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domenica 20 Giugno 2010, 16:58

All world is country

La pagina della wikipedia inglese relativa a Koman Coulibaly, misconosciuto arbitro maliano, dopo circa tre anni di tranquilla vita elettronica è stata presa d’assalto negli ultimi due giorni: alcune decine di revisori hanno cercato di inserire in varie declinazioni il concetto che l’arbitro, avendo misteriosamente annullato all’ultimo minuto il gol valido che avrebbe dato agli USA la vittoria sulla Slovenia, è indubbiamente un cornuto.

[tags]calcio, mondiali, usa, slovenia, wikipedia, tifosi[/tags]

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giovedì 17 Giugno 2010, 10:12

Bancarotte urbanistiche

Anche a Milano, ogni tanto, capitano esperienze paranormali.

L’ultima mi è successa sabato scorso: nel pomeriggio, ero stato invitato a parlare al convegno dell’associazione Rientrodolce, ovvero la versione del movimento per la decrescita felice vicina al Partito Radicale. Oltre ad avere risalutato Marco Cappato – l’ultima volta che ci eravamo incontrati eravamo davanti al Circolo della Stampa durante la nostra clamorosa protesta, e io avevo una scopa in mano – ho potuto così constatare come anche loro si dicano le stesse cose sui limiti della crescita che ci diciamo noi; e che uno scambio di idee e di progetti comuni sarebbe senz’altro proficuo.

La riunione era nella sede dell’associazione Enzo Tortora, tra l’altro piena di bei manifesti politici degli anni ’70 e ’80, tra cui uno occupato da un fustino di detersivo, con cui i radicali promettevano di essere più puliti degli altri; e io ho ripensato al mio manifesto della scopa e ho sorriso ai corsi e ricorsi storici. La sede si trova vicino alla fermata della metro De Angeli; e così mi sono studiato la cartina e ho capito che il percorso più veloce passava attraverso le case a sud della piazza.

Quando sono arrivato lì, ho visto le indicazioni per via Frua e via dei Martinitt (solo a Milano possono avere un nome così), ho svoltato l’angolo e… mi sono trovato di fronte a questo:

frua1.jpg
frua2.jpg

Deserto, completamente, e silenzioso. Un lungo corridoio sotterraneo emerso direttamente dalle scene di Blade Runner; popolato da vetrine e negozi fantasma, ovunque ricoperti non da uno, ma da decine e decine di strati di graffiti di ogni genere.

Dalle scritte, dai serramenti di metallo, da tanti particolari si capisce che il tutto risale a oltre quarant’anni fa, cioè direttamente all’epoca in cui fu aperta la fermata della metro (metà anni ’60), e da allora non è mai stato toccato. Uscendo – e anche in pieno giorno vi verrà voglia di uscire piuttosto in fretta – ci si trova infatti davanti a un grosso e pretenzioso quartiere di palazzi ultrasignorili, circondati da alberi, giardinetti, cancellate e telecamere, anch’essi chiaramente risalenti a quel periodo: il Quartiere G. Frua, appunto, che – come ho poi scoperto – in quegli anni prese il posto della storica fabbrica tessile De Angeli – Frua che occupava la zona.

Doveva chiaramente essere un progetto ultramoderno di città nella città come si usava in quegli anni, cioè con il verde sopra e i servizi sottoterra, compresi i negozi. Ma i negozi, per classici problemi all’italiana, non arrivarono mai. Rimane, dunque, soltanto l’utopia spezzata: che possa servire di lezione agli architetti con la puzza sotto il naso che, ben pagati, progettano trasformazioni urbane in cui non dovranno mai vivere.

Chissà perché, qualcosa mi dice che, tra quarant’anni, anche la nuova parte di Torino che vorrebbero costruire sulla metro 2 e sull’ex Scalo Vanchiglia – la cosiddetta Variante 200 – avrà buone chance di essere finita così.

[tags]decrescita, partito radicale, cappato, rientrodolce, milano, urbanistica, metro, de angeli, frua, blade runner, degrado, torino, variante 200[/tags]

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mercoledì 16 Giugno 2010, 12:55

5 stelle, Torino e la buonanima di Mao

Che sia già tempo di grandi manovre per le prossime elezioni comunali torinesi è evidente a tutti: basta aprire i giornali e leggere dei piatti che volano in casa PD, dove si stanno già scornando due progetti diversi. Da una parte quello dei quadri di partito, che, divisi nelle varie correnti, stanno spingendo come aspirante candidato sindaco ognuno il proprio capetto, Fassino, Placido, Gariglio, Tricarico e tanti altri; dall’altra Chiamparino che vorrebbe aprire alla “società civile” – nome con cui lui indica il gruppo di potere economico che controlla Torino da decenni – costruendo una “lista civica” che peschi sia nel centrosinistra che nel centrodestra e che sia produttiva per Fiat, Sanpaolo e compagnia bella, con candidati sindaco Evelina Christillin, il rettore del Poli Profumo o addirittura il volto cattivo della Tav, Mario Virano.

