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Archivio per il mese di Ottobre 2007


martedì 9 Ottobre 2007, 23:48

Contempla azioni

Improvvise – fermo alla stazione di Asti, buio fuori e buio sullo schermo del mio portatile, ozioso da alcuni minuti – si sviluppano sul sottile foglio di cristalli liquidi immagini morbide e fascinose di pecore elettriche; esplodono e implodono e si rimescolano geometricamente, proprio come la vita, come ad esempio quella di cui sto leggendo dal libro che ho in mano, la vita di Alexander Langer; una persona che sarei felice di essere stato, coerente nel farsi colla trasparente e resistente, ad assorbire il male e l’attrito del mondo, costi quel che costi (e costò molto).

La notte scorre fuori dal treno, e nelle orecchie ho un vecchio e visionario adagio dei Casino Royale, riempi i tuoi polmoni di pensieri buoni, comincia da te stesso e poi rivoluzioni, fai tuo lo spazio vuoto dove puoi arrivare, e illumina la notte di energia stellare. La giornata, lunga, è ormai prossima alla fine. Anche oggi si è posato un altro mattone per un disegno che non conosco, ma che certamente, quando si farà apprezzare in tutta la sua interezza, presenterà una armonia sorprendente. A prima vista non si apprezza quanto sia difficile disegnarsi la vita; a seconda vista, se ne vede invece la fatica e lo scoramento; ma guardando ancora meglio, in fondo in fondo al pozzo, in ognuno di noi c’è soltanto e comunque senso.

Cogliere quello degli altri e offrire il proprio, in ogni fugace opportunità di contatto, è un premio e un piacere riservato ai fortunati; pur se è vero che ognuno è fabbro della propria fortuna. Contempla azioni, e assicurati di aver sempre pronti incudine e martello.

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lunedì 8 Ottobre 2007, 18:25

Multarolo del c…

L’espressione viene da un vecchio post di Andrea (che tra l’altro, come ho scoperto cercando il link, ha ricominciato a bloggare, seppur saltuariamente), e non avrei mai pensato di essere io ad usarla per qualcuno. Eppure, ammetto che mi è subito tornata in mente leggendo questa lettera, ossia la risposta di un responsabile dei vigili urbani a un articolo della Stampa (questo) che denunciava la nuova abitudine dei vigili torinesi di piazzarsi in incognito, contromano, in divieto di sosta e in posizioni pericolose pur di effettuare multe tramite telecamera. E dire che, pur essendo un guidatore sportivo, non ho mai commesso infrazioni significative né perso punti dalla patente, e non avrei mai pensato di trovarmi un giorno a simpatizzare col multato anziché col multante.

Premetto che un dibattito come quello di cui sopra non dovrebbe nemmeno esistere: gli automobilisti dovrebbero fare il proprio dovere, rispettando i segnali stradali; e i vigili dovrebbero fare il proprio dovere, rispettando le leggi che – essendo noi uno stato di diritto – impongono loro certi vincoli a garanzia del cittadino.

Purtroppo, come al solito, bisogna buttarla in caciara: e allora da una parte ci sono gli automobilisti che guidano in maniera pericolosa (il che, tra l’altro, vuol dire troppo veloce ma anche troppo piano o troppo distrattamente) e si lamentano quando vengono multati, anche quando hanno torto marcio; dall’altra ci sono i vigili che si comportano da sceriffi, spesso selezionando accuratamente le proprie vittime tra quelle che non alzeranno mai la voce.

Dopo accurata analisi, io mi sento più dalla parte dei cittadini incazzati, che da quella dei vigili. Perché il traffico a Torino è iper-regolamentato, e in questo caso noi torinesi diamo il peggio di tutti, incrociando una ossessione svizzera con una faciloneria tutta italiana.

Perché sono d’accordo anche io che la svolta a sinistra dal viale di corso Regina Margherita sia pericolosa e di intralcio, e quindi vada repressa; anzi, per favore, reprimetela più duramente. Ma non credo che sia necessario mettersi in incognito e contromano per farlo: ci si può mettere oltre l’incrocio e fermare i trasgressori per contestare la violazione. L’effetto repressivo è anche maggiore, visto che pure quelli che non saranno fermati vedranno i vigili e penseranno che la prossima volta potrebbe toccare a loro. Solo che così si fa meno cassa, e il piatto del Comune piange.

