Punto centrale
Oggi ad ICANN è la giornata del Public Forum, e ovviamente l’argomento caldo è l’introduzione dei nuovi domini di primo livello… che ancora una volta è stata spostata in avanti di sei mesi.
Il vero problema è che ci sono troppi interessi e troppe necessità che vanno a confliggere nello stesso spazio di nomi: ci sono i galiziani, i baschi e i gallesi che vogliono avere .gal, .eus e .cym, ma non hanno una lira o quasi; ci sono decine di danarose start-up che pensano (illusi) di fare i miliardi con .music, .health, .sport e così via; ci sono i cinesi e i coreani che vogliono assolutamente avere il prima possibile .ideogrammaCina e .ideogrammaCorea per permettere ai propri utenti di non dover scrivere gli indirizzi Web in caratteri occidentali; ci sono le grandi aziende che vogliono distinguersi con un bel .google e .ibm. E poi ci sono tutti quelli che già possiedono qualcosa.com e temono la concorrenza di un nuovo .qualcosa, tutti i governi del mondo che temono l’assegnazione di nomi sensibili a entità sgradite (un bel .tibet?), e persino il Vaticano che manda una mail al CEO di ICANN per avvertire di non provarsi nemmeno a creare .catholic.
Come ne esce ICANN? Beh, se prima o poi si deciderà a fare qualcosa, l’approccio che stanno difendendo con le unghie e con i denti è quello di chiedere a qualsiasi potenziale applicante di pagare una tassa di iscrizione di 185.000 dollari prima ancora di poter dire qualcosa: in questo modo gli unici a poter fare domanda saranno le start-up in competizione con .com, le grandi multinazionali che vogliono difendere il proprio nome, e al massimo qualche governo asiatico, russofono o arabo. Tutti gli altri – le comunità linguistiche, le entità no profit, gli sforzi comunitari – possono accomodarsi da un’altra parte; e questo approccio ha il fringe benefit di portare nelle casse di ICANN una cifra stimata in un centinaio di milioni di dollari, che permetterà nuovi stipendi di giada e nuovi alberghi a sei stelle.
La questione è oggettivamente difficilissima, e diventa sempre più difficile man mano che si va avanti, e che aumentano le richieste, le reazioni, le proposte, le controversie. Infatti, ICANN continua a rinviare i tempi di tutto il processo e ormai alcuni cominciano a dubitare che si arriverà mai a un qualsiasi risultato.
Il che prova un punto fondamentale: che, in un pianeta sempre più complesso e interconnesso, qualsiasi accentramento di potere diventa sempre più difficile da far funzionare.
[tags]icann, internet, internet governance, tld, nomi a dominio, dns[/tags]
5 Marzo 2009, 21:11
Forse l’unica idea sensata è quella di abolire il primo livello .com e permettere solo quello di nazione. Introducendo .us
7 Marzo 2009, 18:45
In effetti è abbastanza triste vedere come questo incredibile carosello sembra andare a mettere i bastoni tra le ruote a quei nuovi TLD (culturali e IDN) che a mio avviso sono gli unici ad avere un motivo di essere (in altre parole, sono gli unici che davvero aggiungono qualcosa di nuovo e interessante al sistema dei domini).
Allo stesso tempo tutto ciò finisce con il sottolineare la limitazione intrinseca del DNS come è concepito oggi: per funzionare correttamente è necessario che esista una solo root condivisa da tutti, ma per salvaguardarne l’operabilità è necessario avere un organismo di controllo che la gestisca in maniera centralizzata. Tuttavia questo organismo per motivi politici ed economici finisce con l’essere il collo di bottiglia ad ulteriori utili innovazioni (e dubito che se tutto fosse in mano a ONU o ITU sarebbe molto meglio che con ICANN).
Non posso fare a meno di pensare che forse tutto ciò è il segnale che sia giunto il momento di iniziare ad inventare un nuovo sistema che rimpiazzi il DNS come lo concepiamo adesso, e che sia in grado di fornire spazio e libero accesso per nuove idee innovative (e no, affidare tutto a google search come vorrebbe qualcuno non è per niente una bella alternativa).