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Archivio per la categoria 'SinchËstèile'


sabato 15 Ottobre 2011, 12:55

L’ambiente e i trasporti secondo Fassino

Una delle difficoltà di fare il consigliere comunale è quella di doversi confrontare continuamente con tante piccole questioni, senza avere il tempo o la possibilità di discutere il quadro generale. E’ anche un po’ frustrante – sei qui per cambiare il mondo, ma al massimo puoi perdere mezzo pomeriggio per cercare di cambiare la posizione delle rampe di un parcheggio sotterraneo; anche se, d’altra parte, il grande cambiamento parte dalle piccole cose e almeno puoi ottenere qualcosa di concreto.

Nella calma del sabato mattina, allora, provo a dipingere velocemente un quadretto delle politiche urbanistiche della nostra città come emergono dagli ultimi dieci giorni di attività. Lunedì scorso, in Consiglio, è stata approvata la costruzione dell’ennesimo parcheggio sotterraneo in centro, sotto la metà occidentale di piazza Carlina, destinato a box per chi vive o lavora nella zona. Noi abbiamo invano sostenuto che era un errore; siamo stati gli unici a votare contro (anche il centrodestra era favorevole).

L’errore non sta secondo noi nell’idea in sé di costruire parcheggi sotterranei, che in certe situazioni può avere senso; ma nel fatto che manca una pianificazione complessiva. Non solo noi non sappiamo nemmeno quanti parcheggi sono stati o saranno costruiti in zona (ci sono ancora dei posti in vendita in piazzale Valdo Fusi, anche se la dirigenza comunale si è giustificata dicendo che li avevano tenuti da parte per non metterne in vendita troppi insieme e non far scendere i prezzi… bella filosofia per un ente pubblico…); non solo non sappiamo se e quando sarà costruito un parcheggio gemello sotto l’altra metà della piazza, duplicando danni e disagi; ma in questi mesi la nuova giunta ha già annunciato per la mobiità in centro di avere in testa di tutto e di più – pedonalizzazioni, aree sosta riservate ai residenti, road pricing per chi arriva da fuori, revisione del trasporto pubblico – e dunque può benissimo essere che ora si approvi il parcheggio e tra tre mesi si scopra che la zona diventa pedonale o che chi non è residente non può più entrare in centro e dunque i parcheggi non mancano più.

Peccato che ci fosse di mezzo il vil denaro: facendo il bando, si riescono a incassare 750.000 euro di compensazioni. Il piatto piange, quindi si va avanti senza indugio; noi abbiamo presentato una mozione per sospendere ulteriori parcheggi per alcune settimane, fino ad una pronta definizione della nuova mobilità del centro, ma è stata bocciata senza discussione dalla maggioranza. Finora l’unica proposta dell’opposizione in materia che la maggioranza ha deciso di appoggiare è una rotonda a un incrocio; veniva dalle liste Coppola-Rabellino, evidentemente per il PD loro sono un interlocutore politico più affidabile.

Sarebbe bello parlare di viabilità e trasporti, ma la relativa commissione è intasata di palazzi da costruire e dunque non ce n’è mai il tempo. Si è finalmente riusciti a farlo per una seduta, argomento il sistema ferroviario metropolitano – la rete di treni che dovrebbe convincere chi abita a Rosta, a Volpiano o a Trofarello a non prendere la macchina per venire a Torino. Potete leggere le mie note, ma la morale è una sola: servono 300 milioni di euro per mettere in piedi il tutto, di cui 160 per lo spreco del tunnel sotto corso Grosseto (di cui vi racconto ormai da più di un lustro), 40 per finire le stazioni Dora e Zappata, 80 per comprare i treni (che ci mettono 3-4 anni ad arrivare). I 300 milioni di euro dovevano arrivare come opere collaterali al TAV, ma il governo non li ha mai stanziati.

Insomma, i soldi non ci sono e il servizio non partirà mai, a parte rinominare “linee FM” quelle che già oggi esistono; l’unico effettivo contributo della giunta Fassino ai trasporti torinesi sarà far costruire nuovi parcheggi sotterranei in centro, presumibilmente aumentando allo stesso tempo il biglietto del pullman a 1,50 euro, come già avvenuto a Milano. Ottima politica contro traffico e inquinamento!

Per questo, già da un paio di settimane, abbiamo presentato una interpellanza che chiede all’assessore Lavolta se esista un piano dell’amministrazione contro i prevedibili picchi di inquinamento invernali, e quale sia. Ci sembra il minimo che ci si pensi per tempo, evitando i tira e molla e i blocchi del traffico decisi all’ultimo secondo… Avevamo chiesto di parlarne in aula lunedì prossimo, ma l’assessore ci ha detto che è troppo presto e non è pronto a rispondere. Ne risponderà invece mercoledì in commissione; abbiamo chiesto di poter riprendere il suo intervento e, nonostante il parere favorevole del presidente di commissione, molti capigruppo si sono opposti perché le nostre riprese potrebbero essere false e tendenziose.

Abbiamo poi capito perché non se ne può parlare fino a mercoledì alle 12:30; è improvvisamente uscito un annuncio sui giornali, secondo cui gli assessori mercoledì mattina definiranno il famoso piano in un incontro… con le associazioni dei commercianti. Appreso dunque che le politiche ambientali sono decise in funzione di massimizzare il fatturato degli acquisti natalizi, non ci stupiamo più che Torino resti la città più inquinata d’Italia.

Unire i puntini è importante: mi sembra che ne venga fuori un bel quadretto.

[tags]ambiente, trasporti, viabilità, parcheggi, treni, inquinamento, torino, fassino[/tags]

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lunedì 3 Ottobre 2011, 19:02

Immaginare un’altra economia

Per quanto non faccia esattamente parte del mio mandato di consigliere comunale, in queste settimane è impossibile non parlare di economia: la situazione è sempre più drammatica e tutti ci interroghiamo su come uscirne. Anche nel Movimento le visioni sono variegate, e per questo è stato molto interessante leggere i risultati del sondaggio svolto da Beppe Grillo sul suo blog a proposito del futuro sviluppo dell’Italia.

E’ vero che il sondaggio non ha basi scientifiche, è vero che impegnandosi probabilmente si poteva votare più volte, è vero che non è detto che i votanti coincidano con un insieme rappresentativo della base del Movimento, è vero che si votava per slogan e non per analisi approfondite dei singoli punti, eppure il risultato secondo me più interessante è questo: la proposta “Nazionalizzazione delle banche”, invocata a gran voce da molti ideologi dentro e fuori il Movimento, è stata una delle meno votate, ottenendo solo il 48,57% di favorevoli.

Ora, sarebbe semplice dire “la proposta è stata bocciata e non se ne parli più”, ma in realtà il punto è un altro: convivono presumibilmente nel Movimento, con pesi quasi uguali, due visioni dell’economia radicalmente opposte e difficilmente conciliabili, una che vorrebbe aggiustare il capitalismo e l’altra che vorrebbe rovesciarlo; e nello scioglimento di questa contraddizione sta gran parte del futuro politico delle cinque stelle.

