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venerdì 25 Giugno 2010, 20:11

La solitudine del numero dieci

Quando io ero bambino, il calcio era un’altra cosa. Il calcio era una festa, perché si giocava di domenica pomeriggio, allo stadio in piedi sotto il sole, o attaccati alla radiolina di casa, o passeggiando al Valentino, fermando tutti i passanti ogni minuto per chiedere se per caso il Toro avesse già segnato. Il calcio era una festa perché era uno spettacolo, perché c’erano decine di migliaia di persone che sospiravano all’unisono, e magari non avevano la coca cola in braccio e il posto preassegnato col seggiolino ottimizzato a forma di culo, e nemmeno lo schermo piatto per rivedere a casa ogni scaracchio in super-slow-motion, ma avevano il sole, il cielo e la speranza di un gol e di qualcuno che costruisse per loro un mondo migliore.

E avevano il numero dieci: tutte le squadre che valessero qualcosa avevano un numero dieci, o se non era un dieci era un sette o un sei o un undici, ma era un giocatore diverso dagli altri. Uno che con la palla faceva le magie, uno che con la palla faceva sognare; uno che da solo valeva il prezzo del biglietto. Uno che faceva cose che nessun altro giocatore in campo, anzi nessuna altra persona al mondo era capace di fare, come, che so, ribaltare in un attimo il risultato di una guerra – una guerra vera, con morti e feriti – con un semplice pugno alzato verso il cielo nel secondo preciso del destino.

Il numero dieci era un artista e spesso giocava da solo; nei casi più estremi, i compagni si limitavano a passargli la palla e ad aspettare che facesse lui. Era un privilegiato, spesso antipatico come pochi; fuori dal campo, non di rado tagliava gli allenamenti, si faceva di coca e sparava ai giornalisti. Anche quando era più morigerato, era comunque un diverso; oggetto di ammirazione ma anche di invidia (dei compagni) e di odio (degli avversari). Del resto l’approccio italiano per marcare i numeri dieci era quello di spaccargli le gambe ad ogni occasione sin dal primo minuto: Gentile e Bergomi conquistarono la fama picchiando Maradona. E se un giocatore qualsiasi può sempre vivacchiare e passare la palla, il numero dieci era maledetto a fare miracoli per contratto: o stupiva o falliva.

Poi, vent’anni fa, nel calcio arrivarono Sacchi e Berlusconi, e condannarono i numeri dieci all’estinzione. Il genio divenne un optional, sostituito dagli steroidi, dagli schemi scientifici, dagli allenatori col portatile. Decenni di frustrazione del resto del mondo vennero alla luce: ma perché privilegiare uno più degli altri, ma perché dipendere da una persona sola. Dipendere dall’individuo è sbagliato, noi vogliamo il sistema, il calcio industriale, l’investimento a ritorno garantito; il giocatore dal rendimento mediocre ma costante, il gioco pianificato a tavolino e proprio per questo prevedibile ma certo. Il tifoso schedato e ridotto a numero, con la sua maglietta rigorosamente ufficiale e coperta da copyright, uguale a tutte le altre, che canta l’inno previsto dall’azienda di marketing, in vendita su CD al supermercato e pronto ad essere sostituito da una canzone nuova l’anno dopo, ché l’economia deve sempre girare.

Nel calcio e nella vita, i numeri dieci sono una specie ormai estinta. Non è che non ne nascano più, ma il genio gli viene sradicato a bastonate proprio come una volta si costringevano i mancini a usare la destra. A seconda degli investimenti nella pianificazione industriaale del giocatore e della forza aziendale di chi li possiede, o diventano dei bovini gonfiati come Del Piero, o diventano dei falliti come Pinga e Rosina. Se provano un dribbling, tutti si incazzano: “e passa quella palla!”.

C’è oggi, nel calcio e nella vita, la retorica della squadra. Il gioco di squadra, il collettivo, l’organizzazione, l’egualitarismo. Una volta erano valori che associavamo ai freddi paesi del Nord o ai formicai dell’Oriente, restando orgogliosi dell’inventiva e della creatività italiana, su cui si basavano le nostre fortune e le nostre glorie sin dai tempi di Dante e di Leonardo. Ma anche da noi, ora, l’individuo più dotato o più fortunato della media è visto con intrinseco fastidio.

