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Archivio per il mese di Dicembre 2006


martedì 26 Dicembre 2006, 14:46

Poste natalizie

Tra la posta di Natale, oggi ho trovato una busta che mi ha fatto piacere: era una cartolina di auguri di Natale standardizzati, ma arrivava da uno dei miei nuovi compagni di Board di ICANN, l’avvocatessa Rita Rodin; e qui, scusate se me la tiro un attimo (ah, i narcisisti in cerca d’autostima), non capita tutti i giorni di ricevere auguri da una persona con una biografia di questo tipo (ultimo lavoro di rilievo, rappresentare Skype nella sua acquisizione da parte di Ebay) e con indirizzo del mittente “4 Times Square, New York”.

La cosa realmente degna di nota, comunque, è che la busta era indirizzata sì al mio indirizzo, ma a “10152 Rorino” invece che “10142 Torino”. Ok, è colpa della mia pessima calligrafia pessimamente copiata dallo staff americano di ICANN dentro il file di contatti spedito a tutto il Board, ma mi sono veramente sorpreso nello scoprire che le poste italiane sono riuscite a recapitarla lo stesso.

In compenso, quest’anno le poste non mi hanno ancora recapitato la cartella del mutuo della casa, che pure scade a fine anno: non so se pensassero di farmi un favore, ma io non ho nessuna intenzione di pagare una mora…

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lunedì 25 Dicembre 2006, 21:28

Il senso del Natale

Del Natale noi finiamo spesso per vedere soltanto più gli aspetti consumistici, o al massimo quelli sociali; la celebrazione si riduce allo slogan “A Natale siamo tutti più buoni”, importante certo, ma che dimentica una parte importante dell’evento. Per questo motivo, vorrei concludere i festeggiamenti con un richiamo al senso più profondo ed antico di questa festa, quello più strettamente sacro.

Non ho idea di quanti dei miei lettori siano cattolici praticanti, quanti siano cattolici per default, e quanti siano convintamente atei o pratichino altre religioni. Per tutti gli esseri umani, tuttavia, il sacro è un elemento fondamentale della propria esistenza interiore; essere atei non vuol dire non percepire il mistero della vita e tutti i misteri minori che ne derivano, e non interrogarsi su di essi. Anzi, se per qualcuno è così, ho pietà per lui, perchè una vita puramente scientifica e materialista, priva di senso del sacro e di un’etica superiore, finisce per degenerare nell’individualismo e nel cinismo: basta guardarsi attorno.

Comunque, il mito del Natale è tutt’altro che cattolico; affonda le proprie radici nell’inconscio e nell’esistenza stessa degli esseri umani. Per la civiltà umana, sviluppatasi nell’emisfero settentrionale, il Natale è il solstizio d’inverno, il momento in cui la natura rinasce e comincia a riportare la vita; festa che viene celebrata in quasi tutte le religioni e le civiltà, da ben prima che esistesse il cristianesimo.

Ho sentito l’altro giorno in radio il filosofo Umberto Galimberti esporre una tesi affascinante, quella secondo cui le religioni – termine che deriva non a caso dal verbo relegare – sono nate per contenere il solipsismo e la follia interiore dell’essere umano, e costruire un quadro di riferimento che, offrendo un senso all’esistenza e un insieme di precetti per darle forma, permettesse la convivenza tra gli esseri umani. Insomma, lo scopo della religione è relegare (contenere) il folle demone che ci portiamo dentro e che, se liberato, potrebbe generare disastri.

Il significato antropologico e sociale delle religioni è cosa assodata; mi interessa però osservare come tutte le religioni condividano il legame con la natura e con la natura dell’uomo, rappresentato nel mito della nascita, della crescita, della crisi e della lotta interiore tra il bene e il male, della morte e della resurrezione. E’ il mito di Cristo, ma anche quello di Dante nella Divina Commedia, o di Gandalf nel Signore degli Anelli; la lotta che ogni essere umano, divenuto adulto, deve compiere contro il proprio demone interiore, per uscirne pienamente realizzato (o soccombere diventando un Giuda o un Gollum).

Nel porgere i miei auguri a tutti voi, spero che il Natale, oltre che una occasione per cenoni e per regali, possa essere anche un momento di riflessione sul senso della vita. Specialmente della propria.

