Sky
Vittorio vb Bertola
Affacciato sul Web dal 1995

Gio 29 - 6:17
Ciao, essere umano non identificato!
Italiano English Piemonteis
home
home
home
chi sono
chi sono
guida al sito
guida al sito
novità nel sito
novità nel sito
licenza
licenza
contattami
contattami
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vecchi blog
vecchi blog
personale
documenti
documenti
foto
foto
video
video
musica
musica
attività
net governance
net governance
cons. comunale
cons. comunale
software
software
aiuto
howto
howto
guida a internet
guida a internet
usenet e faq
usenet e faq
il resto
il piemontese
il piemontese
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
software antico
software antico
lavoro
consulenze
consulenze
conferenze
conferenze
job placement
job placement
business angel
business angel
siti e software
siti e software
admin
login
login
your vb
your vb
registrazione
registrazione
mercoledì 16 Febbraio 2011, 18:51

I cantieri del quartiere Parella (5)

Passano i mesi, ma la situazione dei cantieri nel quartiere in cui vivo (Parella), di cui vi racconto da mesi, non accenna a migliorare…

Non contenti della scelta discutibile di chiudere contemporaneamente la principale piazza del quartiere (costruzione parcheggio sotterraneo) e buona parte delle vie laterali (teleriscaldamento), non paghi del disastro compiuto nella riasfaltatura di corso Lecce, hanno deciso che dovevano improrogabilmente rifare i marciapiedi della mia via – che, per carità, erano un po’ malridotti, ma non erano nemmeno in condizioni drammatiche. Però vicino a casa mia c’è il principale giardinetto del quartiere, frequentato un po’ da tutti, e dunque a tre mesi dal voto questo diventa un lavoro improrogabile.

Così sono arrivati un mattino e hanno messo il divieto di sosta per l’intera via; poi hanno cominciato a lavorare ai cinquanta metri davanti al giardinetto. Hanno tolto e rimesso le pietre che delimitano la carreggiata e hanno sfondato e rifatto la base di cemento. Il giorno dopo hanno proseguito e fatto il tratto davanti a casa mia. Poi devono aver deciso che era divertente, e dunque, invece di finire il lavoro già iniziato, hanno cominciato a rifare anche l’altro lato, inizialmente non coinvolto dal lavoro. Poi si sono accorti che all’incrocio c’era una gobba (l’evoluzione di quella che già segnalai, e che dopo un paio di mesi di incidenti era stata sistemata alla meglio) e allora hanno lasciato a metà anche quel lavoro lì e hanno aperto un buco quadrato nell’incrocio per sistemarlo.

Poi sono andati via e da allora, e sono parecchi giorni, non è più successo niente. Il marciapiede, per tutta la lunghezza dell’isolato, è rimasto col battuto di cemento (irregolare e pieno di gobbe e di buchi: spero che sia normale) e senza lo strato superiore di asfalto, anche se, prima di andare via, con un lavoro da certosini (che sarà inutile alla fine del tutto) hanno messo una strisciolina di asfalto sui bordi, per sanare il dislivello tra il fondo di cemento e le pietre a bordo carreggiata ed evitare che qualcuno ci si inciampi e possa fare causa. Naturalmente, con la pioggia di questi giorni, la strisciolina d’asfalto è già in buona parte diventata un insieme di pietruzze distaccate e sparse per tutto il marciapiede. Il divieto di sosta è stato in parte tolto, in parte resta perché hanno abbandonato in mezzo alla strada anche l’armamentario del cantiere (alla faccia di chi deve parcheggiare).

parella-5.jpg

Può darsi che si siano dovuti fermare per la pioggia, ma non ha sempre piovuto, e comunque la pioggia a febbraio non mi sembra un evento imprevedibile. In compenso, dalla scorsa estate sarà la quarta volta che aprono, chiudono e riaprono questo pezzo di via: vedete il patchwork nella foto. Ma possibile che non si possa chiudere la strada una volta, fare tutti i lavori insieme e poi riaprirla per sempre?

[tags]torino, parella, cantieri, lavori pubblici[/tags]

divider
martedì 15 Febbraio 2011, 22:05

Balleremo

Non guardo mai Annozero, Ballarò e simili, mi hanno stufato da molti anni. Stasera ci sono capitato per caso, perché sono solo in casa, perché ho cenato tardi e ho acceso la televisione un po’ per caso. Ho visto solo lo scambio iniziale, Cicchitto da una parte, Bindi dall’altra.

