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Archivio per la categoria 'NewGlobal'


venerdì 9 Maggio 2008, 14:30

Wikipedofilia

Temo di essere un wikipedofilo: mi diverto a collezionare le stupidaggini che i quattordicenni editor di Wikipedia infilano nelle pagine. Ma non sono io ad essere crudele, sono loro che si rendono ridicoli: come – dopo la già segnalata pagina di Calderoli – nella pagina di Renato Brunetta, circolata oggi su una delle liste che seguo.

Questa pagina contiene attualmente un paio di perle; una è “In quegli anni viene soprannominato “La Brunetta”, riferimento alla cantante dei coevi Ricchi e Poveri, scherzosamente associati a lui per via del suo ruolo nel campo dell’economia e delle disparità economico-sociali.” Una informazione assolutamente enciclopedica e soprattutto priva di qualsiasi volontà di ridicolizzare il soggetto, tanto più in termini di aspetto fisico…

La migliore però è questa:

“Negli anni Ottanta e Novanta ha collaborato, in qualità di consigliere economico, con i governi Craxi, Amato e Ciampi,anni in cui il rapporto debito-PIL è salito dal 70 al 92 per cento e il debito pubblico balza da 400 mila a 1 milione di miliardi di lire.”

Sorvolando sulle virgole messe a caso, grazie a Wikipedia abbiamo scoperto chi è il responsabile del debito pubblico italiano: è lui, Renato Brunetta! Ci deve essere un nesso evidente tra il fatto che Brunetta sia stato uno delle centinaia di consulenti di tre diversi governi di vario colore, e il fatto che in quegli anni sia salito il debito pubblico, con tanto di sfoggio di numeri (si sa, le cifre rendono qualsiasi affermazione automaticamente vera). Ci deve essere, ma a me sfugge: stavo pensando di sostituire la seconda parte della frase con “anni in cui il Toro ha vinto una Coppa Italia e Raffaella Carrà contava i fagioli, ma poi mi bannavano per vandalismo.

Capisco che spargere informazioni diffamanti o perlomeno sottilmente tendenziose su un media di grande ascolto non è più un problema di coscienza per nessuno: lo fa Fede, lo fa Feltri, lo potrà pur fare anche Wikipedia. Però mi sembra che ci sia un problema sistematico: come mai molte pagine di Wikipedia che trattano di personaggi del centrodestra sono evidentemente scritte in modo non neutrale ma negativo, e restano così per settimane o anche mesi, pur attraverso revisioni da parte di molte persone diverse?

E che senso ha che io perda tempo a togliere quella frase, se tanto gli ultimi dieci wikipediani che sono passati di lì l’hanno trovata neutrale, e quindi è facile che ricompaia domani mattina?

[tags]wikipedia, brunetta, neutralità[/tags]

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mercoledì 7 Maggio 2008, 14:59

Lavoro?

(Nota: ho scritto questo post ieri sera, e siccome oggi sono uscito di casa alle 7 e rientrerò alle 23, ve l’ho lasciato in pubblicazione per il pomeriggio.)

Sono le 21, e dovrei essere altrove, ma ci ho rinunciato. Dovevo andare all’assemblea di condominio, ma alle otto e dieci, mentre l’acqua per la pasta bolliva, mi hanno chiamato con altro lavoro urgente da fare, per il famoso progetto cruciale di cui non può sapere niente nessuno, per cui ne chiacchiero abitualmente con gli amici senza mai dire cos’è.

Oggi non mi sono fermato un attimo: dalle nove del mattino è stato un continuo. Al mattino tendo anche a perdere tempo, leggo i giornali… quello è lavoro? No, è cazzeggio, anche se poi dai giornali arriva il blog, e il blog è… lavoro? No, anche se mi porta contatti e soprattutto mi rilassa, e finisce per essere la mia pausa caffè della giornata. Però a mezzogiorno avevo un appuntamento e sono uscito, lasciando a metà la posta, avendo inviato solo parte dei solleciti e delle richieste che avevo in coda, le mail spiacevoli per farsi pagare… e farsi pagare non è un lavoro, anche se in Italia ormai lo è diventato… la proposta di appuntamento per domani pomeriggio a Milano… e quello non è lavoro, anche se potrebe diventare un business a lungo termine… poi la lunga mail che da una settimana dovevo scrivere al professore di legge brasiliano per la Carta dei Diritti… e quello non è lavoro, lo fai per divertimento, in fondo è un cazzeggio tuo al seguito di Rodotà, mica si lavora, voi ammafiati con la politica… e solo un abbozzo delle dritte per il business plan che abbiamo discusso ieri sempre a Milano. E quello è lavoro? No, non credo che vedrò mai soldi, magari una piccola quota se si fa l’azienda, ma “tu non lavori quindi cosa vuoi le quote? Piuttosto presentami il venture capital, sei un amico no?”

All’una sono andato in banca per fare il versamento della mia quota capitale residua di un’altra startup, ma l’impiegato – lui, che lavora – aveva solo voglia di andare a pranzo, e mi ha depistato dicendomi che potevo prelevare i soldi, ma dovevo andare a versarli nella banca dell’azienda e non nella mia. Sono arrivato a casa giusto in tempo per cucinarmi pranzo e per rispondere a un paio di interessanti mail, naturalmente non di lavoro; e per telefonare alla mamma che non riesce ad usare l’ADSL da quando Infostrada le ha incasinato la linea, e da una settimana aspetta che tu vada a fare la telefonata al 155 per lei, che da sola non si fida. Poi sono uscito per andare all’altra banca, una mitica filiale Sanpaolo dove ho preso il numerino e ho aspettato circa quaranta minuti, in quanto su cinque cassieri uno era allo sportello, mentre gli altri quattro, nonostante una ventina di persone in attesa, stavano alacremente lavorando a fare fotocopie davanti alla macchina del caffè.

Dopo le quattro sono arrivato a casa, e finalmente ho potuto iniziare a lavorare: oggi dovevo preparare la consulenza di domani, finire lo sviluppo di un paio di feature nel sistema informativo che devo consegnare in questi giorni, provare la migrazione dei dati dalla vecchia piattaforma alla nuova, e pure compiere un po’ di bassa manovalanza, tipo aggiungere un video su una home page. Però poi mi han chiamato un po’ scocciati da Pisa, che son lì che lavorano e da una settimana gli avevo promesso un paio di messaggi per la consultazione pubblica sull’IGF italiano… e quello non è lavoro, però veramente glielo dovevo.