Potevano allora non partire le piccole manovre anche in casa 5 stelle? No, non potevano; e difatti già da un minuto dopo le elezioni regionali varie persone hanno cominciato a lavorare per essere in pole position quando si sceglieranno i candidati. Non c’è peraltro nulla di scandaloso: per cominciare, la politica è una passione spesso basata sull’ego dei singoli; ma soprattutto, al di là delle aspirazioni personali, il Movimento 5 Stelle ha una identità politica ancora incompleta.

Se sugli argomenti della Carta di Firenze siamo tutti d’accordo, quando si parla di lavoro, di società, di economia la situazione è meno chiara; la linea volutamente non ideologica di Grillo e l’origine protestataria del movimento fanno sì che al suo interno si ritrovino posizioni molto diverse. L’esempio che faccio sempre è quello dell’immigrazione – soltanto il secondo tema più importante delle prossime comunali dopo il lavoro… -, su cui io ho una posizione basata sull’integrazione aperta degli onesti e la repressione dura di chi delinque, mentre una parte del movimento cittadino sostiene le classiche posizioni della sinistra estrema, a partire dalla chiusura dei CIE e dalla libertà di movimento e di ingresso in Italia. Insomma, non si tratta soltanto di scegliere gli eventuali futuri consiglieri tra tante persone che ambiscono al ruolo, ma di scegliere quale sarà l’anima del movimento che prevarrà e la sua linea sulle materie più politiche.

E così, dopo la confusa fase di smantellamento istituzionale di cui vi ho già raccontato, e altre cose che non vi ho raccontato per carità di patria, il gruppo consiliare regionale – cercando di fare da arbitro – ha organizzato un incontro pubblico per il 22 giugno, alle 21 in corso Ferrucci 65/A, invitando i cittadini a partecipare per discutere un programma: io sarò all’estero (vedrò di lasciare un video o un documento scritto), ma voi siete incoraggiati ad esserci.

Qualche giorno fa, comunque, ho ricevuto una convocazione per una riunione privata, tenutasi lunedì sera, a cui sono stati invitati una quindicina di attivisti noti. L’argomento doveva essere l’organizzazione pratica dell’incontro del 22, e invece, giunto lì, mi sono trovato davanti senza preavviso all’atto costitutivo di un “non Comitato Promotore”. Insomma, l’idea è: siccome Grillo ha fatto un “non Statuto” per vietare qualsiasi organizzazione strutturata di partito, noi facciamo un “non Comitato Promotore” e così lo freghiamo e la facciamo lo stesso.

Qualche forma organizzativa è necessaria, e, se l’obiettivo fosse organizzare il direttivo di un movimento, credo che condividerei la maggior parte del documento; il punto però è che non dovrebbe esserci nessun direttivo, o perlomeno che, se proprio un livello intermedio è necessario, esso dovrebbe essere eletto dai cittadini e dalla base del movimento, e composto di persone rappresentative, anziché da chi è abbastanza motivato da presentarsi in forze a una riunione serale.

Tanto per testare le intenzioni, io ho fatto subito una domanda chiarificatrice: ma questo “non comitato” organizza soltanto le consultazioni in cui i cittadini sceglieranno programma e candidati, oppure è un organo politico che prenderà decisioni a nome di tutto il movimento cittadino?

Ho ricevuto solo mezze risposte un po’ imbarazzate; alla fine però molti hanno ammesso chiaramente – del resto è scritto anche nella prima frase del documento – che, nelle loro intenzioni, questo sarà il gruppo che prenderà ogni decisione politica, sia perchè la piattaforma di Grillo non c’è ancora e nessuno sa come sarà fatta, sia perché “è necessario che il movimento sia gestito dagli attivisti”, riconoscendo insomma a chi si presenta alle riunioni – anche se magari non ha mai montato un gazebo o dato un volantino, anzi magari non ci ha nemmeno votato – un ruolo superiore a quello del semplice cittadino che partecipa soltanto via rete.

Non è una novità… alla fine, è emerso di nuovo il tentativo di realizzare una visione marxista classica, per cui le masse sono ignoranti e vanno educate (vedi in proposito l’ultima citazione di Mao in fondo qui), in quanto non capaci di autogovernarsi, e in cui l’autorità ultima e infallibile resta al Partito, il quale decide al proprio interno la linea a cui tutti i membri si devono attenere. E infatti, la prima bozza del documento presentata in riunione diceva che chi partecipava al gruppo si impegnava a non dissentire mai dal gruppo in pubblico; e parte della riunione è stata dedicata a come affrontare i casi di comportamenti “lesivi dell’immagine del movimento”, come (esempio fatto veramente, ammiccando al sottoscritto) raccontare sul proprio blog ciò che accade alle riunioni e magari fare delle critiche alla linea ufficiale o, Mao non voglia, sollecitare una discussione pubblica e peggio ancora proporre di far prendere le decisioni alle “masse”.