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domenica 24 Dicembre 2006, 21:34

L’incredibile ondata

Insomma, che fosse una vigilia di Natale strana s’era capito, che io fossi giù di morale anche, e per peggiorare le cose c’è stata una specie di redde rationem di quelle che capitano regolarmente dopo un po’, sempre con la stessa persona cara.

Tuttavia, la serata ha preso una piega insolita quando il suddetto scambio, invece di finire con la normale lite furibonda seguita da temporaneo troncamento, si è evoluto verso una piena e sincera confessione di cose che non ci si era mai detti, il che, pur non modificando le posizioni in campo, ha permesso di sturare in modo soddisfacente il mio blocco mentale; e poi, proprio al culmine dell’accesa discussione… a casa dell’altra persona è mancata la luce, e si è dovuti proseguire per un paio di messaggini.

Ma questo è nulla, perchè, soppressa in questo modo la discussione, mi sono accinto a prepararmi il cenone di Natale, che doveva consistere in fritto misto (surgelato) e patatine (surgelate). Ho riacceso la friggitrice elettrica dopo un paio d’anni, ho fatto scaldare l’olio, e nel frattempo ho recuperato dal congelatore il fondo del saccone di patatine, che essendo lì da anni era costituito da una manciata di patatine immerse in un blocco di ghiaccio. Ho passato dieci minuti a pulire le patatine dal ghiaccio, una per una, nel modo più diligente possibile; le ho messe nel cestello, e ho immerso il tutto nell’olio bollente.

A questo punto il destino ha deciso di divergere: l’olio vecchio, difatti, ha reagito con l’anomala quantità di ghiaccio rimasta attorno alle patatine, prima con un rumore di doccia e poi, d’improvviso, con una tracimante, incredibile ondata che è uscita dai bordi e dal filtro d’aerazione della friggitrice, trasformandola in una fontanella spettacolare, e spargendo litri di olio bollente per tutta la mia cucina.

Per fortuna, l’olio si è raffreddato subito, ma ho passato un quarto d’ora, ridendo come un pazzo, a rimuovere due centimetri d’olio dal top, da sotto il forno a microonde, dalla macchina del pane, da tutti gli interruttori; prima con uno straccio, e poi con chili e chili di scottex. La friggitrice stessa, di solito pesante e immobile, ora pattinava sul piano della cucina come una campionessa; per non parlare del fumo bianco e acre che ha invaso la casa per l’olio bruciante nei posti sbagliati…

Ho tentato un rabbocco più secondo giro, ma c’è ancora olio per ogni fessura; devo aspettare che raffreddi il tutto per pulire per bene l’interno della friggitrice, la serpentina e così via. Quindi niente fritto; il cenone è consistito delle patatine (però ottime) e di un improvvisato cous cous con mais. Ah, e del tronchetto della felicità di cioccolato e marzapane del Lidl.

Dopo questa prova del fatto di essere vivo, alla soddisfatta mercè delle forze dell’universo, sono ampiamente felice. E di sicuro è una vigilia di Natale che ricorderò fin che campo…

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domenica 24 Dicembre 2006, 12:20

Vigilia

Il Natale, sotto sotto, lo odiano tutti, o perlomeno in tanti; non solo per gli ingorghi, il consumismo, le mail animate da tre megabyte, l’ipocrisia degli auguri a tappeto, anche a gente che nemmeno conosci o che magari per il resto dell’anno maltratti senza pietà.

Festeggiare il Natale – il momento in cui le giornate riprendono ad allungarsi e la vita incomincia a rifiorire – è un’esigenza archetipica dell’essere umano, che precede la nascita di Cristo; eppure, proprio per questo, coincidendo con la ripartenza del ciclo delle stagioni e del calendario, è il momento in cui ci si trova più soli con se stessi. Nè aiutano le cene collettive, l’accavallarsi di eventi che ti forzano a scegliere se unirti a questo o a quell’altro – scontentando per forza qualcuno – e in più, grazie al gigantismo della festa, ti costringono all’anonimato delle lunghe tavolate.

In più, quest’anno, io mi sento in mezzo al guado. Gli ultimi sono stati Natali tristi, parte di un brutto periodo della mia vita; un periodo di quelli che finiscono nascosti sotto il tappeto delle immancabili soddisfazioni professionali, ma che segnano comunque in profondità la tua esistenza. Il 2006 è stato un anno di ripresa timida, un po’ come l’economia, arrivando comunque, durante l’autunno, ad avere dei giorni finalmente felici, io e la mia bicicletta sotto il sole freddo. Ma per quanto ora sia piuttosto contento della mia vita, siamo animali sociali; e nessun essere umano, se non completamente perso nella propria naturale follia, può essere completamente felice se isolato dagli altri.