E allora, che facciamo? Quando nacque il Movimento, Grillo fece una promessa chiara: che esso non si sarebbe schierato a fianco di nessuna delle grandi ideologie del Novecento – né a destra, né a sinistra; né col capitalismo, né col comunismo – e che invece si sarebbe concentrato sulla risoluzione dei problemi concreti e sull’unica, vera, grande rivoluzione socioeconomica del terzo millennio: l’avvento della rete.

Io credo che la degenerazione dell’economia, la negazione dei nostri diritti e del nostro benessere, non derivino tanto dalla scelta tra pubblico e privato – parole che hanno ormai perso di significato – ma dall’accumulo di potere e denaro nelle mani di pochi, che lo usano per controllare sia il pubblico che il privato. In quest’ottica, nazionalizzare banche ed aziende non serve a niente, perché trasferire il potere di controllo delle nostre vite dalle mani di Marchionne e Tronchetti Provera a quelle di Berlusconi e Bersani non cambia sostanzialmente nulla.

Se mai, ci servirebbe un’economia fondata sulla cooperazione e sulla distribuzione a tutti delle risorse; non su una fittizia proprietà collettiva che diventa dominio dittatoriale della politica, ma su una effettiva proprietà privata distribuita nelle mani di tutti, in cui le differenze di censo siano limitate e comunque derivino dal merito e non dall’abuso del potere. Ci servono banche cooperative, come Banca Etica, e aziende co-gestite dagli azionisti e dai lavoratori. Ci serve una informazione libera offerta tramite una rete priva di punti di controllo, che permetta a tutti di far circolare anche i fatti più scomodi. E ci serve una politica senza piramidi di partito, dove i cittadini possano veramente svolgere un periodo di “servizio civile” nelle istituzioni senza inchiodarsi alle poltrone.

Questa, credo, sarebbe una vera rivoluzione: una forma di società tutta da inventare, che guardi al futuro e non al passato!

[tags]economia, politica, rivoluzione, sviluppo, movimento 5 stelle, capitalismo, comunismo, nazionalizzazione[/tags]

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domenica 2 Ottobre 2011, 23:17

La settimana del consigliere

È domenica sera e mi devo scusare, perché è una settimana che non scrivo più niente… e non è che non sia successo nulla in Consiglio Comunale, anzi: è stata una settimana davvero intensa e per questo non ho avuto il tempo di scrivere. Quel che posso raccomandare è di seguire la mia bacheca Facebook, e so perfettamente che Facebook non è uno strumento ideale, che non garantisce la privacy, che non tutti lo vogliono usare, ma al momento è l’unico strumento abbastanza flessibile per raccontarvi in tempo reale cosa succede dentro le istituzioni e chiedere il vostro parere.

Sto pensando ad esempio se cominciare a fare dei video settimanali, come fanno già i consiglieri regionali; può essere un buon metodo per raccontarvi le cose più velocemente… potrei farli il venerdì pomeriggio, se non fosse che il venerdì pomeriggio è uno dei pochi “buchi” in cui ho il tempo di ricevere i cittadini che chiedono un incontro e questo venerdì sono uscito dal Municipio alle 19:30 – e vi garantisco che il venerdì pomeriggio alle 19:30 il Municipio, come molti uffici pubblici, è deserto come un deserto, a quell’ora in genere ci siamo solo più io e Fassino (che ha tanti difetti ma è uno sgobbone) e io mi faccio anche il giro a spegnere le luci nei corridoi, dato che gli uscieri sono a casa da tre ore.

Questa settimana dunque sono successe varie cose; c’è stato un consiglio comunale straordinario, mercoledì pomeriggio, che è stata una delle esperienze più indegne della mia giovane vita politica, in quanto si discuteva del nulla e si perdevano le ore tra giochini procedurali da bambini (tipo aspettare che uno della maggioranza andasse in bagno e poi chiedere la verifica del numero legale) e discorsi retorici sulla situazione dell’Italia, che per il PDL è colpa del comunismo, per Fassino è colpa di Berlusconi, e poi via a citare Cota, Bresso e insomma nessuno che parlasse della delibera in oggetto e di come salvare le casse della Città; solo una gara di scaricabarile. Alla fine volevano tirarla in lungo fino a riconvocare un altro consiglio comunale alle 21, con conseguenti spese di burocrazia, personale, energia eccetera, e lì abbiamo detto basta, piuttosto garantiamo noi il numero legale – visto che nella maggioranza molti hanno l’abitudine di andare al bar o chissà dove e poi correre di corsa in aula quando li chiamano per votare – ma chiudiamo qui la vicenda.

Tra le faccende della settimana, oltre all’infinita vicenda CSEA, segnalo l’imminente concessione ai privati della casa di cura Buon Riposo, per un prezzo che io trovo davvero stracciato; la nostra interpellanza sull’inquinamento da cromo esavalente a Parco Dora, una delle tante battaglie che portiamo avanti; il fatto che abbiamo finalmente ottenuto, a forza di insistere, che la commissione competente si occupi del caso del signore che da due settimane presidia il Municipio e che abbiamo intervistato la settimana scorsa; una interessante visita all’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo, che si fa carico della crescente povertà cittadina in sinergia col Comune; e la presentazione del progetto Torino Smart City, che è stata piuttosto deludente perché si è limitata agli aspetti di riqualificazione energetica degli edifici, mentre il concetto di smart city è molto più ampio. Ognuna di queste cose meriterebbe un post approfondito e una discussione dedicata, ma dove trovo il tempo? Già così, devo scrivere le interpellanze e le interrogazioni il sabato pomeriggio…

Mi spiace, però, perché molto del lavoro che facciamo io e Chiara non appare perché non abbiamo il tempo di raccontarlo; vedremo di inventarci qualcosa.
[tags]torino, movimento 5 stelle, consiglio comunale[/tags]

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martedì 20 Settembre 2011, 18:35

Un palazzo dietro l’altro

Una delle parti più interessanti dell’attività comunale è la commissione urbanistica, le cui competenze sono molto vaste: deve occuparsi non solo della pianificazione del territorio cittadino, ma nel dettaglio dell’edilizia pubblica e privata, delle grandi opere, di tutta la viabilità e dei trasporti pubblici.

Almeno, questa è la teoria; la pratica è che la commissione si riunisce praticamente solo per discutere e approvare varianti al piano regolatore, ovvero operazioni immobiliari a vantaggio di enti privati e pubblici. Voi leggete sui giornali che Porta Nuova chiuderà, o che vogliono togliere questa o quell’altra linea di pullman, o che hanno deciso di fare una nuova pista ciclabile? Di tutto questo dovrebbe occuparsi la commissione, ma (almeno finora) non ce n’è sostanzialmente stato il tempo, perché all’ordine del giorno ci sono sempre nuovi palazzi da costruire o nuovi appartamenti da ristrutturare; il trasporto pubblico verrà quando ci sarà tempo, mentre nel frattempo si accumulano le esternazioni in libertà da parte di sindaco e assessori.

