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Archivio per la categoria 'StillLife'


martedì 10 Novembre 2015, 11:46

Perché non mi ricandido

Domenica è stata una giornata importante; vi è stato l’annuncio della candidatura di Appendino a sindaco per il M5S, e il mio annuncio di lasciare la politica attiva a fine mandato. Ho cercato di fare il mio annuncio in maniera trasparente all’inizio della campagna, limitando al minimo la polemica e accompagnandolo a frasi positive; eppure, un gruppo di attivisti è apparso in massa sul mio profilo per accusarmi pubblicamente di essere un bugiardo e di non aver riportato correttamente le ragioni e le modalità della scelta, il che poi ha provocato le telefonate dei giornalisti per chiedere “scusi ma lei è un bugiardo?” e le conseguenti polemiche anche sulla stampa, che potevano tranquillamente essere evitate se mi avessero risposto semplicemente “grazie e arrivederci”.

Comunque, visto che non sono un bugiardo e visto che ho ricevuto molte domande sul perché e per come delle mie scelte, ho scritto questo post per spiegare tutto per bene a chi fosse interessato, sperando che sia l’ultimo e che si possa poi voltare pagina.

Premetto che credo di essere stato un buon consigliere comunale; tutto è sempre migliorabile, specie col senno di poi, ma in questi anni ho presentato centinaia di atti, ho affrontato in modo costruttivo i piccoli e grandi problemi di tanti cittadini e comitati, e sono il consigliere comunale più presente di tutta la Sala Rossa, sia dall’inizio del mandato che nell’anno 2015 (vedi i dati sulle presenze qui sotto e anche la mia relazione di metà mandato).

C’è tuttavia una parte del Movimento 5 Stelle di Torino che non condivide questo giudizio; non starebbe a me dirlo e chi vuole potrà spiegarlo meglio, ma le critiche che mi vengono fatte sono tipicamente queste:
1. essere poco aggressivo nei miei interventi, urlare troppo poco in aula, lavorare troppo sull’attività istituzionale e troppo poco a trovare e montare scandali per attaccare Fassino;
2. essere troppo poco allineato al partito, raccontare in rete troppo delle nostre discussioni interne, criticare troppo spesso in pubblico i parlamentari e le scelte del Movimento;
3. essere troppo poco “progressista”, aver preso posizioni troppo “conservatrici” su temi come la chiusura dei CIE, la concessione della residenza ai profughi, le occupazioni e così via.

Io ritengo queste critiche immotivate e in buona parte anche non coerenti con quello che voleva essere il Movimento 5 Stelle almeno alle origini, con il “nè di destra nè di sinistra” e con le promesse di trasparenza e partecipazione; e penso che un giudizio sul mio mandato dovrebbe essere espresso dai cittadini e non solo dal partito.

Eppure, per questa situazione, negli ultimi due anni ho portato avanti il mio mandato abbastanza da separato in casa, con periodi più o meno tesi ma certamente senza grande serenità e con ripercussioni anche sulla vita personale. Più volte sono state chieste le mie dimissioni anche da parte di altri eletti, ho subito un tentativo di cacciarmi dalla carica di capogruppo e sostituirmi con Appendino (finito nel nulla quando chiesi di renderlo pubblico e di votare sul portale), un processo politico a livello provinciale con successivo provvedimento disciplinare, persino una mezza aggressione in piazza da parte di un attivista un po’ agitato.

Nonostante questo, io non ho mai voluto abbandonare il M5S e dimettermi, perché credo che l’unità sia un requisito fondamentale per scalzare il sistema, e che per essa sia necessario accettare anche le penalizzazioni personali; non ho nemmeno mai reso pubbliche molte delle cose che ho subito.

Siamo così giunti alla nuova campagna elettorale e in particolare alla scadenza fissata per proporsi come candidato sindaco, il 4 novembre; in una situazione peraltro un po’ strana, visto che la candidatura di Appendino a sindaco era già stata ufficializzata a livello nazionale in un articolo del Fatto Quotidiano del 28 ottobre. Come capogruppo uscente e ex candidato sindaco sarei comunque stato il candidato più ovvio, come è stato per Bono in Regione, ma mi sono reso conto da solo e da molto tempo che la mia candidatura avrebbe spaccato il movimento, portando a una votazione da cui, qualunque fosse stato l’esito, il movimento sarebbe uscito diviso.

Per questo motivo, io ho deciso di fare un passo indietro, di non presentarmi alle selezioni interne e di sostenere Appendino come candidato sindaco, non solo per le sue capacità e il suo appeal mediatico, ma perché riscuote il massimo gradimento interno anche a livello regionale e nazionale. L’ho detto anche pubblicamente già dalla scorsa estate, quando i giornalisti hanno cominciato a chiedermelo, pur non rinunciando a criticare una evidente deriva a sinistra che non condivido.

Ho deciso anche di non ricandidarmi a consigliere comunale, anche se penso che sarei rieletto senza problemi, per diversi motivi: sia perché dopo cinque anni non ho voglia e motivazioni per rifare la stessa cosa per altri cinque, sia per non incollarmi alla poltrona e lasciare ad altri la possibilità di fare la stessa esperienza (comunque bellissima) che ho fatto io, sia perché non me lo posso permettere dal punto di vista lavorativo; per fare seriamente il consigliere comunale ho lasciato il mio lavoro, accettando di guadagnare la metà di prima e di rimanere con cinque anni di buco per la pensione; questi sacrifici non sono sostenibili per altri cinque anni, e inoltre, se già sarà difficile rientrare nel mondo del lavoro adesso a 41 anni, non oso immaginare come sarebbe a 46.

Mi rendo però conto di essere comunque, per il nostro elettorato e per tutti i cittadini e i gruppi che hanno lavorato con me in questi anni, una figura di riferimento importante per la credibilità del Movimento 5 Stelle. La difficoltà della nostra proposta per le elezioni comunali sarà convincere i torinesi di essere davvero in grado di amministrare bene una città di un milione di abitanti con un sacco di problemi, e mi sembra più difficile farlo senza avere a bordo le uniche due persone che hanno idea di prima mano di come funziona il Comune di Torino, ossia io e Appendino.

Per questo motivo, nell’annunciare in riunione la mia rinuncia alla candidatura a sindaco, ho fatto un’altra proposta. Credo che sarebbe stata la cosa migliore per il Movimento, per dimostrare unità e rassicurare tutte le anime del nostro elettorato, presentare da subito oltre al candidato sindaco Appendino anche Bertola come futuro vicesindaco, mettendo da parte tutti gli screzi del passato, dimostrando unità e lavorando insieme in squadra per conquistare Torino. Per me sarebbe stata una opportunità stimolante per mettere a frutto le mie capacità e l’esperienza di questi cinque anni, e motivarmi a fare un secondo mandato in politica prima di tornare alla vita normale.

Credevo che si trattasse di una proposta ovvia, ragionevole e fatta nell’interesse del Movimento e mi aspettavo che potesse avere il consenso di tutti. Purtroppo, la proposta è stata invece respinta; dopo una lunga e tesa discussione in cui è stato detto un po’ di tutto, tra persone che mi hanno difeso a spada tratta, altre che volevano apertamente scaricarmi e mi hanno accusato di “poltronismo”, e molte che comunque mi stimano ma volevano evitare lo scontro, l’assemblea ha deciso a grande maggioranza di non decidere e di rimandare la questione a dopo le elezioni.