La squadra è importante, da soli non si può fare tutto; ma neanche tutti possono fare tutto. Un italiano medio, preso a caso per strada, non può scrivere la Divina Commedia; è già tanto se sa scrivere un SMS. Nemmeno dieci italiani possono scrivere la Divina Commedia. E’ molto, molto improbabile che anche un milione di italiani, persino se ben organizzati in una struttura pianificata, possano scrivere la Divina Commedia. Dante, lui sì, poteva scrivere la Divina Commedia. Probabilmente come centravanti faceva cagare, e magari come persona era uno stronzo di prima categoria; ma nel suo briciolo di genialità poteva fare qualcosa che pochi altri, forse nessuno, avrebbero potuto fare, e con questo segnare il futuro della sua nazione a vantaggio di tutti.

In Italia, la retorica della squadra dà il peggio di sé; è diventata una esaltazione della mediocrità. I nostri numeri dieci, per salvarsi, sono tutti all’estero; a scoprire la cura del cancro in una Università americana o ad aprire gelaterie in Cina. L’Italia, un paese socialista intrappolato alla periferia del Vaticano, ha imparato velocemente a disfarsi del talento: perché conviene a molti. Conviene ai mediocri, ai raccomandati, ai piacioni e ai maneggioni, ai numeri due e cinque e quattordici e ventisette, che altrimenti sarebbero condannati ai margini dei riflettori. E’ molto più popolare promettere gloria per tutti e sostenere che anche Pepe e Marchisio possono giocare un mondiale da protagonisti; salvo poi tornare a casa al primo turno, umiliati dalla Slovacchia e dalla Nuova Zelanda.

[tags]italia, calcio, mondiali, maradona, berlusconi, socialismo, comunismo, società, egualitarismo, meritocrazia, competizione, talento[/tags]

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martedì 22 Giugno 2010, 10:21

Cose che succedono qua e là

Ci sarebbe molto da raccontare (ad esempio il carnaio dell’aeroporto di Bergamo il lunedì mattina) ma sono piuttosto di corsa (anche grazie ai portoghesi di cui ho postato ieri il video, a cui in serata si sono uniti cileni e spagnoli) e ho tempo solo per una breve nota.

Intanto segnalo che, se qualcuno passa qui da Bruxelles, stasera presso il meeting di ICANN c’è la festa per il venticinquesimo anniversario del .org. Per noi che abbiamo iniziato in tempi abbastanza pionieristici (e dico “abbastanza” perché c’è comunque chi ha iniziato dieci o vent’anni prima di noi) fa un po’ specie pensare che certi elementi base di Internet come la conosciamo abbiano ormai vari decenni di vita.

Anche al meeting di ICANN, a cui ho fatto un salto ieri per le due riunioni di mia competenza, comincia a fare effetto pensare che dieci anni fa eravamo lì a discutere più o meno le stesse cose… ieri, alla fine dell’incontro internazionale dei chapter di ISOC, hanno fatto un quiz, regalando una scatola di cioccolatini a chi avesse saputo dire quali erano gli ultimi tre chapter attivati (la risposta era: Uruguay, Libano e Bangalore). L’ha saputo Norbert Klein, il signor ISOC Cambogia, e ciò ha fatto partire una sessione di ricordi su un simile quiz organizzato da ISOC nel 1996, e anch’esso vinto da lui. Alla fine però ci siamo sentiti vecchi… alla faccia delle nuove tecnologie.

Ora, invece, due comunicazioni di servizio per le faccende grilline di casa nostra.

La prima è un ringraziamento a Sonia Alfano per avere firmato la dichiarazione del Parlamento Europeo contro ACTA. Sonia è sempre vicina ai nostri ideali e credo che la lettera aperta a Beppe Grillo che ha scritto ieri meriti una risposta adeguata, sperando che possa esserci un riavvicinamento costruttivo.

Invece, per chi sta a Torino, la riunione di stasera per le elezioni comunali grilline di cui avevo parlato, aperta a tutto il popolo torinese, è stata spostata in via Luserna 8. Partecipate numerosi.

