provato; abbiamo comunque resistito fino alla fine (formaggio, crostata, uva e gelato). In effetti, ieri siamo andati anche a Cheese, sul quale sorvolerei – anche se ho trovato sia il Pannerone di Lodi, sia l’Holzhofer extra-piccante, sia i pecorini toscani di gioielleria di Pinzani, sia un leggendario Emmental invecchiato 17 mesi della consistenza di un mattone e di colore giallo ocra, che ci è pure stato dato con lo sconto del 40% perché l’abbiamo chiesto in tedesco – ma per contratto con la mia redazione devo dirvi che “ho parcheggiato lontano, erano disorganizzarissimi, speso tanto e mangiato poco”; comunque, non capivo bene perché durante il giro tutti i formaggi assaggiati da Elena venissero paragonati con un misterioso alpìn. Questo è più molle dell’alpìn, questo è più duro dell’alpìn, questo sembra un po’ come l’alpìn ma più dolce… Andando alla cena ho finalmente capito: l’alpìn è un formaggio industriale prodotto dalle Fattorie Osella, ambiziosamente sottotitolato sul pacchetto come “Camembert del Piemonte”, ed è anche il formaggio nazionale di Montechiaro, pur essendo estero poiché proveniente da Caramagna Piemonte (però l’Osella è ora della Kraft, dunque ecco il tocco esotico del prodotto). Infatti, alla cena propiziatoria ci hanno servito l’alpìn, una confezione a testa rigorosamente nel pacchetto originale, ma essendo già piegato non ho nemmeno tentato l’assaggio.

La serata è stata comunque interessante e piacevole; l’atmosfera di paese – trecento persone tutte impegnate a capire di chi è il figlio quello lì, chi ha litigato con chi altro, che fine ha fatto quello che aveva il negozio là e quali sono le persone da non salutare più – è per noi cittadini affascinante; nella piazza principale c’è uno Sweet Bar dalle insegne e dalle decorazioni tutte granata, dunque ci siamo capiti; e finalmente un posto dove i bambini di otto anni non sono chiusi in casa a guardare la televisione, ma girano per i tavoli fin dopo mezzanotte con le bottiglie di vino in braccio, cercando in tutti i modi di offrirtene un’altra! Persino la pompa delle autorità – c’era persino la presidente della provincia nonché onorevole PDL (perché avere un solo stipendio quando se ne possono avere due) Maria Teresa Armosino – è stata sopportabile, anche perché eravamo dall’altra parte e gli sproloqui del tizio al microfono erano a volume accettabile. A questo punto, speriamo che Montechiaro rivinca il Palio; non succede dal 1981 e date le scarse finanze della ventura potrebbe non succedere tanto presto, ma l’importante è crederci sempre.

[tags]palio, asti, montechiaro, cena, formaggio, cheese, alpino, bollito, bagnetto verde[/tags]

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sabato 19 Settembre 2009, 14:21

Storie di calcio moderno

Barletta, domenica scorsa: è in programma l’incontro professionistico Barletta-Manfredonia, valido per la Seconda Divisione (la ex serie C2). Poco prima dell’inizio, però, quando già le formazioni sono state comunicate e i giocatori si stanno preparando, arriva una terribile notizia: la moglie e il figlio di uno dei calciatori del Manfredonia sono morti in un incidente stradale mentre stavano recandosi a Barletta per vedere la partita. Sconvolti, i giocatori del Manfredonia chiedono di rinviare l’incontro; il Barletta accetta, e la partita viene annullata pochi minuti prima dell’orario di inizio.

Nel lutto generale, però, si attiva la burocrazia. Già, perché il regolamento della Lega Pro prevede “che il rinvio di una gara, quando anche concordato dalle due società, deve essere preventivamente comunicato alla Lega, soggetto organizzatore dell’evento stesso, per la ratifica dell’accordo; che solo nella ricorrenza del predetto adempimento può parlarsi di gara rinviata, dovendosi in caso contrario considerare la stessa come «gara non disputata» con tutte le conseguenze disciplinari”. In pratica, le due società si sono accordate, ma non hanno provveduto a inviare un fax alle autorità calcistiche in tempo utile; dunque il giudice, pur valutando l’aspetto umano e quindi astenendosi da punizioni più gravi come la sconfitta a tavolino per entrambe le squadre, multa il Manfredonia di duemila euro. Non sarà molto, ma stupisce il principio, come a dire che va bene la sensibilità, ma qui, persino nelle serie inferiori, ci sono di mezzo le televisioni e le scommesse: ricordatevi che lo show deve continuare o perlomeno che dovete portarci rispetto.