La stessa Appendino non ha speso alcuna parola a sostegno della mia proposta, anzi ha spiegato di avere altre idee in merito alle nomine di vicesindaco e assessori, da fare comunque dopo il voto; e molti dei suoi sostenitori hanno ribadito che tali nomine saranno comunque di sua esclusiva pertinenza e basate sulla sua fiducia personale. Per cui, magari dopo le elezioni io potrei essere nominato vicesindaco o assessore o consigliere d’amministrazione o chissà che altro, ma il mio problema non è mai stato quello di avere garantita una nomina, quanto piuttosto quello di capire che tipo di progetto politico si volesse presentare e se il Movimento, dopo anni di critiche nei miei confronti, avesse ancora sufficiente fiducia in me, una fiducia di cui il peso di una eventuale nomina è il simbolo e non lo scopo.

Essendo stata bocciata l’idea di un progetto politico di squadra, in cui fossero rappresentate sia l’anima di sinistra che quella populista del Movimento, per presentare invece un progetto tutto centrato sulla persona del candidato sindaco e disegnato per guardare da una parte sola, e avendo ricevuto in assemblea attacchi personali pesanti proprio da persone molto vicine ad Appendino senza essere stato difeso, e nessun atto concreto di stima ma un “lavora e dopo le elezioni valuteremo il tuo curriculum”, non posso che prendere atto di una situazione insostenibile e fare l’ultimo favore che posso al Movimento, ovvero chiamarmi fuori da subito lasciando Appendino libera di farsi la sua campagna elettorale senza che le chiedano ogni cinque minuti cosa farà Vittorio Bertola, e senza che la mia nota antipatia per le occupazioni e l’immigrazione incontrollata pregiudichi il suo dialogo con certi ambienti della città.

Declino anche, pur ringraziando, la proposta fattami da diversi attivisti in questi giorni, cioè quella di candidarmi a consigliere anche se non lo voglio fare, per poi dimettermi subito dopo il voto per fare qualcos’altro se vinciamo o per lasciare la politica se perdiamo: mi sembra una presa in giro verso gli elettori.

In fin dei conti, io sono un cittadino in servizio civile temporaneo che ha creduto nel progetto originario di Grillo, quello (per chi se lo ricorda ancora) del “dipendente dei cittadini a tempo determinato”; non ho mai pensato di fare politica per tutta la vita. Mi appresto pertanto a ritornare un semplice attivista; finirò gli ultimi mesi di mandato e continuerò a contribuire al buon andamento di questa campagna, pur difendendo la mia visione delle cose e non condividendo l’impostazione politica di fondo. Nel frattempo, comincio a ragionare sulle mie opportunità lavorative a partire dalla prossima primavera (si accettano proposte).

In conclusione, vorrei ringraziare quegli attivisti che in assemblea, pur di fronte a un ambiente in parte ostile che comprendeva anche consiglieri regionali e parlamentari, non hanno avuto paura di dichiarare il loro sostegno per la mia proposta.

E poi, vorrei ringraziare di cuore ancora una volta tutti i cittadini che mi hanno seguito, sostenuto e incoraggiato in questa avventura politica. Senza di voi, avrei probabilmente già lasciato molto tempo fa. Molte delle emozioni che mi avete fatto vivere resteranno indelebilmente nella mia memoria e nel mio cuore, e spero di avere ancora l’opportunità di servire il bene comune, i cittadini e l’Italia, in altre forme e in altri modi nel futuro.

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lunedì 31 Agosto 2015, 18:20

Un’offerta al supermercato

Oggi sono andato a fare la spesa al supermercato.

Ho visto un articolo evidenziato in rosso come grande offerta: 1,99€ invece di 2,89€, -31%. Come farselo sfuggire? Ne ho presi due. Poi arrivo alla cassa, pago il totale, per scrupolo guardo lo scontrino e… niente sconto.

Segnalo la cosa alla cassiera, che mi guarda con sufficienza e dichiara che il prezzo è quello che scrive la cassa, si gira e si rimette a passare i clienti successivi.

Allora io resto lì con la spesa mentre la mia compagna torna dentro e fa la foto al prezzo sullo scaffale. Con la foto in mano, riapprocciamo la cassiera, che a quel punto chiama un conciliabolo di supervisori e cassiere, dicendo con aria scocciata: “sostengono che su quello c’era uno sconto”.

L’altra cassiera fa: “si vede che lo sconto finiva ieri e non abbiamo ancora tolto i cartelli, il prezzo è quello sullo scontrino”. Dobbiamo averla guardata male in due, perché poi aggiunge: “ma voi lo volevate al prezzo esposto?” Ovviamente abbiamo risposto di sì, e difatti è finita così: ci hanno ridato in mano 1,80€ di differenza.

Perché, vedete, anche per legge il prezzo esposto (e non quello memorizzato nelle casse) è quello vincolante, anche se fosse sbagliato, a meno che l’errore non sia talmente evidente da essere immediatamente riconoscibile da chiunque (per esempio, se ci fosse un cellulare da 199€ esposto a 1,99€). E un negoziante non può esporre in vendita un prodotto a un certo prezzo e poi rifiutarsi di vendertelo.

E quindi, specie nei supermercati di oggi dove le offerte vanno e vengono, è sempre opportuno buttare un occhio sullo scontrino e se necessario contestare le differenze: per uno che controlla, chissà quanti pagano e vanno a casa contenti per uno sconto mai ricevuto.

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mercoledì 25 Giugno 2014, 10:35

Cara Paris Hilton

Cara Paris Hilton,

sono in uno dei tuoi albergoni non per mia scelta, e bisogna ammettere che è un bell’albergone, a posto con tutti gli standard internazionali che ci si aspettano da esso, anche se in qualche parte è piuttosto consumato.

Certo, già non ero completamente contento per l’attesa al check-in la prima sera, e poi esprimo il mio disappunto dopo che la stanza che mi avete dato, pur molto bella, si trova in un corridoio il cui altro lato (tre o quattro stanze) è interamente occupato da una tremenda famiglia che viene da qualche paese arabo non meglio precisato. La famiglia è costituita dal maschio, un tizio trentenne tamarrissimo, pieno di gel e camicie eleganti e di altri modi di dimostrare che i soldi gli escono fin dal sedere; da tre o quattro mogli, che tendenzialmente non escono mai dalla stanza se non completamente coperte dal burqa e che non possono uscire da sole né, a maggior ragione, prendere l’ascensore insieme a me (piuttosto mi fanno andare da solo); da un paio di suocere a caso, principalmente dirette al controllo dei figli; e da circa centodiciotto bambini e bambine tra i due e gli otto anni, che passano tutto il tempo a correre nel corridoio, picchiare sulle porte, rotolarsi per terra, tirarsi addosso vari iPhone e iPad (ne hanno almeno un paio a testa), riempire il tappeto di immondizia tirata a caso (anche dal maschio alfa e dai suoi residui di cibo in camera, a dire il vero), a urlare le proprie emozioni in una lingua incomprensibile e, in generale, a tagliare con energia le radici cristiane dell’Europa. Dai tuoi clienti mi aspetterei un certo standard di comportamento, tanto più a Londra, per cui scusami se prendo un po’ sul personale la situazione, a cui cerco di rimediare mettendo ad alto volume la televisione sulle partite del Mondiale, in modo che i bambini imparino almeno un po’ di radici cristiane dell’Europa.