[tags]icann, isoc, .org, internet governance, domini, sonia alfano, parlamento europeo, acta, beppe grillo, movimento 5 stelle[/tags]

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domenica 20 Giugno 2010, 16:58

All world is country

La pagina della wikipedia inglese relativa a Koman Coulibaly, misconosciuto arbitro maliano, dopo circa tre anni di tranquilla vita elettronica è stata presa d’assalto negli ultimi due giorni: alcune decine di revisori hanno cercato di inserire in varie declinazioni il concetto che l’arbitro, avendo misteriosamente annullato all’ultimo minuto il gol valido che avrebbe dato agli USA la vittoria sulla Slovenia, è indubbiamente un cornuto.

[tags]calcio, mondiali, usa, slovenia, wikipedia, tifosi[/tags]

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giovedì 17 Giugno 2010, 10:12

Bancarotte urbanistiche

Anche a Milano, ogni tanto, capitano esperienze paranormali.

L’ultima mi è successa sabato scorso: nel pomeriggio, ero stato invitato a parlare al convegno dell’associazione Rientrodolce, ovvero la versione del movimento per la decrescita felice vicina al Partito Radicale. Oltre ad avere risalutato Marco Cappato – l’ultima volta che ci eravamo incontrati eravamo davanti al Circolo della Stampa durante la nostra clamorosa protesta, e io avevo una scopa in mano – ho potuto così constatare come anche loro si dicano le stesse cose sui limiti della crescita che ci diciamo noi; e che uno scambio di idee e di progetti comuni sarebbe senz’altro proficuo.

La riunione era nella sede dell’associazione Enzo Tortora, tra l’altro piena di bei manifesti politici degli anni ’70 e ’80, tra cui uno occupato da un fustino di detersivo, con cui i radicali promettevano di essere più puliti degli altri; e io ho ripensato al mio manifesto della scopa e ho sorriso ai corsi e ricorsi storici. La sede si trova vicino alla fermata della metro De Angeli; e così mi sono studiato la cartina e ho capito che il percorso più veloce passava attraverso le case a sud della piazza.

Quando sono arrivato lì, ho visto le indicazioni per via Frua e via dei Martinitt (solo a Milano possono avere un nome così), ho svoltato l’angolo e… mi sono trovato di fronte a questo:

frua1.jpg
frua2.jpg

Deserto, completamente, e silenzioso. Un lungo corridoio sotterraneo emerso direttamente dalle scene di Blade Runner; popolato da vetrine e negozi fantasma, ovunque ricoperti non da uno, ma da decine e decine di strati di graffiti di ogni genere.

Dalle scritte, dai serramenti di metallo, da tanti particolari si capisce che il tutto risale a oltre quarant’anni fa, cioè direttamente all’epoca in cui fu aperta la fermata della metro (metà anni ’60), e da allora non è mai stato toccato. Uscendo – e anche in pieno giorno vi verrà voglia di uscire piuttosto in fretta – ci si trova infatti davanti a un grosso e pretenzioso quartiere di palazzi ultrasignorili, circondati da alberi, giardinetti, cancellate e telecamere, anch’essi chiaramente risalenti a quel periodo: il Quartiere G. Frua, appunto, che – come ho poi scoperto – in quegli anni prese il posto della storica fabbrica tessile De Angeli – Frua che occupava la zona.

Doveva chiaramente essere un progetto ultramoderno di città nella città come si usava in quegli anni, cioè con il verde sopra e i servizi sottoterra, compresi i negozi. Ma i negozi, per classici problemi all’italiana, non arrivarono mai. Rimane, dunque, soltanto l’utopia spezzata: che possa servire di lezione agli architetti con la puzza sotto il naso che, ben pagati, progettano trasformazioni urbane in cui non dovranno mai vivere.

Chissà perché, qualcosa mi dice che, tra quarant’anni, anche la nuova parte di Torino che vorrebbero costruire sulla metro 2 e sull’ex Scalo Vanchiglia – la cosiddetta Variante 200 – avrà buone chance di essere finita così.

