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Archivio per il mese di Aprile 2008


venerdì 11 Aprile 2008, 08:50

Povertà

Martedì sera sono uscito con amici. Siamo andati al pub; niente di che, un comune pub di periferia noto peraltro per essere buono, ma abbastanza caro (cinque euro una birra media, sette euro un piatto di pasta). Siamo arrivati presto, per cenare, ed era vuoto; ma verso le 22 non solo era strapieno di gente, ma fuori c’era un ingorgo di fuoristrada e macchine nuove abbandonate con due ruote sul marciapiede. Ed era martedì sera, in estrema periferia.

Ieri sono uscito di nuovo, in due; siamo andati a mangiare in centro. Camminando per arrivare al ristorante, abbiamo incrociato un grumo di gente, alcune decine di persone, che bloccava la via. Mentre passavamo, ho guardato e ho capito che era l’inaugurazione di una galleria d’arte o esposizione privata; era pieno di venticinquenni e trentenni dall’aria fighetta che si godevano un rinfresco. Mentre camminavo, pensavo che solo nella mia cerchia di amici conosco almeno due persone che negli ultimi anni hanno comprato o affittato un negozio, quindi uno spazio commerciale che ha un costo piuttosto elevato, e l’hanno adibito a studio / esposizione delle proprie opere di artista o professionista in erba. Naturalmente auguro ai miei amici di diventare famosi, ma per il momento non si tratta certo di persone che richiamano un business tale da ripagare queste spese: si tratta piuttosto di un desiderio personale, sovvenzionato dai genitori, che di solito, viste le scarse entrate che questo genere di attività portano finché non ci si fa un nome, sovvenzionano pesantemente anche la vita quotidiana. Ho pensato che se veramente qualcuna di queste famiglie avesse problemi di soldi, il pargolo si sarebbe cercato un lavoro meno eccitante ma con uno stipendio fisso, anche solo da commesso o call-centerista. Eppure i miei amici non sono figli di miliardari, ma di normali famiglie piccolo-borghesi.

Ovviamente, anche il ristorante alla fine era strapieno – ed era un posto dove si spendono dai trenta euro a testa in su, ed era giovedì sera.

Ho concluso che questa povertà di cui tutti parlano, per cui tutti chiedono prezzi calmierati e aumenti di stipendio per bacchetta magica statale, proprio non esiste. O meglio, esiste certamente una fascia di povertà, ma non è certo quella dei trentenni precari e mammoni o dei quarantenni e cinquantenni a stipendio fisso che si lamentano dal mattino alla sera; è quella dei pensionati al minimo che non escono di casa, o quella degli immigrati che vivono in otto in una baracca.

Gli stessi giovani che si lamentano continuamente di essere precari, poi non sono capaci di sacrificarsi e di risparmiare nemmeno mezzo euro; e se è assolutamente vero che la precarietà di oggi una volta non c’era (ma non c’erano nemmeno le opportunità che un sistema flessibile comunque crea), è anche vero che da sempre i giovani, pur di mettere su famiglia, hanno fatto sacrifici e vissuto con i soldi contati. Adesso, sembra che proporre a un trentenne di rinunciare alla Playstation 3, alla macchina fighetta, all’uscire fuori minimo tre sere a settimana, in cambio di metter su casa e famiglia, sia una lesa maestà: se provi a dirlo ti danno del reazionario.

Resta la sgradevole sensazione legata alla consapevolezza che la nostra economia è in crisi anche perché nessuno più considera accettabile sbattersi e sacrificarsi per migliorare la propria condizione sociale, ma ritiene tale miglioramento un diritto acquisito che è compito di qualcun altro garantire; e con queste premesse è facile che, più prima che poi, la dura realtà reclami il suo pegno.

[tags]economia, povertà, giovani, stipendi[/tags]

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giovedì 10 Aprile 2008, 12:42

La pagella dell’Italia

Stamattina mi hanno girato il link al rapporto sul Networked Readiness Index sviluppato dal World Economic Forum per misurare quanto le nazioni siano all’avanguardia e pronte a vivere nell’era della società dell’informazione globale. Non è una novità, ma non l’avevo mai letto e l’ho trovato davvero interessante.