(In generale, fare un giro nei tuoi alberghi è molto istruttivo per capire che spesso alla ricchezza non corrisponde l’intelligenza, anzi: spesso più sono ricchi e più sono scimuniti. Ieri in ascensore c’era una tipa tutta imbellettata che sfoggiava dei tacchi di mezzo metro; quando l’ascensore è partito lei ha perso l’equilibrio, è caduta da sola all’indietro, ha fatto un grido e poi ha detto a voce alta, parlando a se stessa, “che spavento, pensavo che qualcuno mi avesse aggreditaâ€.)

Comunque, non era di questo che volevo parlarti. E’ che facendo la doccia ho utilizzato il microscopico boccettino di “body wash†che mi hai cortesemente messo a disposizione (cortesemente una mazza, con quel che deve costare questa stanza: potevi almeno darmene due). Va bene, il contenuto ha un buon profumo di limone, però ha un problema: è pieno di microscopici pezzettini di plastica dura. Mi sono documentato su Internet e pare che non sia un caso, anzi, si tratti dell’ultimo ritrovato dell’industria cosmetica, un settore mai abbastanza ringraziato per il suo innegabile contributo allo sviluppo della scienza umana, per attribuire ai propri prodotti nuove e miracolose proprietà curative. Parrebbe dunque che i pezzetti di plastica siano concepiti per grattarmi la pelle mentre mi lavo, e questo dovrebbe farmi stare meglio.

Ora, questa roba mi pare piuttosto improbabile di suo, e devo anzi dirti che mi fa un po’ senso, e che non trovo affatto piacevole cospargermi il corpo di pezzettini di plastica dura e di infilarmeli un po’ dappertutto, specialmente mentre mi lavo le parti più intime, là dove non batte mai il sole. Ma soprattutto, dopo che questi pezzettini di plastica sono stati per qualche secondo sulla mia pelle e hanno esercitato una funzione curativa più o meno pari a quella che otterrei se prendessi uno dei miei vecchi vinili e me lo frantumassi in testa, finiscono giù nello scarico e di lì nelle acque di tutto il pianeta.

E francamente non vedo proprio il motivo di spargere dei pezzettini microscopici di plastica, quasi impossibili da filtrare e da smaltire, nell’acqua di tutto il pianeta, solo perché qualche marchettaro ha deciso che così avrebbe potuto far sembrare più figo lo stesso sapone liquido al limone che trovo al discount per un euro al bottiglione.

Quindi, ti prego, capisco le tue esigenze di mantenere la pretenziosità dei tuoi alberghi, di modo che tutte le famiglie arabe piene di soldi continuino a frequentarli, ma almeno evita di inquinare mezzo pianeta per una simile stronzata.

Ciao,

P.S. E per favore fai una figlia e chiamala London, così la prossima volta posso scrivere alla città giusta.

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domenica 22 Giugno 2014, 11:42

L’aria del sabato sera

Grazie a te, compagnia del giro, che oltre a gestire da una decina d’anni il punto info e altre cose, hai deciso di offrirci il party del sabato sera. Però non è bello organizzare il party dando a ognuno cinque bevande offerte, ovviamente alcooliche, dicendo che poi ci sarà lots of food, e poi finisce che esce un vassoietto di stuzzichini ogni venti minuti, e la gente già ebbra prende d’assalto la povera cameriera bionda. Lei esce con un vassoio di pollo fritto e la assaltiamo a decine, come se non avessimo mangiato da mesi, carichi di birre in corpo e di chiacchiericcio d’occasione… Sarò sempre grato a chi mi ha offerto tre birre, però diciamocelo, questo è the most foodless lots-of-food party, giusto due patate fritte e due polli fritti e qualche samosa e poi ogni tanto un vassoio di verdure a bastoncino, che interessa giusto agli indiani.

Si socializza, però, in questo pub elegante sulla Portobello Road (ma il mercato è finito da un po’), in mezzo alla parte fighettamente, miliardariamente residenziale di Notting Hill. Si socializza e già che ci siamo si guarda la partita, che è Germania-Ghana: perché per ogni mondiale c’è un meeting di ICANN, il 2002 in Romania, il 2006 in Marocco, il 2010 in Belgio e adesso l’Inghilterra. Stavolta, i tedeschi sono talmente popolari che quando segna il Ghana è un tripudio, un mix di brasiliani cinesi americani e finnici che fanno il trenino in mezzo al pub; poi pareggia Klose, e festeggiano solo loro. La ragazza tedesca – la conosco da dieci anni, è una brava persona, era nel comitato che presiedevo, lavora nel sindacato dei verdi, era consigliere comunale a Francoforte e ovviamente mi chiede se ho parlato con Albrecht – ancora ce l’ha con me perchè nel 2006, dopo la semifinale, in un momento di gruppo un po’ teso, le mandai un sms cattivo in cui la sfottevo a morte. Otto anni dopo posso ancora scusarmi, ma lei, chissà perché, non se l’è dimenticato; penso che sotto sotto sia questo il motivo per cui i verdi tedeschi cercano di ammazzarci con l’euro.

Dopo un paio d’ore, la terza birra media gratis a stomaco sostanzialmente vuoto mi mette un po’ in difficoltà, anche se dissimulo bene, perchè tutti gli altri sono nella stessa situazione ed è un fiorire di saluti e pacche sulle spalle. Però, salutati un po’ tutti compreso il pissoir, alla fine li lascio lì e vago per il quartiere elegante cercando la fermata del 23, che mi riporti verso l’albergo. Attorno è pieno di buzzicone seminude molto inglesi, e di maschi allupati e alticci: l’aria del sabato sera a Londra è la stessa da quando ero bambino. Alla fine il bus arriva, e sono sufficientemente pronto da strisciare l’ostrica e sapere dove sto andando. Scendo alla fermata prima: non sono pieno se non di liquidi, e per ripristinare la parità ci vuole del cibo.

Così entro nel bugigattolo all’angolo e ordino codnchips, p’leese: sontuosamente untuoso, le patate grosse e carnose, e il merluzzo lurido al punto giusto. Sono i dieci euro meglio spesi dell’anno, non come a pranzo che mi hanno portato a mangiare nello “sports bar” dell’albergone pretenzioso, e per un hamburger e una birra ho speso di tasca mia 22 sterline, no dico 22 sterline, che è tutto il giorno che me ne dolgo. Rientro in albergo con la mia scatoletta di cartone unta e quadrata, assaporando la ragione del fritto: adesso la mia stanza puzzerà d’olio per tutto il soggiorno, ma tre birre valevano la pena, se il contrappeso era questo.

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venerdì 7 Marzo 2014, 12:13

La mia relazione di metà mandato

Tra un paio di mesi, saranno tre anni da quando ho iniziato a svolgere per voi il lavoro di consigliere comunale. Avendo dunque superato già da un po’ la metà del mio mandato, mi è parso giusto fermarmi un attimo e – come già avevo annunciato durante la recente serata di valutazione semestrale dei consiglieri, di cui vedete sopra il video – fare il punto su tutto il lavoro che ho fatto, in termini qualitativi e quantitativi.

