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venerdì 6 Aprile 2007, 10:12

Bull’Italia

Del bullismo si parla ormai dappertutto (e per fortuna). Ieri, però, dopo il famoso caso del disabile picchiato e ripreso su Youtube, un altro caso è arrivato da Torino alle cronache nazionali: quello del ragazzo del Sommeiller – scuola situata a fianco del Politecnico, nel quartiere benissimo della Crocetta – che si uccide per non dover più sopportare le prese in giro dei compagni, incentrate sul suo essere il primo della classe. Oggi, sulla scia, la cronaca locale riporta anche di una ragazza di Ciriè tormentata in tutti i modi dalle compagne.

Io, che sono un illuso, spero che queste situazioni emergano regolarmente da Torino e non da altre città, non perchè a Torino siano più frequenti, ma perchè da noi – l’unica parte culturalmente calvinista d’Italia – c’è ancora un po’ di attenzione per il valore dell’impegno, del lavoro e del rispetto reciproco. Insomma, da noi per queste cose ci si indigna ancora in massa; altrove, non so.

Al di là di questo, è evidente come il cosiddetto bullismo scolastico sia un problema profondo, e soprattutto non legato solo all’età della crescita. Certo, al liceo si è più crudeli e più sfacciati, e – abolita in allegria la sana abitudine di qualche mazzata genitoriale ogni tanto – ormai ci si arriva senza aver imparato le regole di convivenza civile; regole che esistono appunto per aiutare a dominare i più bassi istinti e permettere la convivenza all’interno di una società.

Eppure, considerando in particolare il bullismo contro i secchioni, non si può non notare come esso si verifichi in forme diverse in qualsiasi età. Non è soltanto al liceo che la persona più brava degli altri – in senso strettamente “professionale”, visto che il successo intellettuale si conquista solitamente a prezzo di quello interpersonale, e quindi con ampia e profonda sofferenza – dà fastidio, perchè costringe gli altri a confrontarsi con la propria mediocrità e soprattutto con la propria incapacità di accettarla.

Le università italiane sono piene di ricercatori bravissimi che non trovano spazio e subiscono una guerra continua, perchè mettono troppo in evidenza la mediocrità dei raccomandati. Nell’ufficio fantozziano medio, specie se pubblico, chi lavora sodo viene subito isolato, perchè poi, grazie al suo esempio, si potrebbe pensare di far lavorare anche gli altri. Persino nel calcio, il nostro tipico insegnamento tattico su come affrontare i giocatori più tecnici è quello di spaccargli le caviglie finchè non smettono di giocare. E non parliamo di impresa: in Italia, un imprenditore di successo non è uno che ha conquistato ricchezza grazie a intelligenza e lavoro e in questo processo creando posti di lavoro e benessere anche per altri, ma è uno che deruba e sfrutta il prossimo, su cui la collettività deve rivalersi ad ogni occasione.

E quindi, cosa fanno i migliori, in Italia? Scappano. Per fortuna non tutti scappano come il povero ragazzo di Torino; la maggior parte va a lavorare all’estero, come dipendente o con i prodotti della propria azienda, o perlomeno è ben contenta – a differenza di tutti gli altri – quando la sua mediocre azienda italiana viene svenduta all’ennesima multinazionale.

In Italia, restano solo i bulli; quelli che pensano che tutto si possa ottenere prendendosela con qualcun altro, invece che migliorando faticosamente se stessi. Quelli che fanno i bulli con lo Stato o con i conoscenti per ottenere privilegi e trattamenti di favore; quelli per cui lo Stato dovrebbe farsi bullo con i meritevoli, per dare poi a loro. Quelli che nascono frustrati dai modelli impossibili proposti dalla televisione, e che non hanno mai costruito sufficiente stima di sè per pensare di accettare senza invidia le fortune degli altri, o di potercela fare senza prevaricare gli altri.

Buona fortuna, Italia.