Neanche il tempo di riattaccare e si riaccende la discussione via mail e telefono sul contratto di vincolo delle quote che il venture capital vuole per investire nell’altra azienda, contratto di cui tu faresti ampiamente a meno ma come favore al resto dei soci hai deciso di non rompere le scatole e pure di perderci il tempo necessario per star dietro agli avvocati, peccato poi che altri soci continuino a rompere le scatole a te, di solito con toni a metà tra il bambino capriccioso e l’invidioso cronico. E tra una telefonata e l’altra, per scaricare la tensione, posti pure sul forum del Toro, mentre ti informi sui biglietti per andar giù domenica a Livorno: e quindi c’è un tuo post su un forum di calcio alle quattro del pomeriggio, vuol dire che non lavori!

Nel frattempo hai anche fatto un giro di bonifici dal Conto Arancio al conto personale e di lì a quello della partita IVA, giusto perché il versamento del capitale sociale ti manderebbe in rosso; è lì che il tuo socio-cliente ti scrive che non ti ha ancora pagato le fatture di novembre e dicembre (figurarsi il 2008) perché lui lavora e tu no, stai tutto il tempo a casa a divertirti oppure a viaggiare per il mondo con le spese pagate, quindi cosa pretendi?

Quando sei stanco, blogghi. Oh, io ho questa fissa, se non bloggo non scarico; ma abbiamo già detto sopra che non è lavoro, mica vuoi scrivere per mestiere? Per farlo dovresti essere bravo almeno come la Palombelli, non scherziamo… oppure potresti fare il parlamentare, se fossi qualificato come Gabriella Carlucci; lì sì che lavoreresti. Poi mandi le due mail a Pisa, e speri di aver finito, quindi di poter finalmente cominciare a programmare. E invece non succede, perché i brasiliani rispondono che potrebbero invitarti quest’estate a Sapporo – non mi chiedete cosa c’entrino i brasiliani con Sapporo, io da buon italiano mi sentirò comunque obbligato a ricambiare invitandoli a Reykjavik – ma la data confligge, e quindi devi studiarti il calendario, e far partire un altro giro di mail per capire che fare. Ah, e guardare i treni per domani mattina, meglio sveglia prima e dormire in treno, o sveglia dopo ma auto? Tutto questo però non è lavoro, ovviamente. E già che ci sei devi anche chattare con varie persone che sono al lavoro, ma non hanno niente da fare e allora per fortuna che ci sei tu che non lavori.

Quando alla fine sono quasi le otto e ti decidi ad annullare la parte tecnica della giornata, e a spiegare al cliente che non vedrà il suo video sul sito fino a giovedì se va bene, ti passa anche la voglia dell’assemblea di condominio. E’ lì che arriva la telefonata delle otto e dieci, e compare altro lavoro urgente da fare. Cioè, forse-lavoro, nel senso che se tutto questo sforzo andrà a buon fine, magari dal 2009 potresti riceverne dei compensi economici.

In effetti lavorare da casa è un bel privilegio: invece di alzarmi alle otto e un quarto per lavarmi, vestirmi, fare colazione, infilarmi in auto ed essere in ufficio alle nove e mezza, posso alzarmi alle otto e un quarto e cominciare a lavorare in pigiama alle otto e venti. E così, arriva la sera e non faccio né la terza versione della scrittura privata, né il documento di presentazione del progetto, e tantomeno il popup video o l’esportazione dei vecchi dati; invece, bloggo di nuovo. Per scaricarmi; o forse per chiedermi perché ho comprato la PS3, visto che, pur non lavorando e avendo tutto il giorno da perdere, non la accendo da settimane.

Seriamente: in tutto questo ci sono anche molti lati positivi, altrimenti non lo farei; oggi è stata una giornata particolarmente stressante. Non ho ben capito se io sia una cavia di nuove forme di organizzazione del lavoro, o semplicemente un caso atipico di faccendiere che non seleziona bene le faccende in cui si mette. So però che ben poche persone capiscono cosa faccio per vivere, o sanno valutarne il valore; per cui spesso ho la sensazione, sul piano sociale e collettivo, di non esistere.

[tags]lavoro[/tags]

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martedì 6 Maggio 2008, 10:26

Internet – Veltrusconi 2-0

Il Sole 24 Ore ha rotto l’omertà e cominciato a pubblicare i file delle dichiarazioni dei redditi man mano che li trova, permettendomi di scoprire che c’è un altro amico, stavolta convinto liberista di centrodestra, che dichiara ancora meno del famoso antiberlusconiano di cui al commento originario (sempre prendendo queste informazioni con le pinze, ci sono validi motivi per cui una persona può effettivamente aver guadagnato poco o niente in un anno). Suggerisco a chi ha file che loro ancora non hanno di mandare i link o i file stessi a portale@info.ilsole24ore.com.

Se no, in giro spuntano come funghi blog di ogni genere che si riempiono di link… E poi è apparso questo: ecco, è un progetto che avrei fatto io se avessi avuto il tempo, nonché una dimostrazione delle vere potenzialità della rete. Chapeau, anzi, Internet – Veltrusconi 2-0.

[tags]dichiarazioni, redditi, 2005, evasori, file, link, scaricare, veltrusconi, internet[/tags]

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venerdì 2 Maggio 2008, 12:00

Internet – Veltrusconi 1-0

Ieri ho pubblicato i link ai dati (purtroppo non totalmente completi) di Torino, quindi avrete intuito come la penso sulla pubblicazione dei redditi degli italiani. Non sono completamente convinto che sia stata una grande idea: ci sono evidentemente degli aspetti negativi. Eppure, più ci penso e più mi convinco che Visco abbia comunque fatto bene, e che le polemiche siano pretestuose.

Per prima cosa, questi dati sono pubblici per legge da 35 anni. Non contengono dati personali (indirizzi, numeri di telefono…) e nemmeno dettagli sensibili come l’ammontare delle spese mediche o le donazioni ai partiti. Si tratta semplicemente di un elenco di nome, cognome, data di nascita, tipo e ammontare del reddito imponibile e delle tasse pagate. Prima, questi dati potevano essere conosciuti solo dai dipendenti dell’Agenzia delle Entrate (che sono tutti onestissimi e incorruttibili, per cui la lamentela secondo cui “adesso la mafia sa quanto guadagno e prima no” è proprio fondata), da quelli dei Comuni, da quelli dell’INPS e degli altri enti previdenziali, dai giornalisti e da chiunque si fosse preso la briga di scartabellare un po’: diciamo, alcune decine di migliaia di persone. Adesso, li possiamo conoscere tutti; a me sembra un elemento di giustizia.