Credo che immaginiate tutti il risultato: nell’indice generale, l’Italia risulta quarantaduesima su 127 nazioni. Non malissimo, però male: nella UE siamo più o meno pari con Slovacchia, Lettonia e Cipro, e davanti solo a Grecia, Polonia, Romania e Bulgaria. Il grosso del mondo sviluppato, però, è tutto ben davanti a noi, e anzi a ben vedere fanno meglio di noi anche alcune nazioni in via di sviluppo, come Barbados e Tunisia.

Più interessante, comunque, è andare a vedere come è composta la nostra valutazione: dove siamo forti e dove siamo deboli.

Ci sono solo tre parametri in cui siamo tra i primi dieci al mondo: e sono il numero di telefoni cellulari, il basso costo delle chiamate cellulari, e il basso costo dell’ADSL. A dire il vero c’è anche un quarto parametro che ci vede primeggiare, che misura di quanto sono migliorati i servizi pubblici con l’introduzione dei computer; quel che però il parametro non considera è che noi partivamo da livelli talmente pessimi che era difficile non migliorare…

In quasi tutto il resto dei parametri vivacchiamo tra il trentacinquesimo e il settantacinquesimo posto, nel gruppone insieme a sudamericani e asiatici (ma attenzione, anche i migliori africani ci stanno raggiungendo). Andando a vedere le aggregazioni, comunque, ci sono delle differenze: in particolare, siamo trentatreesimi per i parametri legati all’uso, il che vuol dire che gli italiani abbracciano abbastanza le nuove tecnologie – pur se meno del resto del mondo sviluppato – una volta che gliele si dà in mano; siamo attorno al quarantesimo posto per il livello di adozione nell’industria; dove sprofondiamo è quando si parla dello Stato.

Infatti, il nostro governo è sessantaquattresimo al mondo, subito dietro la Mauritania, per adozione della nuova mentalità e delle nuove tecnologie; soprattutto, veleggiamo oltre il settantesimo posto quando si parla di libertà di mercato e di efficienza delle leggi e regolamentazioni.

Trovo molto interessante la lista dei cinque parametri che ci vedono oltre il centodecimo posto, cioè nelle ultime cinque / dieci nazioni al mondo (non tutti i parametri sono misurabili in tutte le nazioni, quindi la classifica spesso non arriva fino al 127). Ecco la lista:

110° posto: Priorità data dal governo alle ICT
113° posto: Tempo necessario per ottenere il rispetto di un contratto per vie legali
114° posto: Livello complessivo di tassazione
123° posto: Estensione ed effetti della tassazione
124° posto: Pesantezza e ostacoli generati dalle regolamentazioni statali

Va detto che gli ultimi due punteggi sono ottenuti chiedendo ad aziende e individui del Paese in questione di indicare quanto la tassazione e la regolamentazione siano pesanti secondo loro: quindi il luogo comune italiano secondo cui le tasse e le leggi sono comunque un ostacolo ha certamente peggiorato il punteggio.

Il livello complessivo di tassazione, però, è misurato partendo dalle varie tasse ed aliquote: dovrebbe quindi essere una misura oggettiva. Fa quindi effetto osservare la classifica e scoprire che dietro di noi – ossia con tasse più pesanti delle nostre – ci sono soltanto tre nazioni al mondo, ossia Bolivia, Tagikistan e Colombia. Siamo subito dietro la Cina, con la differenza che la Cina è un paese comunista dove quasi tutto va in tasse ma dove lo Stato fornisce quasi tutto; l’Italia è un paese dove quasi tutto va in tasse ma si ottiene in cambio poco o niente.

A fronte di questi dati, ci si chiede veramente come faccia la maggior parte dei politici a parlare di maggiore intervento dello Stato, o, come fa Veltroni, di tutta una serie di nuovi servizi pubblici che qualcuno dovrà pur finanziare. Poi sappiamo tutti che anche quelli che promettono un taglio di tasse difficilmente lo faranno davvero…

Tuttavia, per una persona intellettualmente onesta, c’è poco da discutere su quale politica fiscale ed economica debba abbracciare l’Italia: una analisi particolareggiata come quella del World Economic Forum fornisce tutte le indicazioni su cosa sia necessario fare per evitare che l’Italia precipiti nel sottosviluppo.

