I maxischermi non bastano mai
Uno tra i tanti tifosi ha prodotto uno tra i tanti video sullo stato di abbandono in cui versa lo stadio Filadelfia, di cui abbiamo già tante volte parlato. Non è nemmeno uno dei più toccanti, e certamente non rimanda l’impressione che fa lo stadio dal vivo. Eppure, ci si continua a chiedere il perché di tante difficoltà nel ricostruirlo, o meglio nel ricostruirlo senza che cada preda di una delle tante speculazioni edilizie.
Qualche settimana fa, su Specchio dei Tempi, era persino comparsa una lettera (in prima posizione!) che si lamentava di come la città stesse per stanziare 3,5 milioni di euro per il Filadelfia. Dato che Specchio dei Tempi è il più potente strumento di orientamento dell’opinione pubblica torinese, una lettera del genere non era certo uscita per caso; sarà stata l’Evelina, nonostante la Juve sia di nuovo in attesa di qualche decina di milioni di euro a tasso agevolato per farsi lo stadio supermercato alla Continassa.
I 3,5 milioni di euro, peraltro, finirebbero per uno stadio di proprietà della città , e non di una società per azioni privata; e a ben vedere non sono nemmeno soldi pubblici, trattandosi di parte di quanto ottenuto come penale da Cimminelli dopo il fallimento, proprio per la sua incapacità di ricostruire il Filadelfia dopo aver incassato in cambio lucrose concessioni edilizie.
Ma se avete ancora il dubbio che i problemi sul Filadelfia siano relativi alla carenza di fondi pubblici, vorrei dissiparvelo raccontandovi della vicenda dei maxischermi.
Già , perché spulciando le delibere comunali, si è scoperto che il Comune ha recentemente deciso di acquistare un maxischermo; non per l’Olimpico, ma per lo stadio Primo Nebiolo del parco Ruffini. Pare infatti che la Federazione Internazionale di Atletica richieda un maxischermo per poter svolgere gli eventi sportivi internazionali (uno all’anno) che sono ospitati al Ruffini. Certo, il maxischermo si può affittare per l’occasione, al costo di alcune migliaia di euro; ma è certamente più conveniente acquistarne uno nuovo dalla Panasonic, da installare lì a marcire per 364 giorni l’anno, per la modica cifra di 487.000 (quattrocentoottantasettemila) euro. Più IVA.
E dire che l’affitto non era una idea nuova: tre mesi prima, ad esempio, il Comune ne aveva affittati due – sempre dalla Panasonic – per far vedere i mondiali di scherma in piazza, per 9.200 euro l’uno.
I due maxischermi per l’Olimpico, comunque, erano già stati acquistati cinque mesi prima: nel luglio 2006, con appalto all’AEM Torino, per l’importo di 1.092.000 (un milione e novantaduemila) euro – stavolta IVA compresa, per fortuna. Certo, ci si chiede se essi non potessero essere compresi nei costi dell’allestimento olimpico: durante le Olimpiadi di febbraio, all’Olimpico i maxischermi c’erano, ma erano poi spariti, tanto che durante le prime partite di calcio dell’autunno seguente i tifosi guardarono invano le impalcature vuote. Chi si sia imboscato i maxischermi olimpici, non è dato sapere; così come non è dato sapere da chi l’AEM abbia comprato i due schermi (sarà mica la Panasonic?).
Tutto questo però assume un contorno un po’ preoccupante quando si scopre un’altra vicenda. In previsione delle Olimpiadi, Turismo Torino – l’azienda di promozione turistica della città – decide di affittare due maxischermi da mettere nelle piazze, per far vedere le gare ai cittadini. Non potendo sopportarne il costo, però, chiede aiuto al Comune, che dice: ma perché buttare i soldi dell’affitto? Compriamoli! E così, il Comune sgancia a Turismo Torino 800.000 (ottocentomila) euro, che vengono prontamente usati per acquistare due maxischermi, ovviamente dalla Panasonic.
Gli schermi vengono usati per il periodo olimpico, e poi ci si pone il problema di che farne. Bene, direte voi, avendo bisogno di altri schermi e avendone due di proprietà in casa, potevano usarli per l’Olimpico? Ma no, dai, mettiamoli nuovi, almeno allo stadio… Per far vedere i mondiali di scherma in piazza? No, che diamine, poi bisogna spostarli fino in piazza San Carlo… E al parco Ruffini? Ma no, vuoi mica riciclare uno schermo vecchio di un anno e mezzo, poi magari si rompe proprio nel mezzo di un fondamentale incontro di badminton tra scapoli e ammogliati…
E così, non sapendo che farne, si dà l’appalto a una ulteriore ditta, pagando, perché ne gestisca la custodia; e perché ne permetta al proprietario l’utilizzo, naturalmente ogni volta dietro compenso di 3000 euro per il montaggio, più 360 euro al giorno per la sorveglianza, più 25 euro l’ora per l’assistenza… cioè più o meno il costo che si avrebbe per affittarne uno di volta in volta, senza però aver prima speso ottocentomila euro per comprarlo.
Insomma, mentre immagino il signor Panasonic che prende il largo sul suo nuovo yacht appropriatamente denominato Ciao Turin, intimo a chiunque sostenga che la giunta Chiamparino non ha soldi da spendere per le attrezzature sportive di andare gentilmente al diavolo.
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