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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


sabato 21 Maggio 2011, 12:36

Anche oggi No Tav

Le elezioni passano ma i problemi restano: rinviata a dopo il voto, partirà probabilmente a brevissimo la seconda battaglia del Tav.

Più di cinque anni fa, a Venaus, accadde la prima; incredibilmente, lo Stato italiano, schieratosi in forze per aprire il cantiere del primo tunnel, fu sconfitto da una gigantesca mobilitazione popolare, nonostante l’abbondante uso di violenza. Da allora in Valsusa non si sono fatti lavori degni di nota, a parte qualche carotaggio ad uso telecamere; anche se si è scoperto, nel silenzio dei giornali, che pure quell’appalto abortito era truccato. Nei prossimi giorni, alla Maddalena di Chiomonte, proveranno a riaprire il cantiere del primo tunnel.

Molto, però, è cambiato. Nel 2005 il movimento No Tav era derubricato a una piccola minoranza costituita solo da “montanari ignoranti che vogliono fermare il progresso” e “violenti dei centri sociali”; ora la cosa è ben diversa. In particolare a Torino, molti (me compreso) all’epoca sapevano solo ciò che leggevano sui giornali, e dunque credevano alla favola del progresso a suon di cemento e manganello. Oggi l’opposizione al Tav è molto più diffusa e molto più informata, anche fuori dalla valle; da questione (considerata come) di puro ordine pubblico, il Tav è diventato uno degli elementi più importanti della scena politica piemontese e chi ha toccato troppo il Tav, vedi Bresso, ha fatto politicamente una brutta fine.

Questa volta, a Chiomonte, ci sarà anche una sede ufficiale di un gruppo consiliare regionale, il nostro; vediamo se la buttano giù, con tutta la gravità politica che ciò comporterebbe. Questa volta la mobilitazione è anche a Torino, e proprio oggi pomeriggio, dalle 14:30 al municipio di Rivalta, partirà una grande manifestazione No Tav; e anche le strade della prima cintura, visti i nuovi progetti, sono piene di bandiere. Avrete letto che, se partiranno i lavori, i No Tav bloccheranno sabato prossimo la tappa del Giro d’Italia che attraversa la valle; ma questo non è corretto. Semplicemente, tutto sarà bloccato; l’intera valle sarà occupata da migliaia di persone che faranno resistenza pacifica contro le trivelle e le camionette della polizia, tutte le strade saranno piene di gente, nulla potrà passare, e quindi nemmeno il Giro.

Al di là delle numerose ragioni che rendono il Tav Torino-Lione un’opera inutile e dannosa, un semplice sacco delle casse pubbliche da 20 miliardi di euro, non si può pensare di costruire un’opera pubblica mandando l’esercito; in Libia forse, ma non in un paese democratico. E a Torino ancora pochi sanno davvero cosa comporterebbe quest’opera: un gigantesco cantiere che occuperebbe tutto il prato tra strada della Pronda e le Gru, con un flusso continuo di mezzi pesanti e di polveri a fianco di una scuola superiore, di un asilo e di centinaia di case. A Bologna varie case vicino al cantiere sono sprofondate, inagibili; e da noi vorrebbero (non si sa come) costruire anche una tangenziale tra il tunnel e la superficie.

Questa follia va fermata, e la fermeremo; contando che sempre più persone aprano gli occhi.

[tags]no tav, venaus, chiomonte, rivoli, torino, grandi opere[/tags]

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venerdì 13 Maggio 2011, 13:46

Chi vota Fassino vota la ganga

Non mi piace parlare degli altri; sul nostro sito ci sono dozzine di ottime ragioni per votare per noi senza stare a guardare cosa fanno i partiti. Però, in questi giorni ricevo – oltre a tantissime, entusiastiche mail di sostegno – anche messaggi che mi dicono “in effetti voi siete molto meglio di Fassino, ma ho paura che se vi voto poi faccio un favore a Berlusconi”.

E allora vorrei dire due cose a chi ancora vorrebbe votare Fassino – non perché non voglia criticare anche Coppola, ma insomma è lì per perdere, nessuno che abbia un po’ di stima di se stesso può veramente votare Coppola, l’altro giorno ero in TV con un noto leghista e mi ha detto che non lo voterà nemmeno lui; chiedetevi anche perché in tutta la campagna elettorale Coppola non abbia mai attaccato Fassino su La Ganga.

