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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


giovedì 22 Ottobre 2009, 16:18

Rivoli, provincia di Reggio Calabria

La fantastica saga della piccola Locride a ovest di Torino si è arricchita in questi giorni di un altro capitolo. La storia dei commercialisti Ragazzoni – padre e figlio – è nel frattempo giunta all’onore delle cronache, dato che, non paghi dello smacco di non essere riusciti a nominare il figlio revisore dei conti a Rivoli, hanno cercato di riconfermarlo revisore dei conti della Provincia di Torino (il cui presidente Saitta, ricordiamo, è ex sindaco di Rivoli) nonostante fosse stato nel frattempo direttamente coinvolto nell’indagine. Ma non è finita qui!

Ieri, infatti, ho fatto un salto sulla sedia leggendo gli articoli sull’ultimo scandalo di ndrangheta torinese: la scoperta di infiltrazioni nel mercato dell’edilizia, nelle costruzioni dei villaggi olimpici e del quartiere Spina 3, e ovviamente nella realizzazione della Tav (naturalmente l’intervistatore della Stampa fa precisare al magistrato che si tratta della Torino-Novara: volete mica dire apertamente sul giornale cittadino che la Torino-Lione sarebbe, tra le altre cose, una forma di enorme finanziamento pubblico alla mafia?).

Perché, naturalmente, la vicenda si svolge a Rivoli: e dove se no? Si parla dell’Ediltava, immobiliare rivolese che possiede box e appartamenti per sei milioni di euro, che secondo l’inchiesta sarebbero di provenienza calabrese, della cosca ndranghetosa di Ciminà: provincia di Reggio Calabria, dieci chilometri nell’entroterra di Locri. A venti chilometri da Locri sta invece Caulonia, dove l’immobiliare voleva costruire un immancabile centro commerciale, sempre con i proventi del traffico di droga.

Ma la cosa che mi ha fatto saltare sulla sedia non è questa: è che tra gli indagati si trova anche un certo Giuseppe Morena, anche lui commercialista e revisore dei conti, il quale, rivedendo i conti dell’Ediltava, avrebbe valutato e autenticato un prezzaccio – 30.000 euro – per una azienda che ne valeva diversi milioni, quando il boss della cosca, già indagato, si trovò a dover vendere in tutta fretta l’immobiliare a un prestanome per evitare che nel frattempo la magistratura gli sequestrasse tutto.

Speravo in una omonimia, ma uno scambio di telefonate con la nostra colonna rivolese ha confermato tutto: si tratta dello stesso Giuseppe Morena che non più di quattro mesi fa si era candidato sindaco di Rivoli per la coalizione di centrodestra, arrivando – risultato incredibile per un candidato di centrodestra in una città storicamente rossa – fino al ballottaggio.

Di Morena è ancora in linea il sito elettorale, con la sua biografia, dalla quale apprendiamo che è nato a Rivoli da genitori immigrati “dalla provincia di Reggio Calabria”, tanto che ha trascorso le estati della sua giovinezza “a pescare nell’incantevole Stretto di Messina” (il luogo preciso è ignoto; dunque chilometraggio da Locri non pervenuto, ma comunque non elevato). Pertanto, tra una consulenza di finanza etica e il suo lavoro “su un tema molto complesso e particolare che riguarda “La responsabilità Sociale delle Imprese””, deve avere avuto anche il tempo di mantenere rapporti di amicizia con i suoi paesani e di fargli pure qualche favore, naturalmente scorrelato dal suo perdurante successo elettorale in città.

Ma se voi siete di quelli che stanno festeggiando perché ancora una volta i corrotti berlusconiani sono stati scoperti e fermati, forse è il caso che vi fermiate un attimo: perché Morena era sì candidato per il centrodestra, ma fino al giorno prima era assessore al Bilancio della precedente giunta di centrosinistra, nonché membro del direttivo del locale circolo del PDmenoL. Ed era nel centrosinistra, sia pure con proprie liste civiche, almeno dall’inizio degli anni ’90, quando stava nelle file dell’allora PSI.