[tags]decrescita, partito radicale, cappato, rientrodolce, milano, urbanistica, metro, de angeli, frua, blade runner, degrado, torino, variante 200[/tags]

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mercoledì 16 Giugno 2010, 12:55

5 stelle, Torino e la buonanima di Mao

Che sia già tempo di grandi manovre per le prossime elezioni comunali torinesi è evidente a tutti: basta aprire i giornali e leggere dei piatti che volano in casa PD, dove si stanno già scornando due progetti diversi. Da una parte quello dei quadri di partito, che, divisi nelle varie correnti, stanno spingendo come aspirante candidato sindaco ognuno il proprio capetto, Fassino, Placido, Gariglio, Tricarico e tanti altri; dall’altra Chiamparino che vorrebbe aprire alla “società civile” – nome con cui lui indica il gruppo di potere economico che controlla Torino da decenni – costruendo una “lista civica” che peschi sia nel centrosinistra che nel centrodestra e che sia produttiva per Fiat, Sanpaolo e compagnia bella, con candidati sindaco Evelina Christillin, il rettore del Poli Profumo o addirittura il volto cattivo della Tav, Mario Virano.

Potevano allora non partire le piccole manovre anche in casa 5 stelle? No, non potevano; e difatti già da un minuto dopo le elezioni regionali varie persone hanno cominciato a lavorare per essere in pole position quando si sceglieranno i candidati. Non c’è peraltro nulla di scandaloso: per cominciare, la politica è una passione spesso basata sull’ego dei singoli; ma soprattutto, al di là delle aspirazioni personali, il Movimento 5 Stelle ha una identità politica ancora incompleta.

Se sugli argomenti della Carta di Firenze siamo tutti d’accordo, quando si parla di lavoro, di società, di economia la situazione è meno chiara; la linea volutamente non ideologica di Grillo e l’origine protestataria del movimento fanno sì che al suo interno si ritrovino posizioni molto diverse. L’esempio che faccio sempre è quello dell’immigrazione – soltanto il secondo tema più importante delle prossime comunali dopo il lavoro… -, su cui io ho una posizione basata sull’integrazione aperta degli onesti e la repressione dura di chi delinque, mentre una parte del movimento cittadino sostiene le classiche posizioni della sinistra estrema, a partire dalla chiusura dei CIE e dalla libertà di movimento e di ingresso in Italia. Insomma, non si tratta soltanto di scegliere gli eventuali futuri consiglieri tra tante persone che ambiscono al ruolo, ma di scegliere quale sarà l’anima del movimento che prevarrà e la sua linea sulle materie più politiche.

E così, dopo la confusa fase di smantellamento istituzionale di cui vi ho già raccontato, e altre cose che non vi ho raccontato per carità di patria, il gruppo consiliare regionale – cercando di fare da arbitro – ha organizzato un incontro pubblico per il 22 giugno, alle 21 in corso Ferrucci 65/A, invitando i cittadini a partecipare per discutere un programma: io sarò all’estero (vedrò di lasciare un video o un documento scritto), ma voi siete incoraggiati ad esserci.

Qualche giorno fa, comunque, ho ricevuto una convocazione per una riunione privata, tenutasi lunedì sera, a cui sono stati invitati una quindicina di attivisti noti. L’argomento doveva essere l’organizzazione pratica dell’incontro del 22, e invece, giunto lì, mi sono trovato davanti senza preavviso all’atto costitutivo di un “non Comitato Promotore”. Insomma, l’idea è: siccome Grillo ha fatto un “non Statuto” per vietare qualsiasi organizzazione strutturata di partito, noi facciamo un “non Comitato Promotore” e così lo freghiamo e la facciamo lo stesso.

Qualche forma organizzativa è necessaria, e, se l’obiettivo fosse organizzare il direttivo di un movimento, credo che condividerei la maggior parte del documento; il punto però è che non dovrebbe esserci nessun direttivo, o perlomeno che, se proprio un livello intermedio è necessario, esso dovrebbe essere eletto dai cittadini e dalla base del movimento, e composto di persone rappresentative, anziché da chi è abbastanza motivato da presentarsi in forze a una riunione serale.

Tanto per testare le intenzioni, io ho fatto subito una domanda chiarificatrice: ma questo “non comitato” organizza soltanto le consultazioni in cui i cittadini sceglieranno programma e candidati, oppure è un organo politico che prenderà decisioni a nome di tutto il movimento cittadino?