Chi vota Fassino vota la ganga. E non solo perché appunto vota La Ganga, cioè un craxiano che patteggiò una condanna per tangenti ai tempi di Mani Pulite, ora candidato nel PD; e vota Quagliotti, il responsabile della campagna e del programma di Fassino, persona già coinvolta nello scandalo del 1983 che fece cadere la giunta Novelli e poi condannata per aver incassato una tangente dalla Fiat per conto del PCI.

Chi vota Fassino vota – come ha detto Travaglio – per tornare agli anni ’80, per un sistema di potere basato sulla Fiat, sul Sanpaolo, sulle baronie, sull’uso dei fondi pubblici per appalti e per grandi e piccole facilitazioni in cambio del voto. A Torino non si fa un grande progetto se non ha una ricaduta economica nelle tasche di qualcuno, e l’eventuale bene comune è solo un effetto collaterale. A Torino l’informazione è controllata proprio come fa Berlusconi a livello nazionale (vedi la Rai e l’inceneritore).

Chi vota Fassino vota per la devastazione ambientale, per avere altro cemento, altri quartieri semivuoti al posto delle ex fabbriche e dei loro posti di lavoro, come quello approvato sottobanco mercoledì sull’Alenia: venduti come “un quartiere verde ed ecologico” ma poi di fatto una distesa di palazzine attorno a un centro commerciale e con un “parco” fatto di tre alberelli in mezzo al cemento; se non ci credete, fate un giro a Spina 3.

Chi vota Fassino vota per il precariato, per lo sfruttamento, per il modello Marchionne, per un Piemonte cinesizzato oppure abbandonato. Quanto lavoro stabile e dignitoso ha portato Chiamparino ai torinesi?

Chi vota SEL, IDV, o una delle altre liste del centrosinistra, alla fine vota Fassino. E mi fanno un po’ ridere quelli che dicono che si candidano lì “per cambiare la politica dall’interno”. Alcuni sono ben disposti ma ingenui, altri scelgono i partiti perché sotto sotto aspirano a una posizione di potere. Tutti però hanno sottoscritto un programma di coalizione che prevede inceneritore, cementificazioni, Tav, e i soliti regali; quello si sono impegnati a fare. Io capisco le differenze tra i vari partiti, ma alla fine, stringi stringi, i voti li portano a Fassino e alla conservazione, non al cambiamento.

E a chi dice che votare Movimento 5 Stelle disperde il voto, che favorisce Berlusconi, io dico una cosa chiara e semplice. Se qualcuno nel 2013 può battere Berlusconi, è uno di noi, un giovane dalla faccia pulita e dalle idee moderne, che si porti dietro la parte migliore di questo Paese, quella che da anni non va a votare o che continua a votare turandosi il naso. Ieri per Bersani in piazza Castello c’erano mille persone a dir tanto, pigiate per sembrare di più davanti alle telecamere; la grande alleanza Bersani-Fini-Vendola-Rutelli-Di Pietro-Casini non andrà mai da nessuna parte – perde, riperde, straperde. Sono loro a bloccare la possibilità di cacciare Berlusconi, non siamo noi; e lunedì sera questo sarà ancora più chiaro.

Chi ci vota non si tura il naso, chi ci vota è felice. Chi ci vota manda un segnale forte a tutti i partiti. Non c’è da aver paura, il risultato finale non è in discussione: perché c’è il doppio turno, e perché troppe persone ancora non ci conoscono, ancora credono ai giornali e alle televisioni. Questa è proprio un’occasione in cui gli elettori possono alzare la voce, possono dire basta. Chi non lo fa, scusatemi, è complice: e la smetta poi di lamentarsi per come va l’Italia.

Ditelo pure ai vostri amici incerti!

[tags]elezioni comunali, torino, fassino, coppola, la ganga, quagliotti, bersani, berlusconi, movimento 5 stelle, corruzione, cementificazione, inceneritore, fiat, marchionne[/tags]

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giovedì 12 Maggio 2011, 20:35

Informazione e cenere

È stata dura ma ce l’abbiamo fatta: questa sera il TGR Piemonte ha parlato di inceneritore, e non per riportare la solita propaganda.

La storia inizia quando lunedì sentiamo la Rai e ci dicono che, per par condicio, avremo un minuto di tempo sul TGR di martedì sera: “organizzate qualcosa”. Noi decidiamo che vogliamo parlare di inceneritore, e ci organizziamo per andare al Gerbido e fare anche qualcosa di visivamente carino: sollevare degli slogan con dei palloni, nell’area davanti all’impianto. Questo è il nostro reportage su cosa abbiamo effettivamente fatto:

Come avete visto, a un certo punto è arrivata la troupe della Rai, che ha fatto un po’ di riprese e mi ha intervistato. Martedì sera abbiamo dunque acceso i televisori per vedere come eravamo belli in TV, abbiamo atteso il servizio e… niente. Sono passati tutti i candidati, persino quelli da 0,1%, ma non noi.

