Sky
Vittorio vb Bertola
Affacciato sul Web dal 1995

Dom 22 - 5:13
Ciao, essere umano non identificato!
Italiano English Piemonteis
home
home
home
chi sono
chi sono
guida al sito
guida al sito
novità nel sito
novità nel sito
licenza
licenza
contattami
contattami
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vecchi blog
vecchi blog
personale
documenti
documenti
foto
foto
video
video
musica
musica
attività
net governance
net governance
cons. comunale
cons. comunale
software
software
aiuto
howto
howto
guida a internet
guida a internet
usenet e faq
usenet e faq
il resto
il piemontese
il piemontese
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
software antico
software antico
lavoro
consulenze
consulenze
conferenze
conferenze
job placement
job placement
business angel
business angel
siti e software
siti e software
admin
login
login
your vb
your vb
registrazione
registrazione

Archivio per il giorno 28 Aprile 2010


mercoledì 28 Aprile 2010, 18:14

Tragedia greca

Penso che abbiate tutti capito perché i tedeschi sono così riluttanti ad assumersi la loro quota del piano di salvataggio del debito pubblico greco, nonostante l’energia con cui vari paesi, noi in testa, facciamo pressione su di loro. Il problema infatti non è la Grecia, ma la consapevolezza che, se questa è la via, poi ai tedeschi toccherà pagare anche il debito pubblico del Portogallo, dell’Italia e forse di qualche altro paese.

Visti con distacco, gli economisti maghi del PIL sembrano prigionieri in un labirinto senza uscita. I debiti pubblici dei paesi mediterranei non possono non essere ripagati, perché altrimenti l’euro si affossa, o in alternativa l’Europa si spezza, o magari entrambe le cose insieme; ma per ripagarli bisogna tirare fuori i soldi da economie già asfittiche e “premiare gli spreconi coi soldi di chi ha risparmiato”. Eppure il dogma è che l’economia deve crescere; per crescere, ogni volta che l’economia ristagna, bisogna indebitare lo Stato; ma se l’economia non è efficiente e non cresce rapidamente, questi debiti non si ripagheranno mai, e continueranno ad aumentare di generazione in generazione fino a divenire sostanzialmente privi di significato.

Già, ma una economia più efficiente significa maggiore produttività, quindi aumento della produzione, quindi un maggior consumo delle risorse naturali; e di risorse naturali ce n’è più poche. In alternativa, maggiore produttività significa produrre le stesse cose con meno lavoro, ossia un aumento della disoccupazione, o con lavoro meno costoso, chiudendo direttamente le fabbriche qua per riaprirle là.

Insomma, dovunque ci si giri si sbatte la testa; la soluzione a tutti i mali, la crescita del PIL che compensa l’aumento di produttività con nuovo lavoro e nuovi consumi, nei paesi sviluppati non pare più possibile; e a dire il vero, a ben guardare, negli ultimi decenni essa si è spesso rivelata possibile soltanto grazie all’aumento del debito pubblico, ossia prendendo a prestito ricchezza dai nostri nipoti per usarla qui, ora, egoisticamente per noi; per continuare a negare la realtà, ovvero che c’è un limite a quanto possiamo sognare di diventare ricchi.

Verrebbe da dirsi che la soluzione è continuare a far finta di niente: la Grecia è indebitata al 120% del PIL? E lasciamola arrivare al 240%, al 360%: che ce frega? Sono numeri privi di significato. Nello specifico rappresentano debiti concreti in cui qualche imbianchino tedesco o qualche compagnia uzbeka o qualche banca brasiliana rischia di perdere i propri risparmi, ma nell’aggregato che cosa sono? Sono un debito che sale per definizione sin da quando è stata inventata la finanza moderna, che non scenderà mai, e che ogni tanto bisogna far finta di voler ripagare, sapendo benissimo che ne abbiamo lasciato accumulare talmente tanto che ciò non è più realisticamente possibile. I soldi depositati dalla compagnia uzbeka nella banca brasiliana non ci sono più, ma tanto mica tutte le compagnie uzbeke li vogliono prelevare; finché non li chiedono indietro, non succede niente.

D’altra parte, è dagli accordi di Bretton Woods che la nostra moneta non corrisponde più alla realtà; è soltanto carta con valore infuso per fiducia, è una forma di religione collettiva. Il valore teorico di tutta la carta che c’è in giro è decine di volte superiore alla ricchezza materiale esistente, il che significa che se veramente provassimo a spenderla tutta insieme, in un momento di emergenza, scopriremmo che i nostri risparmi non valgono niente. Il vero significato del debito pubblico non è economico, ma politico: è il modo con cui chi gestisce la finanza internazionale può ricattare i governi e controllarli. E da quando noi non possiamo nemmeno più stamparci moneta da soli, questa è una forma di ricatto a cui non possiamo sfuggire.

[tags]grecia, italia, germania, debito pubblico, pil, crescita, finanza, moneta, bretton woods, ricatto[/tags]

divider
 
Creative Commons License
Questo sito è (C) 1995-2024 di Vittorio Bertola - Informativa privacy e cookie
Alcuni diritti riservati secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo
Attribution Noncommercial Sharealike