Anche dibattere le varianti urbanistiche non è molto facile. Di solito funziona così: il lunedì pomeriggio, in consiglio comunale, vengono annunciate una sfilza di nuove varianti al piano regolatore, proposte dagli uffici generalmente su richiesta del proprietario delle aree su cui bisogna intervenire. Le varianti vengono assegnate alla commissione, e spesso messe all’ordine del giorno del giovedì pomeriggio. Se va bene, il mercoledì pomeriggio ci viene mandato un PDF con una decina di slide che spiegano cosa si vuole fare; se va male, lo scopriamo sul momento il giovedì, e l’unica documentazione che abbiamo è il testo della delibera, e alle volte uno stampato dei progetti (una copia ogni tre consiglieri perché sono grosse tavole a colori).

Il giovedì, la proposta viene esposta dagli architetti e discussa; dopodiché, non di rado ci viene detto che è assolutamente urgente approvarla subito, perché le ruspe son già li pronte e il tempo è denaro, e non possiamo rallentare l’edilizia cittadina solo per le “lungaggini del consiglio comunale”. Se ci impuntiamo, ci viene concessa una settimana di riflessione; se chiediamo di avere la documentazione per discuterne con i cittadini, di solito dobbiamo insistere due o tre volte prima di ricevere in ufficio un bel CD, così comodo da condividere.

Di fatto, esistono varianti che vengono annunciate il lunedì, discusse il giovedì e riportate in consiglio comunale il lunedì dopo, dove vengono approvate definitivamente, di solito senza nemmeno leggerle (non capisco i consiglieri comunali che non fanno parte della commissione come facciano a sapere cosa stanno votando). E’ successo così, ad esempio, per la conversione in appartamenti di lusso dell’Hotel Jolly di piazza Carlo Felice angolo corso Vittorio, approvata ieri; la scusa è che quando aprirà il nuovo hotel nella Casa Gramsci di piazza Carlina (per il quale peraltro non sono nemmeno indiziati veramente i lavori) esso assorbirà il business alberghiero del Jolly (entrambi sono gestiti dal gruppo spagnolo NH). E’ un peccato che quando fu autorizzato l’hotel di piazza Carlina nessuno disse che esso avrebbe comportato la chiusura di quelli già esistenti: alla faccia di Torino città turistica. Addirittura, un emendamento dell’ultimo secondo mette nero su bianco che nella piazza c’è troppo rumore e dunque bisognerà considerare l’idea di calmare il traffico per non disturbare gli inquilini dei nuovi appartamenti…

Le magie dell’edilizia torinese non si fermano qui: ogni settimana se ne scopre qualcuna. Alcune sono frattaglie burocratiche – per esempio è necessaria una delibera di consiglio comunale per autorizzare un tizio a chiudere il suo terrazzo, una speculazione immobiliare da 27 metri quadri. Altre sono più interessanti: per esempio, con la stessa trafila lampo di una settimana si è autorizzata la Compagnia di San Paolo ad aprire gli abbaini nel tetto dell’ex edificio scolastico di piazza Bernini / via Duchessa Jolanda, permettendo un ulteriore piano di uffici – o di appartamenti, se mai l’edificio dovesse essere poi venduto. Per questo genere di operazioni la Città richiede di pagare un compenso pari al 50% dell’incremento del valore di mercato dell’edificio, tolti i costi di realizzazione; in questo caso la cifra stimata era di 5.000 euro, non proprio una grande stima, e gliel’abbiamo pure abbuonata perché poi loro finanziano ogni genere di servizio sociale e culturale in città (io comunque ho preteso un emendamento perché almeno questa cosa fosse messa per iscritto).

Un’altra variante interessante, sempre approvata in una settimana, è quella che permetterà alla società Stige di espandersi su un prato originariamente destinato a parco, che diventerà un bel capannone industriale. Ok, si tratta di un triangolo tra due stradoni, e ci hanno detto che o l’azienda si espande lì o va via da Torino, un aut aut che funziona sempre. Ma pensate che, per poter permettere all’azienda di installare nel nuovo capannone una rotativa grossa e rumorosa, abbiamo anche dovuto ridurre la fascia del silenzio attorno all’adiacente cimitero dell’Abbadia di Stura!

Dopo aver contestato la variante in commissione, ho preso la parola anche in consiglio comunale – interrompendo il pigia-pigia a ritmo da catena di montaggio con cui i consiglieri della maggioranza approvano le delibere che gli vengono sottoposte – per segnalare un problema concettuale: la sostanza è che il piano regolatore è in buona misura inutile, perché tanto, ovunque ci sia un vincolo che non va bene a chi vuole costruire, viene prontamente presentata una variante che il consiglio comunale finisce sempre per approvare. A questo punto tanto varrebbe non avere il piano regolatore…

Uno dei massimi dell’ultima settimana è stata una chicca che ho scovato nel testo della variante che permette la realizzazione di appartamenti per anziani a Porta Palazzo, un progetto che risale addirittura a dieci anni fa. In pratica, un signore che abita nel palazzo adiacente ha tempo fa aperto abusivamente una finestra nel suo bagno; la finestra ora deve essere chiusa, perché dà sulla parete che confinerà col nuovo palazzo. Nel 2007, però, lo stesso Comune ha condonato la finestra, nonostante essa fosse incompatibile col progetto già allora programmato; come risultato, adesso il Comune dovrà sborsare 30.000 euro per compensare il signore per la perdita della sua (ormai perfettamente legale) finestra. Tanto paghiamo noi…

A me piacerebbe molto poter discutere nel dettaglio le varianti urbanistiche, condividere in rete la documentazione, chiedere su ognuna il parere di chi abita in zona, ricevere i commenti di tutti. Come capite, non ce ne danno il tempo. Proporremo di cambiare le tempistiche e di prevedere forme adeguate di consultazione pubblica (dovrebbero già farlo le circoscrizioni, a cui le varianti arrivano prima che a noi… vedi in Circoscrizione 5). Nel frattempo, quel che posso invitarvi a fare è seguire la mia bacheca Facebook il giovedì pomeriggio dalle 16: se ne vedono spesso delle belle.

[tags]edilizia, urbanistica, torino, piano regolatore, consiglio comunale[/tags]

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venerdì 2 Settembre 2011, 13:23

La politica e la casa

Ultimamente odio la politica, non solo quella della casta ma anche quella di certi colleghi, per cui il problema fondamentale del momento è se Grillo faccia o meno togliere i video da Youtube o come organizzare la fronda contro il famigerato Casaleggio.