Allora abbiamo chiamato e ci hanno detto che c’era stato un disguido e che il servizio non aveva potuto andare in onda. Noi ci siamo arrabbiati e abbiamo detto che avremmo denunciato la cosa, e allora ci hanno promesso che l’avrebbero mandato mercoledì sera.

Mercoledì attendiamo fiduciosi, guardiamo il TGR e… ancora niente. Cominciamo a disperare; telefoniamo e ci dicono che il problema stavolta è che il responsabile con cui parliamo di solito si è ammalato, e dunque non si sono ricordati di mandare il servizio.

Minacciamo di montare un caso, con tanto di esposto al Corecom; e allora ci promettono un passaggio per stasera (giovedì). Oggi pomeriggio sono andato in Rai per registrare una tribuna elettorale, e ho orecchiato pure un po’ di battutine, qualcosa tipo “i grillini che si lamentano sempre che non li mandiamo in onda”. Ma noi non ci lamentiamo sempre, sono stati loro a dirci che ci toccava un minuto martedì sera ed è quantomeno strano che, dopo aver scoperto l’argomento della nostra manifestazione, improvvisamente il tutto sia sparito dagli schermi.

E infatti, stasera il servizio finalmente passa. Naturalmente viene introdotto con una serie di prese di distanza che nemmeno uno spazzino alle prese con siringhe infette: il giornalista (non ho rivisto il filmato ma penso di ricordare bene) dice che noi siamo andati a manifestare al “termovalorizzatore” (chiamarlo “inceneritore” è vietato) e racconta che il candidato Bertola parla di tecnologie che “a suo dire” permetterebbero di non costruire un’opera che “secondo lui” costerà 500 milioni di euro. Segue un pezzetto della mia dichiarazione, che trovate per intero nel nostro filmato.

E’ la trasformazione del fatto in opinione, l’altra faccia della trasformazione delle opinioni in fatti che Berlusconi ha insegnato all’intero sistema mediatico italiano.

Se non sapete bene perché un inceneritore è male e perché lo vogliono costruire lo stesso, potete leggere questa spiegazione dettagliata contro l’inceneritore del Gerbido; nel frattempo, io sono orgoglioso del fatto che, con tanta insistenza, solo grazie al fatto che siamo in par condicio, e nonostante le prese di distanza, per una sera sul TGR Piemonte si è parlato di inceneritore in termini non lusinghieri.

P.S. Per dirne un’altra: oggi, durante la registrazione della tribuna elettorale, un candidato minore ha cercato di farsi notare attaccando Fassino e menzionando La Ganga. Alla fine, Fassino si è alzato ed è corso dalla conduttrice e da tutti i funzionari Rai presenti, dicendo che la menzione di La Ganga doveva essere tagliata e non poteva andare in onda. Ecco, l’ho scritto pubblicamente: vediamo se domani (su Rai3 alle 15) la mandano oppure no?

[tags]movimento 5 stelle, torino, informazione, rai, tgr piemonte, elezioni comunali, bertola, fassino, la ganga, inceneritore, termovalorizzatore, gerbido, rifiuti[/tags]

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lunedì 2 Maggio 2011, 11:10

L’unica ricetta per il lavoro

Imaggio2011.jpg

Ieri mattina siamo andati al tradizionale corteo del Primo Maggio: in un momento in cui i diritti dei lavoratori sono sotto attacco e in cui la stessa festa dei lavoratori rischiava di essere travolta dalla contemporanea overdose mediatica di Papa polacco, ci sembrava ancora più doveroso esserci.

A metà corteo, abbiamo incrociato la troupe della Rai che ne ha approfittato per chiedermi una dichiarazione. Ho esposto circa quindici secondi di pensiero su lavoro e diritti, e mi hanno detto “è troppo lungo, puoi farne una più breve?”. Così ne ho rifatta una versione da dieci secondi (ormai espongo a macchinetta in base alle richieste). Se vi siete chiesti perché nelle interviste parlo così veloce, ora sapete perché; certo che poi la sera, guardando il TGR, abbiamo visto che Fassino e Coppola hanno avuto un minuto abbondante a testa, Musy (che non era nemmeno al corteo, l’hanno intervistato apposta la sera prima) e Bossuto trenta secondi, e a noi ci han fatto penare quei dieci. D’altra parte in passato non ci menzionavano proprio, e dunque già abbiamo fatto un passo avanti.