Ho visto due persone che parlano di realtà diverse, parallele, esattamente speculari, e non si capiscono, né hanno intenzione di capirsi; ma non è più un giochino, veramente esistono due Italie per cui anche le basi, “Stato”, “democrazia”, “giustizia”, significano cose opposte, incompatibili, non negoziabili (chi distingue è un venduto al nemico). Ho percepito una tensione che si tagliava col coltello, senza alcun tentativo di abbassarla, anzi. Dal modo in cui si parlavano, mi sono stupito che nessuno, dalle rispettive claque che gli stavano dietro, si sia alzato per andare a menare gli avversari. Alla fine, la Bindi era talmente furiosa che aveva il collo tutto rosso.

Questo, del resto, è ciò che succede nelle strade, quando i due fronti si incontrano: non c’è più nessun tipo di dialogo, solo insulti e grida. Sulle mie bacheche Facebook, sempre più spesso vedo persone che parlano di bloccare il Paese, di “fare come in Egitto”: pacificamente se ci si riesce, ma alcuni dicono chiaramente che se non bastasse la protesta pacifica non si fermeranno lì. Speriamo che Berlusconi si dimetta, che gli facciano capire che – come sempre alla fine dei regimi – più si insiste a restare al potere e più si rischia di finire a piazzale Loreto.

Ma ho come l’impressione che balleremo parecchio.

[tags]berlusconi, cicchitto, bindi, televisione, ballarò, democrazia[/tags]

divider
lunedì 14 Febbraio 2011, 15:53

Per cacciare chi

Chi ieri c’era lo ricorderà per un pezzo: la manifestazione Se non ora quando?, oceanica, variopinta e insieme priva di colori (politici), ha invaso ogni angolo del centro, quasi troppo piccolo per contenerla tutta, con i SUV degli indifferenti impazziti e respinti da una fiumana di persone che strabordava nel mezzo di ogni via. Un pezzo d’Italia ha dimostrato di esserci; un pezzo d’Italia che non era lì per cacciare il Berlusconi politico, ma per cacciare il Berlusconi essere umano.

Le stesse organizzatrici sono state sopraffatte, tanto è vero che molta gente non si è nemmeno accorta che in fondo a piazza Vittorio c’era un camioncino con un microfono e con qualche intervento (vedete qualcosa nel video). Comunque, per aver organizzato una cosa del genere, le si può davvero perdonare qualche piccola pecca, come l’uso totalmente a sproposito del termine “flash mob” e una tale abbondanza di lessico femminista anni ’70 che mi sa che a casa di qualcuna si era rotto il congelatore. Mi ha colpito, peraltro, la demografia profondamente diversa rispetto alle manifestazioni antiberlusconiane del popolo viola: l’età media era decisamente più elevata, facce e abbigliamenti molto più “borghesi”.

Con mia grande sorpresa, almeno a Torino, davvero non si vedevano bandiere di partito; tutt’altra cosa rispetto alla manifestazione di Arcore, dove il popolo viola milanese si è dimostrato una sezione dell’IDV mal camuffata (mi hanno appena segnalato questo loro commento parecchio triste). Qui non ci è venuto nemmeno in mente di aprire lo striscione, anzi ci siamo pure tolti le spillette, e con grandissimo piacere. Qualche politico, in giro per l’Italia, ha provato squallidamente a mettere il cappello sulla manifestazione, in primis il fuffosissimo Vendola e il loquace Di Pietro. La mia sensazione, però, è che ieri davvero le persone fossero in piazza contro tutto lo schifo di ogni colore, e non contro Berlusconi pro Bersani.

Già, perché se cacciare Berlusconi è un dovere morale, dopo Berlusconi ci sarà Tremonti, o al massimo, anche in caso di elezioni ora, ci potrebbe essere il grande papocchio Casini-Fini-Rutelli-Bersani-Vendola, e magari avremo qualche signorina in meno in Parlamento per meriti privati, ma non avremo risolto un bel niente. Non siamo come in Egitto o in Tunisia, dove il regime è chiaro e monolitico; il nostro regime è ameboide, multistrato e multiforme, e se ci dà in pasto un Craxi è per piazzarci sopra un Berlusconi, un finto uomo nuovo in realtà pronto ad obbedire come il precedente. Un’Italia sinceramente democratica è possibile solo cacciando tutti quelli che hanno collaborato attivamente a vent’anni di berlusconismo, da destra o da sinistra, e tutti quelli che loro hanno piazzato nei gangli del sottopotere; nessuno escluso.