Pensavo che sarebbe stata sufficiente qualche pagina, ma alla fine ne è venuta fuori una relazione di 56 pagine che sono lieto di pubblicare; penso fosse mio dovere farla, per rendicontare l’incarico che mi avete affidato. Vi invito almeno a sfogliarla; sono sicuro che scoprirete tante cose che abbiamo fatto senza nemmeno raccontarle, e che – come è già stato per me – la visione d’insieme vi farà venire in mente osservazioni e suggerimenti su come migliorare il lavoro per il futuro. E poi, se qualcuno vi dice che i consiglieri del M5S non fanno niente, potete senz’altro passargli questo documento.

Ovviamente, sono orgoglioso di aver scoperto di essere stato più o meno il consigliere comunale più attivo di tutto il consiglio, e di avere affrontato una quantità smodata di argomenti, pur con i forti limiti alla possibilità di incidere davvero che hanno i consiglieri di opposizione.

Più di tre anni fa, in una serata del novembre 2010, il gruppo del M5S di Torino – allora eravamo una trentina di persone in tutto – si riunì per decidere il candidato sindaco; io stesso avevo dei dubbi, il gruppo era diviso, e allora ritirai la mia candidatura e lasciai la sala. A fine serata fu tutto il gruppo, con un solo contrario, a chiedermi di rendermi di nuovo disponibile e di accettare il ruolo di candidato sindaco; decisero che io ero la persona che serviva al Movimento per svolgere al meglio quel ruolo. E come potevo dire di no? Accettai, ma aggiunsi due condizioni.

Una delle condizioni era quella di poter continuare a fare un minimo di attività professionale; presto questa idea affondò miseramente, di fronte alla realtà dei fatti e alla dimensione dell’impegno che mi veniva affidato (vedi le prime pagine della relazione); da fine 2011 ho chiuso la mia attività professionale. La seconda condizione era quella per cui io garantivo l’impegno al massimo per due anni, in quanto già allora pensavo di non poter resistere oltre.

Dunque, ho completato da un pezzo gli impegni che mi ero preso col Movimento 5 Stelle; nel frattempo, esso è cambiato radicalmente. Più “siamo in guerra” e più il clima in cui svolgo il mio lavoro diventa difficile, ed è notorio che i miei rapporti con molti consiglieri e attivisti del Movimento torinese – tra differenze politiche, ad esempio sull’immigrazione, e differenze di visione sul funzionamento del Movimento – sono tutt’altro che idilliaci.

I sacrifici del mio ruolo sono pesanti, alcuni intuibili, tra cui l’elevato stress psicofisico, perché giorno e notte, settimana o weekend non c’è quasi mai un attimo di tregua, e sei continuamente al centro di discussioni spesso rabbiose; altri sottili e meno evidenti, come avere continuamente a che fare con persone disperate che non puoi aiutare più di tanto, o come la progressiva perdita di amici che non hai più tempo di vedere, o come i dubbi su cosa sarà di te dopo la fine del mandato.

Allo stesso tempo, sono un privilegiato: perché faccio un lavoro vario e interessante che posso organizzarmi liberamente (e di questi tempi già avere una casa e uno stipendio è una gran cosa), e perché servire la collettività è un privilegio, come lo è potersi occupare dei problemi di tutti, e incontrare tante persone che ti incoraggiano, dandoti energia, quando ti incontrano per strada; e imparare moltissimo su ogni angolo di questa città.

Io, di carattere, sono un cercatore e ho voglia di trovare sempre nuove sfide; accontentarmi, smettere di aspirare a migliorarmi e ad arrivare più in alto, sarebbe come rinunciare a vivere, come togliersi l’aria. Nel Movimento questa aspirazione non è possibile e nemmeno concepita. Diverse volte sono stato invitato a dimettermi dai miei colleghi, e diverse volte ho avuto io la voglia di gettare la spugna; e non sarebbe grave, dato che il Movimento è un progetto collettivo e quel che faccio io, nel bello e nel brutto, può farlo qualcun altro.

Tuttavia, queste sono solo questioni personali, che vi racconto in tutta onestà, perché mi sono ripromesso di non prendere mai in giro chi mi ha votato e dato fiducia. La lotta che stiamo conducendo tutti insieme è ancora viva, è giusta, è importante, e se ogni tanto siamo stanchi, siamo confusi, ci perdiamo, voi dateci forza, e noi troveremo le energie e la strada giusta. Non è questo il giorno della ritirata, e nemmeno della resa.

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venerdì 1 Marzo 2013, 14:57

Semplicemente grazie

Sono passati ormai alcuni giorni dal voto, ma a nome di tutto il Movimento torinese vorrei porgere un grande ringraziamento a tutti voi.

Ai 128.149 torinesi che ci hanno votato, un numero pazzesco, che ci ha portato a essere di gran lunga la seconda forza politica della città (il PDL si è fermato a 85.000…) e ad essere addirittura primi nelle circoscrizioni 5, 6 e 10, seguendo peraltro quasi tutti i comuni della cintura torinese – da Rivoli a Chivasso, da Grugliasco a Venaria, da Nichelino a Collegno, da Orbassano a Caselle, da Moncalieri a Beinasco – dove siamo nettamente la prima forza politica. Nonostante i tentativi scomposti dei giornali di farci passare per stupidi o per distruttivi, useremo bene i vostri voti e faremo in modo di sostenere le riforme che servono a questo Paese, ma solo quando saranno proposte in maniera credibile (no, un governo con dentro quelli che fino a venerdì scorso le hanno osteggiate non è credibile).

Alle centinaia di persone che in questi giorni ci contattano con proposte, domande, idee, semplice voglia di partecipazione: grazie, contattate i vostri gruppi di quartiere e venite alla prossima riunione, o venite mercoledì 6 marzo alle 21 in via Stradella 192, quando daremo il benvenuto a chi vorrà attivarsi.

Alle decine di migliaia di persone che sono venute in piazza Castello il 16 febbraio, regalandoci una emozione incredibile e poi aiutandoci a raccogliere tutti questi voti: vi abbiamo già ringraziati dal palco, ma grazie ancora; e grazie anche ai gruppi che hanno suonato (le grandissime LeGal, Shanty e Dino Pelissero, gli Scemi di guerra, i Sonicshine, i Premiata Distilleria Barzotto), a Marco Carena e Manuela Grippi che hanno presentato, a Romina Rossi che ha tradotto per i sordomuti, a Elisabetta Savaglio e Enrico Venditti (grazie per il drone delle spettacolari immagini qui sopra) che hanno ripreso quanto accadeva, a Tecnoservice di Collegno per l’impianto audio e ai molti volontari per il servizio di assistenza medica.

Alle centinaia di persone che si sono offerte come rappresentanti di lista, dedicando del tempo a controllare che i voti di tutti noi non venissero annullati con una scusa qualsiasi.

Alle centinaia di attivisti che non solo in queste settimane, ma in questi anni sono scesi nei mercati e nelle piazze con i nostri gazebo a parlare coi cittadini, a discutere, ad ascoltarli, a capire cosa vuole la gente dalla politica, una cosa che i partiti non sanno più fare; e a quelli che hanno affisso i manifesti, volantinato, raccolto le firme, organizzato serate, scritto sui social network, combattuto con la burocrazia e la mancanza di risorse… e tante altre cose.