Sul blog, comunque, non ho limiti di spazio, e allora volevo ribadire brevemente una cosa che ho detto anche sabato in piazza. Il lavoro, nei paesi sviluppati, non si crea certo tagliando i diritti, a meno che non vogliamo diventare il retrobottega povero della Cina; si crea invece tramite l’innovazione, puntando su settori ad alto valore aggiunto, che possono essere Internet e l’ICT, le nuove forme di mobilità (con la tradizione che abbiamo…), le energie rinnovabili, e tutto ciò che serve a una società che deve riorganizzarsi profondamente per essere sostenibile.

Questo discorso ve lo fanno tutti, pure Fassino; quello che però non vi dicono è che c’è una seconda parte che viene regolarmente omessa.

Infatti, se voi andate a vedere come sono nate le grandi aziende innovative degli ultimi anni, scoprite che Google è stata creata da due persone di 25 anni, Facebook da un ragazzo di 20, Napster e il peer-to-peer musicale da uno di 18. Perché, con tutto il rispetto per le altre età della vita, che offrono altre qualità, per innovare bisogna essere giovani (anche se quel che conta è la mentalità, che non necessariamente coincide con l’età anagrafica: uno come Coppola è vecchio dentro).

In una società come la nostra, in cui si è considerati “giovani” fino a cinquant’anni e fino a tale età è quasi impossibile avere posizioni di responsabilità, ottenere fiducia e fondi per creare qualcosa, avere ascolto e credito dagli altri, per non parlare di un minimo di stabilità e fiducia nel futuro senza le quali la propensione al rischio crolla per forza, è chiaro che non c’è innovazione: e dunque è chiaro che non c’è lavoro.

Questo perché le energie, che pure a Torino ci sono in abbondanza, sono bloccate da una classe dirigente anziana e fuori dal tempo, che teme di perdere i propri privilegi, e che al massimo si limita a piazzare i propri figli per raccomandazione; perché quel poco di spazio che è dato ai giovani non è assegnato per merito, ma per conoscenza. E qui entra in gioco la meritocrazia, un altro elemento fondamentale, che non deve servire a discriminare o a negare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente, ma che è necessario perché le energie e le risorse spese in nuovi progetti siano affidate a persone capaci e dunque diano dei risultati.

Per questo noi diciamo che siamo gli unici che possono dare a questa città una speranza anche nel campo del lavoro: perché abbiamo le capacità, le energie e il profilo per rovesciare questo meccanismo.

[tags]lavoro, primo maggio, innovazione, meritocrazia, disoccupazione, sviluppo, economia[/tags]

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martedì 26 Aprile 2011, 10:17

Liberiamoci dalla televisione

Ieri mattina, per festeggiare il 25 aprile, siamo andati davanti alla Rai e ci siamo liberati di un po’ di vecchi televisori. Certo, lo so che la manifestazione davanti alla Rai non è un’idea molto originale (in compenso ci hanno detto che nessuno gli aveva mai portato dei televisori) ma queste esibizioni sono comunque l’unico modo che abbiamo per ottenere un po’ di spazio sui media ufficiali.

Altrimenti, su di noi cala, se non il silenzio, una disattenzione che ci relega allo status di comparse; si veda ad esempio La Stampa, che dedica ogni giorno articoli e paginate a Fassino, Coppola e Musy ma che non ritiene di dover presentare il candidato del Movimento 5 Stelle con altro che un trafiletto infilato a panino tra i candidati folkloristici; eppure la differenza di voti tra noi e il “terzo polo” è piuttosto limitata persino secondo i sondaggi commissionati dagli stessi partiti (quelli che l’anno scorso ci davano all’1% scarso, poi abbiamo preso il quadruplo).

Un’alternativa c’è: è la rete, dove l’informazione va verificata in cerca di bufale, ma dove è anche molto più libera e completa. E allora buttate i televisori e accendete i computer.

P.S. Prima che ce lo chiediate: dato che non se li sono presi, abbiamo caricato i televisori e li abbiamo portati a un ecocentro.

