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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


mercoledì 12 Marzo 2008, 18:24

Un cielo su Torino

Oggi è una giornata bellissima, con un cielo terso spazzato dal vento, una luce abbagliante e le montagne sullo sfondo, immerse però in nuvole lontane. E’ in queste situazioni che a Torino si respira il gelo che scende dalle Alpi, e si vive una strana contraddizione tra il sole che splende e l’odore di freddo che incombe. Anche se c’erano venti gradi, erano venti gradi freddi: come a suggerire che sì, oggi fa caldo, ma domani tornerà la coda dell’inverno.

Dal balcone di casa mia si vede tutto insieme: la città che prosegue ordinatamente e a lungo, ma che finisce per sbattere contro la corona insormontabile delle montagne.

DSC02427.JPG

E’ dalle montagne che il freddo si dilata in spire invisibili, e nasconde già il sole. Cosa ci sia dietro la coltre nuvolosa, non è certo: potrebbe esserci la Valle di Susa, ma anche la Nuova Zelanda o l’intera Terra di Mezzo.

E’ per questo che Torino, apparentemente chiara e di immediata comprensione, nasconde in realtà ogni genere di magia: perché è proprio quando la figura è semplice, come un cerchio su un piano cartesiano, che può nascondere le maggiori complessità.

[tags]torino, nuvole, montagne, piano cartesiano, magia[/tags]

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lunedì 10 Marzo 2008, 10:49

Di cosa scrivono i giornali

Ero già rimasto colpito ieri, aprendo la prima pagina dell’edizione online della cronaca di Torino de La Stampa, e trovando come seconda e terza voce due articoli sulle donne: prima una intervista al cardinale Poletto centrata sull’ineffabile esortazione “Chiamatele mogli, non compagne”; e soltanto dopo il reportage su migliaia di donne e uomini in corteo per l’otto marzo, per i diritti e per la parità. In questo momento l’intervista al cardinale è ancora lì nei titoli di testa, mentre il reportage è già scivolato nelle notiziole di fondo pagina; e continuo a restare perplesso all’idea che all’opinione di uno, su un giornale teoricamente imparziale, venga data più evidenza che a quella di ottomila, solo perché questo uno è un cardinale di Santa Romana Chiesa.

Stamattina sono rimasto altrettanto perplesso da un’altra osservazione: La Stampa, in home page, apre i rimandi della sezione economica con una intervista a Fabrizio Palenzona, già presidente della provincia di Alessandria per il centrosinistra, poi consigliere di Mediobanca, vicepresidente di Unicredit e tante altre cariche, e anche presidente dell’Aiscat, l’associazione delle società autostradali, di cui fa parte il suo grande amico e conterraneo Marcellino Gavio, quello dei lavori infiniti sulla Torino-Milano; infatti, quando Di Pietro litigò con Palenzona, lui rassegnò le dimissioni e poi, tra le lacrime e in mezzo agli applausi dei soci dell’associazione capitanati da Gavio, accettò con riluttanza di ritirarle.

Bene, Palenzona si lamenta: dice che così, cioè con la riforma dei contratti autostradali realizzata da Di Pietro, non si può andare avanti; che nessuno investirà più nella costruzione di autostrade se c’è il pericolo che lo Stato ci metta troppo il becco, e che anzi ci sono trenta miliardi di euro che i privati sarebbero pronti ad investire, creando zilioni di posti di lavoro e nuove opportunità di sviluppo, ma che Di Pietro glieli blocca; in sintesi, come dice il titolo, “ci rivolgeremo al prossimo governo”. Senza dubbio Palenzona pregusta il momento in cui a fare il sottosegretario ai Trasporti tornerà un altro suo grande amico, Ugo Martinat; a scanso di equivoci, però, gli risponde comunque anche D’Alema, per precisare che anche se vincessero loro Palenzona riceverebbe la giusta attenzione, creando “una autorità terza per ricostruire un quadro di regole sicure”, ossia sottraendo a Di Pietro il potere di rompere i coglioni.