E quindi, in un momento di giallo cambiare, alzo di nuovo gli occhi e scopro che nel frattempo il panorama è diverso. Praticamente tutti i miei compagni di viaggio degli scorsi decenni hanno messo su famiglia e bambini, sono usciti dal guado e hanno preso una direzione chiara; mi fa sempre piacere vederli, ma onestamente pappine, ecografie e mutui casa non sono il mio argomento di conversazione preferito, anzi non sono nemmeno tra i primi cento, e insomma, come con l’aborigeno australiano di Guzzanti, ma io e te che cosa ci dobbiamo dire? Io, l’unico altro single del gruppo, e un paio di amici che per motivi vari hanno di quei rapporti laschi per questioni di tempo o di spazio, finiamo regolarmente a fare la riserva indiana in fondo al tavolo.

D’altra parte, la vita da ventenne non mi piaceva a vent’anni, non è che mi interessi adesso; non sono mai stato un frequentatore di discoteche, sono troppo stanco per andare a dormire alle quattro su una panchina, e alcool, canne e sesso con la prima che passa, senza sentimento, non sono un obiettivo che mi attiri.

E’ probabile che finisca anch’io a fare il monaco da convegno e da attivismo politico; non è una brutta cosa, e appaga comunque le mie parti intellettuali; mi permetterà insomma di tessere tappeti sempre più grandi e pesanti. Avrei preferito lasciar stare, e dedicarmi a vivere con un’altra persona; ma, come spesso accade per i casi della vita, l’unica con cui abbia mai trovato un legame profondo non ha più avuto il coraggio di provare a ricambiarlo, nè la si può biasimare per questo.

Come vigilia di Natale, qui dal mio solito divano, non posso che augurarvi una buona giornata e una buona serata, sperando che troviate dei regali sotto l’albero; io, di mio, mi unisco di cuore al collega che da settimane ha attivato il conto alla rovescia per il ventisei dicembre, e mi auguro per l’anno prossimo un Natale fuori dal guado.

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sabato 23 Dicembre 2006, 16:12

Calcio verace

Sono in casa in attesa di uscire, mentre smazzo un po’ di mail e di arretrati (comunque troppi, non ce la farò mai). Ho scoperto solo all’ultimo che oggi c’è la partita, e così non ho fatto in tempo a invitare nessuno; allora, visto anche che ho da fare, ho deciso di non comprare la partita su Mediaset Premium e di seguirla all’antica, con la radio e con le trasmissioni delle TV private.

In particolare, su Retesette Piemonte è in onda la tradizionale pseudo-diretta, con il noto conduttore teleradiofonico Dario “Dante” Castelletti – che shock vederlo in faccia dopo sette anni di radio -, i vej signor che fanno il commento tecnico – ossia si lamentano di qualsiasi cosa – e le signorine che prendono le telefonate.

Il tutto scorrerebbe pacificamente in sottofondo, se non fosse proprio per le telefonate: ovviamente, chiamano solo vecchietti dai settant’anni in su, che di solito – e specie sotto Natale – prorompono in un interminabile racconto della propria vita, mischiato a qualche ricordo di giocatori del Toro che erano già morti quando metà dello studio non era ancora nato. In alternativa, può chiamare una signora dallo spiccato accento siciliano che chiede ai conduttori come fare a spedire il pallone del Centenario a suo nipote a Catania, perchè con le Poste non si sa mai… Si susseguono così scene di imbarazzo, in cui i conduttori cercano di arginare il flusso di coscienza e di riportare l’interlocutore sul tema.

Il massimo poi si raggiunge con gli habitué: alla telefonata di un tal signore, Castelletti è sbottato in un “noo…” e poi “l’ho già riconosciuto”. Il signore suddetto ha cominciato un volo pindarico che convergeva verso una benedizione urbi et orbi per il santo Natale. Per fortuna, in breve è casualmente caduta la linea.