Non so da dove venga l’attuale sindaco Dessì; so però che anche lui è un ex socialista, e che i rivolesi, liberatisi del sindaco PD uscente Guido Tallone (non calabrese e scaricato dal suo stesso partito dopo un solo mandato) e soprattutto dell’ex ex sindaco e attuale consigliere regionale PD Nino Boeti (il quale invece viene da Taurianova… non temete, lì i chilometri da Locri sono già una trentina), sono stati messi dagli apparati di partito di fronte alla scelta forzata tra due ex compagni di partito socialista: sicuramente una scelta determinante per il futuro della città.

Forse voi pensate ancora a mafia & c. come un fenomeno di costume, limitato ad alcune zone del sud Italia, ma in questo caso è bene che vi svegliate: perché anche da noi, come ormai in tutta Europa, ci sono intere isole mafiose a cielo aperto, e controllano l’economia, il territorio e la politica proprio attorno a noi.

[tags]rivoli, scandalo, morena, ndrangheta, calabria, immobiliari, ediltava, politica, tav, pd, psi, corruzione[/tags]

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martedì 20 Ottobre 2009, 11:16

Tagliarsi da soli

Che l’Università sia luogo di sprechi, favoritismi, raccomandazioni e imboscamenti è noto a tutti; che negli ultimi vent’anni, grazie a una pioggia di fondi pubblici nazionali e locali, siano fioriti ovunque corsi di laurea bizzarri e atenei improbabili, creati soprattutto per dare lustro ai politici locali e per moltiplicare cattedre e stipendi, è altrettanto chiaro. Ben vengano dunque una razionalizzazione e un sano taglio a spese insostenibili e soprattutto inutili.

Questo, tuttavia, non può giustificare il fare di ogni erba un fascio; per questo lascia davvero perplessi l’idea (forse rientrata, non si sa per quanto) del Politecnico di Torino di chiudere tutte le sue sedi decentrate, comprese le due – ormai storiche e molto frequentate – di Mondovì e Vercelli. Ammetto di esserci affezionato – quando a metà anni Novanta ero rappresentante degli studenti nel Consiglio d’Amministrazione del Poli erano aperte da poco, e noi di Torino facevamo la spola per far nascere anche lì un po’ di animazione studentesca – ma davvero non riesco a capire i motivi razionali di una scelta del genere.

Intanto, non si capisce come mai i tagli più pesanti tocchino a una delle migliori università italiane, una di quelle che risultano tra le prime in tutte le classifiche nazionali e che ancora possiedono un po’ di prestigio internazionale. Poi, non si capisce bene il senso di un taglio che porterà con sé inevitabilmente anche un taglio degli studenti – dubito che quelli di Novara o di Savona verranno fino a Torino, più facile che vadano a Milano e Genova – e dunque delle entrate; anche perché chiudere le sedi vuol dire forse risparmiare qualche affitto (spesso peraltro pagato dagli enti locali) e un po’ di docenti a contratto, ma certo non permette di licenziare il personale regolarmente assunto. Insomma, anche in termini strettamente “aziendali” è una scelta strategica e finanziaria che equivale più che altro a un taglio dei propri attributi.

Queste scelte accademiche risultano solitamente da lotte di potere e accordi sottobanco tra le baronie interne; in questo caso non sono addentro e non so quale sia la posta in gioco, anche se alcuni giornali hanno scritto che l’obiettivo del rettore Profumo è “tagliare i costi della didattica per poter investire sulla ricerca”, che temo nella realtà rappresenti il desiderio di smettere di avere sul groppone quei rompiscatole di studenti e quelle noiose ore di lavoro fisso derivanti dall’insegnamento, e di potersi invece fare i fatti propri in ufficio, possibilmente con più soldi per farsi finanziare viaggi all’estero per convegni e qualche portatile nuovo. (Non tutti i docenti sono così, specie al Poli ce ne sono molti che danno l’anima per il proprio lavoro compresa la didattica, ma se voi foste un insigne accademico preferireste sperimentare nuove teorie che vi diano la fama o insegnare per l’ennesima volta le nozioni di base a un manipolo di ventenni, magari rumorosi e svogliati?)