Alle 36 persone che hanno condiviso con me il lavoro di delegato di lista per le varie aree della provincia, non lasciando nemmeno un fazzoletto di terreno scoperto, perché se Piemonte 1 (Torino e provincia) è la circoscrizione dove il Movimento 5 Stelle è andato meglio di tutta la pianura padana è anche per questo, e perché per far eleggere i parlamentari torinesi servono anche i voti delle valli, delle campagne e delle colline, e viceversa; e dunque li ringrazio per nome: Carmine Arnone, Massimo Bertero, Mauro Bianco Levrin, Claudio Borsello, Luigi Carignano, Gianpaolo Caruso, Pietro Catania, Silvia Cossu, Alessandro Delfino, Ivan Della Valle (ora cittadino onorevole), Andrea D’Errico, Dimitri De Vita, Natale Di Santo, Roberto Falcone, Eleonora Forno, Francesca Frediani, Marcello Gigante, Alessandro Giustetti, Sergio Grosso, Roberto Guasti, Francesco Lo Grasso, Luigi Massa, Anna Merlin, Gianpiero Minari, Domenico Monardo, Alberto Moscarda, Pino Nastro, Mario Perino, Roberto Ricci, Paolo Roselli, Roberto Rossato, Marco Sayn, Alberto Sega, Emanuele Sorrenti, Dante Vermena, Sergio Visentini.

A tutti i candidati, anche quelli che sapevano dal principio che non sarebbero mai e poi mai entrati in Parlamento, ma hanno lavorato lo stesso credendoci fino in fondo.

Allo staff comunale (gli indispensabili Paolo Vinci e Marina Commisso) e regionale, vecchio e nuovo, che dopo il lavoro hanno dedicato serate e giornate alle più oscure attività organizzative.

Ai dieci consiglieri di circoscrizione – Viviana Ferrero, Serena Imbesi, Maura Paoli, Nicola Santoro, Antonino Iaria, Paolo Tkalez che ha anche fatto il delegato di lista firmando risme di carta, Fabio Versaci, Claudio Di Stefano, Monica Amore, Luigi D’Alberti – a Chiara Appendino che scoperchia senza paura i mali della città, a Davide Bono che combatte in Regione e a tutti i consiglieri comunali della provincia, perché sono convinto che gran parte dei nostri voti li abbiamo conquistati con l’esempio, dimostrando che lavorare duramente, onestamente e tenacemente si può, e scusateci se ogni tanto non riusciamo a fare tutto, litighiamo, ci perdiamo le vostre segnalazioni, ma alla fine siamo una bellissima squadra e abbiamo messo in seria difficoltà il “sistema Torino”.

Alle persone che mi sono vicine e che da cinque anni sopportano e condividono tutti i sacrifici che questa avventura comporta… e a quelle che sono vicine a tutti gli altri cittadini con l’elmetto in prima linea a Torino.

Al presidio No Tav di Venaus (per la cena!) e a tutto il movimento No Tav, Alberto Perino in testa, perché se in questi anni siamo passati da essere un manipolo di utopisti e di aspiranti politici a essere un gruppo che nonostante tutto lavora insieme per un obiettivo comune è anche e soprattutto per il vostro esempio (e a tutti i nostri neo-elettori che ancora non capiscono di cosa sto parlando, per favore venite il 23 marzo e lo capirete).

A Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, che fanno da parafulmine per tutti e senza i quali nulla di tutto questo sarebbe mai successo, ma anche a Pietro Dettori, Salvo Mandarà, Gian Paolo Polinelli, Walter Vezzoli, Davide Casaleggio, Filippo Pittarello e alle altre persone che hanno lavorato al tour che ha sconvolto l’Italia, e prima di questo, per anni, a trasformare un sogno di cambiamento in realtà.

Grazie a tutti noi, e se anche inevitabilmente il Movimento – ora che è grande – si evolverà un pochino, cerchiamo di non perdere mai lo spirito che ci ha permesso di arrivare qui, e di continuare ad aiutarci l’un l’altro.

[tags]grazie, elezioni politiche, movimento 5 stelle, torino[/tags]

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mercoledì 6 Febbraio 2013, 10:16

Scie chimiche e balle cosmiche

Chi mi segue con regolarità sui social network sa che, diverse volte al giorno, racconto brevemente quello che accade in Comune; è una specie di cronaca in diretta che secondo me fa parte del mio dovere di consigliere comunale, in quanto permette ai cittadini di sapere di cosa si parla e di esprimere opinioni, informazioni e suggerimenti che io poi posso riportare o utilizzare per decidere quale posizione prendere.

Per questo, quando mi è giunta una e-mail che mi invitava a prendere visione di una petizione un po’ particolare, di cui io e tutti gli altri capigruppo eravamo già stati informati formalmente, mi è sembrato normale darne conto. Lo Statuto di Torino permette difatti a un gruppo di almeno trecento cittadini di presentare una petizione al consiglio comunale, che è tenuto ad ascoltarla, anche se poi ovviamente può non accoglierne le richieste; è una basilare forma di democrazia partecipativa.

Di petizioni ne arrivano spesso – questa è la numero 37 – ma questa è differente per via dell’argomento: 729 cittadini torinesi chiedono di dedicare una seduta aperta del consiglio comunale al presunto fenomeno delle scie chimiche, ovvero al sospetto che i nostri cieli siano solcati da aerei che rilasciano sostanze nel cielo per scopi militari o segreti (dal controllo del clima e dei cataclismi a un generale rincoglionimento della popolazione), lasciando quel reticolo regolare di strisce di fumo che spesso vediamo nel cielo; una teoria che la maggior parte delle persone ritengono una stupidaggine paranoica e anti-scientifica, ma che ha anche molti seguaci.

Che 729 persone chiedano formalmente al consiglio comunale di parlare di questo, invece che, per esempio, dell’IMU o dell’inquinamento da PM10, è secondo me una notizia interessante per tutti, anche se per motivi differenti: per chi non ci crede è il segno di una psicosi che si diffonde tra la popolazione, mentre per chi ci crede è il segno che si può riuscire a farne parlare le istituzioni (la stessa mail di presentazione mi diceva “io non ci credo, ma è giusto che ci sia una risposta ufficiale”).

Per questo motivo io ho pubblicato il seguente messaggio su Facebook:

Come faccio spesso, non ho esplicitato subito la mia opinione personale, per non influenzare la discussione e lasciare libere le persone di esprimersi. Tuttavia, l’italiano non è un’opinione: “è stata consegnata” vuol dire che gli autori della presentazione non sono noti o comunque specificati, visto che io non ho ancora copia del documento e dunque non ho idea di chi siano e come si chiamino; se l’avessimo presentata io o il Movimento 5 Stelle, avrei evidentemente scritto “ho consegnato” o “abbiamo consegnato”.