P.S. Comunque finisca la partita col Livorno, va festeggiato il primo gol in A di Gabriele Cioffi, l’altissimo difensore che è approdato in serie A adesso, a trentadue anni, dopo tanti anni di serie C e uno in B col Mantova l’anno scorso. Anche quest’anno è partito dalla panchina, e a forza di arrivare all’allenamento un’ora prima degli altri e di lavorare in silenzio è diventato presto titolare e ora anche goleador, con tanto di inchino alla curva per festeggiare (altro che il saluto romano ai comunisti livornesi del laziale Pandev, nello stesso luogo domenica scorsa, con successivo rissone). A me piacciono sempre queste storie, di calciatori mai baciati dalla dea Eupalla, che però non mollano mai, e alla fine, a forza di fatica, arrivano là dove tanti campioni dalla discoteca e dalla velina facili falliscono. Non è un caso che Cioffi sia già un idolo dei tifosi, perchè queste sono storie da Toro.

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sabato 23 Dicembre 2006, 02:41

Confermo: musica.

Questo post è solo per confermare quest’altro, e il fatto che uno può arrivare a casa assonnato dopo un cenone da amici, dire tra sè e sè “va bene, ne provo solo una”, e poi andare avanti sempre più esaltato per oltre due ore – anzi, sempre più alterato, perchè quando si suona per un po’, specie di notte, si entra in una specie di trance totale in cui il cervello è spento, e gli stimoli vanno direttamente dagli occhi alle mani, o, quando la musica è pregna, dall’anima alle mani.

Anche in età adulta, da persone serie, si può, si deve continuare a roccheggiare! In più, stasera ho scoperto vari gran pezzi (appunto: approfondire per bene i Kiss), e ne ho riscoperti altri dell’epoca (I feel so alone / Gonna end up a big ol’ pile o’ them bones – questa la suonavo anche, nelle birrerie). Menzione speciale per un brano a me totalmente sconosciuto di un gruppo a me totalmente sconosciuto, tal Carry On Wayward Son di tali Kansas, che è assolutamente eccezionale (però sono trent’anni che non è più obbligatorio inserire almeno cinque cambi di tempo per brano, eh!).

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venerdì 22 Dicembre 2006, 15:13

Dilemmi di giornata

Ma che cavolo ha tutta ‘sta gente da essere in giro in macchina, bloccata per tutte le vie e gli incroci della città?

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giovedì 21 Dicembre 2006, 16:40

Giochi

Ieri mi è arrivato un pacco dalle Isole del Canale; oggi l’ho aperto.

Infilo il disco nella mia playstation, così a metà pomeriggio, solo un attimo, per vedere che c’è. Scegli una canzone, una sola; all’inizio ce ne sono poche, bisogna giocare un po’ per poterne suonare altre. Prendiamone una. Una? Tra queste? Ok.

Parte, una telecamera a spalla che si infila in un sordido pub, potrebbe essere l’inferno della Divina Commedia, o la cantina del Manhattan. Sul palco si attacca Heart Shaped Box, modalità difficile. Io, con la chitarra in mano, e il fantasma di Kurt Cobain scolpito nel cervello.

She eyes me like a pisces when I am weak. Aveva capito tutto, quell’uomo. Compreso che c’è qualcosa di speciale che si scatena quando un uomo prende in mano uno strumento musicale, meglio ancora se la chitarra, l’anima del rock. Perchè la mia adolescenza passata a chiedere a Bach la spiegazione delle segrete regole del mondo è storia chiusa; ma è quando si diventa adulti in questo fottuto mondo – I’ve been locked inside your heart-shaped box for weeks -, è quando si scopre che di armonia ce n’è poca e spesso è solo finta, che l’uomo imbraccia la sua chitarra, pompa il distorsore, e chiude fuori per un attimo tutto il resto.

Forever in debt to your priceless advice. La canzone si snoda come si snodava più di dieci anni fa, vomitando emozione, pezzi di vita mal digeriti, rimasti sullo stomaco, congelati e scongelati come una bistecca. Sa di sesso e di morte (poco di amore, ormai merce rarissima), è dolce e velenosa, disperata come la prima metà degli anni Novanta. Broken hymen of Your Highness, I’m left black. Sollevi il manico con la mano, come solleveresti una gonna. In questo momento di passione, ci sei solo tu e la musica, tu e quello che avrebbe potuto essere e non è, tu e una preghiera silente che già si è fatta imprecazione maledetta. Throw down your umbilical noose so I can climb right back.