E’ comunque legittimo che Palenzona utilizzi i propri ganci con la Busiarda per difendere i propri interessi; eppure, completamente per caso, poco dopo ho trovato questo articolo, sull’edizione locale fiorentina di Repubblica. Sapete quanto poco mi piacciano i protestatari anti-sviluppo, ma è indubbio che certe scelte progettuali appaiano scriteriate, quando non proprio in cattiva fede, e che si dovrebbe trovare il modo per costruire le infrastrutture impattando il meno possibile sul territorio.

Anche questo è un punto di vista legittimo; peccato che i giornali lo releghino nelle edizioni locali, e quando ne parlano i titoli principali è sempre e soltanto per raccontare scontri o per criticare l’irritante riluttanza della gente a farsi costruire un’autostrada, una discarica, una ferrovia al posto del bosco davanti a casa.

Probabilmente questo modo di trattare le notizie è funzionale a una casta giornalistica – non tanto a livello del povero cronista medio, che infatti nella settima di cronaca scrive ciò che vuole, ma piuttosto a livello di direttori e grandi firme – che sopravvive lautamente grazie alle connessioni con il potere. E’ però triste che anche i grandi giornali si siano ormai trasformati in tifoserie affaristico-politiche, perdendo in buona parte la capacità di essere obiettivi e disinteressati. Peggio, è uno degli elementi che aumentano la frustrazione tra la gente, e i conseguenti rischi di esplosione sociale.

Per fortuna, per capire veramente le cose, ci resta Internet, ed è una grande differenza rispetto anche solo a dieci anni fa; almeno finché il Gentiloni di turno non riuscirà ad imbavagliare anche quella.

[tags]giornali, giornalisti, la stampa, internet, chiesa, donne, autostrade, ambiente, censura[/tags]

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venerdì 7 Marzo 2008, 15:16

Scava scava

Per carità, riqualificare un pezzetto di città va sempre bene, ma sono rimasto perplesso nel leggere che l’amministrazione comunale ha un nuovo magnifico progetto per rifare piazza Arbarello, prima aumentando la profondità del parcheggio sotterraneo per togliere le auto (un’idea semplice semplice, giusto poco costosa), e poi unificando la piazza alberata con lo spiazzo esistente verso via Garibaldi per realizzare un’area pedonale, con al centro un “padiglione tutto acciaio e vetro” che ospiterebbe le attuali bancarelle di libri e altre attività culturali.

Sono rimasto perplesso per prima cosa perché a duecento metri di distanza c’è già un “padiglione tutto acciaio e vetro”, quello di Atrium Torino, che stanno invece per demolire. E per seconda cosa perché non più tardi di due anni fa, forse anche meno, hanno speso un sacco di soldi per riorganizzare lo spiazzo a parcheggio, aggiungendo le transenne, cambiando la circolazione e così via.

Chissà perché, da quando a Torino è al governo il centrosinistra, si continua a scavare e costruire e demolire e ricostruire qualsiasi cosa: strade, autostrade, ferrovie, linee tramviarie, fogne, palazzi, grattacieli, centri commerciali, stadi… Sarà anche giusto sviluppare le infrastrutture, ma non è che c’entrano qualcosa anche i rapporti di amicizia (quando non di parentela) tra i locali costruttori e i locali amministratori?

[tags]torino, arbarello, costruzioni, politica, edilizia[/tags]

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sabato 1 Marzo 2008, 12:57

I senza cena

Ieri pomeriggio, uscendo dall’ufficio, sono andato a fare la spesa all’Ipercoop di via Livorno. Come ben sapete, io sono un affezionato del Lidl; tuttavia, circa una volta al mese vado all’Ipercoop per quel po’ di cose che al Lidl non si trovano ma che per me sono vitali – ad esempio le lenticchie precotte in latta, o le confezioni di latte UHT da mezzo litro – o per cui sono rimasto affezionato alla marca Coop (essenzialmente la pasta).

