Sky
Vittorio vb Bertola
Fasendse vëdde an sla Ragnà dal 1995

Vën 3 - 13:55
Cerea, përson-a sconòssua!
Italiano English Piemonteis
chi i son
chi i son
guida al sit
guida al sit
neuve ant ël sit
neuve ant ël sit
licensa
licensa
contatame
contatame
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vej blog
vej blog
përsonal
papé
papé
fotografie
fotografie
video
video
musica
musica
atività
net governance
net governance
consej comunal
consej comunal
software
software
agiut
howto
howto
internet faq
internet faq
usenet e faq
usenet e faq
autre ròbe
ël piemonteis
ël piemonteis
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
vej programa
vej programa
travaj
consulense
consulense
conferense
conferense
treuvo travaj
treuvo travaj
angel dj'afé
angel dj'afé
sit e software
sit e software
menagé
login
login
tò vb
tò vb
registrassion
registrassion

Archivio per il giorno 25 Maggio 2007


venerdì 25 Maggio 2007, 11:27

Al cine vacci tu

Non avevo ancora visto il Giro quest’anno; anzi, devo ammettere che da molti anni ormai lo guardo sempre meno, tra impegni lavorativi crescenti e qualità ciclistiche decrescenti. Eppure, in questi due giorni di montagna mi ci sono dato, nelle pause tra un lavoro e l’altro, e ieri ne sono stato completamente rapito.

La tappa di ieri rispondeva all’improbabile nome di Scalenghe – Briançon, un po’ come un Cavese – Manchester United che arrivasse sì all’Old Trafford, ma partisse dal Lamberti di Cava de’ Tirreni. Breve, ma epica, prevedendo due cime leggendarie come il colle dell’Agnello e l’Izoard. Ed epica è stata, con un approccio a velocità pazzesca a lasciare subito tutti sulle gambe, e un equilibrio incredibile tra i cinque, sei corridori sopravvissuti. Con tutte le canoniche storie e storielle a punteggiarla, e il gregario Piepoli che tira alla morte per cinquanta chilometri per il suo capitano e poi scoppia, e Garzelli che resiste coi denti sulle strade della sua ultima grande vittoria, senza più Pantani a fargli l’andatura, e Savoldelli che da un anno preparava la tappa e ieri è scivolato sulle strisce e gli fa male, e mentre scivola sempre più indietro gli viene da piangere e quasi da mollare la bici lì in mezzo a un prato; e i vecchi francesi in fuga di giornata, e i giovani che reggono e stupiscono tutti.

Alla fine, Simoni è il fesso di sempre e vince Di Luca. Il rilevante, però, è che si verifica proprio quel miracolo senza tempo di cui canta il Paolo Conte del periodo migliore, e i francesi che s’incazzano, e i giornali che svolazzano; e tutti noi che avremmo altro da fare, ma non riusciamo a smettere di guardare: forse avremmo da andare al cine, ma al cine vacci tu. Perchè non si spiegherebbe altrimenti come, nell’anno del Signore duemilaesette, ci siano ancora migliaia e migliaia di persone che si inerpicano sulle pietraie alpine con ogni mezzo possibile – poche auto, parecchi camper, una infinità di biciclette da corsa e se no, signori, a piedi – per accamparsi per uno o più giorni sul ciglio di una strada, solo per gridare “Alé” per una frazione di secondo, quando passa il primo della lista; e poi ancora “Alé” quando passano il secondo, il terzo e giù giù fino all’ultimo, che a differenza dei campioni è un onesto impiegato che guadagna al più come un vicedirettore di filiale bancaria, ma si tira su una bici a trenta all’ora per duemilacinquecento metri di dislivello, per poi riportarla giù a novanta all’ora e a pochi centimetri dalla roccia, e poi ancora su per altri mille metri abbondanti.

Sì, anche il ciclismo, come altri sport secondari al calcio ma non minori, ti può permettere di eliminare un po’ di fame e raccogliere un po’ di fama; ma non certo in modo tale da giustificare la fatica assurda che (doping o non doping, che la bici comunque non si muove da sola) si compie in questo sport; paragonabile probabilmente solo alla maratona, però a una maratona fatta tutti i giorni per tre settimane. Come nella maratona, la forza fisica è relativa, e sono molto più importanti la testa, la tattica, la capacità di sfruttare quelle risorse misteriose che gli esseri umani trovano soltanto nelle situazioni disperate o nelle sfide contro se stessi.

Da Scalenghe a Briançon, potevano comodamente arrivare in macchina in un’oretta. Farlo in cinque ore su una bici, passando per il percorso più lungo e arduo possibile, è chiaramente masochismo. Dev’essere per questo – per questo senso di sfida sbruffona e insensata, però mai rimangiata, e sempre regolarmente portata a termine a prezzo di grandi sacrifici – che il ciclismo è uno sport eccezionale.

divider
 
Creative Commons License
Cost sit a l'è (C) 1995-2024 ëd Vittorio Bertola - Informassion sla privacy e sij cookies
Certidun drit riservà për la licensa Creative Commons Atribussion - Nen comersial - Condivide parej
Attribution Noncommercial Sharealike