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martedì 2 Settembre 2008, 11:17

L’ascensore

Siamo ospitati in un appartamento di italiani, al quattordicesimo piano del palazzo dei trentatre piani, il simbolo della città: un cubo di cemento in ottimo stato – che, per qui, vuol dire che è cadente ma non pericolante – su cui troneggia trionfante una grande pubblicità luminosa di Mcel.

Il palazzo è tra i migliori della città: è in pieno centro, vicino ai ristoranti e al supermercato, ed è decisamente signorile, come si capisce dalle tre o quattro guardie armate che stazionano in permanenza nell’atrio di ciascuna delle tre scale del palazzo, ma anche dalle persone che incontri all’interno: tutte nere, ricche e ben vestite, i giovani in tiro o abbigliati da sport, i bambini con la divisa scolastica e le cartelle coi personaggi dei cartoni animati.

Nella nostra scala, quella centrale, ci sono due appartamenti per piano, ognuno a sua volta dotato di un mini-appartamento per la serva, con cameretta, bagno e ingresso separato. L’appartamento principale ha una cucina, un salone, tre camere e tre bagni: direi sui 150 metri quadri. I bagni sono scrostati, ma c’è l’acqua calda, anche se alle volte ne viene soltanto un filo. Il maggior inconveniente è che, essendo vicini al mare, a questa altezza c’è sempre forte vento: e siccome i serramenti sono tutt’altro che efficienti, c’è costantemente un mezzo tornado che scorre per la casa.

Ovviamente, al quattordicesimo piano (ma anche al trentatreesimo) non si può certo arrivare a piedi: quindi in ogni scala c’è l’ascensore. Anzi, ce ne sarebbero due, ma nella nostra il secondo è fuori uso da secoli ed è sbarrato alla bell’e meglio, con le porte arrugginite; ne rimane uno solo, un bell’ascensore Otis con le pareti di metallo e lo specchio, molto simile a quello della mia precedente casa di Torino (a parte la sporcizia).

Il problema è che la similitudine si spinge un po’ troppo avanti: infatti, il funzionamento di questo ascensore è spesso interrotto. Almeno metà delle volte in cui arrivi a casa c’è nell’atrio un bel cartello che comunica che l’ascensore non funziona. In pratica, si rompe a sprazzi: mezz’ora è rotto, poi funziona per un paio d’ore, poi per un po’ è ancora rotto, poi riparte e così via.

Nessuno degli italiani che abitano qui da molti mesi è ancora riuscito esattamente a capire come faccia un ascensore a rompersi e venire riparato tutti i giorni diverse volte al giorno: voglio dire, se si rompe un pezzo lo si cambia o lo si aggiusta, e poi non si rompe più; non può mica rompersi un pezzo diverso ogni due ore. Oltretutto gli ascensori delle altre scale funzionano perfettamente; e anche il nostro, quando funziona, non dà problemi nè particolari segni di squilibrio, se si esclude un vago ondeggiamento e una grossa bolla di presumibile ruggine nel pavimento metallico, sotto il tappeto di plastica, che si piega ogni volta che la calpesti.

Le nostre certezze tecnico-organizzative occidentali sono andate però un po’ in crisi quando uno di noi ha incontrato i tecnici, che ormai stazionano in permanenza nel palazzo, e ha chiesto spiegazioni sull’incapacità di risolvere i guasti: uno di loro ha risposto mettendosi a piangere. Nulla di strano, perché pare che qui mettersi a piangere sia la risposta a qualsiasi situazione in cui si è commesso un errore. Qui però c’è qualcosa di più serio.

Nella casa, infatti, si sa perfettamente la causa del problema, e – a mezza bocca – alla fine la spiegazione arriva anche agli inquilini bianchi: l’ascensore della scala di mezzo si rompe continuamente perché all’ottavo piano ci sono i fantasmi, tra cui quello di un guardiano che un giorno, in un passato imprecisato, aprì le porte ad un piano pensando di liberare delle persone chiuse dentro, e invece non trovò la cabina e cadde nella tromba dell’ascensore, morendo. Per poter usare l’ascensore, quindi, pare necessario attendere il momento in cui i fantasmi sono tranquilli e danno il loro beneplacito.