[tags]politica, manifestazione, femminismo, 13 febbraio, se non ora quando, berlusconi, craxi, bersani, di pietro, popolo viola[/tags]

divider
sabato 12 Febbraio 2011, 12:00

Dedicato ad Agostino Ghiglia

Ieri a Torino si è verificato un brutto episodio, l’invasione della sede torinese del PDL da parte di un gruppo di donne vicine ai centri sociali, tra cui la ragazza che tirò un fumogeno a Bonanni alla festa del PD. E’ brutto perché, secondo me, invadere la sede di un partito che la pensa in maniera opposta a te non è un metodo di protesta democratico, anche se posso capire che ormai qui di democratico c’è poco (però quel poco che c’è va difeso, a partire dagli articoli 21 e 49 della Costituzione).

Ma è ancora più brutta la reazione della polizia, che ha picchiato e spintonato non solo i manifestanti ma anche i giornalisti, aizzata dai due “leader politici” del PDL che, stando alle testimonianze, si sono tranquillamente uniti agli spintoni: Agostino Ghiglia e Maurizio Marrone.

Ghiglia è da sempre il leader degli ex fascisti di Torino, prima nell’MSI, poi in AN, ora nel PDL; nel suo passato c’è anche una condanna a 8 mesi per aver picchiato dei liceali di sinistra, e solo un annetto fa, nello stesso luogo, affrontava gli studenti con la cinghia in mano. Marrone è un suo adepto, un fan Ghiglia ex FUAN e attualmente candidato sindaco alle primarie del PDL (la corrente ha candidato lui da quando si è scoperto che persino l’usciere del palazzo raccoglie più consensi di Ghiglia), che ha tappezzato Torino con un fantastico slogan che invita appunto a colorare Torino di marrone: se lo dicono pure da soli che sono delle (puntini).

E allora io vi lascio prima con un video che potete guardare qua e là per capire meglio quanto è accaduto ieri:

e poi con un video più piacevole: è divertente, va cantato in coro e vi spiega perché i fascisti del PDL sono lì. Dedicato ad Agostino Ghiglia.

[tags]torino, pdl, politica, manifestazioni, donne, ghiglia, marrone, elezioni comunali[/tags]

divider
venerdì 11 Febbraio 2011, 19:49

Sic transit gloria mundi

Con questa nobile locuzione latina i più dotti di noi esprimono un concetto che più volgarmente viene comunicato come “ce l’avevate fatto a fette da molto tempo”: un concetto perfetto per commentare la notizia che, dopo circa cinque anni di vita, Activision ha deciso di chiudere la serie Guitar Hero.

Non potete non sapere cos’è: è quel videogioco dove con una chitarra di plastica (in seguito, anche una batteria di plastica e un microfono di plastica) si seguono le note sullo schermo eseguendo canzoni famose. All’inizio era fighissimo: sembrava davvero di essere sul palco di un concerto rock e chiunque passasse di lì ne era catturato, diventando la causa di innumerevoli nottate di gioco. Dopo mesi di dipendenza totale, già la versione estiva raffazzonata al volo sembrava un po’ così. Poi la serie passò dagli sviluppatori originali alla Activision, la Microsoft dei giochi, che rilasciò un numero tre di discreta bruttezza e insomma, già nel 2008 per me era tutto abbastanza finito. Ho comprato ancora qualche numero solo trovandolo in offerta a dieci euro, e solo per via di qualche canzone a cui sono molto legato. Nel frattempo, Activision ha cominciato a mungere la vacca e a rilasciare un nuovo gioco ogni due mesi, aggiungendo mirabolanti funzionalità ovviamente costosissime, e dunque la stanchezza è diventata generale.

Questo è però anche l’esempio di come lo sfruttamento commerciale intensivo possa rovinare una buona idea. Moltissimi giovani si sono avvicinati all’idea di suonare uno strumento con questo gioco, e con un po’ di lungimiranza si poteva aprirne lo sviluppo e permettere la nascita di una comunità che lo mantenesse vivo. Invece, il mercato è stato invaso da giochi mal sviluppati, periferiche rese apposta incompatibili l’una con l’altra e amenità del genere… e dunque ci si è presto schiantati contro il muro.

Le mode sono cicliche, e anche questa doveva finire; ritornerà magari tra qualche anno. Addio, Guitar Hero. E grazie per tutto il pesce!

[tags]videogiochi, playstation, guitar hero, musica, copyright, console[/tags]

divider
giovedì 10 Febbraio 2011, 16:01

Le manipolazioni dei giornali locali

Spesso mi chiedono perché noi grillini ce l’abbiamo con l’informazione, e se non pensiamo di essere ipercritici o vittimisti quando sosteniamo che i media manipolano la realtà a fini politici, anche nelle piccole cose. Eppure, in questo paio di giorni sono usciti due articoli davvero esemplari, e dunque ve li sottopongo.