Bene, ieri avrò anche fatto una spesa relativamente grossa, che mi durerà per molte settimane; è vero che ci ho messo dentro sette euro di birre speciali che avevo finito (vuoi mica che venga a trovarmi Andrea e io non abbia la Leffe!); è vero che mi sono sbizzarrito, comprando quattro euro di trota (che sono finiti nella mia pancia in serata, insieme a quattro patate tagliate sottili sottili e sottofritte in qualche millimetro d’olio), e altrettanti di pecorino, e un po’ di mortadella fresca, e poi ho anche investito in sei euro di barattolone di acciughe da immergere nel bagnetto verde (vetro ed etichette comprese).

Però alla fine, per una spesa comunque limitata a alcune cose specifiche, e prendendo dappertutto il prodotto meno caro e quantità da single, ho speso 35 euro; se pensate che il mio scontrino medio settimanale al Lidl è di 15 euro, e l’ultima volta – pur comprando anche lì carne, formaggio e biscotti – sono rimasto sotto i dieci…

Insomma, sarà anche vero che il supermercato del Partito Democratico ti vende insieme alla spesa anche una sensazione di alternativ – equosolidal – progressismo (tutta da giustificare, peraltro); però ho capito com’è che, discutendo del costo della vita sui forum, quando dico che si può vivere tranquillamente con 100 euro di cibo a testa al mese, salta sempre fuori qualcuno che mi dice che sono uno stolto e che con meno di 300 non ce la si fa, e che il suo stipendio misero deve essere aumentato a tutti i costi dalla collettività per permettergli di “sopravvivere”.

Poi vai a indagare, e ti dice che “già per colazione servono sei euro al giorno, perchè io e mia moglie senza il Danone LC1 non possiamo vivere”. Naturalmente comprato nel supermercatino sotto casa perché andare fino all’ipermercato cinque minuti più in là è troppa fatica, e non parliamo del discount, “mica vorrai che faccia la spesa in mezzo ai romeni”.

Io, non avendo problemi di soldi, sono sempre molto cauto nel fare le pulci a chi ne dichiara. Tuttavia, credo che tutta la lamentazione che si sente in giro vada presa con una grossa cautela. Tranne pochissimi, non c’è nessuno in Italia che muoia di fame; c’è invece una significativa fascia di lavoratori piccolo-borghesi che non riesce ad accettare il fatto di non potersi permettere una macchina nuova ogni tre anni, un cellulare nuovo ogni Natale e le vacanze a Sharm quando si ha voglia.

Basta del resto leggere le cifre: a Torino ci sono quattromila persone che vanno a mangiare alle mense, ossia lo 0,4% della popolazione; eppure, a sentirsi poveri sono il 40%. Il residuo 39,6% probabilmente è formato da persone insoddisfatte del proprio stipendio, o al massimo da quelle persone che lo stesso assessore Borgione definisce così: Sono cresciute invece quelle che chiedono aiuto perché non sono più in grado di mantenere il loro tenore di vita. Hanno perso il lavoro, o vivono di occupazioni precarie. Avevano impostato uno stile di vita, e magari fatto ampio ricorso al consumo al credito, sulla base di un reddito che ora non c’è più.”

Definire qual è lo stile di vita minimo che è “giusto” che la collettività garantisca a ogni cittadino – nonché se tale garanzia vada data in termini di soldi in mano, o in termini di opportunità per guadagnarli – è una questione difficile e profondamente legata all’etica personale. Io mi limito a dire che, in un momento in cui si diffonde a livello di massa la sensazione di “aver diritto” a livelli di vita che richiedono una quantità di risorse che chiaramente la collettività non ha, la rivolta sociale e la legge del più forte sono dietro l’angolo.