Ma non temete: una delle grandi leggi dell’Africa è che a tutto si trova sempre una soluzione. In questo caso, si può entrare nella scala di fianco, prendere l’ascensore fino al nono piano – i piani dal primo all’ottavo non sono raggiungibili, si parte dal nono in poi; penso che per i piani bassi si entri da un’altra parte e siano dedicati a uffici o appartamenti più popolari – poi uscire sulle scale, scendere di un piano, e attraversare il lungo corridoio che all’ottavo piano mette in comunicazione tra loro le tre scale, e ospita gli uffici dell’amministrazione. A quel punto si può uscire sulla scala centrale, un antro buio e sporco, salire a piedi di sei piani, poi aprire con la chiave il cancello di ferro antifurto che separa le scale dal pianerottolo e dall’ascensore, e di lì entrare in casa. E’ anche più bello, perché lungo il percorso si fa amicizia, ci si aiuta a portare le borse, si sorride alle bambinette che trascinano su la cartella tornando da scuola, e così via.

Ah, siccome tempo fa nell’ascensore dell’altra scala si ruppe la lampadina del pulsante del nono piano e nessuno ha voglia di trovarne una per cambiarla, hanno spostato i fili e quando premete il nove lampeggia un attimo la luce del sedicesimo piano; non disperate, poi si ferma correttamente al nono.

[tags]viaggi, mozambico, maputo, ascensore, otis, fantasmi[/tags]

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7 commenti a “L’ascensore”

  1. Mir:

    Ora pensa per un attimo, VB, se tu fossi nato la’. Che cosa saresti oggi?
    Pensa che quasi i tre quarti del mondo, se non son cosi’
    poco ci manca, e pensa che l’apice della cosidetta “civilizzazione” e’ finito, era un mito.
    Semplicemente, la Terra non ci sostiene tutti ai livelli di “civilizzazione” europei, americani o giapponesi.
    Pensa ai voli economici che iniziano a risparmiare sul
    carburante e a tutti quelli che non arrivano PIU’ alla
    fine del mese QUI in Italia.
    Naturalmente pero’, chi ha GUSTATO la civilizzazione non intendera’ mai privarsene, e questo in ultima analisi, dopo la delinquenza e l’ingovernabilita’ provochera’ guasti a livelli piu’ macroscopici del sistema, ovvero una guerra, combattuta, a scalare, con tutto cio’ di quello di cui disponiamo.
    Cosi’ l’Africa civilizzata rappresenta cio’ che di piu’ vicino
    e’ all’umanita’ come dovrebbe SEMPRE essere (cioe’ primitiva).
    Crepare a 40 anni, senza l’assicurazione per cadute dalla tromba dell’ascensore.
    E allora goditi la tua gita “selvaggia” fino in fondo e pensa che ogni ciclo di evoluzione umana viene ciclicamente resettato e si riparte dagli alberi (cioe’ dai rami degli alberi, per sfuggire dalle tigri denti a sciabola).
    Civilization Is Over! Elect The Dead!

  2. Lollo:

    Orca miseria, Mir, ma la speranza e la fiducia nell’uomo ti sono cadute nella tromba dell’ascensore al seguito dello sfortunato portinaio? Almeno lui si manifesta ogni tanto fantasmando, prova anche tu…

  3. vb:

    Io sto facendo grosse riflessioni su una serie di cose – neri, razzismo, sviluppo economico, etica del lavoro e così via. Ma le posterò solo a fine viaggio.

  4. D# AKA BlindWolf:

    Non ho ancora visto ricominciare il ciclo dai rami degli alberi (anche perchè l’uomo civilizzato probabilmente riuscirà ad estinguere i grandi felini prima), ma sostanzialmente concordo con Mir: probabilmente la fase attuale del cosiddetto “Occidente” o “Nord del mondo” è una bolla speculativa che non può mantenersi (o, peggio, continuare a gonfiarsi) in eterno.

    Una delle ultime volte che ho comprato “Cuore” c’era una striscia semi-futuristica in cui africani ed asiatici dominavano il potere economico, mentre gli europei si erano stufati di lavorare per consumare e vivevano felici frugando nei cassonetti, oziando e scopando quando pareva loro. Che sia questa la prossima evoluzione del mondo?