La lamentela non va quindi indirizzata a chi li ha messi su Internet, ma se mai al Parlamento che, nel 1973, ha deciso che il totale dei redditi di ogni italiano è una informazione pubblica. Su questo, Paesi diversi hanno politiche diverse: in Scandinavia pare che tu possa sapere il reddito di chiunque mandando un SMS, mentre nell’Europa centrale sono dati privati.

Il reddito non è il patrimonio. Il reddito è un indicatore di ricchezza soltanto secondario; puoi guadagnare duecentomila euro l’anno e non avere una lira perché sei indebitato con le banche o ti sei fumato tutto al casinò, o puoi guadagnare cinquemila euro l’anno ma essere miliardario per l’eredità dello zio (e anzi, proprio per quello non lavori e non guadagni). Difatti, ormai da anni tutte le forme di assistenza pubblica – sconti su tasse universitarie, case popolari… – non si basano sul reddito ma sull’Isee, un indicatore basato principalmente sul patrimonio, su cui l’evasione fiscale ha anche molto meno effetto. Quello sì che secondo me deve restare privato, così come ovviamente i dati bancari.

In compenso, il reddito, confrontato con il lavoro che si fa, costituisce una ottima indicazione di quanto ogni persona sia onesta verso la collettività nel pagare la propria parte di tasse; e infatti, la definizione migliore che ho trovato in giro è “è come andare a una cena alla romana e alla fine avere l’elenco di chi ha pagato e chi no”.

E in questo ho avuto interessanti sorprese, come scoprire che, tra tutti i miei amici e conoscenti circa coetanei, quello che ha dichiarato di meno in assoluto non è l’amica che in quel periodo era in cassa integrazione, non è l’amico in stage precario in eterna attesa di assunzione, ma l’amico affermato professionista, super-antiberlusconiano e militante del PD.

Resta però una curiosità: come mai l’elenco è venuto fuori proprio ora? Visco non è stupido né autolesionista: cos’è, un desiderio di immolarsi in un ultimo attacco agli evasori? Non è che il giochino di pubblicare i dati e poi subito ritirarli era già calcolato, magari per aver la scusa per spiattellare il reddito di qualcuno in particolare, dopo la delibera del Garante sulla Privacy che mesi fa disse che pubblicare i redditi è illegittimo se li hai avuti sottobanco, ma legittimo se prima li ha pubblicati l’Agenzia delle Entrate?

Io ho anche il nome e cognome, cioè Grillo Giuseppe Piero, santone antipolitico e contribuente per oltre quattro milioni di euro, che esce abbastanza colpito da questa vicenda, anche perché guarda caso tutti i giornali hanno subito concentrato l’attenzione su una sola dichiarazione su sessanta milioni, la sua: e infatti lui aveva già pronto il pezzo di fuoco contro la manovra, la mattina stessa in cui tutto accadeva… Comunque, anche una parte dei suoi se la sono presa, e lui ha dovuto prontamente fare marcia indietro e gridare al complotto, che però secondo me potrebbe anche esserci stato davvero. E poi, secondo me lo scandalo è chi evade, non Grillo che guadagna quattro milioni e li dichiara fino all’ultima lira.

Purtroppo per i veltrusconiani, il giochino è sfuggito di mano: i file sono finiti sul peer-to-peer, e in sostanza saranno pubblici per sempre, compresi quelli relativi ai loro amici e parenti. E’ questa la cosa più positiva della faccenda: la sensazione che la rete livelli il terreno, e ci renda meno soggetti alle manovre mediatico-politiche sulla nostra pelle, dandoci invece occasioni di sorveglianza democratica che un tempo sarebbero state impensabili. Certo, dei file del peer-to-peer non sai quanto fidarti, e difatti secondo me a questo punto sarebbe il caso che l’Agenzia delle Entrate li rimettesse su, almeno siamo sicuri che siano i dati veri.

E però, anche se io sono un grande sostenitore del diritto alla privacy, non confondo la privacy con il desiderio di sfuggire alla propria accountability, alla propria responsabilità verso la società di cui si fa parte. Siamo in un momento drammatico, e c’è bisogno che tutti siano a bordo; e invece, molti italiani remano contro e pensano solo al proprio vantaggio personale. Questa faccenda, con un po’ di sorveglianza collettiva, ci permetterà di pinzarne anche solo una manciata, ma soprattutto ricorderà a milioni di italiani che prima o poi potrebbero dover rispondere del proprio latrocinio fiscale direttamente ai propri amici, e guardandoli negli occhi: e sarà comunque stato un grande risultato.

[tags]dichiarazioni, redditi, online, agenzia delle entrate, visco, grillo, privacy, responsabilità[/tags]

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lunedì 28 Aprile 2008, 10:43

Il fascismo di Wikipedia

Sì lo so, il titolo – oltre che ispirato a Beppe Grillo – è provocatorio; ma io, di certi atteggiamenti sulla Wikipedia italiana, mi sono ampiamente rotto le scatole.

E’ noto che con Wikipedia io ho un rapporto di amore e odio: amo l’idea – in fondo, la mia guida a Internet era una piccola Wikipedia ante litteram, una collezione organizzata di sapere reso accessibile a tutti, pur senza la collettivizzazione – e proprio per questo spesso odio il pessimo modo con cui spesso viene realizzata. Sono stato ben lieto ed onorato di concedere una intervista al loro wikigiornale, ammesso che venga mai pubblicata (dopo questo post poi…), ma non sono mai stato attivo sull’enciclopedia, se non per correggere qualche errore quando ci incappo o per qualche piccolo contributo su argomenti che conosco bene. Le uniche due nuove pagine con cui ho contribuito alla Wikipedia italiana (in inglese ne ho altre) sono quindi it.arti.cartoni e Progetto Prometeo.

Gli episodi con cui Wikipedia si rende ridicola da sola sono parecchi. Ogni tanto li riporto anch’io, dal caso “invasione dell’Iraq” – di basso impatto pratico, ma un bel campanello d’allarme – al linciaggio del diverso Del Papa. In altri casi ho lasciato correre: non ho parlato del caso Domenici, il sindaco di Firenze che ha denunciato Wikipedia per calunnia, ricevendo da molti wikipediani la buffa risposta che “calunniare su wikipedia non è una cosa grave perché il calunniato può collegarsi e cancellare il testo”. E mi sono astenuto dal commentare le chat piccanti di Jimbo Wales, il guru dei wikipediani, che non solo si vantava delle proprie prestazioni come un coatto qualsiasi, ma pare aver chiesto a un tizio una “donazione” di cinquemila dollari in cambio della riscrittura della sua voce su Wikipedia in modo più favorevole.