[tags]economia, società, stipendi, spesa, lidl, ipercoop, torino[/tags]

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domenica 24 Febbraio 2008, 17:00

Cronache dal Barcamp (3)

Il pomeriggio del Barcamp si è svolto regolarmente e anche velocemente, visto che verso le 16,30 era già tutto quasi finito. Forse si poteva allungare un po’ il pomeriggio, ma alle 18 c’era la partita (anche se, più che una partita, è stata una esibizione di caos quantistico allineatosi puntualmente nel modo più sfigato possibile per il Toro) e quindi buona parte dell’organizzazione doveva scappare allo stadio; del resto, molti di coloro che si erano segnati per parlare non si sono poi materializzati, oppure sono giunti febbricitanti e scarsamente disposti.

A inizio pomeriggio, ho assistito all’intervento di un tizio dal doppio cognome che ha esposto i ben noti problemi di vecchiume del mondo politico italiano. Un ascoltatore remoto l’ha definito “Pierpiersilvio” per il modo un po’ da forzaitaliota (del resto, come fornitore, ha fatto un sito per Forza Italia, e ammetto che la cosa a priori mi puzzava un po’ – come mi sarebbe puzzato l’aver lavorato per il PD, non è questione di partito ma delle logiche con cui i partiti si scelgono i fornitori) ma le considerazioni fatte erano condivisibili; se mai, il punto era “e quindi?”. L’intervento (oltre a sforare, in modo un po’ maleducato, di dieci minuti perchè “ho cominciato dieci minuti dopo”) si concludeva con una disamina di varie piattaforme del “partito di Internet”; idea che torna fuori a intervalli regolari e che invece, secondo me, è deleteria.

Infatti, come ho detto subito dopo nel mio intervento, invece di fondare un partito, che rischia soprattutto di aprire dinamiche di autopromozione da parte di singoli individui, ̬ il caso di lavorare su proposte pratiche, e sulla costruzione della coscienza di come esista una intera generazione di persone con esigenze e problemi simili, attualmente invisibili e non considerati dalla politica. Io comincerei quindi a discutere proposte specifiche su temi come pensioni, welfare, assistenza, esigenze di vita quotidiane dei giovani lavoratori di questo Paese, quelli che Рcome dicevamo Рlavorano con la conoscenza.

Il mio intervento – che volutamente non è stato un discorso, ma la descrizione di un problema seguita da un sollecito per il dibattito in sala – è piaciuto e ha raccolto grande sostegno, non solo da parte di amici come Enrico e Vittorio, ma da parte di persone che nemmeno conoscevo. Io, pur essendo ovviamente preso da mille questioni lavorative e personali, non vorrei lasciar cadere la questione; e naturalmente sarà benvenuto chi vorrà contribuire alla costruzione di una infrastruttura innovativa, sia tecnica che organizzativa, per promuovere questa discussione.

Dopo di questo, mi sono accasciato esausto su una sedia, non prima di aver visto Elena vincere una fonera (prima o poi gliela frego e la provo) e aver sentito qua e là altre presentazioni interessanti, da tal Salvatore Aranzulla che compirà diciott’anni domani (molti complimenti per l’intraprendenza) fino a Iron Bishop che presentava Wikipedia.

In conclusione, è stato un ottimo evento, anzi troppo corto; secondo me si dovrebbe trovare il modo di farlo in un luogo più ampio, su una giornata intera o su due mezze giornate, e con un programma un po’ meglio organizzato, visto che a me questa anarchia totale del modello barcamp piace poco, è dispersiva e non permette di scegliere a ragion veduta cosa seguire. Sarà che di eventi simili all’estero ne ho visti già un po’, e mi sembrano funzionare meglio; comunque credo che lo spazio in Italia ci sia, e mi piacerebbe che Torino diventasse il punto di riferimento italiano anche su questo.

[tags]torinobarcamp2008, torino, barcamp, lavoratori della conoscenza[/tags]

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sabato 23 Febbraio 2008, 14:24

Cronache dal Barcamp (2)

La mattinata si è conclusa con una presentazione di Matteo “LastKnight” Flora, sulle leggi e sui filtri seminascosti che il governo italiano mette a Internet, con tanto di citazioni sputtananti dei vari politici. In sala ha avuto un successone, mentre il pubblico online ha invece reagito sbertucciandolo per la sua mise e i suoi atteggiamenti un po’ istrionici; ma si sa, il pubblico online è spietato.