[tags]rai, informazione, internet, liberazione, movimento 5 stelle[/tags]

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mercoledì 20 Aprile 2011, 22:25

Patacca Comune

Per attivarsi nel Movimento 5 Stelle bisogna avere la testa molto dura, perché alle volte ti trovi contro un muro di gomma. Per esempio, noi da qualche giorno ci stiamo scontrando contro la burocrazia elettorale; non per quanto riguarda la nostra lista, perché era tutto a posto come al solito, ma per quanto riguarda le irregolarità degli avversari.

Le più grosse sono state già eliminate – inclusa una curiosa lista che a quanto pare era stata presentata da centinaia di elettori analfabeti, per il tramite di due persone che avevano raccolto le loro testimonianze giurate – ma ovviamente ci siamo ritrovati la solita lista di Renzo Rabellino, quest’anno denominata “MOVIMENTO no euro lista GRILLO parlante”. Stavolta è anche arrivato prima di noi, perché sin da due giorni prima della scadenza stazionavano davanti all’ingresso del Comune due buttafuori da discoteca a tenergli il posto (ci hanno detto di essere stati pagati 700 euro per il lavoro, chissà se è vero).

Quest’anno, però, il clima è tutto diverso. Le elezioni regionali sono gestite dal Tribunale, dove avevamo trovato molta disponibilità e supporto nel ricercare le irregolarità delle varie liste. Le elezioni comunali, invece, sono gestite da dipendenti del Comune, sotto le direttive di una commissione elettorale nominata per metà dalla prefettura e per l’altra metà dal consiglio provinciale. E chi siede in consiglio provinciale? Renzo Rabellino, ovviamente; e infatti uno dei componenti della suddetta commissione elettorale è il suo avvocato.

Naturalmente noi abbiamo presentato ricorso contro il simbolo della lista GRILLO, e per tre giorni ci hanno detto che stavano ancora esaminando le liste e non se ne sapeva ancora nulla, e poi dopo tre giorni ci hanno detto che in realtà avevano già esaminato e approvato lista e simbolo quattro giorni prima; e la cosa non è marginale, dato che il tempo per ricorrere al TAR è appunto di tre giorni dalla decisione. Abbiamo chiesto di vedere le firme di questa lista, cosa che l’anno scorso ci era stata concessa quasi su due piedi, e ci hanno risposto che a norma di legge loro hanno trenta giorni per rispondere alla nostra richiesta di accesso agli atti e dunque di tornare pure tra un mese. Abbiamo chiesto una copia del verbale di accettazione, e ci hanno risposto che non hanno nessun obbligo di pubblicarlo.

Dal canto nostro non abbiamo problemi: se non si può ricorrere al TAR prima del voto, lo si può comunque fare dopo il voto stesso, anche se la conseguenza sarebbe un eventuale annullamento delle elezioni con ripetizione del voto. Certo che capisci che ormai in Italia non ci sono solo liste patacca, ma intere istituzioni patacca; consigli comunali e regionali che dipendono dall’indispensabile voto del consigliere dei Verdi-Verdi-Verdi-Scoiattolo triste e del Partito Italiano dei Socialisti, in perenne lotta legale col Partito Socialista d’Italia e col Movimento Italiano Socialista per aggiudicarsi il garofano e il migliaio di voti nostalgici che porta con sé (che poi quest’anno, con La Ganga in lista, andranno tutti al PD).

La patacchite è arrivata ovunque, se persino la coalizione “alternativa finalmente” – quella del partito nato morto, i cui rappresentanti alle 12:30 del sabato, mezz’ora dopo la scadenza, stavano ancora compilando dei moduli coi nomi dei candidati, ma tanto nessuno può provare che quei moduli sono quelli che poi sono stati consegnati pochi minuti dopo, sono certo che era solo una copia di brutta per loro – si sente in dovere di sfoggiare una lista Coppola per catturare con la confusione qualche voto al centrodestra, come un Rabellino qualunque. La coalizione di Rabellino però ha sfoggiato un colpo di classe: non solo candida sindaco tal Domenico Coppola, ma presenta anche Denis Martucci detto Coppola; Martucci è un ex Forza Italia, cinque anni fa candidato sindaco dei rabellini, che – così mi hanno detto – si è ricordato solo quest’anno che Coppola era il suo soprannome alle elementari.

E allora che dire? Queste situazioni infangano la democrazia, la riducono a una burla; ma le istituzioni sono loro, non siamo noi. Noi andremo pazientemente ad aprire una scheda elettorale ridotta a lenzuolo e a cercare l’unico movimento politico serio in un mare di disegnini privi di significato, consci che la maggior parte degli italiani faranno una croce più o meno a caso, tenuti appositamente nella disinformazione o nella paura di chissà quale disastro.