La odio perché so che i problemi veri sono altri; per esempio, dopo la vicenda dell’anziano senza casa morto in macchina a Lanzo, ora finalmente i giornali si accorgono che non è un caso isolato. A Torino – a tre isolati da casa mia, in una zona che si vanta spesso di non avere i problemi di Barriera o di Porta Palazzo – una intera famiglia, due anziani e figlia trentenne, vive in un parcheggio sotterraneo dopo lo sfratto (la storia intera è qui).

E’ la crisi che avanza; in passato, vi si è sempre fatto fronte con il blocco forzoso degli sfratti, scaricando il costo dell’assistenza sui proprietari. Ora però questo non è più possibile, perché sempre più spesso i proprietari hanno bisogno del reddito della casa per sopravvivere o per aiutare a sopravvivere i propri figli, e talvolta ne hanno bisogno perché sono loro stessi finiti in mezzo a una strada.

Rispondere è non solo possibile, ma doveroso. Nel caso della famiglia di via Lera, ad esempio, il problema è duplice: queste persone hanno un reddito, ma non riescono a mettere insieme i soldi per la caparra di un nuovo alloggio; inoltre, sono in attesa dei tempi burocratici per ottenere un assegno di invalidità.

Il Comune – invece di rispondere, come hanno fatto le assistenti sociali, che la casa non è una competenza del loro ufficio – può farsi carico di assistenza temporanea; magari non è nemmeno questione di soldi, ma di aiutare persone poco esperte a trovare e gestire l’ingresso in un nuovo alloggio. Servirebbe un ufficio che, previa la massima trasparenza, possa dare su due piedi piccoli aiuti pratici o economici a persone che si trovano all’interno di una serie di condizioni predefinite – senza casa e senza lavoro, innanzi tutto anziani, senza dipendenze e senza pendenze penali.

Resta comunque la questione di fondo: ha senso che a Torino esistano 50.000 alloggi vuoti e contemporaneamente persone che letteralmente muoiono di stenti per strada? Ovviamente no, ma domanda e offerta non si incontrano; il Comune, pur provandoci, non ha soldi per pagare affitti anche calmierati per tutti quelli che non hanno una casa (e tantomeno per costruire un numero apprezzabile di case popolari); i proprietari, in assenza di offerte di mercato, preferiscono tenere sfitte le case proprio per la paura di non riuscire più a cacciare gli inquilini, e per i nuovi quartieri c’è anche la paura di “svalutare la zona” accogliendo inquilini squattrinati.

Nel lungo periodo bisognerebbe arrivare, a livello nazionale, a una legge che permetta di recuperare forzosamente almeno gli stabili lasciati in abbandono, che già sarebbero sufficienti a tamponare l’emergenza. Nel breve, quel che si può fare è assumersi ognuno la propria responsabilità; i proprietari potrebbero arrivare ad accettare affitti stracciati in cambio di garanzie assicurative su possibili danni e legali sugli sfratti; le fondazioni bancarie potrebbero metterci dei soldi. Il Comune dovrebbe essere efficiente nell’individuare e gestire i singoli casi, nel fornire soluzioni tampone per i periodi di passaggio, nel sollecitare le altre istituzioni a fare la propria parte.

Non è che non si faccia già, ma la dimensione del problema è destinata ad esplodere; o ci attrezziamo, o finiremo presto come negli Stati Uniti, dove in molte piazze e giardini delle città ci sono più barboni che foglie per terra.

[tags]politica, casa, torino, movimento 5 stelle, sfratti, edilizia, assistenza, povertà[/tags]

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mercoledì 31 Agosto 2011, 18:37

La verità sulla situazione economica dell’Italia

Non volendo piangere, è inevitabile mettersi a ridere per le continue giravolte del governo Berlusconi in materia di manovra finanziaria. Prima volevano tassare i ricchi e tagliare i fondi ai Comuni, poi i ricchi si sono incazzati e i sindaci sono scesi in piazza e allora hanno deciso di eliminare invece il riconoscimento degli studi ai fini pensionistici, ma in due giorni si è creata una tale ondata di lamentele che si sono rimangiati pure quello. E’ chiaro che non sanno dove sbattere la testa per trovare 40 miliardi di euro, non volendo mettere mano seriamente all’unico capitolo dove ci sarebbe ancora qualcosa da tagliare – i costi della politica e delle sue clientele, sia in termini di regalie che in termini di posti di lavoro.

A ben vedere, però, è proprio il caso di mettersi a piangere; è giusto criticare il governo, ma onestamente quali alternative ci sono sul piatto? La contromanovra del PD è evanescente, ed è stata già distrutta persino sul giornale di famiglia, Repubblica, dal buon Tito Boeri; se va bene il PD recupererebbe 4 miliardi, non 40, e perdipiù a forza di nuove tasse.

Il primo passo è ovviamente quello di cacciare tutti questi cialtroni e tagliare il costo della politica; dimezzare i parlamentari, eliminare le province… fanno alcuni miliardi di euro, non di più. Rinegoziare le privatizzazioni, i sussidi e le concessioni pubbliche date a condizioni di favore, cacciare i dirigenti incompetenti e mettercene di capaci, e poi tassare i capitali evasi rimasti all’estero e lanciare una campagna contro l’evasione fiscale, fermare le grandi opere inutili, far pagare le tasse alla Chiesa, e tutte le altre cose elencate nel (più che condivisibile) post di Grillo… ok, dai, così 40 miliardi li troviamo… magari ne troviamo anche 100.

Peccato che il nostro debito pubblico sia di circa 2000 miliardi di euro; peccato che solo l’aumento degli interessi che dovremo pagare sui nostri titoli di Stato, nelle ultime aste, si sia già mangiato in pochi giorni i 40 miliardi che stiamo ammazzandoci per recuperare. Mi spiace dovervi dare una cattiva notizia, ma qui siamo messi straordinariamente male.

Io sono preoccupato non solo per la situazione, ma perché si sta diffondendo per la rete e per le strade una furiosa euforia irreale, un piano d’azione che dice “attiviamoci, occupiamo le piazze a oltranza, cacciamo tutti i politici con i forconi, poi andiamo al potere, togliamo i soldi ai ricchi che li hanno rubati, cambiamo le regole dell’economia e potremo tutti tornare allo stile di vita di vent’anni fa”. Scusatemi per la lunghezza, ma voglio proprio fare una analisi approfondita di questo piano d’azione.

Innanzi tutto, in Italia non si sono mai viste rivoluzioni di piazza che abbiano avuto successo. Al contrario, nelle situazioni di disordine c’è sempre stata una reazione dell’italiano medio che ha portato al potere regimi autoritari e corrotti; agli scioperi dei primi anni Venti è seguito il fascismo, agli anni ’70 Craxi e agli anni ’90 Berlusconi. Tutto fa pensare che quel che sta succedendo ora sia solo un altro cambio della guardia, programmato colà dove si puote e legato non solo alla nostra spesa pubblica fuori controllo, ma al tentativo di Berlusconi di smarcarsi dal guinzaglio euroatlantico e di coltivare amicizie pericolose tra Mosca e Tripoli. Ve lo dico, così state accuorti.