Io non sono d’accordo con questo modo di fare e con la visione politica che esso sottintende: la mia visione del mondo e della politica è diversa. La promessa che ho fatto e che ci è stata fatta durante la scorsa campagna elettorale è quella di piantarla con mozioni, verbali e direttivi e di intraprendere un esperimento di democrazia partecipativa in cui tutte le decisioni saranno prese in rete; ci sono già centinaia, forse alcune migliaia, di torinesi iscritti al Movimento sul sito di Grillo, e aspettano solo di poter dire la loro.

Ora, concordo sul fatto che sia necessario un gruppetto organizzativo di volontari (ma persone che rinuncino dal principio a candidarsi, non persone che ucciderebbero la nonna per fare il capolista) e che le decisioni pratiche possano tranquillamente venire prese da loro; ma all’idea che le scelte politiche vadano prese dai cittadini, in rete e magari ogni tanto anche tramite una grande consultazione popolare coi gazebo nelle piazze, non posso rinunciare.

Per cambiare questa città è necessaria una grande mobilitazione delle persone più capaci e moderne, non un piccolo orticello chiuso di quattro amici che aspirano a fare politica, con idee scongelate dagli anni ’70 e pittate di verde per renderle presentabili. E’ necessario coinvolgere altre fasce sociali, comitati, movimenti, individui di valore e critici con il sistema, e soprattutto migliaia di persone, a cui non possiamo soltanto chiedere il voto all’ultimo momento, ma che devono diventare nostri simpatizzanti regolari, con cui confrontarci giorno dopo giorno e da cui ricevere indicazioni; perché questo accada è necessario usare la rete, non si può procedere per riunioni fisiche due sere a settimana – una richiesta che pone una barriera significativa alla partecipazione per molti.

E qualcuno di questi simpatizzanti lo dobbiamo anche candidare, pescando meritocraticamente tra persone che abbiano dimostrato qualcosa nella vita, e lasciando perdere la sindrome da assedio, la paura di discutere in pubblico, le rivendicazioni del genere “quando io due anni fa prendevo freddo ai banchetti tu dov’eri”, e anche il desiderio inconfessabile di alcuni di non dover dividere il giocattolino con nessuno.

Persino il PD ha nel proprio statuto il principio delle primarie aperte a tutti i cittadini: possibile che proprio noi ci mettiamo sulla strada del gruppetto di attivisti che decide in una stanza? Se la piattaforma partecipativa di Grillo non sarà pronta possiamo farci la nostra, come io ho fatto la mia; non ci vuole molto, anzi sono sicuro che troveremo dei volontari per lavorarci. Se la direzione sarà questa, io confermo tutto il mio impegno. Ma se questo deve diventare l’ennesimo partitino della sinistra post-bertinottiana… no grazie, ho di meglio da fare nella vita.

P.S. A proposito della mia piattaforma, sto scrivendo il software per poter lanciare la prima consultazione. Ho già un paio di cose da chiedere, ma sono benvenuti suggerimenti sugli argomenti di discussione.

[tags]movimento 5 stelle, torino, beppe grillo, politica, elezioni comunali, partiti, sinistra, ideologia[/tags]

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lunedì 14 Giugno 2010, 19:37

I maleducati

Oggi pomeriggio tornavo a casa col 2 – il bus che in teoria doveva costituire l’ossatura della rete dei trasporti di Torino, e che in pratica non passa mai.

Sono salito dalla porta davanti, occupando l’unico spazietto disponibile: infatti tutta la parte anteriore del bus, proprio dietro l’autista, era occupata da una giovane signora di colore con un passeggino, in cui stava un bambino altrettanto di colore. In pratica non era possibile procedere oltre, e dalla porta rimaneva giusto lo spazio per una persona (me). E ovviamente ho pensato che la signora poteva anche salire dalle porte centrali, dove c’è un apposito spazio per passeggini e carrozzine, invece di infrattarsi nello stretto passaggio anteriore.

Alla fermata successiva si presentano davanti alla porta due signore autoctone sui sessant’anni, ingioiellate, di quelle che non si capisce cosa ci facciano nell’estrema periferia di corso Trapani, così lontano dalla Crocetta. Io penso che, visto che lo spazio è occupato, cammineranno per tre metri per andare a salire dalla porta centrale. E invece no: le due signore piazzano un piede sul bus, si mettono dietro la signora di colore e cominciano a gridare “Permesso! Ma vada un po’ più avanti!”. Il passeggino viene spinto in avanti di venti centimetri, grazie a una ulteriore compressione delle persone dentro il pullman.

Le due signore salgono, il pullman parte, ma loro non sono contente. Continuano a ripetere a voce altissima “Ma non può andare un po’ più avanti?”. Alla quarta volta, neanche ci fossimo messi d’accordo, sia io che la signora sbottiamo dicendo all’unisono che il bus è pieno e non si capisce dove dovrebbe andare il passeggino. A quel punto, forse avendo capito di non essere due contro uno, si zittiscono. In compenso, una delle due si infila tra il passeggino e il gabbiotto dell’autista, mentre l’altra commenta testualmente: “Ah, i bei tempi che furono!”