Un altro problema è poi la quantità abnorme di divieti che sono spuntati in città negli ultimi anni, spesso così tanto per vietare, senza pensare ad offrire alternative a chi da quella parte dovrà pur passare. Ad esempio, sono comparsi divieti di svolta a destra in vari viali; da corso Peschiera in corso Monte Cucco e in corso Racconigi, per dire. Sarà anche possibile che la svolta a destra in quel punto intralci, ma allora si doveva aprire un varco per permettere l’immissione nel controviale poco prima dell’incrocio; o come minimo mettere una indicazione preventiva all’incrocio precedente (costringendo però chi deve svoltare a percorrere centinaia di metri in controviali pieni di auto in doppia fila, cantieri e ostacoli vari…). Fatto così, vuol soltanto dire mettere un divieto in più, magari per poi fare delle multe – a quel punto veramente insensate.

Idem per i limiti di velocità lumaca (cinquanta all’ora nei grandi viali è una velocità ridicola, così come settanta in strade extraurbane senza incroci come gli approcci alle tangenziali), per i divieti di sosta non interpretabili da essere umano (quelli con sei fasce orarie diverse, una di divieto, una solo per residenti, una di sosta a pagamento, una solo per operatori con contrassegno giallo a righe…), per le strisce gialle con cui qualsiasi potentato parapubblico si ritaglia parcheggi gratuiti in pieno centro (i mezzi pubblici li usino i privati), e così via.

A tutto questo si aggiunge la sostanziale impunità per altri tipi di violazioni che i vigili e le forze dell’ordine dovrebbero reprimere, dal commercio ambulante ai lavavetri ai semafori, dai parcheggiatori abusivi ai furgoni abbandonati con le quattro frecce in mezzo ai viali (ma guai a toccare i commercianti).

Per cui, massima ammirazione per chi combatte quotidianamente la dura lotta contro il caos del traffico, ma preferirei che prima di tutto si regolasse il traffico in modo ragionevole, eliminando i divieti troppo restrittivi – anche perché troppi divieti uguale nessun divieto – e poi che ci si dedicasse anche ad altro, non solo alle multe via telecamera; e che comunque i vigili dessero sempre l’esempio, invece di farsi spesso vedere a fare le stesse manovre vietate e pericolose che poi stigmatizzano quando le facciamo noi.

Se no, anche a Torino finirà come a Settimo, dove il sindaco, dopo aver tappezzato la cittadina di telecamere anti-rosso “ciniche e implacabili” che scattavano anche quando avevi ragione, è stato costretto a mettersi in ginocchio sui ceci per evitare il linciaggio da parte dei propri cittadini.

Oppure come a Collegno, dove il nuovo autovelox e controllo del rosso all’incrocio tra corso Francia e via Castagnevizza è stato distrutto a sassate dagli abitanti della zona, esasperati dopo la prima ondata di multe per essere sfrecciati su un viale a tre corsie alla temibile velocità di cinquantasei all’ora.

Saranno degli incivili, ma non si può non capirli.

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domenica 7 Ottobre 2007, 14:10

Hack the captcha

Come passare una buona domenica mattina svagandosi un po’? Beh, non so voi, ma io l’ho passata cercando di craccare un captcha, così per divertimento.

Immagino che tutti sappiate cos’è un captcha: è una di quelle immaginine contenenti del testo deformato, che vanno di moda per impedire ai bot l’accesso ad un determinato servizio online, lasciando passare gli umani. La capacità di riconoscere dei caratteri deformati è semplice per un essere umano, ma fuori portata dei computer, non essendo algoritmica. Anche io avevo un captcha fatto in casa sul blog precedente (qui non ce l’ho perchè uso Akismet, un filtro antispam euristico).

Tutto bene? Beh, no, in realtà i captcha sono una maledizione per molti e andrebbero abbandonati, e qui potete scoprire il perchè secondo il W3C. Ad esempio se ci vedete poco o nulla non potete superarli, alla faccia dell’accessibilità del web. (Apprezzo quindi Vodafone che, sul captcha per inviare SMS gratis dal 190 online, ha recentemente aggiunto un pulsante “leggi il codice”, che aiuta chi ci vede poco.)

