Attraversamento precari(o)
Lunedì scorso, i dirigenti del centro Intesa Sanpaolo di Moncalieri – situato nel bel mezzo di uno svincolo della tangenziale – hanno deciso di vietare l’uso del parcheggio interno alle centinaia di consulenti che esso ospita, costringendoli a parcheggiare l’auto a qualche centinaio di metri e poi a rischiare la vita attraversando un tratto di svincolo a due corsie dove le auto sfrecciano a cento all’ora, senza che vi siano strisce o semafori pedonali. Nonostante il problema sia noto da mesi, sia la banca che il Comune di Moncalieri se ne sono lavati le mani; queste persone ci hanno contattato e noi abbiamo deciso di fare un’altra azione dimostrativa come quella di via San Donato, aiutandoli ad attraversare e soprattutto facendo in modo che i giornali parlassero del loro piccolo grande problema.
In teoria, un consulente dovrebbe essere una persona di grande esperienza che cambia continuamente cliente per dispensare ciò che conosce. In pratica, in Italia, il consulente – specie nel settore informatico – è diventato l’ennesimo schiavo moderno, oggetto passivo di una tratta di persone; viene piazzato dalla sua società presso un grande cliente per anni e anni. La grande azienda sostituisce così i dipendenti con persone prive di diritti, dato che il contratto di consulenza può venire stracciato più o meno in ogni momento; la società di consulenza, che spesso ottiene la commessa per ammanicamenti vari quando non per via di regali, mazzette o quote societarie date ai manager della grande azienda, trattiene spesso la maggior parte di quanto la grande azienda paga per il consulente. Al lavoratore restano le briciole e la posizione di ultimo della fila, senza diritti e senza certezze per il futuro, dato che figurativamente è un libero professionista e che anche quando viene assunto dalla società di consulenza ha garanzie relative.
Che in questo bel quadretto il consulente debba poi anche rischiare la vita per andare al lavoro è davvero assurdo; è vero che Intesa mette a disposizione navette da alcuni punti di Torino, ma un’azienda che piazza una sede in mezzo al nulla non può pretendere che chi arriva da fuori si metta a entrare in città per andare poi ancora a prendere una navetta. Noi siamo assolutamente per disincentivare l’uso dell’auto privata, ma questo non può voler dire costringere le persone a perdere un’ora di vita in più ogni giorno; e rispondere a chi rischia la vita qui e adesso di prendere i mezzi pubblici “che in futuro saranno più efficienti” sarebbe una forma di preclusione ideologica…
…soprattutto se la regola è applicata soltanto ad alcuni, mentre gli altri continuano ad avere il posto auto gratuito e garantito davanti alla porta dell’ufficio.
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