Lo scorso anno, la lista di Rabellino si presentò senza dover raccogliere le firme grazie all’apparentamento con il gruppo dei Verdi, quelli (teoricamente) veri, un gruppo che faceva parte della coalizione della Bresso e che garantì per loro. E’ ovvio che il centrosinistra dia una mano a Rabellino: perché le patacche, la confusione, lo schifo, e dunque l’astensionismo, ammazzano la democrazia, e dunque sono funzionali al mantenimento del sistema di potere.

[tags]elezioni comunali, torino, istituzioni, democrazia, rabellino, lista grillo, partiti[/tags]

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sabato 16 Aprile 2011, 09:22

Il business di ammazzare la gente

Ieri sera è finalmente arrivata la sentenza sul caso Thyssen-Krupp; ed è una sentenza storica, quella in cui speravamo in molti, ma che ci aspettavamo in pochi. Eppure è tutt’altro che immotivata.

Infatti, se – come pare confermato dalla sentenza – l’azienda ha coscientemente cominciato a smantellare o smesso di mantenere gli impianti di sicurezza in quanto pianificava di chiudere lo stabilimento a breve, pur conoscendo benissimo il rischio, c’è stata una volontà esplicita e cosciente (non una semplice sottovalutazione del rischio) di mettere in pericolo la vita degli operai; e dunque non è un omicidio colposo, ma volontario.

Che un’azienda si comporti così non mi stupisce; ormai è considerato normale calcolare i morti nei business plan. Le perdite di vite umane sono considerate danni collaterali necessari allo “sviluppo” e all’economia, quantificate a priori e “risolte” con una assicurazione o uno stanziamento preventivo di fondi per pagare i risarcimenti ai parenti dei defunti. Non vale certo solo per i privati; è lo stesso calcolo che hanno fatto Chiamparino e soci, con tanto di studio del Politecnico, per autorizzare l’inceneritore del Gerbido. Uccidere un po’ di gente e poi “ripagarla” costa meno e dunque, cinicamente, si fa così; ed è proprio per questo che il carcere duro ai dirigenti d’azienda e ai sindaci cancerofili è l’unico deterrente possibile.

Ora si dice che una sentenza così dura farà chiudere le aziende, farà scappare gli imprenditori stranieri. Lo si dice sempre, ogni volta che si chiede al capitalismo una responsabilità anche minima; del resto l’unico modo in cui buona parte degli italiani concepiscono il fare impresa è quello di fare ciò che gli pare: non pagare le tasse, trattare i lavoratori come carta igienica, corrompere politici e giudici, violare qualsiasi normativa ambientale. Di imprenditori così non abbiamo bisogno, e ve lo dice una persona che nella sua vita ha fondato sei aziende; fare impresa in modo normale, insieme ai propri dipendenti invece che contro di loro, non solo si può, ma è l’unico modo che può funzionare in un sistema economico sviluppato, in cui il capitale che fa davvero la differenza per il successo delle aziende è solo quello umano.

L’alternativa è diventare non la Cina, ma il retrobottega schiavizzato della Cina; poveri, sfruttati e vittime sacrificali di una idea malata di progresso.

[tags]thyssen krupp, sentenza, economia, operai, impresa, capitalismo, sviluppo, diritti[/tags]

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mercoledì 13 Aprile 2011, 14:23

Tutti colpevoli, sistema sbagliato

La nostra iniziativa del funerale ai partiti ha suscitato in rete una discreta discussione… nonché il pietoso tentativo di imitazione da parte di Coppola, che si è presentato con sei persone sei (alcuni pare fossero pure dipendenti pubblici in quota PDL, in orario di ufficio) sotto il Municipio, a fare il funerale al PD per i tagli alla cultura di Chiamparino (non vi sfuggirà il fatto che Coppola è anche assessore alla cultura e che la posta in palio sono i voti di un settore che vive di fondi pubblici, in buona parte distribuiti con logiche clientelari, quindi chi promette di spargere più soldi pensa di prendere più voti). Naturalmente La Stampa ha dedicato mezza pagina ai sette amici di Coppola e zero (a parte una fotogallery online) alle centinaia di persone che hanno deposto i fiori sulle nostre lapidi, ma chissà come mai la cosa non mi sorprende.