Dura poco: perché arrivati in piazza Rivoli una delle due deve scendere. Peccato che, sistematasi dietro il passeggino, non riesca più a muoversi: a quel punto chiede alla signora di colore se scende. La signora col passeggino dice di no, e a quel punto l’anziana si arrabbia, perché siamo già alla fermata; praticamente tira un calcio al passeggino cercando di spingerlo fuori dal bus, per poter passare. Dopodiché in qualche modo passa, scende, si gira e fa “Certo che voi siete dei gran maleducati!”, stando bene attenta ad evidenziare il “voi”.

Ecco, sul punto dell’educazione forse avrei qualcosa da ridire… E’ sicuramente vero che i bambini africani non vengono educati a timbrare il biglietto, a salire da davanti per scendere in mezzo (regola peraltro già abolita da anni), e ad alzarsi per far sedere gli anziani; questo perché – forse vi sorprenderà saperlo – in buona parte dell’Africa non esistono i bus urbani come li intendiamo noi (il trasporto pubblico locale, dove motorizzato, è svolto solitamente da furgoncini sovraccarichi) e spesso non esistono nemmeno gli anziani (l’aspettativa di vita media in Nigeria è di 47 anni). In questo senso, gli africani sono certamente maleducati; d’altra parte starebbe a noi educarli quando arrivano qui, spiegandogli come funzionano meccanismi che noi diamo per scontati, ma che scontati non sono.

Quanto alla buona educazione intesa in termini di rapporti e di rispetto per gli altri, forse lì noi abbiamo poco da insegnare.

[tags]torino, immigrazione, autobus, educazione, rispetto[/tags]

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domenica 13 Giugno 2010, 01:10

Tu spacchi gli alberghi e orini sul mondo

Le luci sul palco sono spente, quando improvvisamente si accende un suono di tastiere, che pare di un organo maestoso ed immobile; lentamente cresce e occupa tutto lo spazio dell’arena. Una luce rossa, illuminando il fumo, comincia a sottolinearlo; piano piano altre tastiere disegnano arabeschi suggestivi. Poi entra una chitarra, nello spazio fermo; suona poche note, di blues, malinconiche, fino a portare per la prima volta a cambiare l’accordo sottostante. Dopo due o tre minuti di estasi sonora, sale sul palco un tizio strano, vestito come un turco ottomano; imbraccia la chitarra e… suona un riff tanto ridicolmente semplice da essere demenziale. Sono quattro note – si bemolle, fa, sol, mi – e lui si esalta per averlo suonato giusto, e lo ripete, e ancora e ancora, per il divertimento del pubblico.

E’ Sciao, l’inedito (ma già edito da altri) di Elio e le Storie Tese che apre Bellimbusti balneari, il loro tour estivo del 2010, visto per voi stasera a Legnano perché ci sono capitato, e perché quando verranno a fine luglio a Collegno sarò dall’altra parte del mondo. Non andrò oltre nel racconto per non rovinare le sorprese a chi ancora lo deve vedere, ma come al solito il concerto merita. La scaletta è centrata soprattutto su Studentessi e i grandi classici sono pochissimi, anche se mi pregio di aver potuto ballare dal vivo con loro trenta secondi di Born to be Abramo. C’è anche un po’ meno Mangoni del solito, ma il suo vuoto viene riempito dalla bella voce di Paola Folli che rifà tutte le parti femminili della storia degli Elii, dalla Ruggiero in Plafone (e rifare alla perfezione quella parte non è certo facile) alla Carrà in Presidance.

Il meglio per me è stato che stavolta, sufficientemente vicino al palco e a volume abbastanza assordante, le parti dure del concerto suonavano davvero dure: a ben vedere, Il rock’n’roll avrebbe potuto essere l’opener di un concerto dei Metallica e ciò avrebbe soltanto potuto migliorare la carriera dei suddetti. Così ci si accorge come una buona metà dei migliori assoli di chitarra della storia della musica italiana siano stati prodotti da Cesareo: a me, per esempio, fa impazzire la sezione centrale di Heavy Samba, ma anche nella canzone romantica italiana per eccellenza, Servi della gleba, la parte di chitarra è un sottile grande classico.

In generale, vale sempre la pena di andare a vedere l’unico gruppo italiano che sappia davvero suonare…

[tags]elio e le storie tese, concerti, musica[/tags]

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venerdì 11 Giugno 2010, 17:35

Come creare un disastro

So che molti di voi non capiscono cosa sia che porta persone del tutto normali, dotate di una certa cultura e di una certa intelligenza, a venire coinvolte così dal calcio. E se non lo capite, non c’è modo di spiegarvelo: siate comprensivi con noi che, da mercoledì pomeriggio, non riusciamo più a fare altro che a pensare a questa partita (il forum di Forzatoro.net ha toccato picchi di oltre 500 persone collegate contemporaneamente).