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6 commenti a “Bull’Italia”

  1. simonecaldana:

    Il problema e’ piu’ profondo. La competizione che a livello istintuale si traduce in sifda e confronto muscolare a livello “civile” si traduce usualmente nello sfoggio di “risultati” quali la ricchezza, la cultura, eccetera.
    Ci sono analogie fra il bulletto che usa la propria forza fisica per intimidire e il collega che usa la propria abilita’ per “fare carriera”: entrambi ottengono di piu’ a scapito di altri. Una impresa che ha successo si rispecchia spesso in una che fallisce o si ridimesiona. La tendenza, alimentata dai progressi tecnologici e scientifici, e’ all’ampliamento del mercato, per cui il bilancio puo’ (e spesso e’) in attivo, e questo giustifica e bilancia la “competizione sana”. Ma “sana” non significa “positiva per tutti” e la definizione di “sana” e’ molto soggettiva, come si puo’ evincere dal pensiero per esempio di Ayn Rand (rabbrividiamo, brr).
    L’equazione “io mi sbatto, tu no e quindi vaffanculo” e’ pericolosa, perche’ contiene il vaffanculo, simbolo dell’asocialita’ e in generale di un desiderio di alienare chi e’ diverso da se’. Il metro (morale o meno) per misurare la diversita’ diventa uno strumento per giustificare l’alienazione e quindi la disaffezione per i destini altrui.
    Un ricco divenuto tale per calvinistici meriti e uno diventato tale per furbistici meriti non sono diversi se entrambi considerano alieni chi calvinista/furbo non e’. (il pensiero vale anche per i wannabe $risultato_qualsiasi)

    In generale il problema non e’ quanto efficaci siano le conseguenze dirette delle nostre azioni sulla globalita’, ma quanto siano influenti le conseguenze indirette delle nostre azioni sulla globalita’, che sono molto piu’ difficili da valutare e molto piu’ difficili da attribuire (cfr il “l’ho fatto per il tuo bene”).

  2. sciasbat:

    Ecco a voi il crossover jambalaya di soylent green – near a tree

  3. Piero:

    C’è una verità amara nelle realtà sociali che citi in merito all’università, gli uffici pubblici, il calcio, l’impresa.

    Il bullismo c’è sempre stato in tutte le scuole di ogni ordine e grado, nel presente e nel passato, anche all’università, forse più nel passato, dove le matricole venivano fatte oggetto di scherzi di pessimo gusto fino a sfiorare l’umiliazione della persona. A militare, per chi lo ha fatto, il bullismo va sotto il nome di nonnismo. Sul lavoro il bullismo va sotto il nome di mobbing.
    Nella società civile il bullismo va sotto il nome di mafia.

    Anche la famiglia non è esente da fenomeni di “bullismo” tra fratelli e tra parenti, a volte peggiori di quelli scolastici e universitari.

    Nel Vangelo anche Gesù è fatto oggetto di bullismo/nonnismo da parte dei soldati.

    Tanto per dire che il bullismo è un fenomeno sociale subdolo che attraversa la storia e i popoli e contraddistingue la natura umana. Purtroppo sembra che ce ne accorgiamo soltanto adesso grazie a Youtube.

  4. BlindWolf:

    Il famigerato video di YouTube, nonostante l’uso squallido delle nuove tecnologie e nonostante la cattiva luce in cui ha messo i servizi di video sharing, ha avuto il pregio di sollevare il tappeto che ricopre della sporcizia dimenticata ed abbandonata lì da tempo (e questo ad opera dei bulli stessi, dimoistrando la loro scarsa intelligenza).

    Non concordo molto con il paragone bullismo/{mafia|baronia|mobbing|…} in quanto lo scopo principale del bullismo è l’umiliazione del “diverso” (che sia il secchione o il down) a scopo del consolidamento della posizione sociale all’interno del proprio gruppo. Il “barone” che promuove il proprio pupillo mentre un ricercatore più bravo deve arrangiarsi non lo fa (di solito) al fine di umiliare il più meritevole. E l’imprenditore di successo a volte lo è per le proprie capacità, a volte per l propria disonestà.

  5. dariofox:

    Aggiungo alcune riflessioni che sto covando dopo lunghi colloqui con realtà differenti dalla mia azienda: il mondo del lavoro ha dei modelli di successo come il modello iperefficicente, arrivista e ipercompetitivo americano che è sicuramente all’opposto del clientelismo/bullismo italico e che impone il successo del migliore a discapito di chi è meno abile.
    Tuttavia il rischio è di vedere un’azienda di lupi che si sbranano a vicenda nella ricerca del successo e non nascondo il timore che il vivere in perenne antagonismo possa logorare e portare ad una qualità della vita bassa nonostante queste aziende abbiano profitti altissimi.
    Vorrei trovare una via di mezzo sia sociale che lavorativa.

  6. Attila:

    E intanto gli Statali si sono presi indiscriminatamente altri 101 euro di aumento…

    Italia Sì, Italia No, Italia gnamme… se famo du spaghi…
    Perchè la Terra dei cachi è la terra dei cachi…

 
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