[tags]wef, economia, rete, modernità, politica[/tags]

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mercoledì 9 Aprile 2008, 17:44

Tangenziale centro

Ho già parlato in passato di come, pur essendo assolutamente a favore di nuove infrastrutture, la voglia delle istituzioni pubbliche – in particolare piemontesi – di scavare e riscavare mi sembri alquanto sospetta. Potete quindi immaginare la mia reazione quando sul giornale di oggi ho trovato non una ma due belle sparate di Mercedes Bresso.

La prima ̬ quella secondo cui la Regione Piemonte sarebbe pronta ad investire 25 milioni di euro sulla linea ferroviaria Pinerolo РTorre Pellice, in crisi perch̩ i passeggeri sono pochi e i costi sono molti. Ammettiamo pure che abbia senso, per qualche ragionamento di interesse pubblico, mantenere in servizio una ferrovia antieconomica invece di metterci un bel bus, come avviene ormai su tutti i percorsi extraurbani non principali; bene, a cosa servono questi soldi? Servono a buttare via i treni e sostituirli con dei supertram, costruiti appositamente per poter circolare sia su binari stradali che su binari ferroviari.

Peccato che subito dopo si precisi che siccome Pinerolo è piccola e di Torre Pellice non ne parliamo, in realtà non ci sarà alcun tratto stradale; semplicemente, i nuovi supertram circoleranno sui binari dei vecchi treni, fermandosi alle vecchie stazioni, e offrendo lo stesso servizio di prima. Al massimo, visto che accelerano e frenano più velocemente, si piazzeranno un paio di fermate extra in mezzo ai campi, sperando che ci si materializzi prima o poi qualche passeggero. Sfugge quindi a chi serva l’investimento; a parte ovviamente la Alstom di Savigliano, che questi supertram li costruisce.

Tuttavia, questa idea è una bazzecola se la si confronta con la successiva: la Bresso vuole costruire un tunnel autostradale a quattro corsie sotto Torino, partendo dal sottopasso di corso Unità d’Italia, passando sotto il Valentino e piazza Vittorio, e sbucando sul Lungodora all’altezza dell’Italgas. Firmando un accordo con Di Pietro all’ultima settimana da ministro, si vuole costruire un’opera che vien via per due lire, pare un paio di miliardi di euro; che peraltro non sarebbero sufficienti per questa e per le altre autostrade da costruire in zona, per cui la nuova opera sarebbe costruita da privati che poi imporrebbero un pedaggio.

Ora, io posso capire che ci voglia del tempo per arrivare in centro da sud e che possa far piacere l’idea di abbreviarlo; tuttavia, un’opera del genere non servirebbe certo per convogliare le auto in piazza Castello, per prima cosa perché non si capisce dove potrebbero costruire degli svincoli autostradali in mezzo alla città senza devastarla, per seconda cosa perché è noto che dove l’autostrada incoccia la città si crea una coda e il tunnel si limiterebbe quindi a spostare l’attesa in avanti di qualche chilometro riversando auto su vie non in grado di accoglierle, per terza cosa perché non si capisce chi pagherebbe due o tre euro di pedaggio a botta per risparmiare dieci minuti sui viali, e per quarta cosa perché non ci hanno detto che tra poco metteranno l’ecopass anche a Torino, e che comunque dobbiamo scordarci di arrivare in centro con le auto?

Infatti, si dice, lo scopo dell’opera non sarebbe tanto portare il traffico in centro, ma velocizzare l’attraversamento nord-sud della città. Capisco che se uno arriva da Savona e va ad Aosta debba fare un lungo giro (che peraltro si accorcerà quando finiranno corso Marche), ma ha senso scavare un megatunnel per togliere traffico dalla tangenziale e portarlo sotto il centro città?

Restano i soliti dubbi sulla pianificazione dei trasporti dell’area torinese; da una parte si fa una metropolitana bellissima, che però costa e fa fatica a venire finita; dall’altra però si vuol fare la tangenziale centro con annesse devastazioni e cantieri. Da una parte si incrementano costi e divieti per andare in centro, dall’altra si costruisce un parcheggio proprio sotto piazza san Carlo. Per questo sembra che l’idea sia di costruire megaopere ovunque, più che di pianificarle con cura.