Quello che ne è seguito stato molto interessante. Intanto, un numero considerevole di persone si è dichiarato in favore dell’iniziativa, talvolta anche con entusiasmo; alcuni perché ci credono, altri perché non ci credono ma trovano giusto che chi ha dei dubbi possa ricevere delle risposte. Un numero altrettanto considerevole, invece, si è messo a ridere o si è direttamente scandalizzato che una richiesta del genere possa venire portata al consiglio comunale (tra l’altro questa cosa accade spesso, anche su argomenti molto meno controversi; se un gruppo di persone solleva una questione, immancabilmente arrivano subito degli altri a sostenere che parlarne è uno spreco di tempo e che le cose importanti sono ben altre).

In diversi, però, hanno interpretato il messaggio in modo erroneo e capito che io fossi il promotore della petizione. Fin che un singolo prende fischi per fiaschi, ci sta; il problema però è quando questo viene fatto in modo sistematico, sperando di poter mettere in cattiva luce me e il Movimento.

Esistono su Facebook tutta una serie di pagine dedicate a sbertucciare la presunta credulità degli elettori del Movimento 5 Stelle; non si sa chi le gestisca, ma sono molto divertenti… finché fanno satira e non dicono bugie. Questo è ciò che ha scritto la più conosciuta:

Converrete con me che la notizia riportata è completamente falsa e scritta in modo volutamente denigratorio; ed è stata poi condivisa e ricondivisa, spargendosi per la rete. Poi ci si è messa addirittura Repubblica:

Ora, il fatto che Repubblica lanci nella home page della cronaca una roba del genere vi fa capire quali balle cosmiche essa sia pronta a raccontare senza verifica pur di denigrare il Movimento 5 Stelle. Naturalmente io presumo che il giornalista che l’ha scritta fosse in perfetta buona fede e si sia lasciato trascinare dalla cattiva interpretazione degli altri, e però un giornalista che fa un articolo del genere non dovrebbe alzare il telefono e chiamare la persona di cui parla (nello specifico, me) per chiedere conferma? No, perché da anni ce la menano che servono i giornalisti professionisti e i loro codici deontologici per garantire la qualità dell’informazione… davvero?

Appena ci siamo accorti dell’articolo, abbiamo chiamato Repubblica e il pezzo è stato tolto. La notizia falsa resta però in rete; i lanci sopra citati, e tanti altri, sono stati condivisi centinaia di volte e ora io passerò alla storia – anche fra dieci anni, anche magari quando cercherò un lavoro o in altre occasioni personali – come un sostenitore delle scie chimiche.

Volendo, potrei querelare per diffamazione gli autori di questi articoli; del resto io sono stato querelato da un onorevole PD per avere riportato delle cose vere sul suo conto, solo perché secondo lui è offensivo l’accostamento dei vari fatti, e dovrò pagarmi l’avvocato per difendermi; dovrei farmi scrupoli per querelare qualcuno che ha scritto una cosa falsa? Però ancora verrei fatto passare per un permaloso censore della rete…

Il senso di questa storia, tuttavia, è che veramente non è il caso di fidarsi di quel che scrivono i giornali, a maggior ragione se parlano di noi. E’ proprio quando tocchi con mano direttamente come funziona l’informazione “garantita” dei giornalisti “certificati” che ti rendi conto di quante balle circolano, talvolta per incompetenza, talvolta per calcolo. E’ proprio ora di rottamare l’informazione tradizionale!

[tags]informazione, giornalismo, facebook, repubblica, scie chimiche, movimento 5 stelle, torino[/tags]

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martedì 31 Luglio 2012, 16:14

Chiomonte, lo Stato in gabbia

Sabato scorso ancora una volta il popolo No Tav si è riversato sui sentieri tra Giaglione e Chiomonte, attorno al cantiere che non c’è. E’ stata una giornata di festa, alla faccia di uno Stato che in Valsusa è sempre più lontano e sempre più ridicolo.

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Partiamo per le frazioni di Giaglione, in un serpentone lunghissimo di cui non si vede la fine. Dopo un po’, la strada principale è bloccata, come già lo scorso ottobre; e come già allora, nessuno demorde. Basta inoltrarsi nella montagna, seguendo l’antico dedalo di sentierini e muretti a secco che mostrano com’era una volta questa montagna meravigliosa, piena di casette e di coltivazioni povere ma importanti, e com’è adesso, abbandonata dall’incuria degli uomini moderni.

Il sentiero supera un crinale e si fa più stretto, proseguendo a mezza costa verso la val Clarea. Si forma un gigantesco ingorgo di persone, ferme in fila indiana aspettando che il corteo riesca a proseguire. Il serpentone si sfrangia in rivoli che sfruttano ogni varco nel bosco, cercando di arrivare alla meta: il rio in fondo alla valle.

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Laggiù, il punto più difficile: il guado. E’ un’esperienza che resterà nella memoria di molti, perché il passaggio non è agevole; bisogna saltare tra grandi pietroni per poi varcare il fiume in punta di piedi, senza scivolare nell’acqua gelida in cui ci si potrebbe rompere il collo. E’ un grande esempio di solidarietà No Tav; dai giovani col cane fino alle vecchiette, tutti si aiutano a vicenda. Perfetti sconosciuti si sbracciano e si abbracciano per aiutarsi a passare, mentre un gruppo di attivisti si ferma sui vari guadi per un’ora a porgere la mano a tutti quelli che ne hanno bisogno.

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Si risale la montagna, e sono ormai quasi tre ore di marcia: siamo sopra al cantiere. E’ la prima volta che lo vedo da così vicino, e la sensazione è orribile: al posto di quella che era una serie di prati e di boschi c’è ora un’enorme montagna di terra smossa, una devastazione ambientale mostruosa. Ci raccontano che i proprietari sono stati privati di tutto, che la natura è stata svenduta dallo Stato, ogni castagno secolare risarcito con cento euro e via. Dentro, peraltro, non c’è niente; solo mezzi delle forze dell’ordine e qualche vago arnese in un angolino – non certo le attrezzature che servirebbero per fare davvero un lavoro epocale come il Tav.

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Quella che era l’area archeologica della Maddalena, dove ai tempi della Libera Repubblica No Tav si entrava con le pattine e stando attenti a non rovinare l’erba, è diventata un parcheggio per camionette e cingolati: nemmeno i cinghiali si comportano così. Sulla nostra testa continua a girare l’elicottero… tutto a nostre spese, milioni di euro pubblici buttati nel cestino senza un motivo plausibile, per un’opera che via via tutta Europa sta abbandonando, ultima la stessa Francia.

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Eppure, la tristezza per tutto questo spreco e questa devastazione lascia spazio anche alla soddisfazione: quella che viene dal senso di libertà. Sono loro a essersi chiusi da soli dentro il recinto, come animali feroci; noi gli giriamo intorno come vogliamo, sbuchiamo dai cespugli e dagli alberi, siamo in ogni angolo, migliaia di persone che li costringono dentro. Noi siamo in vacanza, a fare una bella passeggiata nei boschi tutti insieme; loro sono fermi sotto il sole a difendere il nulla da un nemico che non c’è, già sapendo che tanto i soldi mancano e l’opera non si farà mai. Anche dal punto di vista politico, nonostante l’informazione al loro servizio, sono loro quelli chiusi nell’angolo.