Una settimana fa un mio amico internettaro di centrodestra – ne esistono parecchi, solo stanno ben coperti per evitare gli sputi – mi ha passato indignato il link alla pagina di Calderoli, un politico che si diffama da solo, ma la cui voce è dedicata per due terzi a una raccolta di citazioni fuori contesto scelte accuratamente per metterlo in cattiva luce, insomma è enciclopedica e imparziale come un numero di Potere Operaio. Ci sarebbe venuto fuori un bel post, ma io mi sono trattenuto.

Stamattina, però, ho scoperto – per caso, perché non ti avvertono nemmeno con una mail – che la mia voce it.arti.cartoni è stata proposta per la seconda volta per la cancellazione. Era già accaduto meno di sei mesi fa, con esito negativo; rifarlo ora sa veramente di accanimento ad vocem, se non proprio ad personam. L’esauriente e argomentata motivazione fornita stavolta dall’utente Dylan86 – che all’epoca dei fatti raccontati aveva nove anni, quindi è sicuramente in grado di valutarne il rilievo – è:

newsgroup storico ma a mio avviso non enciclopedico

Un po’ come se io entrassi in una biblioteca, vedessi un libro su un argomento di cui non so nulla e che non mi interessa, e pensassi: non mi interessa, quindi buttiamolo via. E lo mettessi d’autorità nel cestino.

E’ evidente a chiunque che ad editare una enciclopedia dovrebbero essere persone dotate di moderazione, competenza specifica e capacità di essere super partes; e invece su Wikipedia sono ragazzini e invasati che nelle proprie pagine dichiarano apertamente di essere non solo parziali, ma faziosi. Io mi sono limitato a cliccare su qualcuno degli utenti elencati nella votazione, e ho trovato uno orgogliosamente supersinistro, un esperto di operazioni militari del Cinquecento che come qualifica principale ha “parlo il bresciano come lingua madre”, uno che è incazzatissimo peggio di Luca Luciani per un motivo che nemmeno in dodici righe di rant è in grado di spiegare ma che ha a che fare con “propaganda di DNR”, e uno il cui hobby è scrivere versi poetici per prendere per il culo qualche poveraccio che si era permesso di contribuire con una voce non di suo gradimento.

In che modo queste persone siano qualificate per esprimere un giudizio scientifico credibile sui primordi della storia di Internet in Italia, a me onestamente sfugge. Tutte le enciclopedie e le pubblicazioni scientifiche del mondo si sono scervellate per decenni per costruire meccanismi di review degli articoli che fossero oggettivi e imparziali e che assicurassero l’adeguata competenza dei revisori; poi arriva Wikipedia e dice, che bisogno c’è? Basta mettersi a votare tra amici.

Peccato che la verità non si decida ai voti, ma anzi che i voti – tanto più in gruppi autoselezionati e relativamente piccoli – riflettano per definizione i luoghi comuni e i pregiudizi medi, e in Italia anche e soprattutto le reti di conoscenze personali. Insomma, ho il forte sospetto, suffragato da quel che ho visto, che su Wikipedia una pagina sia enciclopedica se è scritta da un membro del gruppo, possibilmente con milioni di edit alle spalle (insomma, con rare eccezioni, un nerd privo di vita sociale) e comunque con decine di amici altrettanto nerd da chiamare a votare. Se invece è scritta da qualcuno che magari è un docente universitario internazionalmente noto, ma non chatta abitualmente con Kiara92 e Puccipuforzaroma, si beccherà la cancellazione e magari anche la poesiola di dileggio. In sostanza, un vero comportamento squadrista che perdipiù premia l’ignoranza e l’incompetenza.

Parrebbe evidente infatti che un sito organico e gestito dal basso cresca tanto più è ampio il suo contenuto: se arriva qualcuno che dedica gratuitamente il proprio tempo a parlare di un argomento anche poco conosciuto, gli si dovrebbe dare un bacio in fronte; a meno che non sia proprio una voce sfacciatamente pubblicitaria, inesatta o sgrammaticata, è comunque un arricchimento. Insomma, invece di dedicare energie a cancellare il lavoro degli altri, tutti questi ragazzini potrebbero meglio dedicarle a costruire qualcosa loro.

Purtroppo, però, l’Italia è il paese dell’uomo qualcuno e i ragazzini – inclusi i ragazzini quarantenni – si sentono fighi e potenti a bulleggiare altra gente a caso. Tra l’altro, è il saggio motivo per cui ci vanno diciott’anni per votare e venticinque al Senato; su Wikipedia, invece, puoi essere infantile quanto vuoi e nessuno ti dice nulla, anzi ti applaudono pure, tutti convinti di essere dei grandi perché “noi siamo duepuntozero”. Ma sarà mica un caso se si accumulano cattiva stampa, polemiche e querele?

Insomma, ormai ho il sospetto che Wikipedia sia come il comunismo: funziona soltanto in teoria. E però, forse quei pochi adulti maturi che ci sono nella Wikipedia italiana potrebbero pur capire che così non si può andare avanti.

[tags]wikipedia, enciclopedia, verità, pregiudizi[/tags]

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sabato 26 Aprile 2008, 10:01

Il V2-Day è il messaggio

Come avete visto, questo blog ha deciso di dedicare un ampio spazio al V2-Day (che finisce qui, se non altro perché sarò offline fino a domani sera). Ciò non tanto perché io condivida completamente la manifestazione: da anni scrivo che Grillo è luci ed ombre, e se va ammirato il suo coraggio nel denunciare senza giri di parole le abbondanti storture e vergogne della nostra classe politica – ripagato da notevoli ritorni anche economici, ma onestamente non credo che Grillo lo faccia per soldi -, sentire centomila persone che urlano in coro “vaffanculo!” fa un po’ preoccupare per il futuro della nostra democrazia.

Non va però dimenticato che Grillo è l’effetto, non la causa; è l’effetto di un sistema politico bloccato, incapace, corrotto, e che dimostra di non reagire a nulla a meno che non si arrivi alle piazze urlanti, ai lanci di monetine o alle rivoluzioni giudiziarie. E’ l’effetto di un sistema mediatico in cui i giornali fanno i titoli su Peter Falk seminudo per strada o sul tyrannosaurus antenato del pollo, e che ha abbandonato la stessa idea che si possa fare una inchiesta giornalistica o che si possa dire qualcosa di scomodo, limitando l’informazione sulle richieste e sulle necessità della gente al fatto che (ultim’ora!) il 28% delle donne italiane pagherebbe fino a 5000 euro per una notte di sesso con Massimo Giletti.

