Il viaggiatore razionale
Ieri ho preso il treno da Milano a Torino – peraltro partito già con venti minuti di ritardo – e ho avuto occasione di fare esercizi di logica.
Cominciamo dalla fine: arriviamo a Porta Susa e c’è la folla assiepata in attesa che il treno fermi e si possa scendere (tra l’altro, a Porta Susa la gente si affretta perché le scale verso il sottopasso si intasano subito in un gigantesco grumo di gente, e se scendi per ultimo aspetti dieci minuti prima di poter uscire). Davanti alla porta ci sono due anziani; mentre il treno sta ancora finendo di fermarsi la signora preme il pulsante della porta. Ovviamente non succede niente. Due secondi dopo, non di più, il treno è fermo e il pulsante si accende. La signora sta lì e non fa niente. Tutti gli altri idem. La porta non si apre e alcuni cominciano a bestemmiare contro le porte sempre rotte. Lascio passare una decina di secondi poi, da dietro, grido alla signora che deve schiacciare di nuovo: schiaccia e usciamo, ma lei ribadisce ad alta voce che “la porta è rotta, io avevo già schiacciato”.
Voi potete prendervela con la signora, dato che la logica dell’ingegnere prevede che l’umano si accorga che il pulsante non è ancora acceso, e aspetti a premerlo; peccato che tale pratica sia tutto meno che uno standard, visto che tra tram e treni ci sono pulsanti che si accendono solo quando sono attivi, pulsanti che all’attivazione cambiano colore, pulsanti che sono sempre accesi e pulsanti che non si accendono mai, nonché porte la cui apertura è prenotabile e porte la cui apertura non è prenotabile. Insomma, lamentarsi sul fatto che i viaggiatori non conoscano gli standard mi sembra ingeneroso, visto che l’industria del ferro non è stata in grado di adottarne uno.
Piuttosto, è così difficile programmare questo pulsante in modo che se viene schiacciato nei dieci-quindici secondi precedenti allo sblocco delle porte la porta si apra automaticamente al momento dello sblocco? Non so se sia gestito via hardware o via software, ma è una di quelle modifiche da cinque minuti di lavoro che eviterebbe furie e ritardi.
L’ultima cosa riguarda me: sono arrivato in stazione, nella nuova Milano Centrale appena restaurata dove l’architetto imbecille è riuscito a triplicare la lunghezza del percorso metropolitana -> biglietteria -> treno (complimenti davvero). Ero in giro da un po’ e dovevo far pipì, così salendo dalla biglietteria ai binari vedo l’indicazione delle toilette: vado lì e scopro che far pipì a Milano Centrale costa un euro. Non 10, 20 e nemmeno 50 centesimi: un euro! Allora, essendo una persona razionale, cosa faccio?
La soluzione razionale, elaborati gli incentivi e le necessità prospettatemi, è la seguente: proseguo, arrivo al treno, salgo, me ne frego della lucetta che dice “fuori servizio”, prendo un bel respiro perché dentro il WC c’era una pozza di liquido colore del té che non era té e non veniva scaricato da ore, e faccio pipì gratis nel treno, in stazione. Non scarico, perché tanto non scarica: era tutto rotto e intasato (comunque i Vivalto hanno gli scarichi a circuito chiuso, non sui binari). Ma ammetto che se anche avesse scaricato sui binari l’avrei fatto ugualmente.
D’altra parte, a fronte degli incentivi economici introdotti nel sistema-stazione da Trenitalia, la mia non è forse la scelta più razionale?
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