Ho ricevuto solo mezze risposte un po’ imbarazzate; alla fine però molti hanno ammesso chiaramente – del resto è scritto anche nella prima frase del documento – che, nelle loro intenzioni, questo sarà il gruppo che prenderà ogni decisione politica, sia perchè la piattaforma di Grillo non c’è ancora e nessuno sa come sarà fatta, sia perché “è necessario che il movimento sia gestito dagli attivisti”, riconoscendo insomma a chi si presenta alle riunioni – anche se magari non ha mai montato un gazebo o dato un volantino, anzi magari non ci ha nemmeno votato – un ruolo superiore a quello del semplice cittadino che partecipa soltanto via rete.

Non è una novità… alla fine, è emerso di nuovo il tentativo di realizzare una visione marxista classica, per cui le masse sono ignoranti e vanno educate (vedi in proposito l’ultima citazione di Mao in fondo qui), in quanto non capaci di autogovernarsi, e in cui l’autorità ultima e infallibile resta al Partito, il quale decide al proprio interno la linea a cui tutti i membri si devono attenere. E infatti, la prima bozza del documento presentata in riunione diceva che chi partecipava al gruppo si impegnava a non dissentire mai dal gruppo in pubblico; e parte della riunione è stata dedicata a come affrontare i casi di comportamenti “lesivi dell’immagine del movimento”, come (esempio fatto veramente, ammiccando al sottoscritto) raccontare sul proprio blog ciò che accade alle riunioni e magari fare delle critiche alla linea ufficiale o, Mao non voglia, sollecitare una discussione pubblica e peggio ancora proporre di far prendere le decisioni alle “masse”.

Io non sono d’accordo con questo modo di fare e con la visione politica che esso sottintende: la mia visione del mondo e della politica è diversa. La promessa che ho fatto e che ci è stata fatta durante la scorsa campagna elettorale è quella di piantarla con mozioni, verbali e direttivi e di intraprendere un esperimento di democrazia partecipativa in cui tutte le decisioni saranno prese in rete; ci sono già centinaia, forse alcune migliaia, di torinesi iscritti al Movimento sul sito di Grillo, e aspettano solo di poter dire la loro.

Ora, concordo sul fatto che sia necessario un gruppetto organizzativo di volontari (ma persone che rinuncino dal principio a candidarsi, non persone che ucciderebbero la nonna per fare il capolista) e che le decisioni pratiche possano tranquillamente venire prese da loro; ma all’idea che le scelte politiche vadano prese dai cittadini, in rete e magari ogni tanto anche tramite una grande consultazione popolare coi gazebo nelle piazze, non posso rinunciare.

Per cambiare questa città è necessaria una grande mobilitazione delle persone più capaci e moderne, non un piccolo orticello chiuso di quattro amici che aspirano a fare politica, con idee scongelate dagli anni ’70 e pittate di verde per renderle presentabili. E’ necessario coinvolgere altre fasce sociali, comitati, movimenti, individui di valore e critici con il sistema, e soprattutto migliaia di persone, a cui non possiamo soltanto chiedere il voto all’ultimo momento, ma che devono diventare nostri simpatizzanti regolari, con cui confrontarci giorno dopo giorno e da cui ricevere indicazioni; perché questo accada è necessario usare la rete, non si può procedere per riunioni fisiche due sere a settimana – una richiesta che pone una barriera significativa alla partecipazione per molti.

E qualcuno di questi simpatizzanti lo dobbiamo anche candidare, pescando meritocraticamente tra persone che abbiano dimostrato qualcosa nella vita, e lasciando perdere la sindrome da assedio, la paura di discutere in pubblico, le rivendicazioni del genere “quando io due anni fa prendevo freddo ai banchetti tu dov’eri”, e anche il desiderio inconfessabile di alcuni di non dover dividere il giocattolino con nessuno.

Persino il PD ha nel proprio statuto il principio delle primarie aperte a tutti i cittadini: possibile che proprio noi ci mettiamo sulla strada del gruppetto di attivisti che decide in una stanza? Se la piattaforma partecipativa di Grillo non sarà pronta possiamo farci la nostra, come io ho fatto la mia; non ci vuole molto, anzi sono sicuro che troveremo dei volontari per lavorarci. Se la direzione sarà questa, io confermo tutto il mio impegno. Ma se questo deve diventare l’ennesimo partitino della sinistra post-bertinottiana… no grazie, ho di meglio da fare nella vita.

P.S. A proposito della mia piattaforma, sto scrivendo il software per poter lanciare la prima consultazione. Ho già un paio di cose da chiedere, ma sono benvenuti suggerimenti sugli argomenti di discussione.

