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venerdì 13 Ottobre 2006, 11:35

Perché

Anche se le posterò probabilmente domani mattina, mentre scrivo queste righe sono seduto sulla poltrona di un Eurostar da Roma a Milano, appoggiato sul tavolino con la matita in mano, mentre vedo scorrere fuori dal finestrino le luci della periferia di Firenze. Ho appena finito di mangiare il panino gnecco che ho arraffato al volo al supermercato della stazione Termini, e prima di passare ai wafer ho sentito il bisogno di rispondere per iscritto, come in una interrogazione tra me e me, a una domanda semplice ma ricorrente: perché lo fai?

Voglio dire, cosa spinge una persona che in questo momento, anziché aver davanti altre cinque ore di treno nel cuore dell’Italia addormentata, seguite da una lunga passeggiata fino all’automobile e da un letto raggiunto ad ore proibitive, potrebbe essere tranquillamente in poltrona davanti al televisore, o al cinema, o in birreria con gli amici? Invece di dedicare del tempo ad inseguire obiettivi nemmeno ben definiti e utopie di vario genere, non potrei dedicarmi anch’io a quello a cui mirano la gran parte delle persone della mia età, cioè farsi una famiglia e costruirsi una carriera remunerativa e sicura?

C’è certamente del piacere in questo mio girovagare da un incontro all’altro, sui treni e sugli aerei di mezza Europa e di un buon quarto di mondo. Ci sono la gratificazione del riconoscimento tra pari, il piacere della visibilità personale, l’ambizione di raggiungere prima o poi posizioni sociali riconosciute, la sensazione appagante di avere voce in capitolo, insomma di provare a cambiare qualcosa in questo mondo di cui tutti, ma proprio tutti, si lamentano, ma per cui ben pochi hanno la fiducia e la voglia di fare qualcosa.

Eppure, c’è anche la stanchezza, la delusione le volte in cui tutto il tuo sforzo sembra non portare a nulla, la solitudine imposta dai non-luoghi qualsiasi in cui passi le giornate di mezzo, un punto imprecisato in cielo tra un biscotto e un salatino, una stazione di campagna dove Trenitalia ti dimentica per mezz’ora prima di rilanciare il tuo treno, un albergo uguale ad ogni altro albergo come una catena di supermercati.

E’ probabilmente un circolo autoalimentato, se la fortuna di un discorso ben venuto – che, peraltro, è molto più preparazione e fatica che caso – ti porta in giro a fare altri discorsi, e ti toglie invece il tempo per sperimentare altre strade, i percorsi di vita più battuti, quelli generalmente più noti e prevedibili, e quindi un po’ noiosi ma tanto rassicuranti. Bisogna essere un po’ pazzi per rinunciare a uno stipendio, chiudersi con se stessi, e scommettere che tutto questo su e giù in nome di una tua personale interpretazione del bene collettivo ti porterà prima o poi non dico a mantenerti, ma almeno a qualche risultato di cui poi parlare ai nipotini altrui (che i tuoi, di questo passo, non esisteranno mai).

So però che non sono il solo: l’Italia è piena di persone che, a costo di rinunce, dedicano tempo ed energie a qualcosa che non ha come obiettivo principale un compenso monetario personale, ma qualcosa di più grande e meno chiaro; forse un ideale astratto e nemmeno detto forte, nell’era in cui l’ideologia è peccato; forse il fantasma di un sogno già stinto; forse solo quella pacca sulla spalla e quel sorriso che non c’erano quando era necessario, e che alla fine ripagano più di un intero deposito di Zio Paperone.

Siamo i monaci di Santa Maria Novella, su e giù per i binari come api o formiche, nel volontariato come in politica, come in tanti mestieri di valore sociale dove il futuro è dubbio e lo stipendio è secondario. Nel mio caso, però, c’è un po’ di sconcerto in più, perché se lo facessi per un’azienda o per un partito saprei che, prima o poi, ne sarei ricompensato.

Così, invece, non si sa. Ma d’altra parte cosa, oggi come oggi, si può sapere in anticipo della propria vita?

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2 commenti a “Perché”

  1. Mir:

    Siamo i monaci di Santa Maria Novella. Dal primo all’ultimo, su questa Terra.
    Ed e’ un tremendo errore cadere nell’illusione di esser rimasti da soli.
    Perche’ per ognuno che costruisce c’e’ da un’altra parte qualcuno che cerca di distruggere cio’ che e’ stato costruito e questo se vogliamo e’ il meccanismo dell’evoluzione “A la Terre..” anche perche’ finora all’umanita’ non ne e’ venuto in mente uno migliore.
    E questo era un messaggio neanche tanto subliminale per dire che la battaglia deve continuare non tanto per un fine personale o etico, ma perche’ dai suoi risultati nasceranno nuovi frutti. E tanto piu’ appassionati saranno quelli che vi parteciperanno tanto piu’ estesi e pervasivi ne saranno i risultati, ancorche’ non immediatamente visibili ai molti.
    L’Evoluzione non si ferma nemmeno nei momenti piu’ bui dell’umanita’. Varra’ la pena aver combattuto e anche di aver perso se sara’ il caso. L’importante e’ averlo fatto, e’ esserci stati anche se nessuno ricordera’ il nostro nome.
    Questo Blog e tanti altri son pasciuti e popolati: 30% esperienze e tragedie personali- 70% argomenti di comune interesse. Una alternativa valida al “broadcast” imposto dalla carta stampata e dagli editori che vogliono imporre una forma mentis e di consumo dall’alto per rimpolpare le loro saccoccie e impoverire il nostro spirito. Ed ora, tenteranno di tassare pure questo? Prepariamoci a combattere.
    Siamo i monaci di Santa Maria Novella.

  2. bondgirl:

    qualche tempo fa il mio quartiere è stato tappezzato (non ricordo più a proposito di quale iniziativa) di immagini del CHE che diceva, più o meno: “se lotti puoi morire, se non lotti sei già morto”. E non sottovalutare chi lotta dall’interno di una vita normale e – apparentemente – ordinaria e rassicurante :)

 
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