E poi, posare il giocattolo, spezzare il cerchio magico, e tornare felicemente alla realtà, nella serenità di un pomeriggio invernale. Non importa quanti tasti ha la tua chitarra e che cosa la faccia suonare, importa il mondo insondato di profondità mai viste che ti porti dentro, e che ogni tanto, anche solo per gioco, si affaccia alla luce.

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giovedì 21 Dicembre 2006, 11:51

Auguri a Torino

Si possono fare gli auguri ad una azienda che non si conosce e di cui non si è mai stati clienti? Si può, in qualche caso.

Il festeggiamento in questione in realtà è condiviso tra due nomi diversi, non so se parti della stessa azienda o meno. Il primo nome è Leone, ma non quello delle storiche caramelle; si tratta di una grande azienda di tubi e ferramenta sita all’angolo più remoto della Pellerina, su via Pietro Cossa. E’ un punto di grande passaggio, e sulla sede aziendale campeggia da sempre una enorme insegna al neon, talmente grande che, di notte, la si legge distintamente anche dall’aereo quando si sta scendendo verso Caselle; un vero landmark cittadino.

Vent’anni fa, il business dei tubi doveva essere in calo, e quindi nel palazzo è comparsa una seconda attività: quella degli antifurti Security Cà. Visto che il tetto se lo era già preso l’altro nome, quelli degli antifurti per farsi notare occuparono l’angolo sopra la porta, proprio di fronte agli automobilisti che svoltano; e ci misero un pannello luminoso con l’indicazione, sempre aggiornata, del numero complessivo di clienti della loro azienda.

Quando ho cominciato a guidare, una decina abbondante di anni fa, il numero era di qualche decina di migliaia di unità; l’ho visto crescere negli anni, notando giorno dopo giorno i diversi numeri. Avrò pure l’anima del matematto, ma che emozione quando, per combinazione, il pannello segnava proprio il mio vecchio numero di matricola del Politecnico!

Bene, qualche giorno fa è successo l’impensabile (ma pianificato, visto che sin dal principio il pannello aveva spazio per sei cifre): proprio in vista del Natale, è stato raggiunto il numero centomila. Sarà sicuramente una festa per il titolare e per il suo portafoglio, ma lo è stata un po’ anche per tutti gli abitanti della parte occidentale di Torino; perchè a forza di passarci davanti non possiamo non aver cominciato a fare un po’ il tifo per chi, con una tenacia tutta torinese, porta avanti giorno dopo giorno il proprio lavoro per vent’anni, passo dopo passo, fino a raggiungere il risultato.

E quindi, buone feste anche agli antifurti, e a tutti quei pezzettini di vita grandi e piccoli – persone aziende alberi e case – che compongono l’anima della mia città!

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giovedì 21 Dicembre 2006, 00:52

Cene di Natale

Questa sera ho addirittura rinunciato a Toro-Roma per andare a una delle varie cene di Natale a cui sono stato invitato; a questa ci tenevo, trattandosi della tradizionale cena del gruppo di ex colleghi vitaminici.

Eppure, tutto ciò che poteva andare storto lo ha fatto! Per iniziare, la cena era alle 20:30 in un posto ben fuori Torino, e io a pranzo avevo mangiato soltanto una scatoletta di tonno; un pezzo del gruppo si è presentato con mezz’ora buona di ritardo, e quindi fin quasi alle 22 non abbiamo iniziato a mangiare, col risultato di rendermi idrofobo.

Dopodichè, mi sono ripreso un po’ col cibo, e la cena è scivolata via abbastanza normalmente, se non per il fatto che c’era molto vino e poco da mangiare. La cosa è peggiorata quando la conversazione si è assestata sull’unico argomento disponibile per metà della tavolata – il noto gioco di ruolo online World of Warcraft – e la noia ha cominciato inesorabile a invadere la mia mente, accompagnata da una incazzatura onesta e disperata quando si sono dimenticati del mio dolce.

Di lì in poi, in testa ho solo sensazioni confuse, tra cui quella di carezze varie (mi avranno mica baccagliato?), fino a una sensazione orribile di soffocamento, come se stessi per morire; mi sono svegliato di soprassalto e mi sono ritrovato con un gusto dolciastro in bocca e caffè rovesciato su tutti i vestiti (pare che abbiano cercato di farmi bere il caffè versandomelo in bocca mentre dormivo, e ovviamente mi è finito nei polmoni).

Mi tocca pure pagare ventinove euro per mezzo antipasto e una pizza: una vera rapina. Sarà meglio che Natale non si ripresenti tanto presto!

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