E’ quindi seguito un ottimo buffet di roba dall’aria molto slow food, ma da ingurgitare in venti minuti perché dovevano fare due turni. Anche in questo Barcamp si è dimostrato che, non importa l’ambiente, il buffet viene sempre plunderato (è il termine tecnico che si usa nei giochi strategici da tavolo per la devastazione totale di un esagono allo scopo di estrarne la maggior quantità di risorse possibile nell’immediato; e poi non cresce più nemmeno l’erba). Comunque, al di là di alcuni vecchietti che reinterpretavano da vicino episodi della grande fame irlandese del 1848 senza alcuna dignità, il tutto si è svolto in modo ordinato e il rancio era ottimo e abbondante (burp).

Si è appena ripreso con un intervento che pare impostato sul leit-motiv “e forza rete, che siamo tantissimi”, e poi alle 14,30 parlerò io.

[tags]torinobarcamp2008, torino, barcamp[/tags]

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sabato 23 Febbraio 2008, 12:20

Cronache dal Barcamp (1)

Il Barcamp è iniziato, già alle 10,30 (così presto?), con una presentazione improvvisata da Axell e Vittorio, seguita da un buco nel programma che ho pensato di riempire io, con una pillola di Hacking the United Nations che ha avuto, mi pare, buon successo. Poi, nella stessa stanza, è stato presentato Blogmeter.it, altrettanto interessante.

Poi però è arrivato lui: un tizio dall’accento romanissimo che ha speso 15 dei 30 minuti a lui allocati per far partire le slide, e poi ha cominciato con una presentazione orrenda, esposta male, e soprattutto squallidamente pubblicitaria: in pratica ha fatto uno spottone a Cupido.it essenzialmente buttando merda sui concorrenti, sin dal titolo “Stop al supermarket dei sentimenti”. Ma noi siamo beneducati e non l’abbiamo fischiato.

Il mio intervento vero, su questo tema qui, sarà alle 14,30 nel salotto rosso e sperabilmente visibile online qui. Accorrete numerosi!

[tags]torinobarcamp2008, torino, barcamp, internet[/tags]

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venerdì 22 Febbraio 2008, 20:44

Webdays

Oggi pomeriggio (al mattino ero impegnato) mi sono sparato la prima dose di happening internettaro, seguendo metà dei Webdays; che poi era un giorno solo, quindi avrebbero dovuto chiamarlo Webday e basta. All’inizio mi sono spaventato, visto che sono arrivato alle 14,10 e la sala era sostanzialmente deserta; del resto il posto non invoglia.

Il luogo infatti è il Circolo dei Lettori, a prima vista una delle cose più snob e pretenziose mai concepite da mente umana, situato in pieno centro, in un palazzo nobiliare con stucchi e marmi, presidiato da vari livelli di porte e uscieri; come a sottolineare il fatto che la lettura è soltanto per un’élite e che tutti gli altri sono dei porelli.

Comunque, verso le 14,45 si è raccolto un buon pubblico e inizia la prima sessione, moderata da Vittorio Pasteris e dedicata al rapporto tra Internet e giornalismo; la star è Anna Masera, responsabile della parte Internet della Stampa, che dimostra non solo di capire perfettamente i meccanismi, ma di aver ben presente di doverli pilotare. Forse avete sempre pensato che l’edizione web del quotidiano cittadino fosse un banale copia e incolla di una selezione di articoli, e invece no: ci sono sotto vari ragionamenti e studi, nonché l’osservazione, deprimente per gli stessi giornalisti, che qualsiasi articolo contenente la stringa “Franzoni” o l’immagine di mezzo culo – o entrambi contemporaneamente – raccoglie un diluvio di accessi che qualsiasi articolo vagamente serio si sogna.

