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giovedì 10 Aprile 2008, 12:42

La pagella dell’Italia

Stamattina mi hanno girato il link al rapporto sul Networked Readiness Index sviluppato dal World Economic Forum per misurare quanto le nazioni siano all’avanguardia e pronte a vivere nell’era della società dell’informazione globale. Non è una novità, ma non l’avevo mai letto e l’ho trovato davvero interessante.

Credo che immaginiate tutti il risultato: nell’indice generale, l’Italia risulta quarantaduesima su 127 nazioni. Non malissimo, però male: nella UE siamo più o meno pari con Slovacchia, Lettonia e Cipro, e davanti solo a Grecia, Polonia, Romania e Bulgaria. Il grosso del mondo sviluppato, però, è tutto ben davanti a noi, e anzi a ben vedere fanno meglio di noi anche alcune nazioni in via di sviluppo, come Barbados e Tunisia.

Più interessante, comunque, è andare a vedere come è composta la nostra valutazione: dove siamo forti e dove siamo deboli.

Ci sono solo tre parametri in cui siamo tra i primi dieci al mondo: e sono il numero di telefoni cellulari, il basso costo delle chiamate cellulari, e il basso costo dell’ADSL. A dire il vero c’è anche un quarto parametro che ci vede primeggiare, che misura di quanto sono migliorati i servizi pubblici con l’introduzione dei computer; quel che però il parametro non considera è che noi partivamo da livelli talmente pessimi che era difficile non migliorare…

In quasi tutto il resto dei parametri vivacchiamo tra il trentacinquesimo e il settantacinquesimo posto, nel gruppone insieme a sudamericani e asiatici (ma attenzione, anche i migliori africani ci stanno raggiungendo). Andando a vedere le aggregazioni, comunque, ci sono delle differenze: in particolare, siamo trentatreesimi per i parametri legati all’uso, il che vuol dire che gli italiani abbracciano abbastanza le nuove tecnologie – pur se meno del resto del mondo sviluppato – una volta che gliele si dà in mano; siamo attorno al quarantesimo posto per il livello di adozione nell’industria; dove sprofondiamo è quando si parla dello Stato.

Infatti, il nostro governo è sessantaquattresimo al mondo, subito dietro la Mauritania, per adozione della nuova mentalità e delle nuove tecnologie; soprattutto, veleggiamo oltre il settantesimo posto quando si parla di libertà di mercato e di efficienza delle leggi e regolamentazioni.

Trovo molto interessante la lista dei cinque parametri che ci vedono oltre il centodecimo posto, cioè nelle ultime cinque / dieci nazioni al mondo (non tutti i parametri sono misurabili in tutte le nazioni, quindi la classifica spesso non arriva fino al 127). Ecco la lista:

110° posto: Priorità data dal governo alle ICT
113° posto: Tempo necessario per ottenere il rispetto di un contratto per vie legali
114° posto: Livello complessivo di tassazione
123° posto: Estensione ed effetti della tassazione
124° posto: Pesantezza e ostacoli generati dalle regolamentazioni statali

Va detto che gli ultimi due punteggi sono ottenuti chiedendo ad aziende e individui del Paese in questione di indicare quanto la tassazione e la regolamentazione siano pesanti secondo loro: quindi il luogo comune italiano secondo cui le tasse e le leggi sono comunque un ostacolo ha certamente peggiorato il punteggio.

Il livello complessivo di tassazione, però, è misurato partendo dalle varie tasse ed aliquote: dovrebbe quindi essere una misura oggettiva. Fa quindi effetto osservare la classifica e scoprire che dietro di noi – ossia con tasse più pesanti delle nostre – ci sono soltanto tre nazioni al mondo, ossia Bolivia, Tagikistan e Colombia. Siamo subito dietro la Cina, con la differenza che la Cina è un paese comunista dove quasi tutto va in tasse ma dove lo Stato fornisce quasi tutto; l’Italia è un paese dove quasi tutto va in tasse ma si ottiene in cambio poco o niente.

A fronte di questi dati, ci si chiede veramente come faccia la maggior parte dei politici a parlare di maggiore intervento dello Stato, o, come fa Veltroni, di tutta una serie di nuovi servizi pubblici che qualcuno dovrà pur finanziare. Poi sappiamo tutti che anche quelli che promettono un taglio di tasse difficilmente lo faranno davvero…

Tuttavia, per una persona intellettualmente onesta, c’è poco da discutere su quale politica fiscale ed economica debba abbracciare l’Italia: una analisi particolareggiata come quella del World Economic Forum fornisce tutte le indicazioni su cosa sia necessario fare per evitare che l’Italia precipiti nel sottosviluppo.

[tags]wef, economia, rete, modernità, politica[/tags]

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5 commenti a “La pagella dell’Italia”

  1. Alberto:

    Mi sforzo di essere intellettualmente onesto e dando anche per buona la tua premessa continuo a chiedermi: se è vero come è vero che per ridurre le tasse bisogna ridurre le spese, che spese riduciamo?
    Quelle sulla ricerca? Direi di no.
    Quelle sulla scuola? Men che meno.
    Sulla Sanità? Fa già schifo.
    Le infrastrutture? Ma scherziamo?
    La sicurezza? In piena “emergenza sicurezza”? Assolutamente no.
    La giustizia? E’ già così un buco nero…
    Altre idee?
    Ah, già. Gli sprechi… Sì. Resta da capire come si fa ed eliminare gli sprechi per legge…

  2. vb:

    Infatti non si eliminano per legge, si eliminano diminuendo la corruzione, cambiando la mentalità dei dipendenti e migliorando l’organizzazione e il controllo di gestione, esattamente come hanno fatto tutte le aziende private italiane che si sono risanate e rilanciate negli ultimi dieci anni.

  3. Alberto:

    Giusto. Purtroppo però la parola “risanamento” agli italiani suona sempre fastidiosa e la lotta alla corruzione è considerata una battaglia di qualche giustizialista da strapazzo.
    Temo che se in FIAT l’AD fosse eletto democraticamente Marchionne non sarebbe stato riconfermato…

  4. D# AKA BlindWolf:

    @Alberto: lancio qualche ideuzza:
    * i CIP6 agli inceneritori
    * qualche privilegio economico alle gerarchie cattoliche
    * un po’ di sfoltimento alla pubblica amministrazione (magari partendo dalle province)
    * qualche opera pubblica sostanzialmente inutile in meno

    direi che le cose coincidono con la risposta #2 di vb.

    P.S.: comunque uno dei più grossi nodi al pettine è sempre l’interesse pagato sullo stratosferico debito pubblico.

  5. simonecaldana:

    @D: concordo. La differenza fra il livello di tassazione dell’Italia e quello di tanti altri decantati paesi e’ proprio derivato dagli interessi sul debito.

 
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