La giustizia altrui
Ho ancora un paio di cose che voglio raccontarvi dell’Africa e del Mozambico, e saranno forse tra le meno facili da metabolizzare. Quella di oggi, peraltro, capita a fagiolo anche in seguito alla discussione di ieri: perché è relativa al concetto di giustizia (umana e divina).
Il Mozambico ha una struttura giudiziaria all’occidentale: infatti hanno preso le leggi portoghesi, hanno fatto “trova e sostituisci” e hanno scritto Mozambico al posto di Portogallo dovunque tale parola comparisse. Allo stesso tempo, il Mozambico ha la giustizia tribale, perché anche nelle tribù africane esistono reati e tribunali; questi ultimi sono in sostanza costituiti dal consiglio degli anziani del villaggio, o da una persona molto saggia a cui ci si rivolge in veste di conciliatore.
Grazie al fatto che chi ci ospitava si occupa proprio di questi temi, ho potuto apprezzare come la giustizia della legge si adegui alle usanze tradizionali, e come ciò implichi che alcuni concetti che noi diamo per scontati – quasi naturali – non lo siano affatto: a partire dalla responsabilità personale.
Per noi è ovvio che ognuno risponde delle proprie azioni; per gli africani, invece, è il villaggio o la famiglia, nel suo insieme, a rispondere davanti agli spiriti per le azioni di tutti i suoi componenti. Se qualcuno di essi fa qualcosa di male, l’ira degli déi si abbatterà su tutti: per questo motivo essi sono i primi a prenderlo a mazzate.
Questa mancanza di responsabilità personale spiega probabilmente la scarsa intraprendenza degli africani, e si esplica in modi che a noi sembrano assurdi. Per esempio, se a un pulmino del trasporto pubblico scoppia una gomma ed esso finisce per centrare la tua macchina, la colpa e i danni sono per metà tuoi; perché si sa che i pulmini vanno in giro con le gomme lise e possono perdere il controllo da un momento all’altro, quindi stava a te starci attento. Se il vicino dà fuoco alle sterpaglie in modo maldestro e il fuoco si espande a casa tua, è colpa tua: perché non eri lì a spegnere il fuoco o almeno non hai bagnato il prato perché non fosse secco? Persino se ti cade in testa un vaso da un balcone la colpa, per il tribunale, è anche tua: non l’hai evitato.
C’è, in realtà , una logica in tutto questo: quella che siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo dividerci l’attenzione e le responsabilità . Per noi, però, abituati a trovare un responsabile e una colpa per tutto, sembra ingiusto.
Certamente le pene tradizionali, in Mozambico, non sono moderate. Per esempio, la pena per il furto è venire presi, infilati dentro un pneumatico, cosparsi di benzina e arsi vivi. Dev’essere per questo che in Mozambico sono piuttosto onesti, almeno in termini di società con simili disuguaglianze sociali (c’è chi muore di fame e chi gira in SUV).
Sono tanto onesti che talvolta il furto è impossibile. Per esempio, un ragazzo andò in tribunale accusando un suo vicino di casa di averlo derubato per strada di notte. Dopo due anni di galera preventiva (non perché la giustizia mozambicana sia lenta – mica è l’Italia – ma perché si era perso il fascicolo: succede) l’accusato va davanti al giudice, che lo assolve: infatti, dice il giudice, è impossibile che due vicini si derubino tra loro, perché è contrario alla buona educazione e agli usi tradizionali. Se proprio uno vuole derubare qualcuno, argomenta il magistrato, mica andrebbe a farlo con un vicino che conosce personalmente, cosa che poi causerebbe faide per mezzo quartiere! E poi il fatto che il presunto derubato si sia rivolto direttamente alla polizia è sospetto: perché non ha chiesto l’intervento degli anziani o non ha mandato i suoi genitori a spiegarsi con i genitori del presunto ladro? E infine – conclude il giudice secondo il principio di cui sopra – se tu giri con tanti soldi in tasca di sera per una strada buia, la colpa del furto è anche tua: non lamentarti. Tutto ciò scritto nero su bianco in una sentenza di tribunale.
Le vette dell’assurdo – almeno per noi – si raggiungono quando c’è di mezzo la stregoneria: perché il feticcio fa parte della cultura locale e viene usato per spiegare più o meno qualsiasi cosa (come nel caso del parto di tre tazze). Naturalmente la stregoneria a scopo maligno è vietata e punita, tanto per cambiare, con il linciaggio; c’è però chi, civilizzato, si rivolge invece al tribunale.
E’ il caso di un tizio a cui un’altra famiglia, per questioni economiche irrisolte, aveva fatto un malocchio che lo costringeva a muoversi sempre a quattro zampe, e così aveva perso il lavoro e subito dei danni. Per questo motivo, si era rivolto al tribunale (non si sa se in piedi o a quattro zampe) per ottenere una sentenza che obbligasse la sua controparte a togliergli il malocchio. E infatti, il giudice, esaminato il caso, gli ha dato ragione: ha ordinato all’altra famiglia di togliere la magia e ripagargli i danni subiti.
Insomma, anche se la legge dice che la magia non esiste, i giudici mozambicani si arrabattano per trovare un appiglio per condannare chi è accusato di stregoneria; questo nel loro stesso interesse, visto che, se non altro, essere chiusi in prigione è un modo di evitare il linciaggio. Talvolta invece gli stregoni vengono assolti, specie se dicono di avere agito per ordine degli spiriti: se è stato uno spirito a ordinargli di trasformare temporaneamente il signor tal dei tali in un serpente, mica è colpa loro.
In certi casi, però, c’è un problema: supponete, che so, che vostro figlio sia improvvisamente impazzito d’amore per una stronza. E’ evidente che egli sia stato reso schiavo da lei mediante una stregoneria, tramite il noto metodo di rinchiudere la sua anima in una bottiglia. Però, come si fa a sapere chi è lo stregone responsabile del vile gesto?
In questi casi, spesso succede così: il tribunale interpella l’associazione nazionale degli stregoni (sì, c’è) che, tramite un rito di lettura degli ossicini, scopre chi è stato. Così possono andare a prenderlo e metterlo in galera o linciarlo a seconda del caso.
Bene, vi siete divertiti? Sarete contenti di non vivere in Mozambico, ma in un Paese dove la giustizia è equa e razionale. Per questo vi suggerisco di dedicare ancora dieci minuti a leggere fino in fondo quello che diceva l’altro giorno Travaglio a proposito del nuovo reato di “contrattazione di sesso a pagamento” e di altre meraviglie della nostra legislazione. Noi sì, che siamo dei giusti.
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