Purtroppo, stanotte se ne è andato Brian Filipi, promettente attaccante ventenne del Ravenna, che doveva venire al Toro già quest’estate e forse sarebbe venuto il prossimo anno; è stato investito da un’auto mentre camminava a bordo strada. Chissà se il Ravenna si ricorderà di mandare il fax.

[tags]calcio, giustizia sportiva, lega pro, barletta, manfredonia, ravenna, filipi[/tags]

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sabato 19 Settembre 2009, 13:43

Commercianti

Oggi su Specchio dei Tempi c’è una lettera sul mercato del pesce di Porta Palazzo che mi ha fatto venire in mente la mia esperienza.

Qualche tempo fa siamo andati come al solito a mangiare kebab da Demir in piazza Adriano; al momento di pagare, sapendo già quanto faceva, ho lasciato lì i soldi giusti e non ho pensato di aspettare lo scontrino. La signora ha preso i soldi, ha fatto lo stesso lo scontrino, poi mi ha inseguito ed è uscita fuori pur di darmelo.

In compenso, un sabato pomeriggio siamo andati anche noi a comprare il pesce a Porta Palazzo, in uno dei tanti banchi del mercato coperto. Individuata la merce, ci è stato fatto un prezzo a occhio, senza assolutamente pesarla; e vabbe’, non è vietato fare prezzi al pezzo, anche se quando si espone un prezzo al chilo sarebbe obbligatorio pesare la merce e calcolare il prezzo di conseguenza. Nel frattempo, uno dei clienti ha pagato lanciando i soldi verso la signora del banco; i soldi sono atterrati in mezzo al pesce, al che la signora si è sporta e li ha recuperati, e poi, senza pulire né il pesce né le mani, ha preso il pesce per noi, il quale è stato strascinato su una parte chiaramente sporca del piano inclinato su cui era esposto, poi impacchettato e lanciato nel sacchetto verso di noi. Abbiamo pagato, stavolta senza lanciare i soldi, e naturalmente di scontrini e registratori di cassa non c’era nemmeno l’ombra.

Pensando che questi sono i commercianti italiani che passano il tempo a piangere miseria, accusando ciclicamente le tasse, i giornali che spargono pessimismo, le piste ciclabili e le isole pedonali che tolgono parcheggi e via dicendo, mi è venuto in mente che forse sarebbe bene se molti di loro fossero sostituiti il più presto possibile da quelli turchi…

[tags]commercio, torino, tasse, mercato, porta palazzo, igiene, evasione fiscale[/tags]

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venerdì 18 Settembre 2009, 17:52

America, pimpami la storia

Oggi mi è capitata per caso nella playlist una vecchia (del 2004) canzone di Morrissey, America is not the world; in piena era Bush, Morrissey – con un sarcasmo davvero coraggioso per il mercato musicale anglosassone – si rivolgeva direttamente all’America invitandola a “stare al suo posto” e dicendole letteralmente “sai dove ti puoi ficcare il tuo hamburger?”. E poi aggiungeva: “America, la terra della libertà, dicevano, e delle opportunità, in modo giusto e per davvero; ma dove il presidente non è mai nero, donna o gay, e fino a quel giorno non c’è nulla che tu possa dirmi, America, per aiutarmi a credere nell’America”.

Ecco, sono passati cinque anni e tutto questo è già passato, è già stato ridicolizzato dalla storia. Morrissey non era certo l’unico a non crederci, anzi non ci credevano nemmeno gli intellettuali neri: quest’estate vedevamo una meravigliosa puntata della prima stagione dei Boondocks (2005), quella in cui Martin Luther King resuscita e si schifa a vedere come sono diventati puerili e ignoranti i neri americani, che si conclude prevedendo “il primo presidente nero Oprah Winfrey nel 2020”, e aggiungendo “ma è soltanto un sogno”.

Riconoscendo dunque agli americani, con tutta la loro innocente e violenta arroganza, quella capacità di fare la Storia che ai popoli europei da troppo tempo manca, penso che sarà interessante vedere se si avvererà presto anche l’augurio del secondo pezzo dello stesso disco di Morrissey, Irish blood, English heart, quello che si conclude dicendo “Sto sognando da un po’ il momento in cui gli inglesi saranno mortalmente stufi dei laburisti e dei conservatori, e sputeranno sul nome di Oliver Cromwell, e daranno il benservito a questa linea reale che ancora lo omaggia e lo omaggerà per sempre”. Chissà…

[tags]musica, storia, stati uniti, america, morrissey, bush, boondocks, inghilterra, caparezza[/tags]

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giovedì 17 Settembre 2009, 15:27

Che la guerra continui

Oggi, con quello che è successo a Kabul, è un momento particolare per parlare di guerra.