Comunque, supponiamo invece che l’indomito popolo italiano prenda le piazze e riesca a mandare al potere un nuovo gruppo dirigente (nuovo davvero, non il figlioccio e sodale dei maggiori esponenti italiani del club Bilderberg). Ok, adesso abbiamo 2000 miliardi di euro da pagare e che non ci fanno più credito se non ne restituiamo almeno una bella fetta, che facciamo? Niente paura, il piano dice “togliamo i soldi ai ricchi che li hanno rubati”.

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La prima opzione è fare un bel collettone – ma chi ha soldi da tirar fuori? Tassiamo i patrimoni immobiliari? In teoria gli italiani possiedono 6000 miliardi di euro in case: facciamo che ognuno di noi paga allo Stato una cifra pari al 20% del valore delle proprie case? Ok, tu che possiedi un appartamentino in città (che comunque vale, a seconda della città, dai 100 ai 300 mila euro), ereditato dai tuoi o magari comprato con un mutuo che ti stai strozzando per pagare, domani mattina mi devi versare sull’unghia 20-60 mila euro, ok? Tanto li hai lì, no? No?

Ok, la facciamo pagare solo ai ricchi, però – in un paese in cui quasi tutti possiedono almeno una casa se non due – a questo punto l’aliquota sui ricchi deve salire al… 90%? Facciamo che requisire le ville ai ricchi? E anche se lo facessimo, poi dobbiamo trasformarle in soldi… chi le compra, e quanto riusciremmo veramente a realizzare, in un mercato immobiliare già saturo e improvvisamente inondato di case?

Va bene, realisticamente dalle case non si può tirar fuori che qualche decina di miliardi una tantum; allora tassiamo i conti in banca… ops, il totale dei depositi bancari in Italia è solo di 750 miliardi di euro, nemmeno azzerandoli tutti ripagheremmo il debito; e poi, per via del meccanismo della riserva frazionaria, le banche mica hanno lì 750 miliardi pronti da dare allo Stato.

Gli italiani dispongono se mai di un significativo patrimonio mobiliare in titoli, ma è investito soprattutto in… ops, titoli di Stato? Magari titoli di Stato di paesi messi poco meglio di noi o magari anche peggio? E anche qui, per poter chiedere agli italiani una fetta di questi soldi bisogna che prima gli italiani li vendano, e quanto riuscirebbero a incassare in una situazione del genere, costretti a svenderli di corsa ad investitori stranieri?

Incidentalmente, in tutto questo c’è comunque un assunto che disturba, cioè che non ci debbano essere remore nel tassare pesantemente i grandi patrimoni perché tanto “li hanno sicuramente rubati”. E’ ovvio che in una situazione di crisi la tassazione debba essere progressiva, colpendo di più chi non ha problemi ad arrivare a fine mese, ma l’Italia è piena di persone che si sono arricchite onestamente col proprio lavoro, spesso dando anche lavoro agli altri. Uno di questi peraltro è Beppe Grillo, dunque se pensate che tutti i ricchi siano ladri forse avete sbagliato movimento.

A questo punto è chiaro che non è realisticamente possibile per noi ripagare il nostro debito. Veniamo dunque alle maniere forti, ovvero “cambiamo le regole dell’economia”: una combinazione di 1) non ripagare i debiti e 2) ripudiare in tutto o in parte le regole dell’economia occidentale.

Un buon modo per non ripagare i debiti è farli pagare agli altri, ad esempio facendoci sovvenzionare da tedeschi e francesi (o dal Fondo Monetario Internazionale) o trasformando il nostro debito in Eurobond garantiti da loro, contando sul ricatto di “se no falliamo e vi va ancora peggio”, o rinegoziando il credito verso di loro, stile Argentina. Può darsi che funzioni, ma scordatevi che Merkel e soci lo facciano col sorriso sulle labbra e senza chiedere niente in cambio. Chiederanno appunto tutte quelle misure per cui critichiamo Berlusconi: licenziamento di dipendenti pubblici, taglio alle pensioni passate e future, chiusura di servizi pubblici. D’altra parte, se a voi chiedessero di tirar fuori 500 euro per permettere a greci o portoghesi di continuare a vivere a debito, cosa rispondereste?

Un altro modo per non ripagare i debiti è fallire e basta, dire ai creditori “sai che c’è? non ti pago” – magari pure in modo selettivo, cioè prima ripago i cittadini italiani che avevano in mano i miei BOT, e poi se avanza qualcosa per banche e governi stranieri vediamo. In questo si inserisce il filone “nazionalizziamo le banche e non paghiamo i debiti esteri come ha fatto l’Islanda”, che francamente continuo a non capire.

L’Islanda non ha certo nazionalizzato le banche perché vuole passare ad una economia socialista in stile Venezuela, ma perché l’alternativa era che fallissero portandosi con se i risparmi di tutta la nazione. Non c’è niente di sovversivo in questo: l’ha fatto pure, anche se parzialmente, Obama con Bank of America (la più grande banca americana). Anche la maggior parte delle banche italiane sono in rosso: nazionalizzare queste banche vorrebbe dire accollarsi altri debiti, non certo arricchirsi.

L’altro punto, però, è che l’Islanda non ha pagato i debiti esteri DELLE BANCHE, non i propri. E a buon diritto: ha detto ai creditori stranieri “voi avete investito in una azienda privata che è andata gambe all’aria e come è normale avete perso il vostro investimento, ci spiace ma il rischio d’impresa era vostro”. L’Islanda oltretutto non è né dentro l’Euro né dentro l’Unione Europea, quindi non è nemmeno soggetta alle garanzie del mercato unico intra-europeo; infine, l’Islanda è duecento volte più piccola dell’Italia e dunque le cifre in gioco erano relativamente irrisorie (4 miliardi di euro in tutto). Per questo motivo alla fine l’Islanda ne è uscita relativamente bene… ma il debito pubblico dello Stato italiano è cosa molto diversa.

Io penso che in una situazione del genere ci troveremmo gli aerei della NATO in casa, ma se anche così non fosse, il minimo è un embargo commerciale, che per un paese che vorrebbe vivere di turismo ed esportazioni è il bacio della morte; e poi, ovviamente, saremmo buttati fuori dall’Unione Europea e dall’Euro. Questo, per alcuni, fa parte del piano: ci liberiamo dell’Euro, così riconquistiamo la nostra “sovranità monetaria” e possiamo fare come abbiamo sempre fatto fino a vent’anni fa, cioè stampare moneta per continuare a pagare stipendi e pensioni, e svalutare la nostra valuta per migliorare la nostra competitività. Sai che boom nelle esportazioni, finalmente avremmo la ripresa!