In un sistema del genere, dove migliaia di persone provano continuamente a denunciare piccoli e grandi problemi e non hanno il minimo spazio sui media, l’unico modo di far emergere un messaggio rivoluzionario è quello di Grillo: un mix di provocazione, verità, esagerazione, comicità, showbusiness, piazze piene e slogan facili. Sarà populista, sarà demagogico, ma, signori intellettuali con la puzza sotto il naso e signori politici che vi cagate sotto, è la logica conseguenza dell’Italia ignorante, delusa e sfruttata che voi, destra e sinistra a braccetto, avete costruito negli ultimi trent’anni. E perlomeno è un fenomeno violento soltanto a parole; non provoca la violenza vera, anzi sublima in gestacci ed in amare risate la rabbia che altrimenti veramente rischierebbe uno sfogo alla maniera degli anni ’70, e anzi che probabilmente lo farà, se il tentativo di Grillo di provocare cambiamenti radicali non avrà successo.

Per questo, sapendo che i media di regime avrebbero minimizzato, io mi son fatto un punto d’onore di pubblicare qui sopra più informazioni possibili, il meno mediate possibili. Non sono un giornalista, ma credo di aver fatto, ieri, più giornalismo io che tre quarti dei giornalisti che erano in quella piazza. Sta poi ad ognuno scegliere da che parte stare, se da quella di Grillo o da quella della contromanifestazione ufficiale; o meglio ancora, stare dalla parte di se stessi, appoggiando Grillo quando dice qualcosa di condivisibile, e criticandolo quando non lo fa.

Sono quindi rimasto molto deluso dal fatto che la blogosfera ne abbia parlato così poco, e soprattutto così male: per una volta che Internet doveva supplire al silenzio dell’informazione ufficiale, dimostrando il proprio fondamentale ruolo di promozione del pluralismo e della libertà, i bloggherz erano impegnati a montar foto e filmini sì, ma solo quelli delle marchette e del relativo catering offertogli da Microsoft. Ho molto apprezzato che ne abbia parlato .mau. che di Grillo non è certo un fan, ma che come me ha visto il problema; ho apprezzato anche che lo stesso Mantellini si sia chiesto come mai se ne parlasse poco, anche se poi si è pure lui concentrato sulle tartine di Steve Ballmer. Per carità, le PR aziendali sono legittime ed ognuno scrive di ciò che vuole, ma a che serve avere blog seguitissimi, se davanti a un Paese che affonda ci si rifugia nel parlar di fuffa e di quanto è stato bello ingoiarsela? E ha senso interpretare il blogging come una brutta copia del giornalismo piccino di questi anni, da regalino e marchetta?

Spero che queste mie considerazioni non provochino offesa, ma riflessione. Purtroppo, non si è visto in rete un grande dibattito sul rapporto tra informazione, politici, cittadini e nuovi media; ha riscosso più successo il tentativo, fondato ma anche velenoso, di screditare la manifestazione sostenendo che le firme raccolte non saranno valide. Ma chi se ne frega! Il mezzo è il messaggio, il punto fondamentale di ieri non è se abolire o no l’ordine dei giornalisti, è che centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per provare a cambiare l’Italia, senza alcun battage pubblicitario e con tutti i media contro e quasi sempre in chiarissima cattiva fede.

Queste persone pongono una richiesta politica che poi, come sappiamo tutti benissimo, è la stessa di milioni di persone che ieri non erano in piazza e che, obtorto collo e turandosi il naso, hanno votato Veltrusconi con scarsa convinzione. E’ questa richiesta politica che va capita, documentata, affrontata. Si possono anche annullare le firme, ma, in un paese civile, un movimento di piazza così ampio per abolire la legge Gasparri provocherebbe l’immediata abolizione della legge Gasparri, o perlomeno una pronta discussione in Parlamento su come accogliere queste istanze; non ci sarebbe nemmeno bisogno del referendum.

Per cui, per favore, smettiamola di guardare il dito e cominciamo a guardare le nostre responsabilità. Di cittadini, che hanno il diritto e il dovere di fare qualcosa per salvare il proprio Paese. E in particolare di blogger e di esperti di Internet, visto che è la rete a rompere gli schemi ed è la rete a rendere possibile una vittoria contro un regime che controlla tutti gli altri media; almeno finché non troveranno il modo di imbavagliarla.
[tags]v2day, grillo, media, blog, italia[/tags]

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venerdì 25 Aprile 2008, 16:34

Il discorso di Grillo

Beppe Grillo è salito sul palco verso le 15:45 – la piazza è pienissima, anche le vie intorno e piazza CLN, ci saranno cinquantamila, centomila persone – e ha attaccato un comizio di tre quarti d’ora. Ecco qualche frase riportata il più fedelmente possibile, e senza commenti: ognuno faccia i propri.

“Grazie! Questa immagine me la segno, me la tengo qui…”

“Hanno cercato di metterci contro la resistenza, ma dedico la manifestazione anche all’altra piazza [quella delle celebrazioni ufficiali, ndr], perchè noi siamo la continuazione dei nostri nonni e di quei valori lì… se tutti noi insieme avessimo un centesimo dei coglioni di quella gente lì…”

“Le televisioni son tutte lì che mi scrutano per cercare di attaccarsi a qualcosa, ma io voglio dare il benvenuto alle nostre televisioni, a quelli che ci riprendono: la BBC, la CNN, Al Jazeera, la Digos…”

“Le nostre armi non sono le spranghe, sono scendere in piazza e mettere una firma; la nostra arma principale è prenderli per il culo!”

“Hanno cercato di tutto per mettere zizzania: tirate giù le bandiere, non è una piazza da bandiere, questa è una festa del 25 aprile che appartiene a tutti gli italiani!”

“Sono scesi gli uomini di sani principi, da Chiamparino [fischi] che non condivide, è chiaro che non condivide perchè se la libera informazione ci fosse tutti saprebbero il livello intellettuale del vostro sindaco!”

“Un altro grande uomo che conosco per averlo avuto contro in varie cause è l’avvocato della fiat, Franzo Grande Stevens, che sta sempre dalla parte delle grandi società, il mio avvocato si chiamava Pino Ciriculino, lui Franzo Grande Stevens… ha abbracciato i valori della libertà, ma adesso, perchè qualche mese fa lui che è avvocato della IFI insieme a Gabetti e Marone, il trio lescano della FIAT, hanno saccheggiato la FIAT attraverso la loro finanziaria facendo un equity swap… un altro modo di rubare che non è più rubare, è fare equity swap, con una società finta in Lussemburgo… hanno comprato a 5 euro azioni che ne valevano 8, sottraendo questi soldi alle buste paga, vaffanculo!”