[tags]movimento 5 stelle, torino, beppe grillo, politica, elezioni comunali, partiti, sinistra, ideologia[/tags]

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lunedì 14 Giugno 2010, 19:37

I maleducati

Oggi pomeriggio tornavo a casa col 2 – il bus che in teoria doveva costituire l’ossatura della rete dei trasporti di Torino, e che in pratica non passa mai.

Sono salito dalla porta davanti, occupando l’unico spazietto disponibile: infatti tutta la parte anteriore del bus, proprio dietro l’autista, era occupata da una giovane signora di colore con un passeggino, in cui stava un bambino altrettanto di colore. In pratica non era possibile procedere oltre, e dalla porta rimaneva giusto lo spazio per una persona (me). E ovviamente ho pensato che la signora poteva anche salire dalle porte centrali, dove c’è un apposito spazio per passeggini e carrozzine, invece di infrattarsi nello stretto passaggio anteriore.

Alla fermata successiva si presentano davanti alla porta due signore autoctone sui sessant’anni, ingioiellate, di quelle che non si capisce cosa ci facciano nell’estrema periferia di corso Trapani, così lontano dalla Crocetta. Io penso che, visto che lo spazio è occupato, cammineranno per tre metri per andare a salire dalla porta centrale. E invece no: le due signore piazzano un piede sul bus, si mettono dietro la signora di colore e cominciano a gridare “Permesso! Ma vada un po’ più avanti!”. Il passeggino viene spinto in avanti di venti centimetri, grazie a una ulteriore compressione delle persone dentro il pullman.

Le due signore salgono, il pullman parte, ma loro non sono contente. Continuano a ripetere a voce altissima “Ma non può andare un po’ più avanti?”. Alla quarta volta, neanche ci fossimo messi d’accordo, sia io che la signora sbottiamo dicendo all’unisono che il bus è pieno e non si capisce dove dovrebbe andare il passeggino. A quel punto, forse avendo capito di non essere due contro uno, si zittiscono. In compenso, una delle due si infila tra il passeggino e il gabbiotto dell’autista, mentre l’altra commenta testualmente: “Ah, i bei tempi che furono!”

Dura poco: perché arrivati in piazza Rivoli una delle due deve scendere. Peccato che, sistematasi dietro il passeggino, non riesca più a muoversi: a quel punto chiede alla signora di colore se scende. La signora col passeggino dice di no, e a quel punto l’anziana si arrabbia, perché siamo già alla fermata; praticamente tira un calcio al passeggino cercando di spingerlo fuori dal bus, per poter passare. Dopodiché in qualche modo passa, scende, si gira e fa “Certo che voi siete dei gran maleducati!”, stando bene attenta ad evidenziare il “voi”.

Ecco, sul punto dell’educazione forse avrei qualcosa da ridire… E’ sicuramente vero che i bambini africani non vengono educati a timbrare il biglietto, a salire da davanti per scendere in mezzo (regola peraltro già abolita da anni), e ad alzarsi per far sedere gli anziani; questo perché – forse vi sorprenderà saperlo – in buona parte dell’Africa non esistono i bus urbani come li intendiamo noi (il trasporto pubblico locale, dove motorizzato, è svolto solitamente da furgoncini sovraccarichi) e spesso non esistono nemmeno gli anziani (l’aspettativa di vita media in Nigeria è di 47 anni). In questo senso, gli africani sono certamente maleducati; d’altra parte starebbe a noi educarli quando arrivano qui, spiegandogli come funzionano meccanismi che noi diamo per scontati, ma che scontati non sono.

Quanto alla buona educazione intesa in termini di rapporti e di rispetto per gli altri, forse lì noi abbiamo poco da insegnare.

