Facebook e mafia
Ho cominciato ad usarlo da dieci giorni e già siamo in mezzo alle polemiche?
Comunque, a un italiano è chiaro che il “Bernardo Provenzano fan club” e simili, in un paese civile, non possono esistere; nemmeno su Facebook. Per gli americani di Facebook, in compenso, è chiaro che – come da primo emendamento alla Costituzione americana – tutto ciò che non passa all’azione e che non si qualifica come pornografia o razzismo è concesso: per cui via le foto delle mamme che allattano, ma i gruppi dei fan di Riina – ragazzotti della profonda Trinacria che usano il mezzo tecnologico per fare pubblicamente gli auguri di compleanno al boss dei boss e ricordare le sue eroiche gesta – non si toccano.
In realtà , il vero punto è che per Facebook, Youtube e compagnia bella il controllare i contenuti, perdipiù adattandosi alle molteplici idiosincrasie e legislazioni di un paio di centinaia di nazioni su cui sono sparsi i loro utenti, è una rottura di scatole non da poco: vuol dire costi, elevati rischi di errore, probabili grane legali. Meglio proclamarsi strenui difensori della libertà di espressione, e con questo schivare il problema.
Eppure, non ho il minimo dubbio che un applicativo online in italiano, usato da italiani per fare apologia della mafia – reato in Italia – verso altri italiani, sia soggetto alle leggi italiane sulla pubblica espressione, anche se è realizzato da una società americana su server americani; se non fosse così, saremmo veramente una colonia, priva di qualsiasi sovranità .
E’ vero che la neutralità della rete è importante, e che queste piattaforme non dovrebbero avere il diritto di censurare a proprio piacimento i contenuti che vi passano attraverso (vedi appunto il caso delle foto di allattamenti). E’ diverso, però, quando tale censura è prevista e anzi richiesta dalla legge: non applicarla, dopo ampie e numerose segnalazioni, significa volersi rendere apertamente complici di un atto perlomeno immorale, probabilmente criminale. E se proprio io, gestore di una piattaforma del genere, avessi il dubbio su quale sia il mio dovere tra rispettare un eventuale divieto di interferenza e rimuovere l’apologia dei mafiosi, preferirei errare contro i mafiosi piuttosto che a loro favore.
Per fortuna che decine di migliaia di utenti di Facebook si sono già mossi (qui potete aderire). Certo, c’è sempre il rischio che questo genere di “campagna virale” sfoci nel qualunquismo o nella caccia alle streghe, sfogandosi contro minoranze di qualsiasi genere, ed è un rischio da tener presente; tuttavia, per ora preferisco gioire vedendo che in Italia, persino su una piattaforma che molti presentano come il trionfo del becero, ci sono ancora tante persone che si indignano.
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