  5. Mir:

    @Lollo: la speranza e la fiducia nell’uomo non mi sono cadute da nessuna parte, semplicemente non le ho.
    Ma non per specifica colpa dell’uomo; per tutto quello che ho vissuto personalmente, per l’esperienze raccontate da chi le ha vissute, per lo studio approfondito della storia (non a livello dei meri date/eventi, ma dei cicli/ricicli e corsi/ricorsi), per la conoscenza e talvolta adesione a una certa varieta’ di sette e gruppi pseudo religiosi/filosofici, ebbene, ti posso dire che secondo me “l’uomo” si crede molto piu’ intelligente di quel che e’. Invece, abbiam sempre alla fine le stesse necessita’, non ci eleviamo (mentalmente e soprattutto, spiritualmente, che poi secondo me significherebbe elevarsi su un piano mentale superiore). E guarda che ti parlo anche dei santoni tibetani. Purtroppo l’uomo di Nietzsche io non l’ho ancora visto. Se togli la tecnologia, l’evoluzione culturale, e la buona educazione (frutto di secoli e secoli di “evoluzione” sociale, e che peraltro non ha interessato uniformemente tutta la Terra) l’insieme delle cose che pensiamo di essere e’ piu’ labile di quanto si creda. Poi, il nichilismo alla fine emerge prepotente dalla natura umana. Pensaci bene : tutto quel che siamo puo’ esser spazzato via da un repentino cambiamento climatico su scala planetaria, da una guerra, da un evento sconosciuto e inaspettato. E non c’e’ da chiedersi che probabilita’ abbia di verificarsi: prima o poi accadra’ di sicuro.
    A quel punto, nel giro di 100 anni che cosa ridiventera’ l’uomo “spogliato” dai suoi orpelli? L’umanita’ brada degli inizi. Per quanto mi riguarda siamo solamente degli zulu tecnologicizzati, e per di piu’ abbastanza tronfi ed egocentrici. Il che puo’ anche essere divertente, ma non mi consente di pensare che io sia parte di una nazione che e’ su una scala evolutiva tanto diversa da una qualsiasi nazione africana. Nonostante le apparenze.

  6. Lollo:

    Mir:
    io sostanzialmente sarei anche d’accordo con te, anche le mie esperienze mi hanno portato a una sostanziale disillusione dalle utopie di un mondo perfetto (o quantomeno funzionante), e il presente continua a confermarmi la stessa impressione. Ma parlare di “speranza” non vuol dire necessariamente essere degli illusi: io continuo ad avere fiducia nel cervello umano, altrimenti sarebbe anche inutile confrontare le proprie idee su un blog.

    Mi dici:
    “Se togli la tecnologia, l’evoluzione culturale, e la buona educazione (…) l’insieme delle cose che pensiamo di essere e’ piu’ labile di quanto si creda.”
    Certo, ma non è che hai tolto roba da poco: come dire
    “Se togli la carrozzeria, il motore e i sedili, quello che chiami automobile poi non è molto diverso da un carroccio medioevale”.
    Io credo che l’uomo sia proprio questo: tecnologia (cioè protezione, carrozzeria), evoluzione culturale (motore) e buona educazione (comfort, sedili). E’ vero che non ha interessato tutta la terra… ma con un po’ di speranza si può dire che “PER ORA” non è successo. E non mi pare un discorso campato per aria: dati alla mano, finora evoluzione, progresso eccetera hanno raggiunto una percentuale sempre maggiore di territori e popolazioni… non ci sono dati che AL MOMENTO possano sostenere la tesi contraria.

    Sulla “labilità” della nostra condizione sono pienamente d’accordo: scriveva benissimo Dino Buzzati pochi giorni dopo il Vajont: “Non uno di noi moscerini vivo, se davvero la natura si decidesse a muoverci guerra”.
    Però dall’ultimo terribile cambiamento climatico, comunemente chiamato “glaciazione”, è passato qualche milione di anni, sul diluvio universale non abbiamo notizie certe, e la guerra mondiale definitiva non c’è stata.

    Queste informazioni, riferite non alla mia piccola storia personale ma alla grande Storia dell’umanità, mi fanno ben sperare per il futuro dell’uomo, nonostante tutto.