Il primo viene dalla cronaca di Torino di Repubblica: è intitolato “Appalti truccati per lavori stradali, otto condanne e sei assoluzioni”. In realtà, leggendo il pezzo, si scopre che il principale “appalto truccato” è quello relativo alla TAV Torino-Lione, e per la precisione alla realizzazione del cunicolo esplorativo a Venaus; il cantiere degli scontri del 2005, il cui appalto è ora stato mutato in quello per il nuovo cunicolo esplorativo di Chiomonte. Gli altri appalti sono opere minori, di almeno un ordine di grandezza.

Ora, che quel cantiere fosse truccato è una grossa notizia; e invece non solo ci si mette un titolo che porta fuori strada, ma nell’articolo si parla ripetutamente di “linea ferroviaria ad alta velocità”… senza specificare quale. Solo in un punto si parla di “Torino-Lione”, ma non dove si parla degli appalti oggetto di processo, bensì dove si parla delle persone coinvolte, come a suggerire che potrebbe trattarsi di una persona che ora lavora a quello ma al tempo dei fatti faceva altro. E nell’intero articolo non compare nemmeno una volta, nemmeno una volta, la parola “TAV”.

Bisogna comunque dire che almeno, pur se in maniera accuratamente depotenziata, Repubblica ha dato la notizia; sul sito della Stampa c’era solo un articolo che diceva che gli oppositori della TAV si sono alleati con gli odiati milanesi per portarci via il luminoso futuro cementizio.

La Stampa festeggia però con un altro meraviglioso articolo uscito oggi: questo. In esso, il giornale della fabbrica di auto sostiene che in questo periodo di blocchi del traffico gli ecologisti non hanno tanto da fare gli splendidi, perché anche le biciclette inquinano l’aria. Come? Beh, semplice: l’attrito delle gomme sulla strada solleva le polveri inquinanti depositate in terra e le rimette in circolo nell’aria.

L’argomento è totalmente demenziale: primo perché c’è una differenza fondamentale tra produrre inquinamento, come fanno le auto (i veicoli a motore generano l’85% del PM10 nell’aria), e spostare l’inquinamento già creato da altre fonti. E’ una differenza che capisce anche un bambino, non pensiate che non la capiscano i redattori della Stampa. Secondo, perché a questo punto tutto inquina, anche i pedoni, anche i piccioni, anche le flatulenze del vostro gatto; e infatti l’obiettivo è proprio quello, dire che tutto inquina dunque non fa differenza, e andiamocene pure in macchina.

Se leggete spesso La Stampa, saprete che ogni due o tre giorni su Specchio dei Tempi compare una lettera contro i ciclisti, pericolosi investitori di pedoni, occupanti di marciapiedi, sottrattori di parcheggi e così via; ora anche inquinatori. So che l’idea urta la vostra intelligenza, ma pensateci: La Stampa vi considera così deficienti da pensare che possiate credere che in fondo in fondo un’auto o una bici per l’inquinamento è lo stesso. E voi gli date pure dei soldi.

[tags]giornalismo, malafede, disinformazione, tav, no tav, corruzione, appalti, repubblica, la stampa, specchio dei tempi, torino, inquinamento, bici, traffico[/tags]

divider
mercoledì 9 Febbraio 2011, 17:23

L’antica città di Ciqikou

È stato davvero triste leggere che una parte dell’antica città di Ciqikou è andata a fuoco l’altro giorno. Ciqikou (pronunciato più o meno zicicou) è un quartiere di Chongqing, la capitale della Cina centrale – una media città cinese di cinque milioni di abitanti, anche se spesso viene definita la più grande area urbana del mondo perché dentro i confini amministrativi della municipalità ne vivono trentadue.

Chongqing è nota soprattutto per essere stata la capitale della Repubblica di Cina (quella di Chang Kai-Shek) durante la seconda guerra mondiale e fino alla sua fuga a Taiwan; per questo è stata un po’ trascurata dai comunisti, fino a quando ultimamente il governo ha deciso di investire sulla città come porta dell’interno cinese. Oggi, la città vera e propria sta venendo rasa al suolo e ricostruita sotto forma di grattacieli modernissimi; tuttavia, a differenza di Shanghai, il processo è un po’ più indietro e dunque ci si può ancora trovare in mezzo a tutte le contraddizioni di questa trasformazione (nonché in mezzo a una temperatura di 43 gradi all’ombra, come successo a noi: è la prima volta che sento il mio corpo emettere calore dall’interno in piena notte, dopo averlo accumulato di giorno).