Io credo nel pacifismo e nel ripudio della guerra, nella riconversione delle spese militari, e anche nel fatto che le attuali “missioni di pace” siano funzionali a un modello politico-economico colonialista, basato sulla crescita indefinita e insostenibile del PIL, e siano dunque decise soprattutto in base agli interessi economici; sono molto fiducioso sul fatto che la decrescita possa portare pace.

Tuttavia, credo che la posizione che rifiuta l’uso della forza militare sempre e comunque sia ipocrita: senza l’uso della forza oggi saremmo tutti nazifascisti. Dubito molto che l’autodifesa nonviolenta, a fronte dell’invasione da parte di un esercito nemico o di una guerra civile in corso, possa vincere da sola: dunque ci sono delle condizioni in cui un esercito è necessario.

Ricordo la posizione di un grandissimo europeo quale fu Alexander Langer, certo non tacciabile di militarismo, quando andò a vedere Tuzla dopo la strage e ne tornò con il grido di denuncia dei bosniaci, “siamo attaccati da un regime nazionalista che ci vuole sterminare e voi europei non fate nulla, dunque siete loro complici”. Lui lo sottoscrisse e invocò l’intervento armato dell’ONU, e per uno che aveva diretto Lotta Continua e fondato i Verdi ed era divenuto leader riconosciuto dei primi movimenti ecologisti e pacifisti d’Italia fu una posizione difficile, che lo portò all’isolamento e che forse fu una delle cause del suo suicidio. Ma sono profondamente convinto che avesse ragione.

Dunque credo che rifiutare per principio qualsiasi uso delle armi sia una posizione semplicistica, talvolta addirittura egoista, che per evitare di affrontare il dilemma scomodo – esistono condizioni in cui l’uso della forza è il male minore? – abbandona al loro destino interi popoli. E credo che una volta che si sono spedite delle truppe dall’altra parte del mondo – truppe scelte sì, magari anche con qualche esaltato, ma in generale fatte di persone che lo fanno come lavoro, talvolta per mancanza di alternative, spesso anche con grande convinzione sul valore positivo della loro missione – sia doveroso non abbandonarle al loro destino: ogni appello al ritiro in queste condizioni è una coltellata alle loro spalle, e incita gli attentatori ad altri attentati, perché dà ad essi la speranza di poter vincere il conflitto in questo modo.

Abbandonare intere parti del mondo nelle mani di una cultura profondamente antidemocratica e autoritaria come quella integralista islamica – quella in cui i genitori ammazzano le figlie perché frequentano un non musulmano – mi sembra una idea ributtante, nonché un modo per preparare conflitti più grandi per il futuro, esattamente come successe quando l’Europa, per evitare lo scontro, non reagì alle prime annessioni del nazismo.

Ricostruire un mondo pacifico al posto di un mondo di conflitti è una impresa che richiede cambiamenti profondi nel modo di pensare, dunque richiede molte generazioni; richiede anche dialogo, integrazione, la costruzione di una cultura profondamente rispettosa delle diversità di tutti. Ma non può tradursi nel rifiuto delle responsabilità, anche militari, che toccano ai paesi più sviluppati. Probabilmente in Afghanistan non ci dovevamo andare, forse si poteva ottenere qualcosa con la diplomazia e con più pazienza – del resto molti regimi autoritari si stanno democratizzando quasi (quasi!) senza uno sparo, come la Russia e la Cina. Eppure non penso che possiamo permetterci da subito di rifiutare per principio qualsiasi uso delle armi: sarebbe una posizione bella, appagante per noi e per le nostre coscienze, ma irresponsabile per persone che, come chi fa parte del movimento di Grillo, potrebbero trovarsi prima o poi ad avere responsabilità pubbliche.