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Proseguiamo a mezza costa in mezzo alle bellissime vigne; molti sono tornati indietro per riprendere l’auto a Giaglione, altri hanno ceduto alla stanchezza, ma noi proseguiamo felici. Una signora anziana chiacchiera con un ragazzo di un centro sociale, che le racconta la storia della sua vita (viene da Piacenza, dunque per i giornali sarebbe un mercenario militare anarco-lanciatore di pietre convocato sul posto dalla Spectre). Arriviamo infine a Chiomonte, al ponte della centrale.

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Sul costone c’è l’ennesimo recinto con i tutori dell’ordine ordinatamente chiusi dentro; sul ponte c’è Alberto Perino che saluta tutti e dà una stretta di mano e un abbraccio a chiunque passi di lì, come premio per quattro ore di marcia; e l’essere arrivati in fondo è un gran premio di suo. Di fronte, la Dora è piena dei bagnanti del campeggio No Tav, il terribile “campo paramilitare” di ragazzi in bermuda e famiglie accaldate.

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Risaliamo fino a Chiomonte per tornare poi a Torino. E’ stata una splendida giornata e torniamo tutti a casa stanchi, ma con il morale alto: quest’opera è ormai agli sgoccioli e in gabbia ci sono soltanto loro.

P.S. Il movimento No Tav lancia la quarta edizione di Compra un posto in prima fila, per chi volesse acquistare una quota di proprietà di uno dei terreni teoricamente destinati ad essere invasi dai cantieri del Tav. Anche il Movimento 5 Stelle di Torino e del Piemonte parteciperà all’acquisto. Le quote partono da venti euro, aderite numerosi; contattateci per aderire con noi, oppure visitate i siti No Tav.

[tags]no tav, chiomonte, giaglione, valsusa, manifestazione, stato, polizia[/tags]

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domenica 22 Aprile 2012, 10:56

Televisione e Movimento

La mia seconda apparizione televisiva nazionale in un giorno e mezzo è andata in onda ieri mattina, sempre su La7 (anche se gli inviti erano indipendenti e separati). A Omnibus, trasmissione di approfondimento del mattino condotta da Andrea Pancani, il trattamento è stato molto diverso dalla serata a Piazzapulita: invece di cinquanta secondi, ho potuto parlare per venticinque minuti, su un totale di due ore di trasmissione.

Ero l’unico “politico” partecipante (niente commistioni con i partiti) e mi sono trovato di fronte a un gruppetto di esperti e giornalisti; un paio chiaramente ostili, che hanno provato a mettermi in difficoltà accusandoci di antipolitica, inconsistenza e così via, e un paio piuttosto amichevoli, che invece hanno apprezzato e difeso le cose che dicevo.

Mi è sembrata tutto sommato una trattazione onesta, con il giusto grado di aggressività (non si può certo pretendere di sentirsi dare sempre ragione) ma anche con ampio spazio per intervenire. E credo di aver fatto fare bella figura al Movimento, a giudicare dai commenti ricevuti da voi e anche dal conduttore.

(A Piazzapulita, dopo il post di venerdì, non penso invece che avrò altre chance, anche se in proposito vorrei chiarire che non li ho tacciati né di censura né di scarsa professionalità, se mai del contrario: di avere in mente un format talmente spettacolarizzato che tutto deve essere pianificato in anticipo.)

All’ora di pranzo, poi, è uscito Beppe: da una parte ha messo in home page il mio post e il mio video di Piazzapulita, dall’altra ha fatto un post principale in cui attacca le televisioni e chi ci si va a sedere. L’analisi di Beppe è nota ed assolutamente corretta, riprende quello che io avevo già descritto nel post. Tuttavia, io non sono così radicale nella conclusione, e penso che sia sbagliato rifiutare la televisione sempre e comunque; la domanda che ci si deve porre è se la partecipazione televisiva possa avvantaggiare o danneggiare il Movimento.

Nel mio caso, da Piazzapulita saremmo usciti meglio o peggio se la trasmissione fosse stata identica ma senza i tre minuti miei e di Federica Salsi? Secondo me ne saremmo usciti peggio; e fa bene al Movimento far vedere che c’è altro insieme a Grillo, e che il voto serve a mettere nelle istituzioni persone capaci e convincenti e non dei bambini che dipendono dagli slogan del guru.

Il problema nasce tuttavia se singoli consiglieri finiscono per diventare ospiti fissi, due volte al mese in mezzo ai politici, o peggio ancora se cominciano a darsi da fare per apparire; o se in televisione ci vanno persone che magari si sentono dei grandi comunicatori, ma che poi, di fronte al marchingegno, fanno oggettivamente delle figuracce. Le eventuali apparizioni di movimentisti devono essere poche e incisive, lasciando il segno e la voglia di saperne di più, in modo da invogliare il passaggio a Internet o al contatto diretto.

Finora non c’è stata alcuna strategia mediatica “del Movimento”; sia Grillo che ogni singolo consigliere fanno le proprie uscite e pianificano le proprie apparizioni senza parlarsi. Questo è sbagliato, ed è necessario concordare un piano d’azione intelligente, che preveda da una parte un briciolo di fiducia in più nei nostri “ragazzi”, e dall’altra un freno consapevole alle vanità e alle ingenuità dei singoli. L’importante è che venga fatto in maniera coordinata e condivisa tra tutti e che non succeda, come adesso, che ognuno decida per sé se accettare e cosa dire, e che alcune persone rischino di finire troppo spesso sui video nazionali a farsi omologare.

[tags]movimento 5 stelle, beppe grillo, televisione, la7, omnibus, piazzapulita[/tags]

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venerdì 20 Aprile 2012, 14:11

La TV nazionale è finta

Molti di voi avranno avuto modo di vedere ieri sera l’apparizione mia e di Federica Salsi a Piazzapulita, la trasmissione di approfondimento politico di La7. Era la mia prima partecipazione a una trasmissione nazionale di questo tipo; di solito invitano Favia, che in TV va volentieri ed è molto bravo, ma lui non può essere ovunque e allora cominciano a invitare anche gli altri; d’improvviso si sono accorti di noi, o, se volete essere malpensanti, hanno deciso che (vedi Gandhi) né ignorarci né deriderci funziona, e dunque ora ci invitano per combatterci.

Per questo sono stato molto in dubbio se accettare, memore anche dei consigli di Beppe: attenzione alle trasmissioni televisive nazionali, sono tutte manipolate in partenza. Alla fine, parlandone con Chiara e altri colleghi, abbiamo deciso di accettare, anche per capire, per fare esperienza. Sapevamo che avrei dovuto fare un viaggio a Roma per avere al massimo un minuto scarso: nel video vedete come l’ho usato.

A giudicare dai vostri commenti, l’intervento è piaciuto ed è stato efficace, e in effetti ha cambiato per un po’ il tono della trasmissione, costringendo persino il tremendo Luttwak – uno che aveva esordito dicendo che i populisti come Grillo vanno ignorati e che l’Italia poteva rilanciarsi costruendo nuove autostrade – a dire che tutto sommato le cose che proponiamo hanno un loro senso. Ma quello che volevo raccontarvi, invece, è il dietro le quinte: è che Beppe come al solito ha ragione, e i contenuti di queste trasmissioni sono studiati e premeditati in partenza.