Quello che volevo craccare io era un captcha semplicissimo: tre caratteri (numeri o lettere maiuscole) scritti in rosso su fondo bianco, con due barre orizzontali. C’è voluta un’oretta – più che altro perchè la documentazione di Perlmagick è sostanzialmente inesistente, tanto è vero che le mie pur limitate abilità nell’uso della libreria sforano già nell’esoterico – per scrivere una paginetta di Perl che aprisse l’immagine, sostituisse le due barre orizzontali con due barre bianche, poi ricostruisse i caratteri sottostanti con un algoritmo semplicissimo: se i pixel sopra e sotto sono entrambi rossi, coloralo di rosso; se uno solo è rosso, coloralo di rosa.

A questo punto, si fa una conversione in bianco e nero (formato PBM) e si dà tutto in pasto a GNU Ocrad, uno dei rarissimi OCR liberi, che ha pure l’interfaccia Perl. All’inizio Ocrad non ci beccava una mazza, e ho capito esaminando le immagini che il problema erano i pixel sparsi che restavano dopo la conversione in bianco e nero: per cui ho applicato una funzione di soglia sulla luminosità – che mi sono riscritto io, non riuscendo a capire come funzionasse quella integrata in Perlmagick – e ho cancellato prima della conversione tutti i pixel che non fossero sufficientemente scuri.

Con un po’ di prove, ho trovato i valori ottimali della soglia, e visto che essi variavano da immagine a immagine (ne avevo una decina di prova) ho scritto un algoritmo iterativo per provare su ogni immagine con soglie crescenti, e prendere una decisione a maggioranza. Poi ho aggiunto un po’ di intelligenza sparsa – che so, se trovi “l” (elle minuscola) allora è “1” (uno) – e ho raggiunto una percentuale di successo attorno al 75%, che per un captcha va benissimo, visto che se sbagli basta riprovare, come farebbe un umano qualsiasi.

Poi ci ho messo attorno la fuffa ormai banale (basata su LWP e figli) che scarica la pagina, scarica l’immagine, la dà in pasto al frullino, compila in automatico la form e la invia, non dimenticando di cancellare i cookie ad ogni giro.

Alla fine non funziona, perchè il mio captcha è dentro un sistema di votazione online, e anche se la risposta ottenuta dal sito è positiva probabilmente c’è un controllo lato server sull’indirizzo IP; e quindi non riesco a barare. Ma non era questo l’obiettivo; il punto era la sfida intellettuale di riuscire a craccare il captcha e il controllo sui cookie, e quello è stato raggiunto pienamente.

Comunque, sono ancora un dilettante: qui c’è un tipo che dichiara di averne sconfitti a decine. Naturalmente, l’attacco si basa sul fatto che l’algoritmo di generazione del captcha è prevedibile, e molto poco vario (basterebbe cambiare font, deformare i caratteri, insomma darsi un minimo da fare… persino il mio captcha fatto in casa in dieci minuti aveva i caratteri deformati ad onda, e le barre diagonali con un angolo casuale); e su un po’ di training da parte dell’umano. Alla fine, però, le barriere saltano sempre…

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sabato 6 Ottobre 2007, 17:13

Mappe cliccabili

Se la Apple lascia a desiderare, il mondo del free software ne sa sempre una più del diavolo.

Dovevo realizzare questa mappa interattiva per questo progetto, e avevo già bestemmiato a sufficienza per realizzare tutti i fotogrammi, visto che come file di partenza avevo una mappa grossa la metà e piena di scritte sovrapposte, che ho dovuto cancellare a mano per poi ricostruire pixel per pixel, atlante alla mano, i confini provinciali sottostanti (e qui ci sta un bel vaffanculo alla forma assurda della provincia di Vercelli, dopo che è stata morsicata da quelli di Biella).

Ovviamente, non avevo voglia di misurare a manina le coordinate di ognuno dei singoli punti del poligono che approssima ciascuna forma… e così, cercando strumenti appropriati, ho scoperto che Gimp ha sotto Filtri -> Web un ottimo plugin denominato Imagemap, o Mappaimmagine se avete Gimp in italiano (che qui, come dice Mastella, s’ha da difendere la nostra lingua patria).

Certo, è buggato, spesso si pianta (salvate spesso o meglio copiate e incollate i blocchi di codice man mano che generate le aree, c’è una voce di menu che vi permette di vedere direttamente il codice HTML), ma permette di fare esattamente ciò che serve, cioè disegnare le aree poligonali complesse di una mappa semplicemente cliccando sulla sequenza di vertici del poligono, ossia tracciando i confini dell’area con dei segmenti.