Oggi è stata infine la giornata dei biglietti: dopo una settimana di rinvii, i punti vendita abilitati hanno cominciato a vendere i biglietti del settore ospiti di Brescia-Toro, come da disposizioni della Questura bresciana “uno a testa solo ai residenti in provincia di Torino”. I punti vendita sono gestiti dalla Index, un circuito di vendita il cui business consiste nel trovare negozianti disperati e farsi pagare da loro migliaia di euro per diventare “Index point”, illudendoli così di fare fortuna con la vendita di biglietti e ammennicoli di altro genere. Vi dico solo che per sapere l’indirizzo dei punti vendita è necessario andare sul loro sito e lasciargli l’email, confermandola pure mediante un link personalizzato; è facile capire che fine faranno quegli indirizzi (nel dubbio, io mi sono registrato con l’indirizzo in-indexspammerdim…@bertola.eu).

Comunque, i punti vendita comprendono negozi di DVD, colorifici, persino una panetteria: gente che avrebbe tutt’altro da fare che gestire un assalto di tifosi alla caccia del biglietto. Il Brescia infatti ne ha concessi solo 2100, nonostante il loro stadio in semifinale fosse mezzo vuoto (anche a Torino loro sono venuti solo in 500, erano l’unico settore semivuoto dello stadio) e nonostante a Modena i tifosi del Toro fossero oltre 5000. La partita è importante, ed era facile prevedere l’assalto con ogni mezzo.

Del resto, l’assalto era già cominciato ieri: poco prima di mezzogiorno era comparsa sul sito del Brescia una pagina che annunciava l’apertura delle vendite. Io mi ero subito precipitato a un punto vendita, per scoprire che loro avevano già cominciato a prendere “prenotazioni”, con pagamento anticipato, e che c’erano oltre 100 persone prima di me soltanto da loro. Poi l’apertura di ieri è stata bloccata dopo un quarto d’ora, con pochissimi biglietti già stampati (ci vanno un paio di minuti a biglietto), e rimandata a oggi alle 10.

Come potrete capire, chi si è presentato stamattina in vista delle 10, convinto di essere il primo, ha scoperto che i biglietti erano già quasi esauriti: e potete immaginare i litigi, perché questa idea delle prenotazioni è di dubbia validità. Ma non gli è andata poi così male, perché a forza di girare hanno trovato venditori con disponibilità, mentre i biglietti sono andati esauriti così in fretta che i punti vendita che hanno preso centinaia di prenotazioni non sono riusciti a fare in tempo tutti i biglietti già venduti e pagati (e sono altre liti).

Ma c’è di più: all’inizio il sistema era male configurato, per cui stamattina i biglietti del settore ospiti erano in vendita libera ovunque: c’è chi li ha comprati a Novara, chi a Bra, chi addirittura a Milano o a Rimini… ma solo fino a mezzogiorno, poi qualcuno se n’è accorto e hanno chiuso le vendite fuori Torino. Così ci sono gruppi divisi, un paio col biglietto e gli altri senza perché al terzo il sistema s’è bloccato, e interi club che chiedono come mai da Alessandria o da Cuneo non si possa andare alla partita.

Inoltre, come ovvio, molti punti vendita, presi d’assalto, non hanno richiesto i documenti e hanno fatto anche dieci biglietti a botta, scrivendoci sopra qualsiasi nome venisse dato a voce senza alcun controllo.

Qual è il risultato? Il clima era già tesissimo prima, per via dell’importanza della posta in palio e della storica inimicizia tra Toro e Brescia (forse ricorderete la cronaca della mia prima trasferta a Brescia, con tanto di incidenti visti da vicino); e per via del fatto che dall’anno prossimo, con la tessera del tifoso, molti ultras per principio non verranno comunque più allo stadio – dunque non hanno alcuna remora a prendersi diffide in questa ultima trasferta. E’ diventato incandescente dopo l’andata, con il gol annullato tra mille proteste, l’assurda squalifica di Bianchi per bestemmia dopo che i bresciani Maifredi e Corioni hanno fatto la spia con l’aiuto di Sky, le accuse reciproche di favoritismi (vedere l’incredibile intervista del presidente di Intesa-Sanpaolo Gianni Bazoli), antisportività, violenza verbale e fisica. Tra ieri e oggi su tutti i forum sono circolati indirizzo, numero fisso e numeri di cellulare di Maifredi, che sono prontamente stati usati per minacce e insulti di ogni tipo. E basta fare un giro su Internet per trovare fotomontaggi con il centro di Brescia che brucia o foto della tragedia di Superga usate per scherno.