Tuttavia, il vero problema dell’Università è un altro: come nella scuola, è l’ennesimo patto al ribasso di questa Italia. Qui il patto è: ti do pochi soldi (gli stanziamenti italiani per l’Università sono generalmente la metà che nel resto d’Europa) ma puoi farne quel che vuoi, nessuno ti verrà a rompere le scatole se assumi tuo figlio o se il tuo ultimo lavoro scientifico risale al secolo scorso. Il risultato è il profluvio di scandali e sprechi dei nostri atenei, che a sua volta giustifica agli occhi dell’opinione pubblica ulteriori tagli, che finiscono per ridurre ancora lo spazio per fare istruzione e ricerca di alto livello, il che fa scappare all’estero le persone capaci e lascia gli atenei nelle mani di mediocri e raccomandati, che causano altri scandali e sprechi e così via, in una spirale di degrado senza fine.

E’ lì che bisogna intervenire: aumentando i fondi in modo che l’Università non torni ad essere un privilegio per pochi, ma nel contempo introducendo una meritocrazia feroce e un controllo spietato su come questi fondi vengono usati.

[tags]università, politecnico, torino, tagli, gelmini, mondovì, vercelli[/tags]

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sabato 17 Ottobre 2009, 11:15

Stormi d’uccelli neri

Ieri sera, dal balcone di casa mia.

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[tags]uccelli, migrazione, inverno, panorama, torino, carducci[/tags]

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venerdì 9 Ottobre 2009, 20:33

A lavorare

Stamattina, mentre facevo colazione, ho acceso il televisore per sentire le ultime novità e sono capitato su RaiNews24, il canale di notizie della Rai. Oltre al presentatore della rassegna stampa, c’era in studio un commentatore di lusso:

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…la nostra deputata di casa Livia Turco, già bella in piedi e arzilla alle otto e mezza del mattino, pronta a svolgere il proprio duro lavoro di rappresentante del PDmenoL in televisione.

Che male c’è, direte voi? Beh, è la stessa Livia Turco che una settimana fa, non andando a lavorare il giorno in cui si doveva votare in Parlamento lo scudo fiscale, ne ha bellamente permesso l’approvazione.

Evidentemente, è tutta questione di priorità.

[tags]parlamento, scudo fiscale, livia turco, pd, assenze, deputati, televisione[/tags]

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martedì 29 Settembre 2009, 11:32

Fanculo al futuro

Un trentenne, commentatore fisso di questo blog, compra casa in un bel palazzo anni ’70, di quelli con i marmi nell’ingresso e il doppio ascensore. Solo dopo essersi trasferito scopre che lo aspettano migliaia di euro di lavori urgenti per il rifacimento di muri e facciate: infatti da decenni non è stato fatto alcun lavoro di manutenzione straordinaria, dato che nel palazzo i condomini sono quasi tutti vecchi che non hanno più interesse a fare investimenti di lungo termine.

La stessa situazione si ripete anche nel mio palazzo; il motore dell’ascensore da circa un mese emette un ronzio preoccupante, udibile distintamente dal piano di sotto, che, oltre a disturbare, è probabilmente segno di una forte perdita di corrente, magari anche pericolosa. A tutte le segnalazioni, la risposta dell’amministratore è stata che sì, lo faremo vedere, ma solo quando tra un mesetto arriverà la visita di manutenzione programmata, perché altrimenti il condominio dovrebbe pagare al tecnico cinquanta euro di chiamata, e dato che quasi tutti nel palazzo sono anziani pensionati si oppongono a qualsiasi spesa.

Dopo questi aneddoti, capisco meglio perché Torino è piena di palazzi sporchi e cadenti, i cui abitanti non fanno alcuna manutenzione a meno che non arrivi una ordinanza comunale contro il degrado (possibilmente con qualche incentivo economico). Purtroppo, però, non si tratta solo della manutenzione delle case.

Alle ultime elezioni, ero rimasto colpito dallo scoprire che oltre il 70% degli elettori torinesi ha più di 40 anni, ossia è già nella metà conclusiva della propria esistenza; quasi il 40% ne ha più di 60, e ha dunque una aspettativa di vita media di una quindicina d’anni. Fuori Torino, nelle campagne e nelle colline, è anche peggio: i giovani sono una rarità. Non è quindi un caso che tutta la politica italiana si concentri su pensioni, badanti e sanità; soprattutto, non è un caso che l’Italia sia gestita con le stesse logiche dei suoi condomini, cioè con una programmazione del bilancio statale mirata a spendere ora cifre insostenibili per l’assistenza ai vecchi, scaricando i conseguenti debiti sulle future generazioni, e a risparmiare nel frattempo su qualsiasi investimento di medio-lungo termine.