[tags]torino, immigrazione, autobus, educazione, rispetto[/tags]

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domenica 13 Giugno 2010, 01:10

Tu spacchi gli alberghi e orini sul mondo

Le luci sul palco sono spente, quando improvvisamente si accende un suono di tastiere, che pare di un organo maestoso ed immobile; lentamente cresce e occupa tutto lo spazio dell’arena. Una luce rossa, illuminando il fumo, comincia a sottolinearlo; piano piano altre tastiere disegnano arabeschi suggestivi. Poi entra una chitarra, nello spazio fermo; suona poche note, di blues, malinconiche, fino a portare per la prima volta a cambiare l’accordo sottostante. Dopo due o tre minuti di estasi sonora, sale sul palco un tizio strano, vestito come un turco ottomano; imbraccia la chitarra e… suona un riff tanto ridicolmente semplice da essere demenziale. Sono quattro note – si bemolle, fa, sol, mi – e lui si esalta per averlo suonato giusto, e lo ripete, e ancora e ancora, per il divertimento del pubblico.

E’ Sciao, l’inedito (ma già edito da altri) di Elio e le Storie Tese che apre Bellimbusti balneari, il loro tour estivo del 2010, visto per voi stasera a Legnano perché ci sono capitato, e perché quando verranno a fine luglio a Collegno sarò dall’altra parte del mondo. Non andrò oltre nel racconto per non rovinare le sorprese a chi ancora lo deve vedere, ma come al solito il concerto merita. La scaletta è centrata soprattutto su Studentessi e i grandi classici sono pochissimi, anche se mi pregio di aver potuto ballare dal vivo con loro trenta secondi di Born to be Abramo. C’è anche un po’ meno Mangoni del solito, ma il suo vuoto viene riempito dalla bella voce di Paola Folli che rifà tutte le parti femminili della storia degli Elii, dalla Ruggiero in Plafone (e rifare alla perfezione quella parte non è certo facile) alla Carrà in Presidance.

Il meglio per me è stato che stavolta, sufficientemente vicino al palco e a volume abbastanza assordante, le parti dure del concerto suonavano davvero dure: a ben vedere, Il rock’n’roll avrebbe potuto essere l’opener di un concerto dei Metallica e ciò avrebbe soltanto potuto migliorare la carriera dei suddetti. Così ci si accorge come una buona metà dei migliori assoli di chitarra della storia della musica italiana siano stati prodotti da Cesareo: a me, per esempio, fa impazzire la sezione centrale di Heavy Samba, ma anche nella canzone romantica italiana per eccellenza, Servi della gleba, la parte di chitarra è un sottile grande classico.

In generale, vale sempre la pena di andare a vedere l’unico gruppo italiano che sappia davvero suonare…

[tags]elio e le storie tese, concerti, musica[/tags]

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venerdì 11 Giugno 2010, 17:35

Come creare un disastro

So che molti di voi non capiscono cosa sia che porta persone del tutto normali, dotate di una certa cultura e di una certa intelligenza, a venire coinvolte così dal calcio. E se non lo capite, non c’è modo di spiegarvelo: siate comprensivi con noi che, da mercoledì pomeriggio, non riusciamo più a fare altro che a pensare a questa partita (il forum di Forzatoro.net ha toccato picchi di oltre 500 persone collegate contemporaneamente).

Oggi è stata infine la giornata dei biglietti: dopo una settimana di rinvii, i punti vendita abilitati hanno cominciato a vendere i biglietti del settore ospiti di Brescia-Toro, come da disposizioni della Questura bresciana “uno a testa solo ai residenti in provincia di Torino”. I punti vendita sono gestiti dalla Index, un circuito di vendita il cui business consiste nel trovare negozianti disperati e farsi pagare da loro migliaia di euro per diventare “Index point”, illudendoli così di fare fortuna con la vendita di biglietti e ammennicoli di altro genere. Vi dico solo che per sapere l’indirizzo dei punti vendita è necessario andare sul loro sito e lasciargli l’email, confermandola pure mediante un link personalizzato; è facile capire che fine faranno quegli indirizzi (nel dubbio, io mi sono registrato con l’indirizzo in-indexspammerdim…@bertola.eu).

Comunque, i punti vendita comprendono negozi di DVD, colorifici, persino una panetteria: gente che avrebbe tutt’altro da fare che gestire un assalto di tifosi alla caccia del biglietto. Il Brescia infatti ne ha concessi solo 2100, nonostante il loro stadio in semifinale fosse mezzo vuoto (anche a Torino loro sono venuti solo in 500, erano l’unico settore semivuoto dello stadio) e nonostante a Modena i tifosi del Toro fossero oltre 5000. La partita è importante, ed era facile prevedere l’assalto con ogni mezzo.