E ora, grazie a questa geniale gestione della biglietteria, centinaia di persone arriveranno a Brescia con un biglietto teoricamente non valido e altre migliaia – dato che Sky, pensando ai propri incassi, ha negato la possibilità di installare maxischermi nelle piazze di Torino – verranno comunque anche senza biglietto, sperando di poter comprare il biglietto là per un qualsiasi settore o magari di entrare gratis nella calca. Ed è facile prevedere che non sarà fisicamente possibile fare controlli all’ingresso e che il settore ospiti sarà occupato al doppio della capienza. Potrebbe essere una calca magnifica in cui nessuno si fa male, come quella che si verificava al vecchio Comunale negli anni ’70 e ’80; ma potrebbe succedere anche qualcosa di grave.

Complimenti al Brescia F.C., alla Questura di Brescia, alla Lega Calcio e un po’ a tutti: i tifosi esagitati non mancano mai, ma esistevano molti modi di gestire una situazione del genere (tra cui spostare la partita in uno stadio più capiente e sicuro, a Verona per esempio, ed evitare di montare teatrini sul labiale dei giocatori), per non arrivare all’ultimo giorno impreparati e senza sapere che fare. Invece, è stato fatto tutto quel che si poteva per esasperare gli animi e creare le basi per un disastro. Complimenti davvero.

[tags]serie b, calcio, toro, brescia, bianchi, sky, ultras, tifosi, polizia, questura, incidenti[/tags]

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giovedì 10 Giugno 2010, 20:38

Bavagli selettivi

È interessante sapere che d’ora in poi l’Italia sarà il Paese in cui sarà vietato sia appurare che raccontare in pubblico che importanti personaggi politici o economici si telefonavano deridendo le vittime di un terremoto o accordandosi per regalare un appartamento a un ministro a sua insaputa, ma in cui si può tranquillamente pubblicare un servizio fotografico sui poveri resti di un cadavere lasciato per diciassette anni a putrefare nella soffitta di una chiesa.

In fondo, tutto ciò rispecchia perfettamente la cultura sociale degli italiani: ipocrita e guardona.

[tags]censura, legge bavaglio, informazione, giornalismo, italiani, ipocrisia[/tags]

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mercoledì 9 Giugno 2010, 18:51

Collocamento E. Ghigo & C.

Alcune settimane fa, come Movimento 5 Stelle, abbiamo pubblicizzato la possibilità per qualunque cittadino di candidarsi ad una lunga serie di posizioni negli enti pubblici partecipati dalla Regione Piemonte – posizioni in cui, tipicamente, vengono piazzate persone più per aderenze politiche che per l’eventuale competenza (che talvolta c’è, ma più spesso è un optional). Abbiamo anche sollecitato qualche candidatura al nostro interno e tra le persone che conoscevamo, purché avessero una competenza specifica per il posto per cui andavano a proporsi, con l’intento di smascherare il meccanismo: non abbiamo certo speranze di poter influenzare le nomine, ma perlomeno non potranno dire che hanno selezionato un incompetente (ma parente di qualcuno o legato al partito) perché non c’erano candidati competenti sul tavolo.

Anche io ho messo avanti il mio nome per le due posizioni su cui ho una preparazione specifica: quella di consigliere d’amministrazione del CSI Piemonte e quella di consigliere d’amministrazione dell’Ente per il Diritto allo Studio Universitario. Riguardo alla prima, in tema di organizzazione e strategia per le aziende ICT penso di saperne più di qualcosa… tanto che, prima delle elezioni, erano state le stesse rappresentanze sindacali del CSI ad approcciarmi per capire la posizione del Movimento 5 Stelle sul loro futuro, visto anche che il CSI è in un momento di mutazione storica e ha davvero bisogno di idee per sostenere i propri livelli occupazionali. Riguardo alla seconda, la mia esperienza specifica risale agli anni ’90, con due anni da membro del CdA del Politecnico e altri due nei vari organismi interni dell’Ateneo. In totale, sono stato consigliere d’amministrazione di sei aziende (tra cui un grosso ente pubblico e una corporation californiana) e di un certo numero di associazioni… insomma, credo di avere idea di come si stia in un Board.

Nonostante questo, so di non avere la minima possibilità di essere nominato; se ancora avessi avuto qualche dubbio, il mitico Bojafauss ieri mattina ha orecchiato una tranquilla conversazione in pubblico tra una signora che perorava una qualche candidatura e un politico che ha risposto che le nomine regionali – almeno quelle di una certa importanza – saranno decise personalmente da Enzo Ghigo.

Le promesse di Ghigo, come sempre in politica, sono quelle che sono: ricordo anch’io di averlo sentito al telefono, durante la serata dei risultati elettorali a Palazzo Lascaris, esclamare a voce altissima “non preoccuparti, noi abbiamo garantiti 10 assessori” – risultato, Cota alla fine gli ha imposto una riduzione a 8. Comunque – dando per scontato che alcuni degli assessori mancati saranno ripiazzati in queste posizioni – siamo tutti curiosi di scoprire i nomi e i curriculum dei vari candidati.