Ora, se i soldi che sprecano fossero i loro, potremmo ignorarli; ma sono i nostri, e se per tutto questo ci dobbiamo subire uno Stato che in un solo anno aumenta le entrate fiscali del dieci per cento – cioé più o meno quello che gli stipendi guadagnano in cinque anni quando va bene -, creando cittadini sempre più poveri e politici sempre più ricchi e liberi di sprecare e regalare, la cosa comincia a diventare molto preoccupante.

[tags]torino, bresso, autostrade, trasporti, tasse[/tags]

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martedì 8 Aprile 2008, 15:50

Tamarrate

Stavo pensando di suggerire a quelli di Wikipedia che potrebbero anche rimuovere completamente il contenuto della voce tamarro e sostituirlo con la riproduzione a ciclo continuo dell’ultimo singolo di Moby. E’ in giro già da un po’, si intitola Disco Lies e se non l’avete ancora sentito potete dotarvi di una Golf GTI nera, recarvi in via Roma, cliccare qui sotto (tra le lucine viola che scorrono tipo Supercar, la vostra autoradio avrà certamente un browser) e pompare a palla il volume.

Audio clip: Adobe Flash Player (version 9 or above) is required to play this audio clip. Download the latest version here. You also need to have JavaScript enabled in your browser.

[tags]tamarri, moby, musica, elettronica[/tags]

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martedì 8 Aprile 2008, 08:52

Cipolle di centrosinistra

Ieri sera sono venuti a cena degli amici, e io ho cucinato tortillas, con abbondanza di cipolle e fagioli. Ne abbiamo mangiato tutti in quantità, e in effetti il risultato è stato degno di nota: già, perché stanotte ho sognato di essere nel pubblico di un dibattito elettorale, tenuto in Parlamento, tra Berlusconi (che però nel sogno era alto un metro e ottanta e molto distinto) e D’Alema.

A un certo punto Berlusconi faceva l’errore di interpellarmi, scegliendomi a caso tra il pubblico, e io rispondevo una cosa che aveva assolutamente senso ma lo metteva in cattiva luce: certamente non quello che si aspettava. Così se la legava al dito, e a telecamere spente mi portava fino al bar, insieme a una avvenente forzaitaliota in tailleur, per cazziarmi e spiegarmi che avevo assolutamente torto; io però, pacatamente, ribadivo le mie convinzioni fino a che lui non lasciava perdere. A quel punto arrivava D’Alema, insieme ad altri dignitari/e del centrosinistra, e mi invitava a prendere qualcosa al tavolo con lui; alla fine però gli arrivava il conto, ed era salatissimo – tipo cinquecento euro per cinque tra caffé e bibite – e anche se pagava il partito lui se la prendeva parecchio. Infine, io e D’Alema andavamo insieme in bagno, ma anche lì la Repubblica Italiana gli chiedeva ben otto euro per fare pipì.

Che dite, abolisco le cipolle?

[tags]sogni, elezioni, cipolle[/tags]

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lunedì 7 Aprile 2008, 19:44

Non riesco a scrivere che non c’è niente da scrivere

Oggi volevo scrivere un bel post sul fatto che non c’è niente da scrivere, e che in questo periodo c’è piuttosto da andar fuori, godersi la primavera, respirare. Solo che non mi sono fermato un attimo, perso tra appuntamenti, commissioni e varie telefonate, che hanno cercato di disturbare la mia giornata dedicata soprattutto a finire la sistemazione di casa; in pratica, è da venerdì mattina che non ho tempo di leggere per bene la mail. E insomma, non riesco nemmeno a scrivere che non c’è niente da scrivere; vediamo se domani troverò il tempo di farlo.