E’ anche per questo che si moltiplicano i trattamenti speciali per gli anziani – riduzioni sull’autobus, sul cinema, sui costi sanitari, persino l’esenzione dai divieti di circolazione anti-inquinamento – anche se, nell’Italia di oggi, in genere gli anziani sono più ricchi dei loro figli, mentre i loro nipoti spesso non riescono nemmeno a concepire una propria indipendenza economica; eppure, per i ventenni di facilitazioni proprio non se ne parla. Infatti, quando si tratta di vincere le elezioni, il gruppo sociale decisivo sono proprio gli anziani; dunque è lì che si concentrano le lusinghe e le attenzioni della politica.

Per le nostre democrazie è un problema nuovo; fino a trent’anni fa, la struttura demografica della società era molto diversa, con una abbondanza di giovani e una scarsità di anziani. All’estero, qualcuno ha già avanzato proposte interessanti: per esempio quella di concedere il voto anche ai minorenni, neonati compresi, facendolo esercitare dai loro genitori, che almeno in teoria dovrebbero avere a cuore il loro futuro; o quella di rovesciare il tradizionale principio della “camera dei vecchi” – anche da noi, il Senato è riservato agli elettori oltre i venticinque anni – sostituendolo con una “camera dei giovani”, cioè facendo eleggere uno dei due rami del Parlamento solo dagli elettori ancora in età lavorativa. Naturalmente, c’è il problema che queste misure dovrebbero essere approvate da una politica in mano agli anziani: è proprio il caso di dire “campa cavallo”.

[tags]politica, giovani, anziani, demografia, condomini, investimenti, futuro[/tags]

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lunedì 28 Settembre 2009, 14:00

Passando alla cassa

Oggi vi racconto una scena a cui ho assistito personalmente, e che mi ha fatto venire molti dubbi.

Venerdì pomeriggio, Lidl di via Borgo Ticino, dietro piazza Rebaudengo. Siamo in coda per pagare, e subito davanti a noi ci sono tre rom del vicino campo nomadi: un adulto di 35-40 anni, un bambino di una dozzina e un bimbetto di un paio, seduto dentro il carrello; davanti a loro c’è una signora italiana di mezz’età. Mentre è il turno della signora, la cassiera vede il bimbo piccolo e comincia a sorridergli, e così lei e la signora italiana si mettono a parlare col padre di bambini, e quanto è bello averli, e la cassiera si lamenta che è difficile, e il rom scherza che “è il marito che non funziona”; a un certo punto la cassiera, battendo i primi pezzi della grossa spesa dei rom, compresa roba da bambini, dice “sì però quanto costa mantenerli!”.

A quel punto il padre risponde così: “Eh non dirlo, sai a noi ci danno solo trecento euro al mese per ogni bambino, io ne ho fatti cinque ma con millecinquecento euro al mese è difficile pagare tutto…”. Attimo di stupore, a quel punto il padre aggiunge “Ma tanto li danno anche a voi no?”, e la cassiera basita risponde che no, che a lei risulta che il Comune dia mille euro una tantum, solo per il primo bambino, anzi forse “a mia cognata l’hanno dato solo se faceva il secondo”. Percependo un po’ di sconcerto, il signore rom aggiunge che “Però è solo la mia zona… Infatti nella mia zona è difficile entrare, non fanno entrare più nessuno… ma poi bisogna vedere…”.

La signora di mezza età, che ha finito di insacchettare la sua spesa, a quel punto sbotta e con tono secco dice che lei voleva tanto avere due figli, ma ne ha fatto uno solo perché non poteva permettersi il secondo, e che gli italiani i figli se li pagano da soli e non li aiuta nessuno. Il rom allora fa piena marcia indietro e dice che no, era uno scherzo, anche a loro nessuno dà niente; anzi, questa voce che i rom ricevono soldi e sovvenzioni è una cattiveria, messa in giro apposta perché tutti ce l’hanno con gli zingari. Quindi paga con una banconota da cinquanta euro (che la cassiera per prima cosa infila nel verificatore per controllare che non sia falsa), infila tutta la spesa di corsa nel carrello ed esce.