Permettetemi di avere qualche dubbio anche su questo: una ipotetica “pizza de fango de Roma”, come sarebbe la nostra nuova valuta, varrebbe poco e continuerebbe a valere ancora meno man mano che il governo la svaluta o ne stampa per far fronte ai propri impegni, con il serio rischio di una iperinflazione stile Zimbabwe o Germania di Weimar. Tutti quelli che vivono dei risparmi o delle pensioni del nonno sarebbero velocemente in mezzo a una strada.

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Inoltre, l’Italia è tanto un bel Paese ma è praticamente privo di risorse naturali. Il gas che ci serve per scaldarci, il petrolio che ci serve per produrre la nostra elettricità, per spostarci e per non trovare gli scaffali dei supermercati vuoti, devono essere comprati all’estero – in dollari o in euro. Più la pizza de fango si svaluta, più i prezzi di tutto aumenteranno, a maggior ragione se ci siamo fatti troppi nemici in giro per il pianeta. Perché vedete, Chavez può fare il cacchio che gli pare perché ha il petrolio pure nella tazza del cesso… noi no.

A questo punto, comunque, potremmo riuscire a sopravvivere, come sopravvisse l’Italia del periodo autarchico fascista. Per esempio, potremmo completare l’opera e nazionalizzare le aziende straniere; saremo poveri ma saremo liberi e giusti, bloccando le delocalizzazioni e gestendo quel po’ che c’è nell’interesse di tutti e senza più essere costretti a tagliare i servizi sociali o ad allungare l’età pensionabile solo per ripagare i banchieri della City… no?

Ecco, tutto quello che avete letto finora in realtà dimenticatelo, sono problemi minori. Perché anche se potessimo ricominciare domani mattina da capo, senza debiti e senza sfruttatori, resterebbe una piccola questione da risolvere – quella che ci ha portato fin qui. Basta andare sul sito Istat, sezione “Lavoro”, per scoprire che in Italia ci sono circa 60 milioni di residenti, in parte stranieri, ma solo 23 milioni di occupati, di cui 18 milioni di lavoratori privati, in buona parte ormai precari e sfruttati. Questi 18 milioni producono la ricchezza che mantiene non solo gli odiati padroni, ma anche tutti gli altri, e cioé: 5 milioni di dipendenti pubblici, che svolgono lavori spesso fondamentali (talvolta no) ma istituzionalmente in perdita; 7 milioni tra bambini, ragazzi e studenti universitari; 2 milioni di disoccupati “ufficiali”; 12 milioni di inattivi per altro motivo, ovvero disoccupati “non ufficiali” e casalinghe; e 17 milioni di pensionati, di cui 5 con meno di 65 anni di età. Il nostro tasso di occupazione è insomma il più basso dell’UE a parte Malta e Ungheria, e si aggiunge a uno Stato sprecone e spendaccione come nessuno.

Per questo, quando io sento che la luminosa via della rivoluzione di piazza prossima ventura permetterà non solo di mantenere tutte le attuali prerogative, ma anche di aggiungerne di nuove – ad esempio il tanto evocato “reddito di cittadinanza”, perché è giusto che chi non lavora abbia comunque dei soldi dalla collettività per mantenersi – ecco, mi vengono i brividi. Chi ve lo dice, o è ingenuo e non ha fatto i conti (se ha dei conti è pregato di tirarli fuori, magari mi convince), o vi sta prendendo per il culo, magari perché agitare la folla fa sempre bene alla propria immagine pubblica.

Una economia che parte su queste basi, evasione o no, corruzione o no, non può che generare istituzionalmente debito, e non reggersi in piedi (se non in particolari periodi . E dunque non se ne esce, prima o poi il problema di tagliare le pensioni, il pubblico impiego e in generale la spesa pubblica va affrontato, senza diritti acquisiti per nessuno, così come quello di far sì che gli italiani lavorino tutti e di più; per questo ho molto apprezzato che Grillo, anche se molti hanno fatto finta di non sentire, l’abbia detto chiaramente.

Questo vuol dire che l’economia internazionale va bene così, e che dobbiamo cavarci il sangue e buttarci tra le braccia del Fondo Monetario Internazionale? Assolutamente no, anzi più riusciamo a tener lontana quella gente meglio è. Vuol dire però che dobbiamo essere realistici, e che nessuno potrà chiamarsi fuori dai sacrifici che andranno fatti; potremo pretendere equità e solidarietà – e per averle è necessario cacciare l’attuale classe politica – ma non potremo dire “noi la crisi non la paghiamo”… anche perché abbiamo goduto tutti di trent’anni di società drogata dal debito, e se abbiamo permesso, col voto e con l’acquiescenza, che alcune parti della società ne godessero molto più di altre, è anche colpa nostra.

Cosa succederà veramente non lo sa nessuno; magari una crisi globale ci grazierà, assorbendo anche la nostra; magari l’Italia si spaccherà, il Nord nell’Euro e il resto nel fango; magari, dopotutto, la via dell’autarchia sarà l’unica possibile; sono convinto che ci sarà da soffrire ma che sarà anche una chance storica per costruire un’Italia stabilmente migliore. Per il momento, io vorrei soltanto pregarvi di non ridere troppo di Berlusconi, perché comunque neanche Superman saprebbe come ripagare il debito pubblico italiano; e perché presto, a sbattere la testa al posto di Berlusconi, ci saremo tutti noi.

[tags]manovra, economia, debito, berlusconi, grillo, finanza, bilderberg, signoraggio, moneta, euro, tasse[/tags]

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mercoledì 24 Agosto 2011, 18:20

Tutti a Roma il 10 settembre

È stato un agosto caldo, e confidando nelle vacanze (ignorando il fatto che pochi ormai se le possono permettere) la casta ha provveduto all’ennesimo giro di aumenti, tasse e vessazioni varie. Un po’ tutta Italia, almeno a parole, ne ha le scatole piene e dunque si moltiplicano gli appelli a riempire le piazze con cori di vibrante protesta.

Per renderla un po’ meno generica e un po’ più indirizzata a risultati concreti, il Movimento 5 Stelle organizza una manifestazione nazionale a Roma davanti al Parlamento, sabato 10 settembre alle ore 10, con una richiesta precisa: la discussione e l’approvazione della proposta di legge popolare Parlamento Pulito, che giace nei cassetti delle istituzioni sin dai tempi dei VDay, e che prevede il bando dei pregiudicati dal Parlamento e la reintroduzione della preferenza alle elezioni politiche, di modo che noi elettori possiamo fare un po’ di scrematura al prossimo giro.

Io e Chiara ovviamente ci saremo, e molti ci hanno chiesto come partecipare: per questo vi presento alcune delle opzioni disponibili.

I nostri colleghi dello staff regionale stanno organizzando per tutto il Piemonte due opzioni collettive: pullman e treno. Il viaggio di andata partirà venerdì sera per arrivare sabato mattina, mentre il ritorno sarà domenica sera/notte; il costo, in entrambi i casi, dovrebbe essere sui 60 euro. Per maggiori informazioni potete scrivere alla mail 10settembre@piemonte5stelle.it oppure telefonare allo 011/5757880.