[tags]life[/tags]

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domenica 6 Aprile 2008, 22:07

Segnalazione

Colgo l’occasione per segnalarvi questa iniziativa di Assoli: in pratica, si tratta contemporaneamente di un appello ai candidati al Parlamento perché si impegnino a sostenere l’adozione del software libero nella pubblica amministrazione, con tanto di elenco dei partiti e dei candidati che hanno accettato l’impegno, e di una raccolta di firme di cittadini che dimostrano il loro supporto per la proposta, e quindi il loro interesse a votare candidati che la sostengano. Certo, c’è il piccolo particolare che noi non possiamo esprimere preferenze e quindi non possiamo preferire un candidato pro-software libero a un candidato che se ne frega, però l’iniziativa è meritoria lo stesso.

[tags]elezioni, software libero, assoli[/tags]

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venerdì 4 Aprile 2008, 10:41

Tranne il successo

Non sono del tutto sicuro del motivo per cui io e gli italiani – meglio, io e gli italiani della blogosfera – finiamo sempre per dissentire, talvolta per litigare. A me è capitato di nuovo tra ieri e oggi, a proposito del famoso video del dirigente Telecom Luca Luciani, che a una convention aziendale, in mezzo a un discorso motivazionale molto bauscia e pieno di parolacce, confonde Austerlitz con Waterloo. E’ passato ieri da Mantellini e pure da .mau.; i commenti, ovviamente, sono tutti a metà tra lo scherno (modello “ha-ha” di Nelson Muntz) e l’indignazione su “come può uno del genere fare il dirigente Telecom”.

Allora, il tizio è evidentemente lampadato, manageriale, suvvista, antipatico a pelle; la topica storica è clamorosa. Basta questo per concludere che è anche un raccomandato, che ruba lo stipendio, che è un cretino? No, non basta; non solo gli errori capitano a tutti, ma continua a sfuggirmi perché, per essere un buon manager, sia necessario sapere a memoria tutte le battaglie di Napoleone senza errori. Del resto, gli americani sono ignoranti come capre, ma sono la prima potenza economica mondiale; anche io preferisco essere un po’ più colto e un po’ più povero, ma tutto lo snobismo italiano nello studiare il latino invece dell’organizzazione aziendale è una delle concause per cui le nostre imprese, sul mercato globale, fanno mediamente schifo.

Il discorso in sé, depurato dalla topica, è del tutto condivisibile; sono sicuro che lo scazzo dei dipendenti Telecom sia già elevato, ma una azienda in crisi ha bisogno di tirar fuori il massimo dal primo all’ultimo uomo, un po’ come fece la Fiat al voltar del millennio. Spiace vedere che invece il gioco preferito è il tiro al bersaglio: arriva uno che, con uno stile magari antipatico, ti chiede di darti da fare per salvare la casa comune, e la reazione è filmarlo e mettere il video su Youtube per prenderlo per i fondelli. Se il middle management Telecom è questo, l’azienda farà la fine dell’Alitalia; ad ogni modo spero bene che becchino chi ha fatto il filmato e lo appendano al muro.

Purtroppo però la reazione di cui sopra non è soltanto interna all’azienda, perché è tipica della mentalità invidiosa e perdente degli italiani. A riprova di questo, si è prontamente verificata una piena blogosferica di aspiranti dirigenti Telecom che sicuramente – secondo l’inoppugnabile valutazione di loro stessi – saprebbero fare il lavoro di questo tizio meglio di questo tizio, e anzi colgono l’occasione per dargli dell’incapace e del raccomandato senza averlo mai visto né sentito se non in un video di trenta secondi. Insomma, il rosichìo dilaga: davanti a uno che ha fatto più carriera di lui, la reazione dell’italiano non è quella di capire cosa si può imparare di buono per migliorare se stessi, ma di invidiarlo a manetta, e di cercare qualsiasi appiglio pur di sputargli addosso.

Aspetto quindi il prossimo video del discorso dell’allenatore della Nazionale, con tutti i relativi commenti di chi vorrebbe più grinta, chi più calma, chi più parolacce, chi meno parolacce e comunque tutti concordi che è un raccomandato, che ruba lo stipendio e che sarebbero sicuramente più bravi loro; e alla prima sbavatura di grammatica giù cinquanta repliche al rallentatore su Striscia la Notizia, con le risate finte in sottofondo. Perché è vero quel che diceva Enzo Ferrari: che gli italiani ti perdonano tutto, tranne il successo.