  7. Mir:

    @Lollo: ok, qui il discorso si fa piu’ complesso e forse anche piu’ interessante.
    Parlando del discorso automobilistico, e’ vero che noi siamo la summa della carrozzeria
    e del motore etc.
    E’ un bel gingillo, non c’e’ che dire, e mi auguro piu’ che altro per curiosita’ che
    possa continuare a progredire.
    Evoluzione progresso eccetera hanno raggiunto una fascia sempre piu’ vasta di popolazioni
    sul lungo termine, ma tutto il baldacchino continua a poggiarsi su un sistema molto
    complesso, che sfrutta a fondo le risorse del pianeta. La tecnologia e’ complessa,
    e costa, non solo in termini di soldi e sudore.
    Sulla tecnologia (a parte il transiente di questi decenni con gli interinali e i
    contratti a progetto che danno l’idea di uno sfruttamento eccessivo dell’uomo) si
    basa il tempo libero a disposizione dell’uomo; ma sul tempo libero, oltre al cazzeggio
    e alla dissipazione di capitali ed energie, si basano il pensiero libero, la creativita’
    e l’evoluzione di tutto il resto.
    Parallelamente, la tecnologia, oltre a permettere maggiori risorse e tempo libero per
    tutti, genera strumenti sempre piu’ potenti nel bene e nel male.
    Quello che io non vedo (per ora, ma spero di sbagliarmi) e’ una evoluzione umana cosi’
    veloce sul piano mentale/spirituale.
    In altre parole, siamo ancora e sempre mossi da un egoismo materialistico, e questo
    potrebbe portare ad un evento che interrompa la catena virtuosa della tecnologia
    (o come disse A. Einstein in merito alla guerra successiva a quella combattuta con
    armi nucleari : “sara’ combattuta con le clave”).
    E quindi l’umanita’ tornerebbe a livelli piu’ bassi di sopravvivenza (e parlando da
    fisico si dovrebbe dire rispettando tutti i principi di entalpia/entropia del sistema).
    Quindi, caro Lollo, la speranza ce l’ho principalmente perche’ faccio parte dell’umanita’
    e chiaramente sarei curioso di vedere una maggiore evoluzione piuttosto che una guerra
    mondiale, pero’ non sono affatto sicuro che il lieto fine avvenga : in termini di visibilita’
    piu’ vasti siamo solamente un sistema chiuso che si evolve, e che ha anche troppe probabilita’
    (specie sul lungo periodo) di tornare ad uno stato energetico piu’ basso.
    Anche se qualcuno nell’umanita’ CREDE di essere una canna pensante (mentre in realta’ e’
    influenzato da una miriade di fattori ambientali e dalla catena di Markov della sua storia
    personale), io ti dico che secondo me l’unica cosa che ci puo’ salvare e’ lo sviluppo di una
    forma di pensiero superiore, che ci consenta di vedere noi stessi nel momento stesso in cui
    pensiamo per comprendere realmente se quella che crediamo liberta’ e’ semplicemente un
    condizionamento.
    Senza vera liberta di pensiero siamo dei burattini, senza liberta’ siamo sempre manipolabili
    da qualcuno, nel momento in cui il benessere materiale ci venga sottratto repentinamente.
    Poi capisco che l’ultima parte del discorso potra’ suonare strana a qualcuno, perche’ chi
    e’ che si mette a pensare al modo in cui pensa quello che pensa, forse e’ pazzo?
    Eppure ogni forma di religione offre tramite la fede l’accesso ad un piano superiore
    tramite il quale il pensiero in qualche modo eleva l’attenzione ad un livello piu’
    generale, e diventa diverso.
    Siccome non sono legato in modo particolare a nessuna religione, ma vedo che in tutti i
    luoghi ve ne sia una, il livello di attenzione di chi la pratica mi pare (fondamentalisti
    esclusi ovviamente) piu’ elevato, deduco che le religioni siano una stampella, e che se
    si riuscisse ad estrarne il principio attivo si potrebbe capire come arrivare al pensiero
    superiore, ancorche’ temo vi sia sempre la necessita’ della speranza o della consapevolezza,
    di un qualcosa o di un qualcuno che ci trascende in qualche modo, per poterne seguire la
    scia.

 
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