Ma il vero tesoro di Chongqing è appunto Ciqikou, un vecchio quartiere di pescatori sul fiume Jialing rimasto ancora fermo ai tempi della Cina rurale. Ci si arriva con una dozzina di chilometri di viaggio (pochi euro di taxi) su una tangenziale a sei corsie costruita a mollo davanti alla riva del grande fiume, che però, intelligentemente, finisce nel vuoto subito prima del villaggio, senza distruggerlo. Il villaggio è fatto di vecchie case appena ristrutturate e trasformate in negozi per turisti, che nonostante tutto sono lo stesso interessanti; seguendo i vicoli e la via principale si arriva poi ai piedi del grande tempio Baolun.

Per entrare nel tempio si paga, ma si ricevono in cambio i ceri votivi da accendere; la salita al tempio è devastante, una gradinata non lunghissima ma molto ripida. In cima, però, l’atmosfera è magnifica, e persino in piena stagione turistica vi capiterà di essere soli con i monaci, con le galline e con un paio di gentili signorine che, a gesti, ci hanno dimostrato l’uso dei ceri; in quello stranissimo e affascinante concetto di “nuovo vecchio” – l’architettura antica appena rifatta, col legno lucido e nuovissimo e il cantiere ancora aperto – che caratterizza tantissimi monumenti cinesi.

La parte migliore, però, per me è stato andare oltre il tempio: la zona ristrutturata termina, e si finisce in un agglomerato di case di contadini, aggrappato sulla riva ripida di un torrentello, seguito subito da poveri fazzoletti di terra coltivata a mano. Sulla parte più bassa c’è una piazzetta (dove stanno lavorando al selciato) da cui si vede la piccola valle, e poi si finisce nel terrazzo di un locale che sembra un nostro ristorante di campagna degli anni cinquanta. E’ bello perché è tipicamente cinese, ma soprattutto è tipicamente umano: non è molto diverso da come poteva essere un nostro villaggio di contadini prima che ai vicoli e ai sentieri fossero sostituite le strade.

Non so quanto sia effettivamente andato distrutto nell’incendio, spero non molto – magari solo qualche negozio di souvenir per turisti, o una di quelle rivendite di intestini di pollo annodati e fritti (sì, li ho provati, anche se non lì). Le immagini che vi lascio nel video descrivono a malapena quelli che sono tra i miei ricordi più belli del viaggio in Cina, e che fanno venire voglia di tornare.

[tags]cina, viaggi, chongqing, ciqikou[/tags]

divider
lunedì 7 Febbraio 2011, 23:11

Ad Arcore, una domenica complicata

È impossibile raccontare per bene una domenica intensa come quella di ieri ad Arcore: bisognava esserci. Sto ancora riflettendo, sto cercando di capire cosa sia veramente successo, ma intanto vorrei condividere alcuni pensieri.

Come Movimento 5 Stelle di Torino e del Piemonte, siamo stati molto incerti sin dal principio se partecipare alla manifestazione per le dimissioni di Berlusconi. Il cosiddetto “popolo viola” è diviso in tante anime, e se quella torinese è ruspante e priva di compromessi, quella nazionale è saldamente in mano all’IDV (l’autoproclamato portavoce Gianfranco Mascia, che peraltro soltanto i media riconoscono come tale, è stipendiato dal partito di Di Pietro). Sapevamo, insomma, che sarebbe stata una manifestazione su cui i partiti dell’opposizione avrebbero cercato di mettere il cappello; e sapevamo anche che Grillo è contrario a queste manifestazioni, vista l’ipocrisia di chi le organizza.

Tuttavia, alla fine io, Biolé e tante altre persone del Movimento abbiamo deciso di andare: ce lo imponevano il sentimento generale e la rabbia di molti dei nostri sostenitori. Abbiamo però deciso di rendere ben chiaro il nostro pensiero, a scanso di strumentalizzazioni, e dunque ci siamo presentati con questo striscione:

licenziamolitutti.jpg

Immaginavamo che non sarebbe stato gradito, ma quel che non avremmo mai immaginato è che i militanti del PD e di IDV sarebbero arrivati direttamente ad aggredirlo, i primi verbalmente, i secondi anche fisicamente. Questo è quel che è successo:

A me ovviamente spiace che si litighi, che ci si divida, che ci siano reazioni così forti a quella che è una posizione, la nostra, più che legittima in democrazia; eppure questa reazione dimostra quanto berlusconiani siano anche i partiti dell’opposizione, coi militanti che adorano il “presidente Di Pietro” come quegli altri adorano Silvio, e con i piddini che si sentono padroni della piazza e danno per scontato di avere un diritto divino di andare al potere dopo Berlusconi. Io penso invece che cacciare Berlusconi per metterci dei berlusconiani meno capaci non serva a nulla; e allora, licenziamoli tutti.