[tags]guerra, pacifismo, crescita, pace, onu, afghanistan, bosnia, langer, grillo[/tags]

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mercoledì 16 Settembre 2009, 19:49

[[Arctic Monkeys – Crying Lightning]]

Questa sera vi lascio con una canzone che da qualche giorno non mi esce più dalla testa, e precisamente il singolo di apertura del nuovo disco degli Arctic Monkeys. I ragazzini inglesi che stupirono il mondo e la Pellerina qualche anno fa sono cresciuti, e rispetto ai precedenti il disco (prodotto dallo stesso dei Queens of the Stone Age) ha effettivamente acquistato in profondità, e suona un po’ meno indie britannico e un po’ più indie americano. Il singolo è martellante e resta appiccicato; il video è bruttarello ma la musica vale.

Una nota particolare la merita il testo, un bell’affresco di timidezze giovanili urbane nelle periferie britanniche. A differenza del testo di canzone medio, questo è deliziosamente scritto in inglese, intendendo con inglese la lingua insegnata e parlata nell’Inghilterra (possibilmente fuori da quel misto meticcio-internazionale che è Londra; i quattro sono di Sheffield, città grigia e operaia quanto basta) e non un insieme delle stesse venti parole di americano globale ripetute all’infinito. L’effetto di trovare in un brano musicale parole come pastime, indignity, toothache e aggravate è culturalmente rinfrescante; e ha l’ulteriore pregio di rendere il testo di difficile lettura ai tamarri del pianeta.

Dev’essere per questo che Yahoo Answers! si è prontamente riempito di richieste di traduzione – ma la cosa deprimente non è questa, mica tutti devono sapere bene l’inglese per forza. La cosa deprimente sono le numerose risposte una dietro l’altra, tutte realizzate col traduttore automatico di Google, e tutte palesemente sballate, anzi totalmente incomprensibili. E’ deprimente che, invece di studiare l’inglese o di chiedere aiuto a qualche madrelingua o di usare Google nel modo giusto – per cercare i pezzetti che mancano uno a uno – l’unica soluzione per tradurre qualcosa sia il traduttore automatico di Google; è altrettanto deprimente che, dopo aver provato ad usarlo e aver ottenuto un risultato insensato, le persone lo postino lo stesso come se fosse buono, magari pensando pure che “ma sì, tutto sommato va bene”.

E dire che per capire cos’è un “pick and mix”, se proprio uno non è mai stato in Inghilterra, basterebbe usare Google Images.

Comunque, sono in dubbio: devo donare alla rete una traduzione completa oppure no? Per ora è bene segnalare che cracker, lace e gobstopper sono tipi di caramelle (cracker in realtà è un pacchetto di carta che ne contiene parecchie e si usa nelle feste) e che crying lightning è una espressione con la stessa forma di crying wolf (gridare al lupo).

Outside the cafe by the cracker factory
You were practicing a magic trick
And my thoughts got rude as you talked and chewed
On the last of your pick and mix

Said you’re mistaken if you’re thinking that I haven’t been caught cold before
As you bit into your strawberry lace
And then a flip in your attention in the form of a gobstopper
Is all you have left and it was going to waste

Your pastimes consisted of the strange
And twisted and deranged
And I love that little game you had called
Crying lightning
And how you like to aggravate the ice-cream man on rainy afternoons

The next time that I caught my own reflection
It was on its way to meet you
Thinking of excuses to postpone
You never look like yourself from the side
But your profile did not hide
The fact you knew I was approaching your throne

With folded arms you occupy the bench like toothache
Stow them, puff your chest out like you never lost a war
And though I try so not to suffer the indignity of reaction
There was no cracks to grasp or gaps to claw

And your pastimes consisted of the strange
And twisted and deranged
And I hate that little game you had called
Crying lightning
And how you like to aggravate the icky man on rainy afternoons
Uninviting
But not half as impossible as everyone assumes, you are
Crying lightning

Your pastimes consisted of the strange
And twisted and deranged
And I hate that little game you had called
Crying lightning
Crying lightning
Crying lightning
Crying lightning
Your pastimes consisted of the strange
And twisted and deranged
And I hate that little game you had called
Crying

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martedì 15 Settembre 2009, 15:30

Scene da un consiglio comunale italiano

Ieri sera, nella ridente cittadina di Rivoli (TO), si svolgeva il consiglio comunale, da poco costituitosi dopo le elezioni del giugno scorso.

Tra gli argomenti all’ordine del giorno ve n’era uno apparentemente di ordinaria amministrazione: la nomina dei revisori dei conti, a garanzia della regolarità del bilancio della città. Il Comune aveva provveduto ad emettere un regolare bando pubblico; erano arrivate una trentina di candidature, e ora il consiglio comunale doveva votare i due da nominare.