E così, in un quarto d’ora ho avuto la mia mappa cliccabile bella fatta, pronta per cominciare a bestemmiare con i javascript per animarla!

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sabato 6 Ottobre 2007, 15:43

Cara Apple

Capisco che il tuo scopo sia quello di rendermi la vita più facile proponendomi ottimi e abbondanti esempi per il software che mi ammannisci (qualunque cosa sia, ché la metà non l’ho mai aperto).

Ma perché, dopo settimane di lotta con lo scarso spazio libero sui 30 GB del mio hard disk, grazie a una perquisizione accurata devo scoprire che esiste in un posto imbucato una directory preinstallata e denominata “GarageBand Demo Songs”, che occupa 370 MB?

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venerdì 5 Ottobre 2007, 14:15

Novità a Torino

Oggi, nel mio consueto giro in bici per il centro di Torino, ho potuto scoprire parecchie novità.

La prima è che stavano inaugurando il tratto di metropolitana da Porta Susa a Porta Nuova; ovviamente attorno alle uscite era tutto sbarrato e piantonato dalle forze dell’ordine, visto che c’era persino Prodi (invitato con lo scopo di pietire altri soldi per completare l’opera, e sommerso di fischi da gente incazzata per vari motivi). Già da settimane avevano aggiornato i cartelli nella parte di metro già in servizio; da oggi pomeriggio alle 16 il nuovo tratto sarà aperto al pubblico, anche se si potranno usare solo le fermate di Vinzaglio, Re Umberto e Porta Nuova, perché la nuova fermata Porta Susa – in corrispondenza della futura stazione, che ancora non c’è – è fatta e finita ma resterà sigillata ancora per un paio d’anni almeno.

La metro sarà gratis da oggi pomeriggio fino a domenica sera, anche se immagino l’assalto. Comunque, è probabile che martedì debba farmi un giro a Roma in giornata, in treno, con l’unica coppia di pendolini che non passa da Milano, e quindi avrò modo di provare il nuovo tratto… almeno al mattino, visto che d’ora in poi alla sera la metro chiuderà alle 22:45 (1:30 il sabato, 21:00 la domenica).

Il tutto si inserisce nei festeggiamenti per il centenario dei trasporti pubblici torinesi, che prevede anche una mostra fotografica in vari portici della città.

In tutto questo, c’è un’altra novità: finalmente è sparito il cubo attorno al caval ‘d brons in piazza San Carlo, il che significa che il restauro – che i maligni dicevano avvenire con estrema lentezza, visti i bei soldi incassati dalle gigantesche pubblicità appiccicate alle impalcature – è finito. La statua è ancora coperta da un telo, ma si vede che è stata ricostruita completamente, aggiungendo anche la spada che tempo fa era stata portata via dai gobbi durante i festeggiamenti per un qualche scudetto (non ricordo più se uno di quelli dell’EPO o uno di quelli dei telefonini). Per vedere come è venuta, dovremo attendere che la scoperchino; sperando – solo per il suo bene, intendiamoci – che la Juve non rivinca uno scudetto tanto presto.

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giovedì 4 Ottobre 2007, 23:44

Teatro?

Oggi giornata piena, soprattutto perché finalmente sono riuscito a ridare indietro la Meriva e riavere la mia macchina – per qualche minuto, risalitoci dentro, mi è sembrato (con grandissima soddisfazione) di guidare un go kart.

Comunque segnalo di essere tornato dopo un paio d’anni al Teatro della Caduta, e di avere assistito (gratuitamente e nell’intimità della più piccola sala teatrale cittadina, meno di cinquanta posti e pure pigiatissimi) a un bello spettacolo di cabaret semi-amatoriale; semi perchè le tre ragazze, una delle quali è la sorella della ex storica del cantante del mio gruppo dei tempi che furono, sono già nel giro del sottobosco di Zelig.

In effetti, anche se ottanta minuti di umorismo demenziale senza pause sono duri da reggere, ci sono state varie battute piuttosto degne, ovviamente una più stupida dell’altra. Comunque vale sempre la pena di fare un salto a vedere che c’è, in quello che è tutto meno che un teatro come ce lo si immagina normalmente; è più un happening e insieme un continuo salto mortale senza rete. L’ingresso in genere è gratuito, anche se vi verrà chiesta una donazione libera a fine spettacolo; però, vista la capienza, è decisamente consigliabile prenotare.