A quel punto, mentre passa la mia roba, la cassiera chiama il direttore e cambia totalmente tono; piuttosto incazzata, gli dice “Hai visto! Questi fanno i figli apposta e ricevono un sacco di soldi, millecinquecento euro al mese e poi hanno anche la faccia di venire qui a lamentarsi! Pazzesco!”.

Sarà vero? Sarà falso? A me, durante la campagna elettorale, ha fatto sorridere (ma anche preoccupare) sentire persone che ci approcciavano per lamentarsi che “agli extracomunitari danno gratis pure la tessera della piscina”. Però, dopo aver sentito tutto questo con le mie orecchie sono piuttosto sconcertato; è noto che le bollette dell’elettricità e dell’acqua dei campi nomadi sono da sempre pagate dai contribuenti torinesi, anche se ad intermittenza esce la notizia che vogliono cominciare a fargliele pagare, senza mai riuscirci; ma all’idea che gli diano pure dei bei soldi in mano – direttamente dalle casse comunali, o più facilmente sovvenzionando con fondi pubblici qualche pia associazione senza scopo di lucro che si tiene un bel compenso e gli passa il resto – onestamente non vorrei proprio credere. Eppure l’hanno detto loro…

[tags]rom, zingari, assistenza, nomadi, campi, torino, figli[/tags]

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sabato 26 Settembre 2009, 09:11

Trasferiamoci a Crotone

Il Sole 24 Ore ha pubblicato questa settimana gli esiti di una interessante inchiesta sulla qualità della vita nelle province italiane, partendo dal presupposto ormai sempre più assodato che il PIL non è tutto e che bisogna dunque tenere conto di tanti altri fattori, dalla qualità dell’ambiente all’effettiva disponibilità di ricchezza spendibile per abitante, passando per l’istruzione e le attività sociali e culturali.

L’effetto è degno di nota: mentre le classifiche basate sul PIL vedono solitamente l’Italia ordinata rigorosamente da nord a sud, quelle sul benessere sono un po’ più mescolate, e mostrano più chiaramente come l’aumento della produttività media non corrisponda necessariamente a una vita migliore. Così, in testa ci sono la Romagna e le Marche, e poi tante piccole e medie province del centro-nord.

La cosa per noi più significativa è però che, in termini di qualità della vita, il nord-ovest arranca: Piemonte e Liguria sono nettamente indietro al resto del nord e di quasi tutto il centro Italia. In particolare, queste sono le posizioni e i punteggi delle province piemontesi:

34    Cuneo                   116,4
52    Biella                  104,3
54    Novara                  100,5
59    Vercelli                98,5
64    Asti                    95,9
71    Alessandria             91,8
72    Verbano-Cusio-Ossola         90,4
77    Torino                  86,8

Se Cuneo emerge, le altre province sono attorno alla media nazionale (valore 100) o decisamente sotto, fino al caso di Torino, che viene subito prima di Roma e Bari, ma subito dopo Crotone, Salerno, Nuoro e Oristano. E sentirsi dire che ormai si vive meglio a Crotone o a Salerno che a Torino non è certo una grande notizia, specie a fronte della favoletta che ci viene costantemente raccontata della città olimpica, attrazione turistica globale e capitale cultural-tecnologica nazionale.

Nonostante la serietà della fonte, si tratta ovviamente di un singolo giudizio; magari cambiando gli indicatori il risultato sarebbe stato diverso. Eppure, credo che il confronto con le altre regioni della pianura padana – leghiste o rosse che siano – debba davvero allarmarci. Una volta eravamo un territorio che non sapeva vendersi, ma con tanta solidità sotto. Ora passiamo il tempo a raccontarci fuffa, ma le fabbriche chiudono, l’ambiente si deteriora, le nostre città sono lasciate al degrado e le prospettive sono sempre più stagnanti.