La seconda parte riguarda i famosi “scontri”, di cui tanto avrete sentito parlare. I più cruenti sono avvenuti quando noi eravamo già sull’autobus – immagini qui – e dunque non posso testimoniare, ma dai video sembrano comunque cariche a manganellate contro una dozzina di ragazzi inermi, che si potevano portar via di peso e basta; e infatti oggi i due arrestati sono stati già liberati.

Prima, però, c’è stata la pantomima del corteo-non-corteo. Gli organizzatori hanno insistito che non si doveva andare fino alla villa, ma era ovvio che la maggior parte dei manifestanti fosse lì per quello; e dunque, dal basso, ne è scaturito un corteo pacifico e non violento, cercando di ottenere con la semplice pressione della folla di poter arrivare fino al cancello della villa. Non di rado succede; percorsi e programmi vengono cambiati in corso d’opera accordandosi sul posto tra i rappresentanti della questura e i manifestanti, e nessuno si fa male.

Qui, però, abbiamo avuto a che fare con organizzatori che se va bene erano poco avvezzi, e se va male erano sin dall’inizio intenzionati a far sì che la manifestazione si limitasse a qualche bella foto uso giornali, ma non disturbasse Silvio più di tanto. Fin dal principio hanno cominciato a spaventare la gente, e così la piazza si è divisa, metà ferma lì e l’altra metà in corteo. E quando ci si divide cominciano i guai.

Noi del Movimento, insieme a Resistenza Viola Piemonte, abbiamo scelto la terza via: ci siamo infilati in una strada laterale cercando di arrivare alla villa per un altro percorso, aggirando il corteo già bloccato. I poliziotti erano piazzati talmente male che con due svolte e senza nemmeno volerlo ci siamo trovati oltre il cordone di agenti che bloccava il corteo! A quel punto un po’ di agende rosse e bandiere viola hanno accerchiato da dietro gli agenti, che dopo dieci minuti di tensione sono stati costretti a ritirarsi.

Lì, effettivamente, si è formata una prima linea dei centri sociali contro il cordone di polizia ed è iniziata una guerra di nervi e di parole, occhi negli occhi per due ore – anche se io non ho affatto visto lanciare sassi e bottiglie verso la polizia, come ha dichiarato Maroni oggi. Al primo giro di manganellate noi abbiamo ritirato lo striscione del Movimento, perché la violenza non è tra i nostri metodi, e ce ne siamo andati, rimpiangendo l’occasione perduta: tutti uniti saremmo arrivati alla villa pacificamente, e invece è stato dato modo alla manifestazione di finire come doveva finire, con un gruppetto di persone a scambiarsi spintoni e manganellate con gli agenti, e tutti gli altri a fare da sfondo alle foto di Repubblica e alle dichiarazioni di Mascia alle trasmissioni amiche.

Dopo un po’ di tempo è arrivata una carica più intensa, e ho visto gli infermieri correre e un ragazzo con la testa spaccata e completamente coperta di sangue, e poi l’ambulanza che, incredibilmente, è stata fatta passare proprio attraverso la linea dello scontro. E poi sono arrivate le ridicole dissociazioni del “popolo viola”, ridicole perché è giusto deplorare la violenza, ma non si organizza una manifestazione del genere in un clima del genere per poi scaricare le stesse persone che hai fatto arrivare lì da mezza Italia – e ad andare verso la villa non siamo stati in “venti facinorosi”, ma metà della piazza.

Resta la sensazione che il “popolo viola” – nonostante lo splendido gruppo torinese e nonostante i tantissimi che alla base ancora ci credono – sia ormai nelle mani dei media dei partiti d’opposizione; e che agli stessi partiti interessi soffiare sul fuoco per prendere voti, ma non necessariamente per far cadere Berlusconi. Resta però la sensazione che il clima sia molto teso, e qui mi riprometto anch’io di cercare di non perdere la testa, anche se in quei momenti è difficile, anche se la piazza e la folla sono ambienti che cambiano facilmente la psiche di chi vi si ritrova.