Sin dalla notte dei tempi, Rivoli è governata dal centrosinistra; ai bei tempi il Partito con la P maiuscola raggiungeva percentuali bulgare. Così, il Partito Democratico, principale partito della maggioranza, è arrivato in consiglio con una indicazione di voto: il fortunato prescelto dal PDmenoL, destinato a sicura nomina, era il commercialista Ruggero Ragazzoni di Torino.

Peccato che ci fosse qualcuno che si era fatto i compiti a casa: il consigliere comunale di Rivoli a 5 Stelle, Ivan Della Valle, che si era esaminato i curriculum dei candidati e aveva usato uno strumento potentissimo e ipersegreto – Google – per verificarli.

Basta infatti una ricerca con Google per scoprire le credenziali del commercialista Ragazzoni. Per prima cosa, è il commercialista personale di Chiamparino, molto amico degli ex diessini, che in passato già lo fecero nominare revisore dei conti del Comune di Torino (della cui solidità di bilancio ben sappiamo). Ma soprattutto, sette mesi fa il commercialista Ragazzoni è stato coinvolto in un caso di sottrazione di diversi milioni di euro di denaro pubblico, per il quale è stato arrestato e accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla truffa ai danni dello Stato, insieme all’ex procuratore di Torino Giuseppe Marabotto. Non c’è che dire, un ottimo curriculum per una persona a cui affidare i controlli sul fatto che il bilancio di Rivoli sia in ordine e nessuno si freghi dei soldi!

Naturalmente, quando il consigliere grillino ha fatto notare la cosa, è successo il finimondo; tanto che si è dovuto sospendere il consiglio comunale. La maggioranza si è spaccata in due; i consiglieri più giovani si sono rifiutati di votare Ragazzoni, ma i dirigenti del partito hanno insistito che quello era il candidato raccomandato e quello si doveva votare. Come risultato, grazie alla divisione, sono stati nominati i due candidati della minoranza di centrodestra.

A questo punto qualcuno di sinistra dirà senz’altro che i grillini sono mandati da Berlusconi per indebolire il PDmenoL e i suoi alleati; ecco, credo che in questo caso il famoso vaffanculo sarebbe alquanto appropriato.

P.S. Ci piacerebbe tanto mostrarvi le immagini di quanto sopra raccontato. Sfortunatamente, il comune di Rivoli – già protagonista di un famoso video in cui i vigili urbani cancellano la registrazione del consiglio comunale dalla videocamera di un cittadino – ha sì approvato in fretta e furia mesi fa l’intenzione di liberalizzare le riprese, ma purtroppo, per insuperabili motivi tecnici, non è ancora stato capace di emanare il regolamento che attua la delibera. Dato che il vicesindaco Di Croce dell’IDV – parte integrante della maggioranza di centrosinistra – ha più volte dichiarato di essere pienamente in linea con le direttive di Antonio Di Pietro a favore di tale liberalizzazione su tutto il territorio nazionale, confidiamo che gli insuperabili motivi tecnici possano essere presto superati.

Aggiornamento: Per la precisione, il commercialista proposto dal PD non era Ruggero Ragazzoni ma il figlio, commercialista nello studio del padre. Naturalmente, dal punto di vista politico non cambia granché… Comunque, per evitare l’imprecisione sarebbe stato sufficiente che fossero state disponibili le riprese della seduta del consiglio, o anche solo che tutte le candidature fossero state pubblicate sul sito per trasparenza.
[tags]rivoli, trasparenza, pd, idv, amministrazione comunale, fiato sul collo, commercialista, corruzione, ragazzoni[/tags]

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lunedì 14 Settembre 2009, 20:13

Paolo Geymonat

Ho saputo adesso dal TGR Piemonte che a soli 45 anni, “digitando ai tasti del suo computer” come ha detto Gianfranco Bianco, è mancato Paolo Geymonat, presidente e fondatore di Bakeca.it, il migliore tra i piccoli solidi miracoli della new economy torinese. Dopo averne sentito parlare per anni da tante comuni conoscenze, l’avevo finalmente incontrato solo una settimana fa, per parlare di possibili progetti comuni; era stata sufficiente un’ora di chiacchierata al vento, sulla terrazza del palazzetto di via Monti, per rimanere subito incantato dalla visione e dalla voglia di fare – di questi tempi, un animo rarissimo.

Sono rimasto senza parole; e davvero c’è poco altro da dire.

[tags]condoglianze, geymonat, bakeca[/tags]

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