La discussione poi si è concentrata sul ruolo dei giornali nell’era del web (sempre meno scrivere, sempre più validare, organizzare, commentare e approfondire) e su come cambi il ruolo del giornalista. Naturalmente, da commentatore fisso dei forum della Stampa, non mi sono risparmiato un intervento, suggerendo che forse dovrebbero cominciare a utilizzare anche le comunità e i forum cittadini come fonti di notizie, e a integrare nel giornale contenuti provenienti dai blog, che spesso sono di qualità uguale o maggiore di quella di molti articoli, e in più sono gratis. Ho capito che nel mondo del giornalismo ci sono ancora forti resistenze all’idea che un “dilettante” possa contribuire sullo stesso piano di un “professionista” (ah, i mondi degli ordini professionali…); eppure ormai la maggior parte del contenuto di un giornale arriva dalle agenzie o dai freelance… Comunque, l’atteggiamento della Masera era positivo; io spero che, per cominciare, rivedano presto quel macchinoso motore di forum e commenti e lo trasformino in qualcosa di più usabile.

La seconda sessione era invece dedicata al ruolo degli editori e al futuro del libro di fronte a Internet, e lì mi son sentito fuor d’acqua; tranne la moderatrice (tal Mafe De Baggis che credo sia una blogstar ma che non avevo mai conosciuto, e che è una donna davvero molto simpatica) gli altri, sia al tavolo che tra il pubblico, sembravano tirarsela tantissimo, con un tono da “io mi occupo di cultura, sai”; a un certo punto uno ha fatto un intervento ripetendo per tre volte una parola che suonava come “eritropoiesi” ma non era quella, visibilmente compiaciuto nell’usare un termine che nessuno potesse capire.

Ovviamente l’idea che il libro possa non dico essere superato, ma doversi adeguare ai tempi, era respinta con orrore. A un certo punto io non ho retto più, e ho puntualizzato un paio di cosette, cioè che il fatto che l’industria della musica stia andando a ramengo non è dovuto al non essersi difesi abbastanza dalle innovazioni tecnologiche, ma all’essersi difesi troppo; e che il fatto che ci siano dei fan che scrivono le proprie fanfiction con i personaggi di libri famosi senza pagare diritti d’autore è uno stimolo per il mercato, non certo un pericolo per le vendite, come dimostra il boom dei fumetti giapponesi. Lì l’editore mi ha risposto che le graphic novel sono un mercato trascurabile e che Gaiman è anche un autore di romanzi… evidentemente, vista la confusione che ha fatto, non ha mai visto un manga in vita sua.

Vabbe’, comunque è stato molto interessante; preludio al Barcamp di domani, in cui sto pensando di parlare anche di ICANN, anzi è il caso che mi prepari qualcosetta, anche se non si dovrebbe arrivar lì coi discorsi pronti (ma lo fanno tutti). Ci vediamo domani.

[tags]webdays, torinobarcamp2008, torino, circolo dei lettori, la stampa, giornalismo, editoria, libri, ebook[/tags]

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martedì 19 Febbraio 2008, 08:56

Un sabato da non perdere

Il prossimo sarà per me e per Torino un sabato molto intenso.

La giornata si aprirà al Circolo dei Lettori, dove sin dal mattino si svolgerà l’edizione 2008 del Torino Barcamp. Io non sono mai stato ad un barcamp; mi hanno spiegato che è un raduno di nerd e blogger talmente cool che non c’è nemmeno bisogno di un programma o di una organizzazione, si va lì e ognuno parla da solo in un cantuccio e poi si complimenta pure con se stesso. Incuriosito, ho deciso di partecipare e naturalmente di prenotare anch’io un angolino, per esporre a me stesso un intervento provvisoriamente denominato “L’Italia è già morta e non lo sa OVVERO Belli e inculati OVVERO Un paese di vecchi alle prese con l’economia globale della rete: e la precarietà s’impenna”; come avrete intuito, parlerò di società ed economia. Non sarà mai interessante quanto “Lanciare progetti web 2.0 con strategie marketing alternative” del mio neosocio Daniele Alberti, l’uomo che è riuscito a vendere ad Anna Falchi un minuto del suo tempo, però sono molto curioso di ascoltarmi.