“L’8 di settembre si sono materializzati mezzo milione di persone, e dall’8 settembre vi sembra che non sia successo niente? cinque partiti non ci sono più, toh!” (gesto dell’ombrello)

“Abbiamo votato in elezioni assolutamente incostituzionali, irregolari e fuori legge, con un presidente della repubblica, Morfeo Napolitano, che dorme, dorme, dorme… il referendum si doveva fare prima delle elezioni, non dopo! è come mettersi il profilattico dopo che hai trombato… dovrebbe essere il presidente degli italiani, non dei partiti, non ci sono più i partiti!”

“Non abbiamo scelto il candidato, non abbiamo scelto i partiti perchè si sono fusi tra loro, non abbiamo scelto il programma perchè quello di Berlusconi testa d’asfalto… gli danno quello drenante… e di Topo Gigio Veltroni è identico. Ci hanno trattato come delle bestie e tramite questa croce abbiamo mandato in parlamento 70 pregiudicati senza che voi ne sappiate niente!”

“Ci sono delle new entry in Parlamento, Cuffaro, cinque anni per mafia… adesso è senatore, protetto dall’immunità parlamentare… Ciarrapico, condannato ai lavori sociali, ha la residenza in una baracca per non pagare i debiti… il Piotta in confronto a Ciarrapico è Lord Brummel, Ciarrapico parla così, “aoh nun me rompe il cazzooo…” “

(fa la lista dei pregiudicati eletti e 100.000 persone gridano “vaffanculo” a ognuno di loro)

“Hanno preso centocinquantamila firme raccolte in un giorno e le hanno messe in un cassetto, allora questa volta gliene porteremo 2.500.000! Poi troveranno un cavillo, i costituzionalisti, per dire che non sono valide… ma lo diranno nel marzo 2009, io sono qui adesso! Non me ne frega che qualsiasi servo del potere mi elimina la validità di 2.500.000 persone che sono uscite di casa a mettere una firma!”

“Qui ci sono centomila persone, ma per la questura sarete 300, 350… vedrete i giornali domani… ma voi c’eravate, a voi almeno non vi prenderanno per il culo!”

(Poi comincia a spiegare il primo quesito, ed elenca i giornali di partito e non, con i milioni di euro pubblici che prendono – La Padania 4 milioni, Libero 5 milioni, Repubblica 12 milioni, Il Sole 24 Ore 18 milioni di euro… – e centomila persone gridano all’unisono “vaffanculo!”)

“Hanno tirato un uovo, uno solo, a Ferrara… tutta la politica solidale con lui… mi han chiesto cosa ne pensavo, e io ho risposto: sono solidale anch’io, ma con l’uovo…”

“Siamo in un libero mercato, vorrei che in Italia uscisse un giornale pagato da chi lo legge, porca puttana!”

Poi passa al secondo quesito:

“L’Ordine dei Giornalisti è stato fondato da Mussolini per tenerli in braghe di tela!”

“Con la rete chiunque è giornalista, la rete li farà fuori tutti lo stesso! Ci dev’essere qualcuno che pagando ti dice che sei giornalista, ma che vuol dire? Allora facciamo anche l’ordine dei poeti! Via le cose del passato, pensiamo al futuro se vogliamo un paese giovane, veloce, dinamico, basta con le cose del fascismo!”

Passa poi al terzo quesito:

“La legge Gasparri è un affronto alla democrazia e alla libertà, fa sì che un nano coi capelli d’asfalto, un ologramma che non esiste, una salma riesumata dal Partito Democratico perchè era morta, era morta!, un ipod nano, possa avere in un paese civile tre televisioni e venti giornali ed essere presidente del consiglio… non esiste al mondo!”

“Berlusconi si è fatto dare tre frequenze da uno che poi è scappato, Craxi, poi con quello ha raccolto tanta pubblicità che è diventato miliardario, ci sarebbe riuscito anche mio figlio Ciro di otto anni! poi ha comprato la Mondadori corrompendo un giudice, che quello che se l’è presa nel culo è Previti, lui invece corruzione semplice, perchè l’ho già corrotto prima quindi è semplice…”

“Noi pagheremo 330 milioni di euro [di multa all’UE, ndr] per mantenere Emilio Fede lì, ma dagli un calcio un culo e vai sul satellite!”

“Io voglio che in Italia ci sia una televisione come la BBC, pagata da chi la guarda! Che metta il suo magazzino a disposizione degli utenti…”

“Berlusconi ha detto che Biagi è andato via perchè voleva la liquidazione, e Riotta è rimasto lì adorante come un cagnolino… la verità è che Biagi prima di morire ha detto, mi hanno mandato via con una raccomandata…”

“Un intervista di un politico che lo paghiamo noi, fatta da un giornalista della Rai che lo paghiamo noi, in uno studio della Rai che la paghiamo noi, tu mi togli l’intervista perchè vuoi i diritti d’autore, che l’autore siamo noi? Sulla BBC vai sul sito e trovi tutto… Non come qui, con i politici che telefonano ai direttori di rete e dicono, gli do due troie in cambio di due senatori…”

“Nella piazza di là… alla fine di questa cosa andremo tutti in piazza Castello a trovarli… noi dobbiamo combattere con un altro tipo di fascismo, il fascismo dell’informazione, un fascismo che non lo vedi, che ti fa vedere delle fighe con un culo così, è questo fascismo, che è molto più difficile da vedere…”

“Oggi 25 aprile è la festa della semilibertà, perché non siamo neanche liberi… abbiamo quelli che ci hanno liberati che si son trovati talmente bene da noi che sono rimasti, parlo degli americani e della NATO, parlando non da estremista di sinistra o di destra ma da cittadino informato, noi siamo una portaerei della NATO… secondo voi quante basi NATO ci sono in Italia? Due? Sette? Ve lo dico io, e mi guarderete e direte che è impossibile… 113, 113 basi, presenti in quasi tutte le regioni italiane tranne due, la Val d’Aosta e l’Abruzzo perchè non capivano la lingua…”

“Solo a Ghedi ed Aviano ci sono 90 testate nucleari… però abbiamo una grande Costituzione che aveva previsto questo, e siamo riusciti a infangare anche quella! L’articolo 11…” (applausi) “e qui, al governo, vogliono far ampliare le basi a Vicenza, ne abbiamo 113, non bastano?”

“Qui non sono venuti grandi artisti, grandi giornalisti – tranne uno che chiuderà la manifestazione [Travaglio] – perchè pochissime persone nel mio settore oggi sono libere, perché se vengono qua si giocano il culo e il posto di lavoro, e li capisco, li capisco ma non ci mancate, bastiamo noi!”