Su Facebook è stata aperta una pagina per coordinare il car pooling, ovvero mettersi d’accordo per andare insieme in macchina: la trovate a questo indirizzo.

Infine, per chi avesse l’esigenza di partire o ritornare in giornata, esistono varie opzioni individuali a prezzi ancora abbastanza abbordabili (attorno ai 100 euro andata e ritorno). Segnalo il volo Torino-Roma della compagnia low cost Blu Express, che partendo alle 7 di sabato mattina permette di arrivare in tempo nel centro della capitale; occhio però che il prezzo sta salendo rapidamente (nel dubbio, controllate anche il prezzo di Alitalia). Al ritorno ci sono sia aerei che treni, a metà-fine pomeriggio; se volete usare il Frecciarotta, dopo aver selezionato il treno, cercate la tariffa Mini oppure sottoscrivete la Cartafreccia che vi dà diritto a tariffe ulteriormente scontate (se poi i dati che regalate a Trenitalia per sottoscriverla non sono precisi non è colpa di nessuno, succede a tutti di digitare male).

Comunque, molte persone si fermeranno anche domenica per ribadire il messaggio al mondo politico (nonostante il fatto che in Parlamento comunque nel weekend non c’è nessuno); potete portarvi la tenda e provare a pernottare in piazza (per sicurezza portatevi anche i soliti limoni) oppure sistemarvi in questo albergo consigliato dal Movimento di Roma… oppure prendete un sito di prenotazioni alberghiere e cercate una sistemazione che vi soddisfi.

In ogni caso, ci sarà da divertirsi – naturalmente, a meno che non intendiate continuare a chinare la testa all’infinito. Ci vediamo là…

[tags]manifestazione, movimento 5 stelle, roma, beppe grillo, parlamento, parlamento pulito[/tags]

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lunedì 25 Luglio 2011, 18:12

Terremoto in Sala Rossa

E così, la stagione consiliare è finita in anticipo di un paio d’ore, e non è stata colpa del terremoto ma dell’aria di vacanza che serpeggiava nella coalizione di Fassino. A rimetterci di più sono stati i lavoratori di Loquendo, che aspettavano la votazione di un ordine del giorno di solidarietà contro la vendita della loro azienda a un concorrente, firmato sia da quattro consiglieri del PD (che l’hanno stilato) che da noi (e non so se si sia ancora aggiunto qualcuno); non avrebbe cambiato nulla in sostanza, ma sarebbe stato almeno un segno di interesse e partecipazione.

Per prendere una decisione in consiglio comunale, però, bisogna che siano presenti 21 consiglieri su 41 (il quarantunesimo è il sindaco), e questo onere spetta alla maggioranza; le opposizioni (noi compresi) in generale – salvo su delibere per cui abbiano specifici motivi per mettere a verbale un sì o un no – non partecipano al voto, il che equivale all’astensione ma non contribuisce al numero legale. La maggioranza conta 25 consiglieri, ma due o tre erano già andati in vacanza con una settimana d’anticipo: dunque per tutta la seduta oggi si è assistito alle comiche, con il capogruppo PD Lo Russo sempre al cellulare per richiamare in aula i consiglieri missing in action e arrivare a 21, e vari consiglieri che arrivavano trafelati a schiacciare il pulsante un attimo prima della scadenza.

In aula, difatti, mica tutti stanno fermi al loro posto come noi; molti votano e poi vanno in giro, a chiacchierare, a lavorare in ufficio, a prendere un caffé, a incontrare qualcuno. All’inizio la maggioranza era presente con 22 voti, poi giusta giusta con 21; e peraltro cominciavo ad avere qualche dubbio, visto che io contavo i presenti sui banchi della maggioranza e ne trovavo 15 o 16, ma i voti da quel settore erano sempre 18 o 19. Mi hanno giurato che i consiglieri mancanti continuavano a entrare, votare e andare via, sfruttando il fatto che ogni votazione viene mantenuta aperta per 90-120 secondi.

A un certo punto, però, la situazione è degenerata: il conteggio ha dato 20 votanti, sotto il minimo necessario. In questo caso il regolamento prevede una chance di salvezza: quella di rifare l’appello. Chiama e richiama, all’appello erano in 21 e si è ripartiti, ma per poco. Un paio di votazioni dopo, ennesima agitazione nella maggioranza ed ennesima corsa ai cellulari. La sala scoppia in una risata quando Lo Russo chiama il cellulare del sindaco per richiamarlo al voto, e il cellulare squilla… sul banco del sindaco, desolatamente vuoto mentre Fassino è andato chissà dove. E’ l’inizio della fine: sull’ennesima votazione di urbanistica, al conteggio i presenti della maggioranza risultano addirittura 19, due in meno del necessario. Alla seconda volta di fila non c’è appello: seduta chiusa e tutti a casa in anticipo, rimandando a dopo le vacanze il resto dell’ordine del giorno, tra cui la faccenda Loquendo.

Ora ci tengo a precisare una cosa: noi, come tutte le opposizioni, avremmo potuto salvare la situazione semplicemente partecipando alle votazioni, anche votando no ma permettendo il passaggio delle delibere con il numero legale (questo fin che loro erano in 19, fossero poi diventati 18 noi due non saremmo comunque bastati). Se la maggioranza fosse venuto a chiedercelo per favore, per far passare l’ordine del giorno su Loquendo, l’avremmo ovviamente fatto con piacere: anche perché, come avete capito, noi semplicemente guardando le persone in aula non siamo in grado di capire se sta per mancare il numero legale oppure no. Ma nessuno ce l’ha chiesto; sono affondati due volte da soli.

Mi spiace dunque per la situazione di Loquendo, però aggiungo una cosa: ironicamente, un paio di settimane fa, su suggerimento di un nostro simpatizzante che lavora lì, stavo per presentare io una interpellanza o un ordine del giorno, ma ero stato fermato all’ultimo momento da una gentile richiesta di un loro sindacalista, che mi disse che era già in contatto con il PD e preferiva agire tramite loro, che essendo maggioranza potevano ovviamente garantire il risultato. S’è visto…

[tags]movimento 5 stelle, comune, torino, fassino, consiglio comunale, loquendo[/tags]

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sabato 23 Luglio 2011, 12:38

La schizofrenia dei compensi dei politici

Questa mattina ho avuto tempo di mettermi ad aggiornare il sito del Movimento 5 Stelle Torino, rivedendo un po’ l’home page; e ho potuto inaugurare la sezione destinata alla trasparenza, in cui troverete le informazioni per scrutinare il nostro operato.

Vorrei delucidarvi in breve sulla questione relativa alle nostre presenze e ai conseguenti gettoni di presenza, che – come già spiegato – determinano il nostro stipendio; perché non è così semplice come sembra.