Comunque, un tizio sconosciuto che su Facebook si presenta come “Il più giovane candidato della storia repubblicana (Veltroni dixit) alle primarie [PD] del 2007”… ok, no, non smettete di leggere, dai. Dicevo, questo tizio che si chiama Lorenzo De Cicco e sfrutta per il suo blog l’hosting gratuito del Fatto Quotidiano (ho almeno cinque o sei amici che lo usano, mi dicono che va bene, costa pure meno di Aruba) ha fatto un post sulla nostra iniziativa delle lapidi ai partiti, accusandoci di essere dei nemici della Costituzione (va di moda, ce l’hanno detto pure quelli di IDV) perché critichiamo i partiti, e di conseguenza di fare il gioco di Berlusconi promuovendo l’idea che “sono tutti uguali” e che, come diceva Craxi, “sono tutti colpevoli dunque nessuno è colpevole”.

Ciò mi concede l’opportunità di chiarire meglio un punto importante. Io non penso che tutti i partiti siano uguali, ci sono differenze importanti in termini di temi, di storia, di posizioni. Tutti i partiti, però, fanno parte coscientemente di un sistema politico in cui hanno perso la propria funzione costituzionale, e si sono trasformati in comitati d’affari. Questo perché il fatto stesso di mettere in piedi una organizzazione di politici professionisti, che vive di consenso ottenuto tramite i mezzi di comunicazione di massa, ha costi enormi; e gli unici modi che possono avere i partiti di sostenere questi costi sono due: vendersi o rubare.

C’è dunque chi si vende agli interessi di questo o quel potentato economico (appaltatori, cementificatori, petrolieri, nuclearisti, lobby varie…), facendosi finanziare in cambio le campagne elettorali; e chi ruba, non necessariamente con le mazzette, ma anche assegnandosi “rimborsi elettorali”, “contributi pubblici alla stampa”, stipendi e benefit fuori dal mondo, o utilizzando le strutture pubbliche per assumere e sistemare persone in cambio del loro voto. Più spesso, i partiti fanno entrambe le cose.

Questo ci porta a dire che “tutti colpevoli, sistema sbagliato”: è la forma partito che è morta, perché è economicamente insostenibile. E’ la politica fatta come professione che inevitabilmente porta alla degenerazione, perché sì, un Gandhi (un Berlinguer, un De Gasperi…) può avere la dirittura morale per resistere alle lusinghe del potere, ma non possiamo pensare che tutti gli amministratori pubblici siano così, e dunque non possiamo affidarci alle qualità personali delle persone che eleggiamo.

Se bastasse cambiare gli individui al potere per riportare onestà e correttezza nella politica, non si spiegherebbe come mai negli ultimi quindici anni abbiano governato più o meno tutti, da Storace a Bertinotti, e la situazione non sia minimamente cambiata. E’ per questo che i partiti sono morti: è morta l’idea che la politica si possa fare in quel modo lì. Soltanto seppellendo la forma partito e cominciando a fare politica come servizio civile, per un tempo limitato, con il controllo continuo degli elettori sugli eletti, affidando le decisioni fondamentali alla partecipazione dal basso, educando ogni persona a interessarsi costantemente della cosa pubblica, e portando tutti i cittadini a fare prima o poi una esperienza di pubblica amministrazione, possiamo sperare di cambiare faccia al nostro Stato, e di rovesciare la mentalità incivile di troppi italiani.

[tags]politica, partiti, funerale, fatto quotidiano, berlusconi, craxi, pd, costituzione[/tags]

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domenica 10 Aprile 2011, 18:38

Sempre grazie a Trenitalia

Ieri mattina sono andato a Milano per una riunione organizzativa tra tutte le liste del Movimento 5 Stelle, che è finita poco dopo le 14; e così sono andato con calma a Milano Centrale per prendere il regionale delle 15:15 e tornare a casa.

Giunto al binario, ho visto che la prima carrozza del treno era chiusa e fuori uso; e vabbe’, succede spesso. Anche la seconda però era chiusa. La terza, la quarta e la quinta erano dunque piene, con tutti i sedili occupati, nonostante mancassero ancora venti minuti abbondanti alla partenza. Ho capito però che qualcosa non andava perché man mano che proseguivo l’affollamento del treno continuava ad aumentare, invece di diminuire. A un certo punto le carrozze erano completamente piene anche di gente in piedi; cercando di arrivare in cima, ho scoperto che anche la penultima e l’ultima carrozza erano chiuse e fuori uso.

