Ancora sul treno di notte
A primo parziale complemento del post precedente, posso aggiungere che ieri notte le mie motivazioni hanno subito un certo colpo quando un po’ più tardi, appena passata Piacenza, ho cominciato a sentir arrivare un motivetto ossessivo da qualche sedile dietro a me: si trattava dell’attuale canzoncina degli spot Vodafone.
L’impatto della musichina è ovviamente devastante, visto che siamo tutti stanchissimi e cerchiamo di dormire; essa finisce, ma poi dopo qualche decina di secondi riprende ancora più forte di prima, e così via per un quarto d’ora abbondante, nel quale tre diverse persone attorno a me sbuffano, raccolgono le loro cose e vanno a cercarsi un posto meno rumoroso in un’altra carrozza, per riuscire a dormire un po’.
Alla sesta o settima ripetizione non ce la faccio più nemmeno io, e decido di girarmi e vedere cosa succede: scopro così che nei sedili dietro al mio sta un ragazzotto di Rovigo (come ha dichiarato lui stesso in una delle sue precedenti, rumorose, lunghissime telefoninate) che avrà una ventina d’anni, vestito firmatissimo, che tiene appoggiato sul tavolino davanti a sè un videofonino nuovo fiammante, col quale sta guardando all’infinito, in maniera ebete, una versione estesa dell’ultimo spot della Vodafone, col vivavoce attaccato per allietare col sonoro l’intera carrozza. C’è persino la possibilità che fosse in streaming UMTS, nel qual caso si sarà tranquillamente fumato una decina di euro… Il bello è che quando mi giro e lancio un’occhiataccia, lui mi vede e (forse avendo subodorato qualcosa per l’improvviso svuotamento della carrozza) mi dice: “AH, MA DISTURBA??”
Io non rispondo nemmeno, tanto siamo già oltre Lodi… mi appunto però mentalmente che gli italiani (meglio: parecchi italiani) si meritano appieno le bollette gonfiate, le suonerie addebitate a tradimento e gli operatori in regime di cartello. Mi spavento soltanto quando, a Milano Centrale, scopro che anche il figuro in questione è diretto verso il mio stesso treno, e bado bene di salire in una carrozza la più distante possibile.
Il suddetto treno, tra l’altro, è l’interregionale per Torino di mezzanotte e mezza, l’ultimo treno in assoluto a lasciare Milano ogni sera, che per le sue frequentazioni è stato ormai ufficialmente denominato “Freccia della Nigeria“. Aggiungerò soltanto che a Porta Susa, nel corridoio d’uscita, c’era un grosso manifesto con un numero verde e la scritta “Vittime del razzismo? Chiamateci!”; e davanti una fila di italiani per segnarsi il numero.