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mercoledì 3 Ottobre 2007, 12:17

Concerti plastici

Ieri sera sono andato allo stadio delle Alpi (sì, esiste ancora) a vedere il concerto dei Fiction Plane, gruppo londinese emergente. Si tratta di un trio che ricorda molto i Police: cantante/bassista, chitarrista e batterista, e lo stile è simile, anche se è rivisto in funzione dei gusti musicali attuali, per cui gli arrangiamenti di chitarra sconfinano nel coldplayesco (cioè, diciamo nei Radiohead di Ok Computer, che la musica inglese degli ultimi dieci anni è nata da lì). Però il modo di cantare del tizio, dal timbro agli svisamenti, è proprio simile a quello del leader dei Police, e insomma ho pensato subito che questo ragazzo sia cresciuto coi poster di Sting nella cameretta, e che li abbiano selezionati per questo tour proprio per questo motivo.

Il singolo Two Sisters ha un ritornello di quelli che entrano dritti nel cervello, un bello schitarramento reggae di sottofondo, e un discreto tiro; e la maggior parte degli altri pezzi hanno catturato il mio orecchio, specie Death Machine e il rompighiaccio Anyone. E così, stamattina sono andato subito a scarcomprare il disco, e mi sono anche documentato su Wikipedia, e così ho scoperto che il cantante/bassista non è cresciuto avendo nella cameretta i poster di Sting, ma Sting in carne ed ossa, visto che ne è il figlio. Insomma, a forza di vivere in Italia anche il signor Sumner ha scoperto il “tengo famiglia”, e suppongo che la presenza dei Fiction Plane sia stata una delle condizioni poste dal suo team di avvocati al team degli avvocati degli altri due per accettare la reunion.

Comunque, se vi piace il genere, il disco – pur se acerbo, e insomma, senza settantamila persone a battere le mani in mezzo ai giochi di luce non fa lo stesso effetto – è caruccio, e vale la pena di scarcomprarlo.

Dopo, comunque, hanno suonato anche i Police; a un certo punto temevamo non uscissero più, e che mandassero direttamente sul palco gli avvocati, per intrattenere il pubblico con un po’ di wrestling nel fango. Invece, alle 21,35 si sono presentati puntuali; almeno così mi dicono, perchè io, pur essendo seduto nella balconata del secondo anello della curva Maratona, vedevo a malapena la batteria, figuriamoci le facce; e i maxischermi erano grandi come il plasma di casa mia; insomma sembrava di guardare lo spot della 3 su un videofonino. Il mistero di come possano chiederti sessanta euro per “vedere” un concerto in questo modo è superato soltanto dal mistero di come io possa averli pagati.

Il concerto è stato carino, ma non eccezionale: era più una celebrazione storica che un concerto rock, e penso che vari pezzi dei Police possano anche prestarsi a uno stadio, ma solo se suonati alle tre del pomeriggio sotto il sole a picco e in mezzo ad un pogo intenso. Ieri, invece, il prato era pieno di circa quarantamila persone in piedi, dai trentacinque in su, completamente ferme; il massimo che è successo, a parte lamentarsi per il freddo e l’assenza del surround digitale 5.1, è stato che hanno battuto le mani, nemmeno a tempo perchè il suono si propaga troppo lentamente per poterlo fare in uno stadio. Certo, dal punto di vista commerciale è stato un successone: a parte la curva Primavera che era dietro il palco e quindi vuota, non ho mai visto il Delle Alpi così pieno, denso di gente in ogni dove, nemmeno per Toro-Ajax o per Toro-Mantova.

Alla fine, comunque, i tre hanno suonato per quasi due ore; in due ore non si sono mai detti nemmeno “ciao”, e non si sono avvicinati a meno di cinque metri l’uno dall’altro, se si escludono un paio di occasioni in cui Sting ha fatto finta di inchiappettare Andy Summers suonandogli dietro, però stando ben attento a non sfiorarlo, che se no l’altro avrebbe mollato lo strumento e si sarebbero pestati all’istante. Il team di avvocati di Summers, comunque, ha preteso che ogni canzone contenesse almeno dieci minuti di assolo fastidiosissimo, in cui il suddetto cerca di imitare Yngwie J. Malmsteen e poi di farsi dire dal pubblico che è bravo anche lui, e che il fatto che finiti i Police nessuno l’abbia più cagato neanche di striscio è soltanto un caso dovuto al destino cinico e baro.