Se confrontate le nostre buste paga con l’elenco delle nostre presenze (potete estrarlo anche voi da questa pagina), noterete che le presenze effettive sono superiori a quelle elencate nelle buste paga. Questo accade perché non tutte le riunioni sono retribuite; in particolare, non sono retribuite le riunioni della conferenza dei capigruppo, che cubano tranquillamente sei-otto ore a settimana, e che – a parte le prime due di giugno, prima della costituzione formale del gruppo consiliare – riguardano solo il capogruppo cioé io.

Inoltre, non sono retribuite le occasioni in cui, per nostro interesse, partecipiamo a una riunione di una commissione di cui non facciamo parte; per esempio, io qualche giorno fa ho partecipato alla riunione di prima commissione a cui si parlava di innovazione e agenda digitale, e per quella non sarò retribuito.

Sono invece retribuite le riunioni in cui ci facciamo sostituire formalmente; mentre in consiglio comunale non sono ammesse deleghe e dunque dobbiamo essere sempre presenti entrambi, io e Chiara possiamo gestirci i nostri impegni in commissione sostituendoci tra noi in caso di necessità.

Ricordo infine che esiste comunque un tetto massimo di tre riunioni retribuite al giorno e di 19 riunioni retribuite al mese, che tipicamente noi raggiungiamo già dopo le prime due o tre settimane. Tutto il resto diventa automaticamente non retribuito (potete capire quali sono le riunioni retribuite, a fine mese, guardando quelle che nell’elenco del Comune riportano la lettera L).

Alla fine, questo sistema porta a risultati abbastanza schizofrenici, a meno che non si raggiunga il tetto massimo e finito lì. Vi potreste chiedere ad esempio come mai Chiara a giugno ha guadagnato 604,25 euro lordi, e io invece solo 483,40. Vuol dire che Vittorio ha lavorato di meno? In realtà, se prendete le presenze, scoprirete che per certi versi io ho lavorato di più, partecipando a due conferenze capigruppo durate una tre ore e l’altra due ore e mezza.

Tuttavia, quelle non sono riunioni retribuite, mentre sono retribuite le riunioni iniziali delle commissioni, convocate per l’elezione del presidente; sono riunioni di dieci minuti, anche se sul verbale risultano di 30-45 minuti perché viene riportata l’ora di fine effettiva, ma l’ora di inizio teorica come da convocazione. La logica di questa scelta è che chi è puntuale è comunque lì da quell’ora, anche se la riunione inizia spesso con 20-25 minuti di ritardo. In pratica, io arrivo sempre alle commissioni con dieci minuti di ritardo, correndo e pensando che mi stiano aspettando, e trovo praticamente sempre la sala semivuota, con un paio di persone al massimo.

Dunque, le otto commissioni hanno fatto la loro prima riunione tra fine giugno e inizio luglio; il caso ha voluto che delle quattro di Chiara ne venissero convocate tre il 30/6 e una il 4/7, mentre le mie sono state divise due e due. Per questo motivo, a giugno Chiara ha una riunione retribuita in più di me, e dunque guadagna 120 euro (un gettone) in più di me. Poco male direte voi, Vittorio recupererà a luglio? No, perché a luglio comunque supereremo entrambi il tetto di 19 sedute, e dunque la seduta in più non sarà retribuita.

Non mi strappo i capelli per 120 euro, ma vi ho fatto questo raccontino per farvi capire la totale schizofrenia in una materia che a noi sta molto cara, quella della corretta compensazione dei politici per le loro attività. Peraltro, oltre alle sedute, noi dobbiamo dedicare una grande quantità di tempo (che nessuno può misurare o controllare) a tutto il resto, cioè a studiare le questioni, documentarci, scrivere e protocollare mozioni e interpellanze, partecipare a riunioni e incontri con cittadini e comitati, e raccontarvi le cose su Internet. Per certi versi sarebbe più corretto avere uno stipendio fisso, ma per altri, visto che comunque ci sono consiglieri che lavorano decisamente meno di noi, un compenso legato all’effettivo impegno è necessario.

D’altra parte anche il conteggio delle presenze è bugiardo, dato che un consiglio comunale di sei ore con decine di questioni e una commissione di mezz’ora di chiacchiericcio (in qualche caso ottenuta spezzando in tre sedute un argomento da un’ora e mezza, moltiplicando i gettoni) sono retribuiti allo stesso modo; e dato che basta farsi vedere in commissione per risultare presenti per tutta la sua durata, anche se magari si va via dopo dieci minuti.

Noi abbiamo presentato una mozione per introdurre la doppia firma e controllare almeno che le persone stiano alle commissioni per tutta la loro durata o quasi, visto appunto che alcuni vengono, ascoltano la prima mezz’ora e vanno via. D’altra parte mi è già capitato un paio di volte di avere due commissioni in contemporanea, dunque mi vedrete risultare assente per forza… Insomma, la questione non è così facile da affrontare come sembra!

[tags]politica, stipendi, casta, movimento 5 stelle, comune, torino[/tags]

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venerdì 22 Luglio 2011, 21:50

Un errore aumentare il prezzo della benzina

Ho scoperto ora dai giornali che i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle hanno votato a favore di una imposta addizionale regionale sulla benzina di 2,5 centesimi al litro, insieme alla maggioranza di centrodestra, mentre il centrosinistra ha votato contro.

Naturalmente rispetto le loro scelte; nel Movimento ogni eletto è indipendente dagli altri e le uniche persone che deve consultare prima di agire sono i cittadini che lo hanno votato. Allo stesso tempo vorrei dire che non sono d’accordo.

Indubbiamente siamo in un momento di difficoltà finanziarie (che peraltro non diminuiranno facilmente) e capisco che tassare la benzina offra una facile scappatoia per tappare i buchi di bilancio. Tuttavia, la benzina è una delle principali voci di spesa delle famiglie italiane, e in questo momento – in cui già il carburante subisce il classico rincaro estivo – molte di loro non possono permettersi altri aumenti.

Avrei ancora potuto capire se la tassazione facesse parte di un progetto organico relativo ai trasporti, per esempio tassare la benzina per reinvestire gli utili in servizi pubblici migliori. Ma qui, stando a ciò che leggo, si tratta semplicemente di usare la benzina come bancomat per reperire soldi per attività comunque importanti, ma che non c’entrano niente (nello specifico, risarcire i danni delle frane). E se si comincia con questo, poi non si finisce più: si può continuare ad aggiungere sovrattasse sulla benzina per qualsiasi ragione.

Soprattutto, in un Movimento che si vuole basare sulla democrazia dal basso, credo che una posizione su una materia così sentita vada costruita discutendone con i cittadini. Anche il Comune dovrà trovarsi a prendere decisioni impopolari, probabilmente scegliendo se aumentare il biglietto del pullman o la sosta a pagamento (ne parlavamo giusto mercoledì in uno dei tanti thread che scaturiscono dal mio racconto delle commissioni su Facebook). Se sacrificio deve essere, sarebbe bello che fossero i nostri elettori a decidere cosa sacrificare.

[tags]tasse, benzina, movimento 5 stelle[/tags]

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