Dio è morto
La morte per cancro di Ronnie James Dio – aveva già 67 anni – segna davvero la fine di un’epoca delle nostre vite, almeno per chi da ragazzo è stato almeno un po’ metallaro. Dio era la voce epica per eccellenza, che cantasse le leggende fantasy dei Rainbow o i classici dei Black Sabbath; e anche la sua carriera solista non era stata da meno (Holy Diver è un disco magnifico che capita regolarmente nelle mie playlist).
Forse non aveva un grande physique du role, già stempiato all’epoca classica, ma i suoi completini chiodo + jeans e i suoi brani duri ma essenziali, rivisti ora, dimostrano quanta poca distanza ci fosse tra l’hard rock dell’epoca classica e i rocker alla Springsteen. Lui, in più, era noto per aver reso popolare il gesto delle corna, ereditato da una nonna italiana e trasformato nel simbolo dell’heavy metal.
I forum, le piattaforme, i siti di musica sono zeppi di commenti e condoglianze; noi lo ricordiamo con il suo inno spaccastadio (è arrivato persino a Zelig) e con il buffo video di Rainbow in the Dark, con l’assolo dell’allora ventenne Vivian Campbell; e, appropriatamente, con un Long Live Rock’n’Roll degli anni con Blackmore. E poi pensiamo con orrore che, se è morto Dio, potrebbe morire persino Ozzy Osbourne.
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