E quindi, la prima parte è un po’ così, con ciascuna canzone rallentata e stiracchiata all’infinito fino ad un noiosissimo assolo. In più, Sting ha l’età che ha, ovvero 56 anni compiuti proprio durante il concerto; fa una cosa intelligente, cioè invece di sforzare taglia gli acuti uniformemente sulla maggior parte dei pezzi, riuscendo a conservare la voce per farne qualcuno anche sul finale (complimenti per essere riusciti a fare una versione di sei minuti di Roxanne mettendoci dentro una strofa sola: non tutti riuscirebbero ad aggirare così il problema).

Il concerto si riprende però con qualche numero meno scontato – bella ad esempio Wrapped Around Your Finger con Copeland in piedi contro un set di percussioni, timpano, gong e xilofono grosso il doppio di lui – e poi, nel finale, con i pezzi più energetici, tra cui Can’t Stand Losing You, che a seconda di come la si suoni può essere il punto più alto del reggae anni ’70 oppure il punto più alto del punk anni ’70, e ieri li è stati entrambi.

Alla fine, comunque, è stato veramente più un evento televisivo che un concerto; valeva la pena di esserci soprattutto per poter dire di esserci stati, ché per quanto riguarda la musica non c’è più vita, e piuttosto conviene mettersi su i dischi dell’epoca, o ascoltare appunto i Fiction Plane.

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martedì 2 Ottobre 2007, 11:49

Meriva

Da tre settimane, come saprete, la mia Alfa 147 è in riparazione per via di un tamponamento. Pertanto, mi hanno dato una macchina sostitutiva; e dopo avermi detto che non c’era bisogno di prenotarla e che ne avrebbero trovata una sul momento, giunti al momento si sono poi accorti che non ce n’erano. L’unica disponibile in tutti gli uffici Europcar di Torino era una Opel Meriva, e così mi hanno dato quella.

Bene, dopo tre settimane di guida posso concludere soltanto una cosa: se odiate qualcuno moltissimo, regalategli quest’auto o, ancor più perfidamente, convincetelo a impegnare la casa e la moglie pur di comprarsela.

Si tratta di una specie di parallelepipedo grigio dalla funzione indefinita: troppo grosso per essere una utilitaria, troppo piccolo per essere un SUV, troppo alto per essere aerodinamico e troppo pesante per essere risparmioso. Hanno cercato di massimizzarne l’altezza, e certamente, se non vi siete abituati, vi farà piacere la sensazione di guidare dall’alto (ma a quel punto prendetevi un camion, o perlomeno la nuova Panda, che è tutta un’altra cosa). Peccato che, dal punto di vista pratico, a meno che voi di mestiere non trasportiate scatole di scarpe o altri oggetti rettangolari impilati l’uno sull’altro, l’altezza non vi servirà quasi mai.

In compenso, la macchina è lunghissima, al punto che parcheggiare in città diventa complicato; essendo anche alta, è praticamente impossibile capire dove finiscono le macchine attorno a voi (e il mio modello ovviamente non ha sensori di parcheggio). Per qualche misterioso motivo, però, dentro è piccola; ci si sta abbastanza pigiati e rigorosamente in verticale, certo non mezzi spaparanzati come sulle poltrone della 147.

Il grosso della lunghezza va nel baule, e considerato che io ho riempito il baule della mia (che è oggettivamente piccolo) una sola volta in un anno e mezzo, quando ho dovuto traslocare contemporaneamente quattro persone più una sala giochi e diversi chili di formaggio, non credo che sia una allocazione intelligente – a meno che, appunto, non vendiate scarpe al mercato.

Gli interni sono stati presi di peso da una Ritmo degli anni ’80, rigorosamente in plastica nera da dieci lire al chilo; persino le portiere sembrano di plastica (speriamo bene). L’estetica ti fa chiedere se l’abbia progettata un cieco.

E poi, dulcis in fundo, il motore. Va bene, probabilmente sono io che sono abituato bene, guidando abitualmente un 1.9 Multijet. Ma la ripresa di quest’auto è non pervenuta: persino le vecchie Uno la lasciano sul posto, e sperate di non fermarvi ad un semaforo in salita, perchè a quel punto correrete il serio rischio di spegnere il motore o perlomeno di dover evitare la cosa sfrizionando per far riprendere la coppia. Persino per accenderla bisogna far girare il motorino per parecchi secondi, non ne vuol proprio sapere.

