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domenica 20 Settembre 2009, 12:01

Bolliti di speranza

In apparenza, fare il bagnetto verde non pare poi così difficile: si tratta di mescolare aglio, acciughe e prezzemolo. Eppure ieri sera ho partecipato all’annuale competizione di bagnetti verdi con annessa cena di bollito del comune di Montechiaro d’Asti, parte del rito propiziatorio in funzione del Palio di Asti che si corre oggi pomeriggio, e quelli che ci sono arrivati erano uno peggio dell’altro; addirittura uno sembrava una confezione di ragù industriale aperta e versata nel bicchierino, insomma andava al massimo bene per condirci la pasta, certo non il bollito; altri erano indistinguibili dal pesto, sia come consistenza che come sapore. Ho capito che le buone tradizioni si stanno perdendo quando, dietro di me, una famiglia è entrata portando in mano una bottiglia di ketchup e ha condito il bollito con quello.

In compenso, il bollito era ottimo e l’atmosfera piuttosto particolare; del resto, mentre stavamo incamminandoci verso il cinema comunale, all’occasione adibito a salone delle feste per oltre trecento partecipanti alla cena, si è fermato un furgoncino sponsorizzato da un concessionario della val d’Elsa, un tizio ha abbassato il finestrino e con un bell’accento toscano ci ha chiesto dov’era la cena. All’inizio pensavo che avessero sbagliato Palio, ma alla cena abbiamo poi scoperto che si trattava del clan di Gigi Bruschelli, il fantino senese per eccellenza, ospite insieme ai suoi amici e a una fidanzata di altissimo livello (nel senese il fantino professionista acquisisce lo stesso status sociale dei calciatori di serie A). Alla fine sono usciti ironizzando sull’abbondanza di bagnetti; in effetti la parte finale della serata è stata occupata da una proclamazione della classifica in ordine di risultato, cioè “Numero 13! Numero 5! Numero 22!”.

L’inizio è stato travagliato (fino alle dieci meno un quarto non abbiamo visto cibo) ma dopo il terzo giro di bollito, preceduto da un antipasto di salumi, ero piuttosto provato; abbiamo comunque resistito fino alla fine (formaggio, crostata, uva e gelato). In effetti, ieri siamo andati anche a Cheese, sul quale sorvolerei – anche se ho trovato sia il Pannerone di Lodi, sia l’Holzhofer extra-piccante, sia i pecorini toscani di gioielleria di Pinzani, sia un leggendario Emmental invecchiato 17 mesi della consistenza di un mattone e di colore giallo ocra, che ci è pure stato dato con lo sconto del 40% perché l’abbiamo chiesto in tedesco – ma per contratto con la mia redazione devo dirvi che “ho parcheggiato lontano, erano disorganizzarissimi, speso tanto e mangiato poco”; comunque, non capivo bene perché durante il giro tutti i formaggi assaggiati da Elena venissero paragonati con un misterioso alpìn. Questo è più molle dell’alpìn, questo è più duro dell’alpìn, questo sembra un po’ come l’alpìn ma più dolce… Andando alla cena ho finalmente capito: l’alpìn è un formaggio industriale prodotto dalle Fattorie Osella, ambiziosamente sottotitolato sul pacchetto come “Camembert del Piemonte”, ed è anche il formaggio nazionale di Montechiaro, pur essendo estero poiché proveniente da Caramagna Piemonte (però l’Osella è ora della Kraft, dunque ecco il tocco esotico del prodotto). Infatti, alla cena propiziatoria ci hanno servito l’alpìn, una confezione a testa rigorosamente nel pacchetto originale, ma essendo già piegato non ho nemmeno tentato l’assaggio.

La serata è stata comunque interessante e piacevole; l’atmosfera di paese – trecento persone tutte impegnate a capire di chi è il figlio quello lì, chi ha litigato con chi altro, che fine ha fatto quello che aveva il negozio là e quali sono le persone da non salutare più – è per noi cittadini affascinante; nella piazza principale c’è uno Sweet Bar dalle insegne e dalle decorazioni tutte granata, dunque ci siamo capiti; e finalmente un posto dove i bambini di otto anni non sono chiusi in casa a guardare la televisione, ma girano per i tavoli fin dopo mezzanotte con le bottiglie di vino in braccio, cercando in tutti i modi di offrirtene un’altra! Persino la pompa delle autorità – c’era persino la presidente della provincia nonché onorevole PDL (perché avere un solo stipendio quando se ne possono avere due) Maria Teresa Armosino – è stata sopportabile, anche perché eravamo dall’altra parte e gli sproloqui del tizio al microfono erano a volume accettabile. A questo punto, speriamo che Montechiaro rivinca il Palio; non succede dal 1981 e date le scarse finanze della ventura potrebbe non succedere tanto presto, ma l’importante è crederci sempre.

[tags]palio, asti, montechiaro, cena, formaggio, cheese, alpino, bollito, bagnetto verde[/tags]

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