“Un cittadino informato non lo prendi più per il culo, lo prendi per il culo quando non sa o sa cose sbagliate!”

“Noi siamo in diretta in tutto il mondo, senza televisione!”

“Ancora non tirano fuori i numeri delle schede nulle… Ve li dico io, quindici milioni di italiani su cinquanta non hanno votato o hanno annullato la scheda, sono il terzo partito!”

[tags]v2day, grillo, beppegrillo[/tags]

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martedì 15 Aprile 2008, 08:20

Il V-day della sinistra

Oggi, 15 aprile, è il V-day della sinistra: quello in cui tutti i blog intellettuali e benpensanti, così come le case della borghesia progressista, si riempiono di lamenti e imprecazioni che alla fine possono essere riassunti come “Vaffanculo, Italia!”; in risposta peraltro a una elezione in cui l’Italia ha chiaramente mandato affanculo l’idea stessa di sinistra così come tradizionalmente concepita nel nostro Paese.

Certo, l’idea di un Parlamento in cui il senatore più di sinistra sarà Emma Bonino fa effetto (per quanto, come dissi, la Bonino sia uno dei maggiori motivi per il mio voto al PD, spero anzi che possa conquistarsi più visibilità). Tuttavia, liquidare questo voto con analisi che, più o meno elegantemente, concludono che gli italiani sono tutti mafiosi o egoisti o stupidi o ignoranti o tutte queste cose insieme sarebbe una ulteriore prova di quella incapacità che ha portato la sinistra alla disfatta: l’incapacità di ripensarsi, di avere la mente sgombra da pregiudizi ideologici, di affrontare i problemi invece che giudicare le persone e pretendere di avere sempre ragione per principio.

E’ vero che l’Italia ha un problema morale, che il voto di scambio è diffuso, che moltissimi pensano col portafoglio (cosa peraltro più che legittima e sarebbe ora di capirlo), che manca il senso dello Stato e della collettività. Tuttavia, questo genere di italiano forma uno zoccolo duro che da sempre vota Silvio (ma anche UDC, ma anche centrosinistra in certi casi), ma non costituisce certo quella parte di elettorato che ha smesso di votare il centrosinistra per andare al mare, o che a valanga si è spostata da Bertinotti a Veltroni e separatamente da Veltroni a Casini e Berlusconi. Non si può concludere che gli italiani sono imbecilli oggi che votano Berlusconi, ma erano civili e moderni due anni fa quando votavano Prodi; anche questa sarebbe una prova di arroganza e di supponenza.

La verità è diversa: Berlusconi ha stravinto semplicemente perché il governo Prodi è stato ridicolo e quindi, come in ogni paese normale, ora tocca agli altri. Non è certo finita la democrazia solo perché si è perso, anzi, è meglio così che nei cinquant’anni di DC obbligatoria.

Se mai, bisogna chiedersi perché si è perso; e la risposta sta nella mentalità vecchia, incapace e obsoleta di gran parte del centrosinistra italiano. Veltroni, perlomeno, ha capito il problema e ha iniziato un bel progetto di rinnovamento, che secondo me, se continua, permetterà al centrosinistra di tornare a governare. Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio e compagnia sono irrimediabilmente vecchi e quindi, per esplicita volontà degli italiani, da oggi sono dei pensionati. Se la sinistra non è in Parlamento non è certo colpa di Veltroni o della “mancanza della falce e martello nel simbolo” (la lucida analisi di Diliberto), ma è perché, a parte uno sparuto manipolo di residui militanti che sono ancora con la testa agli anni ’70, nessuno ne sente il bisogno; anzi, visto come si è comportata, è davvero meglio così.

Come ho già spiegato a Suzukimaruti, ecco un esempio di mentalità obsoleta su una questione che è sempre in cima a tutti i sondaggi su “qual è il problema che vorresti veder risolto per primo”: Torino – come tante altre città italiane – è ormai una città piena di zingari, mendicanti, bambini scippatori, lavavetri, parcheggiatori abusivi, venditori di rose (quattro in un’ora di ristorante)… una cosa mai vista in alcuna città europea. Lo fai notare con un po’ di preoccupazione e la risposta della sinistra è: va bene così, anzi sei uno sporco razzista! Di fronte a tal prosciutto sugli occhi, tu che vuoi fare? Ci credo che poi Bertinotti sparisce (a Torino città la Sinistra Arcobaleno è al 4%, due anni fa i partiti che la compongono erano al 14,4%) e la Lega raddoppia i consensi…

E’ facile dire che gli italiani sono egoisti e individualisti quando non ti votano e lungimiranti quando lo fanno. E’ meno facile farsi un esame di coscienza e capire che, dopo due anni in cui non si è riusciti a guidare perché si è passato tutto il tempo a sgomitare e darsi manate per sottrarre il volante ai propri “alleati”, gli italiani hanno scelto uno che dava l’aria di essere abbastanza sicuro perlomeno da riuscire a mettere la prima e uscire dal parcheggio.

Eppure, gli ideali tradizionali della sinistra sono ancora attuali, anzi lo sono più che mai: la sinistra ha ancora molto da dire, e da dare, all’Italia e al mondo. Deve però abbandonare gli arnesi del passato, e abbracciare i nuovi modelli sociali, la globalizzazione, il libero mercato, la flessibilità, lo Stato snello, la libertà individuale, le nuove tecnologie, cercando di renderle più eque ma senza rinnegarle; differenziando la sinistra dalla destra non su una visione ideologica legata a una realtà che non esiste più, ma su un obiettivo di altruismo, equità basata sul merito, libertà personali, giustizia ed efficienza, opposto al puro interesse personale, al razzismo retrogrado, al neoclericalismo e agli stallieri mafiosi. Di un progetto così c’è molto bisogno, e se verrà fatto riscuoterà ampio consenso. Basta solo capirlo.

[tags]elezioni, sinistra, italia, politica[/tags]

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domenica 13 Aprile 2008, 09:18

Blog e censure

Ha fatto scalpore, negli ultimi giorni, il caso del blog del giornalista e critico gastronomico dell’Espresso Enzo Vizzari, che l’Espresso stesso ha chiuso dopo che il giornalista l’aveva usato per dichiarare di “vergognarsi profondamente” della copertina dell’ultimo numero della testata. La copertina in questione è intitolata Velenitaly e presenta l’inchiesta, contenuta all’interno, che svela l’abbondanza di vino adulterato in Italia; il fatto di essere stata pubblicata proprio in contemporanea al Vinitaly, la fiera che determina il business estero dei vinificatori italiani, e perdipiù prendendolo esplicitamente in giro, non è certo stato ben accolto dagli addetti ai lavori enologici, che immagino si siano lamentati col Vizzari stesso.