[tags]italia, manager, telecom, invidia, blog, blogosfera[/tags]

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giovedì 3 Aprile 2008, 17:46

Senza speranza

Senza speranza sono i nostri sindacati, che hanno deciso di far saltare il tavolo dell’Alitaglia, rilasciando dichiarazioni del genere “Ma tanto ci sono ancora soldi per qualche mese”, insomma meglio tutti a casa tra tre mesi che duemila licenziamenti adesso.

Mentre la Lega dissente da se stessa – Maroni dichiara “per fortuna che è saltato tutto così salviamo Malpensa” mentre Calderoli dichiara “il giudizio storico su Prodi per il fallimento della trattativa sarà pesantissimo” – e mentre la triste vicenda della “cordata italiana” assume i contorni della farsa con l’invito di Galan, presidente forzaitaliota del Veneto, affinché ogni imprenditore italiano versi duemila euro e se ne compri un pezzo, i sindacati non trovano di meglio che far scappare l’unico pretendente credibile, sparando pretese impossibili.

Come la pensi il mondo sull’argomento è chiaro, visto che l’annuncio della rottura delle trattative ha fatto guadagnare in pochi minuti quasi il cinque per cento alle azioni Air France. Che quindi facciamo gli schizzinosi noi italiani ha dell’incredibile, tanto è vero che persino i supersindacalizzati dipendenti dell’Alitalia oggi pomeriggio hanno manifestato contro i propri rappresentanti.

A meno che… ecco, intanto la rottura delle trattative è da sempre un trucco negoziale molto usato, per cui può ben darsi che domani mattina, travolti dall’ondata di sdegno, tutti facciano marcia indietro e ci si rimetta a negoziare. Ma anche l’ipotesi di vendere l’Alitalia dopo le elezioni e in stato di fallimento ha il suo fascino. Peccato che il fascino non sia per i dipendenti, ma per i compratori: perché l’amministrazione controllata, o addirittura il fallimento, permetterebbero di liberarsi molto più facilmente di tutti questi lavoratori stanchi e in esubero, e di acquistare soltanto ciò che vale veramente, ossia gli slot.

Sotto questa luce, anche il casino apparentemente insensato che ha fatto Berlusconi acquista un suo senso: se a forza di caciara si impedisce la vendita in questo momento, tra due mesi Silvio potrebbe trovarsi in mano una Alitalia fallita ma paradossalmente più appetibile e di buon valore: da dirigere prontamente, come già ci ha promesso, nelle mani dei suoi figli.

Nel contempo, comunque, non resta che augurarsi la definitiva sparizione dei sindacati italiani: il paese, partendo dai lavoratori, ne avrebbe senz’altro da guadagnare.

[tags]alitalia, sindacati[/tags]

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mercoledì 2 Aprile 2008, 15:06

Marchettare

Oggi mi hanno girato il link ad un sito che mi ha lasciato senza parole: per questo ho pensato di scrivere un paio di paginate di commento.

Il sito si chiama Web al femminile ed è… è… ecco, non ho ancora capito cos’è. Un portale? (Nel 2008 ancora gente che mette su portali, a parte Rutelli?) Una guida pratica all’uso del computer? Una comunità? Una campagna politica? Una forma nascosta di pubblicità per Microsoft?

No, perché in home page non c’è uno straccio di paragrafo che spieghi cos’è il sito, chi l’ha fatto e perché, a parte un’infilata di loghi di corporation note per spacciare fuffa, da Microsoft ad Accenture passando per la temibilissima Buongiorno. A ben guardare, si trova un video intitolato “Scheda introduttiva” in cui, alternate a immagini di mani che digitano che nemmeno nella sigla del TG5, compare una signora di Microsoft, platinatissima e tailleuratissima, che declama come tutto ciò sia “il progetto che ha l’obiettivo di divulgare come la tecnologia può essere una straordinaaaria alleata delle donne”.