Già, perché in un paese civile tutti i curriculum presentati sarebbero pubblicati su un sito web, in cui chiunque potrebbe leggerli e magari anche commentarli; e la selezione prevederebbe anche, per esempio, un colloquio con i vari candidati per controllare ciò che è stato dichiarato su carta, discutere motivazioni e obiettivi e scegliere a ragion veduta. Ma se le nomine sono decise direttamente dal maggiorente del partito più grande, previa spartizione cencellinata con gli alleati, è inutile pretendere profondità e trasparenza.

[tags]regione piemonte, nomine, curriculum, selezione, csi piemonte, edisu, ghigo, cota, trasparenza[/tags]

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martedì 8 Giugno 2010, 23:07

Accidenti del viaggiatore

È tipicamente italiano, viaggiando in treno da Bologna a Milano, dover spendere quasi per forza i 41 euro per prendere l’alta velocità arrivando in un’ora, e poi impiegare altri 50 minuti per andare dalla Stazione Centrale a casa con i mezzi pubblici (nonostante le strade deserte).

Nel frattempo, mentre aspettavo il tram davanti alla stazione, ho dato una mano a un americano dall’aria spersa che doveva prendere il treno per Chiasso; gli avevano detto di andare in una misteriosa stazione “Milano PGAR”, che è il modo chiarissimo in cui Trenitalia denomina Porta Garibaldi nei risultati delle ricerche online. Ovviamente lui non aveva capito niente e inoltre nessuno dei passanti che fermava riusciva a capire cos’è che volesse, dato che la probabilità di trovare un passante che parli un inglese decente è piuttosto bassa. Spero che sia riuscito a prendere la metro.

Comunque, in termini di trasporti, anche Bologna si difende bene: è la prima città che vedo dove una discreta parte dei bus ha la destinazione, sul tabellone luminoso anteriore, scritta in caratteri Comic Sans.

bolognabus.jpg

[tags]bus, treni, trasporti, tav, bologna, milano, turisti, inglese, comic sans[/tags]

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lunedì 7 Giugno 2010, 21:23

Quando la matematica è razzista

Negli ultimi giorni si propaga per la rete un’ondata di sdegno – una delle tante, ormai sembra che la rete serva più che altro a propagare sdegno – derivante da questo articolo di Repubblica, in cui il giornale di De Benedetti (ormai equivalente di sinistra di Libero) denuncia con vibrante protesta il fatto che alcune società di assicurazione auto praticherebbero tariffe appositamente differenziate tra italiani e immigrati extracomunitari.

A prima vista una cosa del genere può effettivamente sembrare scandalosa, ma in realtà essa lo sarebbe soltanto se fosse il risultato di una scelta politica, indipendente dalla realtà delle cose. E invece, è il frutto di pura osservazione statistica: non solo secondo le compagnie, ma addirittura secondo l’associazione di categoria della polizia stradale, gli extracomunitari sono coinvolti in una quantità di incidenti proporzionalmente molto superiore agli italiani.

Da sempre, le assicurazioni auto variano le proprie tariffe in funzione dei propri modelli statistici, sviluppati da un punto di osservazione privilegiato – quello di chi può avere in mano un database di tutti o quasi gli incidenti stradali che avvengono in Italia. Non conta dunque soltanto il livello nella scala bonus/malus, ma la provincia in cui si risiede, il sesso, l’età, e un numero sempre più ampio di fattori.

Tutte queste differenziazioni potrebbero essere considerate discriminatorie: perché la stessa assicurazione deve costare molto di più se si vive a Napoli invece che ad Aosta? Non è una forma di razzismo contro i napoletani? E il fatto che le polizze costino di più ai giovani maschi e di meno alle donne anziane è il risultato ideologico di gerontocrazia e femminismo? Addirittura, una assicurazione, fattasi i propri conti, propone “70 giorni gratis a chi è nato negli anni ’70”: non è una ingiusta discriminazione verso chi è nato il 31 dicembre 1969?

In seconda analisi, dunque, il caso montato da Repubblica si rivela come il classico sensazionalismo da giornale politicizzato: si prende una cosa tutto sommato normale e la si sovraccarica di significati ideologici per infiammare le folle. Se è vero che gli extracomunitari presentano tassi di incidentalità più elevati degli altri, è addirittura più equo che paghino tariffe più elevate; e se proprio c’è del razzismo, vorrà dire che ad essere razzista è la statistica.

E però, anche così la questione non è sufficientemente approfondita. Infatti, il principio di base delle assicurazioni è quello di condividere il rischio; tanti pagano mentre pochi ricevono, in base a un principio di solidarietà preventiva per cui ognuno preferisce pagare una piccola cifra che va a vantaggio di altri in caso non faccia incidenti, piuttosto che rischiare di doverne sborsare una grande in caso l’incidente tocchi a lui.

