Meriva
Da tre settimane, come saprete, la mia Alfa 147 è in riparazione per via di un tamponamento. Pertanto, mi hanno dato una macchina sostitutiva; e dopo avermi detto che non c’era bisogno di prenotarla e che ne avrebbero trovata una sul momento, giunti al momento si sono poi accorti che non ce n’erano. L’unica disponibile in tutti gli uffici Europcar di Torino era una Opel Meriva, e così mi hanno dato quella.
Bene, dopo tre settimane di guida posso concludere soltanto una cosa: se odiate qualcuno moltissimo, regalategli quest’auto o, ancor più perfidamente, convincetelo a impegnare la casa e la moglie pur di comprarsela.
Si tratta di una specie di parallelepipedo grigio dalla funzione indefinita: troppo grosso per essere una utilitaria, troppo piccolo per essere un SUV, troppo alto per essere aerodinamico e troppo pesante per essere risparmioso. Hanno cercato di massimizzarne l’altezza, e certamente, se non vi siete abituati, vi farà piacere la sensazione di guidare dall’alto (ma a quel punto prendetevi un camion, o perlomeno la nuova Panda, che è tutta un’altra cosa). Peccato che, dal punto di vista pratico, a meno che voi di mestiere non trasportiate scatole di scarpe o altri oggetti rettangolari impilati l’uno sull’altro, l’altezza non vi servirà quasi mai.
In compenso, la macchina è lunghissima, al punto che parcheggiare in città diventa complicato; essendo anche alta, è praticamente impossibile capire dove finiscono le macchine attorno a voi (e il mio modello ovviamente non ha sensori di parcheggio). Per qualche misterioso motivo, però, dentro è piccola; ci si sta abbastanza pigiati e rigorosamente in verticale, certo non mezzi spaparanzati come sulle poltrone della 147.
Il grosso della lunghezza va nel baule, e considerato che io ho riempito il baule della mia (che è oggettivamente piccolo) una sola volta in un anno e mezzo, quando ho dovuto traslocare contemporaneamente quattro persone più una sala giochi e diversi chili di formaggio, non credo che sia una allocazione intelligente – a meno che, appunto, non vendiate scarpe al mercato.
Gli interni sono stati presi di peso da una Ritmo degli anni ’80, rigorosamente in plastica nera da dieci lire al chilo; persino le portiere sembrano di plastica (speriamo bene). L’estetica ti fa chiedere se l’abbia progettata un cieco.
E poi, dulcis in fundo, il motore. Va bene, probabilmente sono io che sono abituato bene, guidando abitualmente un 1.9 Multijet. Ma la ripresa di quest’auto è non pervenuta: persino le vecchie Uno la lasciano sul posto, e sperate di non fermarvi ad un semaforo in salita, perchè a quel punto correrete il serio rischio di spegnere il motore o perlomeno di dover evitare la cosa sfrizionando per far riprendere la coppia. Persino per accenderla bisogna far girare il motorino per parecchi secondi, non ne vuol proprio sapere.
Insomma, ho capito perché hanno speso miliardi in pubblicità (un paio di anni fa c’era scritto Meriva addirittura sulle maglie del Milan): era l’unica chance di vendere questo coso. Ma io non vedo l’ora che mi restituiscano la mia.