Insomma, ho capito perché hanno speso miliardi in pubblicità (un paio di anni fa c’era scritto Meriva addirittura sulle maglie del Milan): era l’unica chance di vendere questo coso. Ma io non vedo l’ora che mi restituiscano la mia.

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lunedì 1 Ottobre 2007, 01:04

Un derby con la D maiuscola

Certo, avrei preferito non perderlo, ma alla fine oltre che incazzato sono soddisfatto e orgoglioso: questo è un Derby con la d maiuscola, non più quelle schifezze degli ultimi anni.

Sì, perché il risultato più giusto sarebbe stato un pari, e forse, ai punti, avrebbe vinto il Toro, che specie nel secondo tempo ha condotto quasi sempre il gioco, con ripetute occasioni (anche se la Juve ha sciupato un gol fatto con Nedved). Ma, alla fine, io temevo che si rivelasse una disfatta, che la Juve fosse nettamente superiore. E invece, siamo ritornati alla grande; l’abbiamo giocato alla pari e l’avremmo potuto vincere, e ho l’impressione che almeno per un po’ non si vedranno più gli 0-4 indegni del periodo del sicario Cimminelli (a proposito, drughi, si scrive con due “m”; lo striscione “Ieri Ciminelli, oggi Cairo, domani Tutankhamon?” non faceva granché ridere, ma almeno potevate scriverlo giusto).

E insomma, siamo ritornati alla vera storia di molti derby: quella in cui il Toro fa un gran gioco, e la Juve vince con un gol di culo, al 94′, su un rimpallo e in fuorigioco di cinque metri (e certo i gobbi si appiglieranno all’infinito ai cavilli del regolamento; del resto anche Moggi diceva che le regole vanno “interpretate”). Questo derby è il prototipo della gobbitudine; i gobbi hanno fatto un’infamata andando (pare) ad aspettare il pullman dei nostri giocatori, e hanno cercato la violenza in ogni modo; come coreografia hanno fatto schifo, vestiti da steward e con una bandiera ogni venti persone; come tifo non ne parliamo, si sono sentiti solo per gli otto secondi tra il gol e il fischio finale; come gioco sono andati bene nel primo tempo, ma poi hanno subito per tutto il secondo; e poi hanno vinto rubando (se sia rubando per culo o rubando per dolo, poco importa). Per i gobbi l’unica cosa positiva è il risultato; e quindi, se domani un gobbo si vanta, lo lasceremo fare perché significa che non ha capito niente né di calcio, né di vita.

Mi dispiace per ragazzi e vecchi in lacrime, ma passerà; c’è un derby ogni sei mesi, e dopo stasera penso proprio che ce li giocheremo tutti, e magari con ancora più rabbia. Più preoccupante è il fatto che una partita finita così non farà altro che alimentare ulteriormente la violenza, che già è stata montata per mesi dai dirigenti e dai due giornali cittadini. Tra persone ragionevoli, i gobbi riconoscerebbero di aver vinto senza merito, e noi che nel calcio ci stanno anche partite così, e che per il primo derby del nuovo Toro possiamo accontentarci, pur se con amarezza, di una chiara vittoria morale. Invece, continueranno polemiche e accuse tra dirigenti e giornalisti, e di conseguenza anche gli scazzi e le violenze tra tifosi.

La rabbia è enorme, e persino io, stasera, ho fatto fatica a non rispondere davanti al tarro con la Punto modificata che sgommava con la sua bandierina di plastica in corso Ovini, gridando ai nostri tifosi “minchia vuoi la foto?”. Ma sono ulteriormente fiero di come nessuno, ma proprio nessuno, abbia detto una parola ai pochi disabili bianconeri che sono stati fatti uscire proprio in mezzo al flusso della massa granata. E ci mancherebbe, ma in una situazione del genere, a parti invertite, non sarebbe andata così.

P.S. Però lo striscione “ROCCHI COBOLLI E MOGGI LADRI DI IERI E DI OGGI” domenica va fatto assolutamente, perché va bene non soffiare sul fuoco, ma non bisogna neanche farsi mettere i piedi in testa: era fuorigioco di cinque metri!

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