[tags]manifestazione, arcore, berlusconi, popolo viola, idv, pd, mascia, politica, scontri[/tags]

divider
sabato 5 Febbraio 2011, 23:43

Emiliano alzaci la sedia

Sui forum, si sa, bisogna dotarsi di un avatar – di una immagine che identifichi i propri messaggi. In genere io tendo a mettere la mia foto, non per narcisismo ma perché permette una delle operazioni più difficili, identificarsi quando ci si incrocia infine nella vita reale. Però ogni tanto una immagine simbolica ci sta, e ormai da parecchi mesi il mio avatar su Forzatoro.net, fabbricato da me medesimo ritagliando una foto di repertorio, è questo:

avatar_sedia.jpg

Se siete tifosi del Toro, sapete cos’è. Se non siete tifosi del Toro, vi devo spiegare che questa foto riassume e rappresenta la vita. E’ Emiliano Mondonico, allora allenatore del Toro, nella finale di ritorno della Coppa Uefa 1991-1992, ad Amsterdam contro l’Ajax; una partita stregata, in cui il Toro mancò di un soffio l’unica, epica, storica occasione di conquistare una coppa europea, colpendo pali e subendo torti e disgrazie di ogni genere.

All’ennesimo episodio sfortunato, dopo un rigore clamoroso e negato, Mondonico ebbe uno di quei lampi di genio che ti aprono le porte della storia: prese la sedia pieghevole su cui stava seduto (non le poltrone avveniristiche e griffate di oggi) e la sollevò sopra la testa, per dire che il destino era cinico e baro, ma lui comunque non avrebbe mollato; che si può arrivare a un passo dalla vittoria e venire beffati e rimandati all’inferno, ma che questo non è un motivo sufficiente per non continuare a provare.

Aspetteremo vent’anni, cinquanta, non importa: ognuno di noi prima o poi nella vita attende un ritorno ad Amsterdam. Lo attende il Toro, perso in un tunnel di progressivo disfacimento che non sembra avere fine. Anche Mondonico non è più tornato ad Amsterdam; ha proseguito un’onorata carriera in cui ha sempre e regolarmente fatto miracoli con squadre di provincia, assemblate con due soldi e tanto cuore. Anche all’Albinoleffe ha fatto benissimo, fino alla scorsa settimana, in cui improvvisamente ha annunciato un ritiro temporaneo per gravi motivi di salute.

Qualche giorno fa Mondonico è stato operato, l’operazione è andata bene, ma la convalescenza è tutta da superare. E allora, in una di quelle cose che solo noi pazzi granata possiamo fare, un centinaio di tifosi questa mattina si è ritrovato al Fila, ognuno con una sedia pieghevole. Le abbiamo alzate e abbassate più volte cantando cori per lui. Le foto scattate gli saranno consegnate presto, e poi c’erano le telecamere e oggi le immagini hanno fatto il giro dei telegiornali sportivi, insieme ai cori e agli striscioni che tutto lo stadio gli ha dedicato durante la partita. Speriamo che gli diano forza; ci sembra il minimo, per una persona che tramite lo sport ha insegnato a migliaia di ragazzi, me compreso, a non rassegnarsi mai alla perfidia del destino.

mondosedia.jpg

(la foto, da Facebook, è dall’album di Mario Viretti)

[tags]toro, mondonico, albinoleffe, ajax, fila, sedia, destino[/tags]

divider
venerdì 4 Febbraio 2011, 14:18

Raphael Rossi, il Comune e i cittadini

Sicuramente conoscete la vicenda di Raphael Rossi, consigliere di amministrazione dell’Amiat che ha bloccato una delibera di acquisto da quattro milioni di euro rendendosi conto che non serviva a nulla, e a cui i dirigenti Amiat dell’epoca avrebbero offerto una tangente per chiudere un occhio, tangente che lui ha rifiutato chiamando i carabinieri. In queste settimane si è svolta l’udienza preliminare e ieri è arrivata la prima decisione: tutti gli imputati sono stati rinviati a giudizio (uno ha direttamente patteggiato).

Lo scandalo nello scandalo è però avvenuto quando, subito prima di Natale, il Comune di Torino ha deciso di non costituirsi parte civile nel processo. In un processo penale, la costituzione di parte civile serve a dichiararsi parte lesa: nel processo (a differenza del processo civile) è lo Stato ad essere controparte degli imputati, ma chi ha subito danno dal reato può diventare parte civile ed eventualmente ricevere poi un risarcimento. Un gran numero di costituzioni di parte civile, di fatto, dimostra anche l’interesse pubblico nel processo stesso.