Ma questo è niente rispetto a quanto accadrà alle 18, quando allo Stadio Olimpico Torino e Parma incroceranno i reciproci stinchi per una sfida che, in termini di risultato stagionale, conta molto di più del successivo derby. Una partita che si preannuncia incandescente per via della lotta salvezza, ma anche per il ritorno del panzuto ma fortissimo bomber Lucarelli. Una sfida epica che lascerà un segno.

Anche questo però impallidisce rispetto al vero evento della giornata, che riempirà il centro cittadino e scatenerà folle entusiaste. Difatti, nell’ambito di CioccolaTò, è stato organizzato per le 21 in piazza Vittorio un concerto musicale, protagonisti addirittura i Finley. Davanti a siffatte vette artistico-musicali – senza dubbio abbondantemente irrorate di denaro pubblico – è logico che quanto sopra impallidisca, e che la città si fermi e s’inchini…

[tags]torino, barcamp, torinobarcamp2008, myminutes, anna falchi, toro, parma, calcio, serie a, cioccolato, piazza vittorio, finley[/tags]

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mercoledì 13 Febbraio 2008, 12:11

La capra

Sono oggi venticinque anni da un giorno che entrò nella storia collettiva di Torino molto più di tanti altri, che pure forse risalteranno più di esso sui libri del futuro.

Il 13 febbraio del 1983, infatti, in una via elegante che non è più centro ma non è ancora periferia, bruciava in quaranta secondi il cinema Statuto. Il locale era stato appena ristrutturato, ed era stato visitato poche settimane prima dalla commissione addetta, che aveva dato l’autorizzazione alla riapertura. Sul tessuto sintetico dei rivestimenti c’era scritto “Produce fumo”, ma in realtà, bruciando, produceva acido cianidrico. In più, le uscite di sicurezza della galleria erano chiuse, e così, mentre chi stava sotto si salvò, chi stava sopra non riuscì a scappare. I morti furono sessantaquattro. Le immagini sono pesanti, e non le raccomando.

Per anni, il cinema annerito rimase lì, con i manifesti della Capra – un film altrimenti dimenticabile con un giovane Depardieu – a testimoniare di quella inquietante manifestazione del diavolo, di cui la capra è da sempre uno dei simboli. Alla fine, qualcuno ebbe il cuore di demolirlo e di costruirci sopra un condominio, anche se non so quanto sia stato facile vendere quegli appartamenti.

A venticinque anni di distanza, ci siamo tutti abituati a quelle misure che all’inizio trovammo eccessive, gravose, con infinite proteste di chi vedeva locali e sale chiudere. A posteriori, sono l’unica conseguenza positiva di quella tragedia, insieme a una cultura per cui, almeno a Torino, abbiamo tutti l’occhio alle frecce verdi e alle uscite di sicurezza.

E poi, rimangono le storie spicciole. Quelle dei parenti, che restano con le domande senza risposta, e che comprensibilmente hanno bisogno di incarnare il diavolo in qualcheduno, e di trovare una capra da sacrificare. Quella del proprietario del cinema, spezzata anch’essa dal male (i burocrati invece si salvarono, così come i produttori del tessuto). Le tracce piccole ma profonde, spesso segrete, che tornano alla luce dal profondo, ma solo quando si trova il coraggio di scoperchiarlo ancora. Le storie che sconfinano in leggenda di chi ci doveva andare e all’ultimo non c’è andato, di chi c’è andato ed è uscito cinque minuti prima, per arrivare poi all’immancabile seduta spiritica.

Ma mai come in questo caso – pur con tutta l’importanza della giustizia degli uomini – si ha la sensazione di una vicenda che scorre su di un altro piano: quello negato e sepolto dell’equilibrio instabile, e mai veramente spiegato, tra le forze del bene e del male.

[tags]cinema, statuto, capra, torino, diavolo[/tags]

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