[tags]il sole 24 ore, pil, benessere, italia, confronto, province, piemonte, torino[/tags]

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venerdì 25 Settembre 2009, 09:35

Senza pudore

È di oggi la notizia che Chiamparino e Saitta propongono una ammucchiata in Valsusa: pur di garantire ai gruppi di potere che li sostengono l’allettante torta della Tav, sono disposti addirittura a sconfessare i propri sindaci sul territorio – che si limitano a riportare quello che gli dicono i loro elettori – e ad accordarsi col PDL di Osvaldo Napoli, ex sindaco di Giaveno e ora vicepresidente berlusconiano della Camera, per scegliere insieme la nuova dirigenza della Comunità Montana della valle.

E dire che quando un anno fa sulle pendici del Musiné fu realizzata (alla luce del sole e con tanto di autorizzazione della Forestale…) la scritta “NO MAFIA” – un concetto su cui in teoria tutti dovrebbero essere d’accordo – denunciando sia gli accordi sottobanco tra tutte le forze politiche e i grandi interessi economici che stanno dietro alla Tav, sia l’infiltrazione della criminalità organizzata negli appalti delle grandi opere, lo stesso Napoli commentò la cosa definendone gli autori “personaggi disgustosi, vigliacchi, incapaci di razionalità” (lo fece su Repubblica, perché con i giornali locali che si rifiutano di fare interviste sdraiate si comporta come Berlusconi).

In teoria, a un personaggio del genere il centrosinistra dovrebbe fare opposizione dura; eppure, sotto sotto, poi si vede che l’inciucio regolarmente avviene, che tutti si mettono d’accordo perché la grande opera arrivi e con essa una pioggia di soldi pubblici per tutti, a costo di commissariare gli esponenti locali del proprio partito e ignorare i loro elettori – tanto, i voti che si perdono in Valsusa, dove la gente sulla Tav sa di cosa si parla e non si fa infinocchiare, si recuperano nel resto della provincia grazie alla propaganda unanime di tutti i giornali.

A questo punto, parlare di mafia o meno è soltanto questione di definizioni.

[tags]mafia, valsusa, tav, giaveno, osvaldo napoli, chiamparino, saitta, berlusconi, opposizione, informazione[/tags]

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martedì 22 Settembre 2009, 10:30

Apre il passante, a metà

Era un po’ che aspettavamo che qualcuno desse la notizia, e finalmente si sono degnati di farla uscire, con ben cinque giorni di anticipo: da domenica prossima apre il passante ferroviario tra Porta Susa e corso Grosseto, e i treni per Milano si spostano in sotterranea. Per ora apre solo un binario, quello in direzione nord, mentre i treni che arrivano da Milano continueranno a fermare in superficie; dal 18 ottobre però aprirà anche il secondo, e tutti i treni andranno in sotterranea, mentre i binari di Porta Susa – i primi dei quali entrarono in servizio il 25 maggio 1854 – andranno in pensione dopo oltre 155 anni. Contemporaneamente chiuderà per sempre anche la stazione di Torino Dora, in cui il servizio risale al 20 ottobre 1856; ne riaprirà forse una nuova tra qualche anno, quando troveranno i soldi per costruirla in sotterranea sul passante.

Sarebbe una data storica, se non fosse la classica inaugurazione all’italiana. Non soltanto per l’approssimazione con cui è stata gestita: di informazione finora non c’era nulla, e le date erano trapelate da poco tempo sui forum degli appassionati e dei pendolari solo per via delle informative interne, ma l’orario ufficiale di questo primo periodo è stato pubblicato solo in questi giorni, mentre per il secondo periodo ancora non si sa nulla. Inoltre, l’attivazione dei binari richiederà lavori che dureranno per 24 ore ogni volta, dal sabato sera alla domenica sera, sia domenica prossima che domenica 18 ottobre; in queste giornate molti treni saranno soppressi, limitati a Torino Stura o a Chivasso, o fortemente ritardati… eppure nessuno ancora sa esattamente quali; il sito di Trenitalia vende i biglietti per domenica come se nulla fosse…