Infatti, quando due giorni prima mi ha chiamato una gentilissima giornalista della redazione per discutere la partecipazione, mi ha chiesto: che cosa pensi del governo Monti? Ok, ho pensato, è una prova per vedere se so parlare; e ho improvvisato un paio di minuti di discorso. Dopo un po’ mi richiama e mi fa: e di Civati, cosa pensi? Spiego che Civati potrà anche essere una brava persona ma vive da quindici anni a spese nostre (consigliere comunale, provinciale e regionale), guadagna i suoi 10.000 euro al mese ed è immerso nel sistema fino al collo; la risposta è “ok va bene, temevo che foste della stessa idea e allora era un problema”. Perché un problema? Perché se non si discute la trasmissione si ammoscia.

Alla fine mi dicono che va bene, sono piaciuto; hanno anche visionato i miei video su Youtube. Chiama un signore della produzione per organizzare il viaggio; mi pagano il treno per venire e pure la macchina con autista per portarmi agli studi, che sono in un posto impossibile in mezzo ai colli a quindici chilometri dal centro (chiunque sia stato responsabile della pianificazione urbanistica di Roma negli ultimi cinquant’anni andrebbe fustigato sulla pubblica piazza).

Negli studi ci piazzano in attesa in una inquietante sala di proiezione con Mentana sul maxischermo, poi ci portano in un camerino dove lasciamo la nostra roba. In studio ci hanno riservato i nostri posti fintamente in mezzo al pubblico, nel senso che sono attentamente scelti per via di luci, telecamere e così via. Potremmo stare ovunque, ma siamo in mezzo al pubblico, perché? Perché così veniamo messi automaticamente in posizione inferiore rispetto agli altri ospiti. Addirittura avevano chiesto la partecipazione di alcuni movimentisti romani “con le magliette di Grillo” per fare folklore… ma poi hanno scartato l’idea e li hanno fatti venire per niente.

Ci sediamo, non siamo nemmeno microfonati. In studio è il caos finché non arriva l’assistente, un tizio che ha il compito di istruire il pubblico: vietato applaudire o commentare ciò che dicono gli ospiti, togliete dalla prima fila le borsette, non masticate, spegnete i cellulari.

Da noi poi arriva la giornalista e ci rifà le domande, stavolta suggerendo anche le risposte: a Federica dice che lei dovrebbe attaccare Civati per introdurre il tema dei finanziamenti ai partiti, al che giustamente Federica risponde che ad attaccare Civati di punto in bianco faremmo soltanto la figura dei provocatori. A me ripete: cosa pensate di Monti? Io ridico qualche parola, lei mi interrompe e dice “a me era piaciuto quando al telefono mi avevi detto che Monti sa solo spremere gli italiani con le tasse… spremere gli italiani, capito?”. Ok, ho capito: sarebbe bello che dicessi “spremere gli italiani”.

Comincia la trasmissione, iniziano a parlare gli ospiti. Dicono una stupidaggine dopo l’altra, la più grossa è quella dell’on. Della Vedova (uno che non so nemmeno più di che partito sia, vista la velocità con cui li cambia) che dice che lui è da vent’anni che combatte i finanziamenti pubblici ai partiti; peccato che siano anche vent’anni che sta in partiti che li incassano allegramente. E’ talmente grossa che durante la pausa successiva arriva da noi una ragazza dal pubblico e dice “per favore, se parlate ditegli qualcosa”!

Fanno sentire frasi di Grillo in diretta da Monza e poi ripetono all’infinito l’associazione col concetto che vogliono trasmettere: “Grillo populista, Grillo populista, Grillo populista… ci dica Luttwak, cosa pensa del populismo di Grillo?”. Più tardi: “Grillo leghista, Grillo leghista, Grillo leghista… esperto di sondaggi, da chi prende i voti Grillo?” L’esperto mostra un fantastico sondaggio secondo cui tantissimi elettori di IDV e della Lega starebbero passando al M5S, ma a quasi nessun elettore piddino verrebbe mai tale infausta idea. Ma che caso!

Alla fine è il nostro momento: arriva Formigli e chiede a Federica cosa pensi di Civati, e perché Grillo non venga mai in studio a rispondere alle domande. Sono domande in cui puoi solo perdere, perché se attacchi Civati fai la figura dell’invasato (e non a caso sopra compare un titoletto “Grillo contro tutti”) e se non lo attacchi gli dai ragione. Federica comunque è brava, spiega che Beppe è solo un megafono, parla di come lavoriamo. Poi tocca a me, arriva la domanda precotta: “cosa pensi di Monti, ma voi volete il fallimento?”. E io – oltre che ovviamente un po’ teso – sono incazzato, molto incazzato per tutto questo, talmente incazzato che mi alzo, mi danno il microfono e mi tremano le mani.

E sono i miei cinquanta secondi che vedete nel video, e mi esce non solo quello che ho pensato di dire, cercando di essere efficace, ma tutta l’incazzatura, fin che ho fiato per gridare. Alla fine va benissimo: viene giù lo studio dagli applausi, nonostante il teorico divieto, perché ho detto quello che pensavano tutti e tutti volevano sentir dire da un’ora.

Il conduttore mi dice di tenere il microfono, si allontana; poco dopo, non inquadrato, mi fa segno di restare in piedi. Sembra proprio che mi voglia far parlare ancora, dice agli ospiti di farmi una domanda. Io mi preparo, spero di poter fare qualche proposta concreta per recuperare soldi, il taglio alle spese militari, il Tav, i costi della politica.

E poi, però, la trasmissione prende altre strade, e dopo qualche minuto esce da un angolo l’assistente e mi fa cenno di sedere. Fanno parlare per dieci minuti la ex fidanzata del Trota (chissà se l’hanno pagata), evidentemente è più importante che sentire cosa ha da dire il Movimento 5 Stelle, fatto salvo far ripetere a Civati più volte che ci rifiutiamo di interloquire. Il resto è onestamente noioso, non so come facciate voi a guardare questi programmi, io non li guardo più da anni. Alla fine quasi ci addormentiamo, il pubblico brontola e vuol solo andare a casa.

Finito lo spettacolo, saluto Formigli e gli dico: “questa volta bene, ma la prossima volta vogliamo uno di noi lì”, indicando le poltrone degli ospiti. Lui abbozza, non so se potrà mai accadere. Usciamo con Gomez, persona che stimo moltissimo, che non ha ben capito cosa gli ha detto Beppe su “non si capisce chi sia il direttore del Fatto” (glielo spiego: vuol dire che al Fatto ci sono persone come lui che ci difendono, ma anche persone che appena possibile ci attaccano in modo strumentale).

Partiamo all’una di notte per un triste e consunto albergone della periferia romana, salvo sosta in un pub per poter mangiare qualcosa. Dormo cinque ore, sveglia alle sette, corsa a Fiumicino nel traffico impazzito, aereo, corsa in ufficio, per poter partecipare alla prima commissione della giornata – perché va bene promuovere il Movimento, ma mi avete eletto per lavorare in Comune e non per andare in televisione.

Stasera organizziamo un incontro sulle privatizzazioni, ma domani mattina sarò ancora in TV, dalle 7:50 alle 9:45 sempre su La7 a Omnibus, dove credo che ci sarà più spazio per parlare di quello che vogliamo fare. Ma ve lo saprò dire solo dopo aver partecipato.

[tags]televisione, la7, piazzapulita, roma, movimento 5 stelle[/tags]

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