In teoria, perché un sistema assicurativo sia in equilibrio, la somma di tutti i premi pagati dovrebbe coincidere con il valore di tutti gli indennizzi da corrispondere a chi subisce un danno (in pratica la somma dei premi deve essere superiore, per permettere di coprire i costi operativi dell’assicurazione e il suo margine di guadagno). La cifra complessiva da raccogliere per pagare tutti gli indennizzi viene poi suddivisa cercando di far pagare di più chi rischia di più; e qui interviene la statistica, analizzando i tassi di incidentalità dei singoli gruppi di persone e la loro numerosità. Ed è assolutamente normale che gruppi diversi presentino valori diversi in questi due parametri, e portino dunque a tariffe diverse.

Peccato che la scelta di come suddividere le persone sia però totalmente arbitraria! Io potrei decidere di dividere quelli con gli occhi neri da quelli con gli occhi azzurri; verrebbe magari fuori che chi ha occhi azzurri fa mediamente più incidenti, e a questo punto potrei affibbiare loro una tariffa più elevata. Sarebbe equo? Statisticamente sì, perché chi ha gli occhi azzurri fa più incidenti; e per la matematica ciò è sufficiente a stabilire una correlazione tra le due variabili.

Una correlazione matematica non implica un rapporto di causa ed effetto – entrambi i fenomeni osservati potrebbero essere effetti di qualcos’altro – ma qualche influenza ci dovrà pur essere, se no risulterebbe che, su un numero sufficientemente grande di casi, l’incidentalità delle persone con occhi azzurri sarebbe uguale a quella delle persone con occhi neri. Per essere equo, dovrei dunque calcolare quanto costano gli incidenti provocati dagli occhi azzurri, dividere per il numero di persone e trovare così il giusto premio per assicurare gli occhi azzurri; analogamente, calcolerei un premio diverso per le persone con gli occhi neri.

Ma a quel punto si potrebbe andare oltre: tra le persone con gli occhi azzurri, potremmo distinguere quelle alte e quelle basse; e all’interno di ogni categoria, distinguere ancora delle sottocategorie sempre più piccole, ad esempio per fasce di altezza di un centimetro alla volta; e poi introdurre altri fattori. Anzi, man mano che suddividiamo il campione in gruppi sempre più piccoli, probabilmente le differenze aumenteranno, perché il numero di casi a disposizione per calcolare le statistiche sarà sempre più ridotto, e la casualità avrà un peso sempre maggiore.

Ma supponiamo comunque di poter sempre disporre di un grande numero di casi, tale da fornire dati statisticamente affidabili: a quel punto, possiamo portare il ragionamento all’estremo. Per raggiungere la massima equità, dovremmo avere gruppi di una persona sola, la quale dovrebbe pagare un premio equo pari al totale degli incidenti da sè provocati diviso il numero di persone nel gruppo (uno). In pratica, la massima equità si ha se ognuno si paga da solo i propri incidenti, abolendo le assicurazioni.

Peccato che in questo modo venga completamente meno il principio che sta alla base dell’idea stessa di assicurazione: la solidarietà reciproca, o, come si sarebbe detto nell’Ottocento, la mutua assicurazione.

Potremmo dunque pensare che tutta questa suddivisione in categorie, distruggendo la solidarietà, sia in realtà ingiusta: e andare all’estremo opposto, ovvero quello di abolire qualsiasi distinzione e far pagare a tutti gli italiani lo stesso premio assicurativo, indipendentemente da dove vivono, quanti anni hanno… e soprattutto, da come guidano. Così, però, sarebbe evidente un’altra ingiustizia: perché io, guidatore coscienzioso e prudente, devo pagare cifre elevate per coprire i risarcimenti degli incidenti provocati da persone che non sanno guidare o che guidano in maniera incosciente?

C’è, infatti, un problema alla base di quasi tutti i tipi di assicurazione: in ogni sinistro c’è una componente di disgrazia imprevedibile e inevitabile, ma c’è anche una componente di capacità e di volontà del danneggiato. Senza arrivare al problema degli incidenti-truffa, messi in piedi o gonfiati per arricchirsi con il risarcimento, l’assicurazione deve comunque coprire gli effetti di entrambi questi fattori: uno che, essendo slegato dalla volontà personale, porterebbe alla massima solidarietà e dunque a un premio uguale per tutti; un altro che, dipendendo direttamente dal danneggiato, porterebbe a diversificare il più possibile il premio per categorie o addirittura ad abolire l’assicurazione stessa.

Qual è dunque un sistema oggettivo, scientifico ed equo di determinare i premi dell’assicurazione auto? Beh, mi sembra chiaro che non esiste: qualsiasi scelta sarà sempre arbitraria e contestabile. Nell’arbitrarietà, ci sta anche che si decida che certi criteri non possono venire usati per diversificare i premi, forzando dunque la solidarietà dei più virtuosi verso i meno. Basta che si sia coscienti che sono tutte scelte politiche, e che comportano tutte un danno economico per alcuni e un vantaggio economico per altri, mettendo direttamente le mani nelle tasche degli italiani.

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