Sono tornato un po’ indietro e mi sono infilato nel primo buco che ho trovato, riuscendo a malapena ad entrare nell’anticamera del vagone, in piedi contro un palo; e lì ho saputo che non solo questo treno aveva quattro carrozze chiuse su dieci, ma che il precedente regionale delle 14:15 era stato cancellato.

A dieci minuti dalla partenza ogni interstizio del treno era occupato da persone in piedi, compresi i bagni e i passaggi tra una carrozza e l’altra; e sul marciapiede c’erano almeno un centinaio di persone in attesa. Sono arrivati i ferrovieri, che hanno fatto finta di non conoscere nessuno, evitando di dire o anche solo di guardare chiunque; ed è presto arrivata anche la polizia ferroviaria.

Alla fine le proteste (mai abbastanza rumorose, gli italiani sono abituati a subire in silenzio) hanno fatto aprire a forza le prime due carrozze, dove si sono pigiate le persone che erano ancora a terra; il capotreno, sempre senza accettare una parola da nessuno, si è infilato come un’anguilla nei vagoni per sbloccare i finestrini e tirarli giù, visto che c’erano trenta gradi e si rischiavano soffocamenti; e poi il treno è partito in condizioni da Terzo Mondo.

Solo tra Novara e Vercelli, dopo tre quarti d’ora, si è ridotto a condizioni vagamente umane, con poche persone rimaste in piedi; alcuni si sono comunque fatti il viaggio in piedi fino a Torino.

Che dire? Evidentemente che nei palazzi del potere non c’è nessuno a cui interessi migliorare questa situazione, dato che a Trenitalia conviene spingere con le cattive le persone a prendere l’alta velocità e al potere politico conviene fare favori a Trenitalia (si veda anche la vergognosa vicenda di Arenaways) e allo stesso tempo non investire sui trasporti pubblici per avere più soldi per clientele e appalti vari. E pensare che questo servizio è sovvenzionato, lo paghiamo noi; basterebbe non pagare a Trenitalia le corse in cui non vengono rispettati livelli di servizio decenti, e anzi imporre delle multe, e le cose cambierebbero.

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giovedì 7 Aprile 2011, 20:15

Il nostro tempo è adesso

Uno dei grandi problemi irrisolti dell’Italia, a livello nazionale, è il welfare della nostra generazione: degli attuali trentenni, pochi hanno un posto fisso e una situazione contributiva regolare. Gli altri o non lavorano, o hanno lavori precari, o hanno una delle “nuove forme di lavoro” con tanti doveri e pochi diritti, dalla partita IVA all’amministratore della piccola società di amici che tira a campare.

La mia esperienza di precario di lusso – persona a partita IVA che quando lavora guadagna bene, ma che lavora quando capita, incassa dopo anni e non ha alcuna certezza per il futuro – è quella di pagare ogni anno il venti per cento del mio reddito – se lavoro poco anche di più, perché c’è un minimo di contribuzione sotto il quale non puoi scendere – in contributi INPS, che vanno essenzialmente a pagare la pensione di mia mamma, che negli anni ’80 ha potuto averne una dopo quindici anni di lavoro, di cui quattro di riscatto degli studi; nonostante tutto quel che ho pagato, io una pensione non l’avrò mai; anche se fanno apposta a non dircelo per farci stare buoni, come ha candidamente ammesso il presidente dell’Inps Mastropasqua in una dichiarazione improvvida e subito insabbiata.

Senza voler generalizzare e senza volerne fare uno scontro generazionale, se è vero che i giovani oggi vivono (spesso non per scelta) in casa dei genitori o comunque a loro spese fino alla soglia dei quarant’anni, è anche vero che il sistema pensionistico realizza un trasferimento costante di ricchezza dai giovani ai vecchi, così come lo realizza il fatto che mentre i posti di alta responsabilità e ben pagati in tutta Europa vanno ai quarantenni, da noi vanno ai settantenni.

Per fortuna qualcosa si comincia a muovere: sabato pomeriggio alle 15 è prevista una manifestazione in piazza Vittorio, che fa parte di una manifestazione nazionale trasversale, Il nostro tempo è adesso, che si diffonde a macchia d’olio. Questo è il video del flash mob che è stato realizzato la settimana scorsa per promuoverla.

Naturalmente io provo disgusto quando leggo che a queste manifestazioni aderiscono gli stessi partiti di entrambi gli schieramenti (specialmente quelli di sinistra) che per vent’anni hanno promosso e approvato la precarietà e tolto i diritti alle giovani generazioni, però sono contento di vedere che qualcosa si muove.

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