Tutto chiaro no? No? Bene, allora si prosegue spiegando: “Per le donne che sono in azienda e vogliono fare carriera, per avere un’arma in più”. Scusa? Per prima cosa, stai suggerendo che nel 2008 una donna che si presenta a un colloquio di lavoro non sa usare il computer, evidentemente avendo trascorso il proprio tempo tra pentole e candeggina; per seconda, che usare il computer non sia una abilità basilare per qualsiasi lavoratore maschio o femmina che sia, ma che per le donne sia un optional, evidentemente supponendo che le donne normalmente facciano carriera grazie ad altre abilità e non diciamo quali; per terza, che tale optional sia “un’arma in più”, come se il ruolo delle donne negli uffici fosse quello di sparare ai colleghi o comunque di sottometterli a mazzate.

Ma non è finita qui: la microsoftiana platinata aggiunge ancora che il sito è anche “per le studentesse”, e poi conclude in modo spettacolare dicendo: “Ma è anche per le donne normali, le donne comuni!”. Insomma, secondo Microsoft se una donna lavora o studia all’università è una anormale.

Va bene, ma allora quali sono i contenuti di questo meraviglioso progetto di divulgazione sulla tecnologia, per la donna moderna ed emancipata? Beh, la prima casellina sotto i video recita “Test: Il tuo è un buon personal trainer? Conosci le nuove tendenze? Siete complici o rivali?”. Segue poi “Focus on: Salute e benessere – Bellezza – Maternità”. Di fronte a queste perle di modernità – che peraltro confermano che per gli estensori del sito la donna italiana non solo vive tra pignatte e pannolini, ma a pignatte e pannolini deve essere educata, sia pur tecnologicamente – non possiamo che toglierci il cappello: per fortuna che c’è questo sito, se ne sentiva la mancanza.

Segue poi, finalmente, l’educazione tecnologica: che sarebbe? “Corsi formativi: Il mondo di Windows Live Messenger – Protezione in linea – Il mondo di Office – Antipirateria” Eh già, mica vorrai tu donna cadere vittima dei pericolosi pirati della rete: tra una peperonata e un bambino, non dimenticarti di comperare Windows, altrimenti come faremo a informarti sulle nuove tendenze primavera/estate?

Più si va avanti nel sito, peraltro, e più si rimane perplessi: perché si scava nella fuffa, e si trova soltanto altra fuffa. Ad esempio, c’è una casella intitolata “Mostre / Eventi: Ogni giorno potrai visualizzare nuovi Eventi e Mostre basate sulla donna per un futuro migliore di pari opportunità.” Ma che cacchio vuol dire?? Che cos’è una mostra basata sulla donna? Mica stenderanno una donna per terra e le metteranno le teche appoggiate sopra? E cos’è un evento per un futuro migliore di pari opportunità? Si saranno mica riunite le dieci donne in tailleur dei vari video dell’home page, e avranno discusso due ore per partorire (no pun intended) una perla marchettara del genere?

E così via: cliccando qua e là potete trovare la pubblicità di una community che “si è rinnovata graficamente e strutturalmente nel 2006 ampliando orizzonti ed obiettivi per diventare più multimediale e partecipativa, con una redazione allargata e diffusa che la rende sempre espressione del mondo delle donne in perenne mutamento e alla sua evoluzione.” Oppure la presentazione di un laboratorio della Bocconi che “Nasce con l’intento di costruire un know how di gestione delle diversità nel mondo aziendale e di comparare prassi operative orientate al tema. L’obiettivo è quello di fornire modelli interpretativi e strumenti per affrontare, gestire e valorizzare le differenze individuali.” Insomma, un caleidoscopio di parole che non vogliono dire niente!

In sé, questo sito è agghiacciante: parte da una visione ottocentesca delle donne italiane, e prosegue promuovendo la visione più triste della parità di genere, quella secondo cui la parità consisterebbe nel far diventare le donne stronze, tirate e carrieriste quanto gli uomini.

Ma fosse solo questo: alla fine, gira che ti gira, mi è venuto un orribile sospetto. Vuoi vedere che anche ‘sta roba, raffazzonata a forza di banalità e di fuffa marchettara con la scusa delle pari opportunità, è soltanto un collettore privato di finanziamenti pubblici addomesticati?

[tags]web al femminile, marketing, donne, pari opportunità, microsoft, finanziamenti pubblici[/tags]

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