Il Comune ha dichiarato che per loro era sufficiente la costituzione della stessa Amiat, ma la sostanza è ben diversa: non costituirsi parte civile è un modo per prendere politicamente le distanze dalla coraggiosa denuncia di Raphael. Non vi sembri strano: persone che partecipano attivamente ai circoli ecologisti della nostra città, ambienti progressisti e di sinistra, hanno riportato che quando si tocca l’argomento scattano gli imbarazzi, e anzi molti dicono esplicitamente che “così non si fa”, che va bene bloccare la delibera ma denunciare no, che non si portano in pubblico i panni sporchi dell’amministrazione cittadina, “che poi se no vincono la Lega e i qualunquisti”.

(Queste frasi mi hanno ricordato di quando noi andammo a contestare Schifani alla festa del PD e alla fine alcuni dirigenti PD si avvicinarono a noi in privato e ci dissero: “va bene contestare per richiamare le telecamere, ma così non si fa, dopo un po’ dovete smettere e lasciarci fare il comizio”. Loro non capivano che uno potesse contestare perché veramente indignato dal fatto e non per ottenere un passaggio televisivo; e si riferivano però a regole non scritte del teatrino politico che evidentemente noi non conosciamo.)

Comunque, dopo essermi indignato, io ho pensato un’altra cosa: ma il Comune mica è Chiamparino. Il Comune siamo noi, tutti i torinesi; e la corruzione nelle aziende di servizi danneggia tutti noi. Se l’Amiat butta via quattro milioni di euro in modo clientelare, poi la TARSU dovrà aumentare, oppure aumenterà il già enorme buco di bilancio del Comune. Ognuno di noi soffre dalla corruzione un danno economico diretto e ben preciso!

E così, ho tentato l’impossibile: ho tentato di costituirmi personalmente parte civile nel processo. Subito dopo le vacanze sono andato in tribunale, a cercare di parlare con il PM Pellicano: una scena surreale. Sono salito su negli uffici, ho percorso i corridoi fino a trovare la stanza giusta, numero 61401. Lui non c’era, c’era la segretaria; le ho spiegato brevemente cosa volevo fare. Lei mi ha guardato con gli occhi sbarrati e ha detto: “ma scusi, ma allora se è parte lesa lei lo è chiunque, lo sarei anch’io!”. Brava signora, vedo che ha capito.

Alla fine, comunque, non ci sono riuscito. Il PM ha avuto problemi personali, le udienze sono state rinviate – ma (con mia sorpresa, credevo che i processi fossero pubblici – si vede che non sono pratico di processi?) si sono svolte a porte chiuse. Ho chiesto ovviamente a Raphael, anche per assicurarmi che l’iniziativa fosse a lui gradita e non controproducente per l’accusa; lui è stato gentilissimo e ha gradito l’idea, ma mi ha detto che la vedeva difficile. Ho interpellato un’amica avvocato e competente in materia, che mi ha confermato che era praticamente impossibile che un giudice accogliesse la mia richiesta; è già difficile che vengano accettate le costituzioni di parte civile delle associazioni (so che ci stava provando Legambiente ma non so come sia finita), quella di un singolo cittadino è fantascienza.

Eppure non capisco perché: il Comune non è un sindaco-amministratore delegato, un assessore-manager che parla di “risultato economico” del “gruppo Città di Torino” (caro Passoni parlo di te) o un gruppetto di dirigenti che rispondono solo a se stessi. Il Comune siamo tutti noi, e non è assolutamente solo uno slogan.

P.S. In molti mi hanno chiesto perché non portiamo Raphael Rossi nel Movimento, perché non lo candidiamo. Con Raphael c’è collaborazione, solidarietà massima per la sua vicenda, grande stima; ma lui è tesserato di un partito (Rifondazione) e ha altre idee politiche (sul suo vecchio profilo Facebook c’era scritto “idee politiche: Cuban Communist Party”). Non c’è niente di male nell’essere comunisti, ma noi non vogliamo portare nelle istituzioni quell’ideologia – né alcuna ideologia; ciò non toglie che, sulle questioni in cui la pensiamo allo stesso modo, agiremo insieme senza problemi.

[tags]amiat, processo, raphael rossi, rifiuti, corruzione, torino, comune, sindaco[/tags]

divider
 
Creative Commons License
Questo sito è (C) 1995-2024 di Vittorio Bertola - Informativa privacy e cookie
Alcuni diritti riservati secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo
Attribution Noncommercial Sharealike