Anche qui, in rete si è subito scatenata un’ondata di conformismo da caso Luciani: tutti, da Mantellini in giù, a condannare l’Espresso con parole di fuoco: giù le mani dai blog. Eppure, qualche espressione di dissenso c’è, anche se guarda caso sui blog dell’Espresso stesso: è quella di Gilioli, colui che diventò famoso per la questione della mancata intervista a Grillo. Io dissento dalla retorica di Mantellini & friends, ma anche sulla replica di Gilioli concordo solo in parte: sostenere che un blog ufficiale è diverso da un blog personale e che su un giornale nessuno si deve permettere di insultare i colleghi è condivisibile, ma il dissenso è la base di una discussione proficua: ricordo sui giornali inglesi e americani la presenza tra gli editoriali di rubriche costruite appositamente mettendo a confronto ogni volta due opinioni contrapposte sullo stesso argomento.

Nessuno però ha notato una cosa secondo me importante: è vero che il blog di Vizzari è stato censurato dall’Espresso per avere criticato la pubblicazione della copertina, ma è altrettanto vero che ciò che Vizzari aveva richiesto era altrettanto censorio. Vizzari, dicendo che la copertina dell’Espresso è vergognosa, suggerisce implicitamente che quella inchiesta non doveva andare in copertina, o comunque non doveva richiamare il Vinitaly, e insomma non doveva essere presentata con tale evidenza, anzi magari sarebbe stato meglio aspettare e pubblicarla in un altro momento. Perché? Ovviamente perché non doveva disturbare il business dei suoi amici produttori di vino.

Io trovo invece che sia una grande fortuna che esista ancora in Italia qualche rivista che fa inchieste giornalistiche, e che ci rivela come anche in quei business che vanno di moda, che vengono presentati come ecologici e solidali, e su cui c’è gente che lucra moltissimo – una volta si comprava il Barbera a pintoni per due lire, adesso costa quasi di meno il whisky – ci sia abbondanza di fregature, quando non di attentati alla nostra salute. La risposta di Vizzari, permettetemi, è un po’ da casta: vergognatevi per aver messo in evidenza che anche tra noi ci sono dei farabutti.

Che poi questo giustifichi la chiusura di un blog, non è detto; anche se vale comunque il principio che l’editore decide cosa pubblicare, il che è un pilastro della libertà di espressione esattamente quanto il principio che il giornalista decide cosa scrivere. Ma se l’Espresso avesse deciso di privarsi dei contributi di Vizzari non per “lesa maestà” della testata, ma perché non gli piace chi dichiara l’obiettivo di far passare la trave nei propri occhi per una pagliuzza, non ci sarebbe proprio niente di male.

[tags]espresso, vizzari, censura, blog, vinitaly[/tags]

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venerdì 11 Aprile 2008, 08:50

Povertà

Martedì sera sono uscito con amici. Siamo andati al pub; niente di che, un comune pub di periferia noto peraltro per essere buono, ma abbastanza caro (cinque euro una birra media, sette euro un piatto di pasta). Siamo arrivati presto, per cenare, ed era vuoto; ma verso le 22 non solo era strapieno di gente, ma fuori c’era un ingorgo di fuoristrada e macchine nuove abbandonate con due ruote sul marciapiede. Ed era martedì sera, in estrema periferia.

Ieri sono uscito di nuovo, in due; siamo andati a mangiare in centro. Camminando per arrivare al ristorante, abbiamo incrociato un grumo di gente, alcune decine di persone, che bloccava la via. Mentre passavamo, ho guardato e ho capito che era l’inaugurazione di una galleria d’arte o esposizione privata; era pieno di venticinquenni e trentenni dall’aria fighetta che si godevano un rinfresco. Mentre camminavo, pensavo che solo nella mia cerchia di amici conosco almeno due persone che negli ultimi anni hanno comprato o affittato un negozio, quindi uno spazio commerciale che ha un costo piuttosto elevato, e l’hanno adibito a studio / esposizione delle proprie opere di artista o professionista in erba. Naturalmente auguro ai miei amici di diventare famosi, ma per il momento non si tratta certo di persone che richiamano un business tale da ripagare queste spese: si tratta piuttosto di un desiderio personale, sovvenzionato dai genitori, che di solito, viste le scarse entrate che questo genere di attività portano finché non ci si fa un nome, sovvenzionano pesantemente anche la vita quotidiana. Ho pensato che se veramente qualcuna di queste famiglie avesse problemi di soldi, il pargolo si sarebbe cercato un lavoro meno eccitante ma con uno stipendio fisso, anche solo da commesso o call-centerista. Eppure i miei amici non sono figli di miliardari, ma di normali famiglie piccolo-borghesi.

Ovviamente, anche il ristorante alla fine era strapieno – ed era un posto dove si spendono dai trenta euro a testa in su, ed era giovedì sera.

Ho concluso che questa povertà di cui tutti parlano, per cui tutti chiedono prezzi calmierati e aumenti di stipendio per bacchetta magica statale, proprio non esiste. O meglio, esiste certamente una fascia di povertà, ma non è certo quella dei trentenni precari e mammoni o dei quarantenni e cinquantenni a stipendio fisso che si lamentano dal mattino alla sera; è quella dei pensionati al minimo che non escono di casa, o quella degli immigrati che vivono in otto in una baracca.

Gli stessi giovani che si lamentano continuamente di essere precari, poi non sono capaci di sacrificarsi e di risparmiare nemmeno mezzo euro; e se è assolutamente vero che la precarietà di oggi una volta non c’era (ma non c’erano nemmeno le opportunità che un sistema flessibile comunque crea), è anche vero che da sempre i giovani, pur di mettere su famiglia, hanno fatto sacrifici e vissuto con i soldi contati. Adesso, sembra che proporre a un trentenne di rinunciare alla Playstation 3, alla macchina fighetta, all’uscire fuori minimo tre sere a settimana, in cambio di metter su casa e famiglia, sia una lesa maestà: se provi a dirlo ti danno del reazionario.

Resta la sgradevole sensazione legata alla consapevolezza che la nostra economia è in crisi anche perché nessuno più considera accettabile sbattersi e sacrificarsi per migliorare la propria condizione sociale, ma ritiene tale miglioramento un diritto acquisito che è compito di qualcun altro garantire; e con queste premesse è facile che, più prima che poi, la dura realtà reclami il suo pegno.

[tags]economia, povertà, giovani, stipendi[/tags]

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