Anche passata la transizione, tuttavia, il servizio sarà molto difficoltoso. Come forse avrete letto, l’azienda che aveva in appalto la costruzione della nuova stazione di Porta Susa è fallita qualche tempo fa, e i lavori a fine marzo si sono bloccati. Pare che stiano per riprendere, tuttavia della nuova stazione – pur inaugurata in pompa magna quasi un anno fa – esistono solo quattro dei sei binari sotterranei e i relativi corridoi di accesso, con ingresso dal marciapiede di corso Inghilterra e – solo per quello nord – dal marciapiede del binario 3 della vecchia Porta Susa. Dentro non c’è niente: non un bar, non una biglietteria, nemmeno le macchinette automatiche; si può solo scendere al binario e prendere il treno. Questa situazione durerà almeno fino a marzo 2011 (data prevista…), quando si potranno inaugurare le prime parti del nuovo fabbricato viaggiatori e collegare i binari alla nuova fermata della metro, quella “fantasma” dove i treni della metro si fermano senza aprire le porte già da due anni.

Per questo motivo, ancora per due anni resterà attivo l’edificio della vecchia stazione, con tutti i relativi servizi (biglietterie comprese). Comprato il biglietto, il giornale o il panino si dovrà però attraversare a piedi la zona dei vecchi binari, spostarsi verso sud di un centinaio di metri ed entrare al capo nord della nuova stazione, per poi continuare a spostarsi a piedi verso sud (il capo sud dei marciapiedi è circa all’altezza di corso Vittorio). Bisogna dunque scordarsi di arrivare in stazione all’ultimo, perché dalla fermata della metro ci sono almeno cinque minuti a piedi, e fino a fine ottobre bisognerà addirittura scendere nel sottopassaggio della vecchia stazione per risalire poi dalla strettissima scala del binario 3 (voglio vedere coi regionali per Milano…).

Forse siamo noi a lamentarci sempre, ma in un altro paese non sarebbero certo arrivati a spostare il traffico di una delle principali stazioni cittadine senza aver pronto almeno un minimo di servizi e locali per i viaggiatori e senza aver spostato i trasporti pubblici urbani; non credo che sia chiedere troppo da chi pianifica lavori di questa portata.

[tags]ferrovie, torino, porta susa, dora, passante, lavori[/tags]

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sabato 19 Settembre 2009, 13:43

Commercianti

Oggi su Specchio dei Tempi c’è una lettera sul mercato del pesce di Porta Palazzo che mi ha fatto venire in mente la mia esperienza.

Qualche tempo fa siamo andati come al solito a mangiare kebab da Demir in piazza Adriano; al momento di pagare, sapendo già quanto faceva, ho lasciato lì i soldi giusti e non ho pensato di aspettare lo scontrino. La signora ha preso i soldi, ha fatto lo stesso lo scontrino, poi mi ha inseguito ed è uscita fuori pur di darmelo.

In compenso, un sabato pomeriggio siamo andati anche noi a comprare il pesce a Porta Palazzo, in uno dei tanti banchi del mercato coperto. Individuata la merce, ci è stato fatto un prezzo a occhio, senza assolutamente pesarla; e vabbe’, non è vietato fare prezzi al pezzo, anche se quando si espone un prezzo al chilo sarebbe obbligatorio pesare la merce e calcolare il prezzo di conseguenza. Nel frattempo, uno dei clienti ha pagato lanciando i soldi verso la signora del banco; i soldi sono atterrati in mezzo al pesce, al che la signora si è sporta e li ha recuperati, e poi, senza pulire né il pesce né le mani, ha preso il pesce per noi, il quale è stato strascinato su una parte chiaramente sporca del piano inclinato su cui era esposto, poi impacchettato e lanciato nel sacchetto verso di noi. Abbiamo pagato, stavolta senza lanciare i soldi, e naturalmente di scontrini e registratori di cassa non c’era nemmeno l’ombra.

Pensando che questi sono i commercianti italiani che passano il tempo a piangere miseria, accusando ciclicamente le tasse, i giornali che spargono pessimismo, le piste ciclabili e le isole pedonali che tolgono parcheggi e via dicendo, mi è venuto in mente che forse sarebbe bene se molti di loro fossero sostituiti il più presto possibile da quelli turchi…

[tags]commercio, torino, tasse, mercato, porta palazzo, igiene, evasione fiscale[/tags]

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