Del resto, l’assalto era già cominciato ieri: poco prima di mezzogiorno era comparsa sul sito del Brescia una pagina che annunciava l’apertura delle vendite. Io mi ero subito precipitato a un punto vendita, per scoprire che loro avevano già cominciato a prendere “prenotazioni”, con pagamento anticipato, e che c’erano oltre 100 persone prima di me soltanto da loro. Poi l’apertura di ieri è stata bloccata dopo un quarto d’ora, con pochissimi biglietti già stampati (ci vanno un paio di minuti a biglietto), e rimandata a oggi alle 10.

Come potrete capire, chi si è presentato stamattina in vista delle 10, convinto di essere il primo, ha scoperto che i biglietti erano già quasi esauriti: e potete immaginare i litigi, perché questa idea delle prenotazioni è di dubbia validità. Ma non gli è andata poi così male, perché a forza di girare hanno trovato venditori con disponibilità, mentre i biglietti sono andati esauriti così in fretta che i punti vendita che hanno preso centinaia di prenotazioni non sono riusciti a fare in tempo tutti i biglietti già venduti e pagati (e sono altre liti).

Ma c’è di più: all’inizio il sistema era male configurato, per cui stamattina i biglietti del settore ospiti erano in vendita libera ovunque: c’è chi li ha comprati a Novara, chi a Bra, chi addirittura a Milano o a Rimini… ma solo fino a mezzogiorno, poi qualcuno se n’è accorto e hanno chiuso le vendite fuori Torino. Così ci sono gruppi divisi, un paio col biglietto e gli altri senza perché al terzo il sistema s’è bloccato, e interi club che chiedono come mai da Alessandria o da Cuneo non si possa andare alla partita.

Inoltre, come ovvio, molti punti vendita, presi d’assalto, non hanno richiesto i documenti e hanno fatto anche dieci biglietti a botta, scrivendoci sopra qualsiasi nome venisse dato a voce senza alcun controllo.

Qual è il risultato? Il clima era già tesissimo prima, per via dell’importanza della posta in palio e della storica inimicizia tra Toro e Brescia (forse ricorderete la cronaca della mia prima trasferta a Brescia, con tanto di incidenti visti da vicino); e per via del fatto che dall’anno prossimo, con la tessera del tifoso, molti ultras per principio non verranno comunque più allo stadio – dunque non hanno alcuna remora a prendersi diffide in questa ultima trasferta. E’ diventato incandescente dopo l’andata, con il gol annullato tra mille proteste, l’assurda squalifica di Bianchi per bestemmia dopo che i bresciani Maifredi e Corioni hanno fatto la spia con l’aiuto di Sky, le accuse reciproche di favoritismi (vedere l’incredibile intervista del presidente di Intesa-Sanpaolo Gianni Bazoli), antisportività, violenza verbale e fisica. Tra ieri e oggi su tutti i forum sono circolati indirizzo, numero fisso e numeri di cellulare di Maifredi, che sono prontamente stati usati per minacce e insulti di ogni tipo. E basta fare un giro su Internet per trovare fotomontaggi con il centro di Brescia che brucia o foto della tragedia di Superga usate per scherno.

E ora, grazie a questa geniale gestione della biglietteria, centinaia di persone arriveranno a Brescia con un biglietto teoricamente non valido e altre migliaia – dato che Sky, pensando ai propri incassi, ha negato la possibilità di installare maxischermi nelle piazze di Torino – verranno comunque anche senza biglietto, sperando di poter comprare il biglietto là per un qualsiasi settore o magari di entrare gratis nella calca. Ed è facile prevedere che non sarà fisicamente possibile fare controlli all’ingresso e che il settore ospiti sarà occupato al doppio della capienza. Potrebbe essere una calca magnifica in cui nessuno si fa male, come quella che si verificava al vecchio Comunale negli anni ’70 e ’80; ma potrebbe succedere anche qualcosa di grave.

Complimenti al Brescia F.C., alla Questura di Brescia, alla Lega Calcio e un po’ a tutti: i tifosi esagitati non mancano mai, ma esistevano molti modi di gestire una situazione del genere (tra cui spostare la partita in uno stadio più capiente e sicuro, a Verona per esempio, ed evitare di montare teatrini sul labiale dei giocatori), per non arrivare all’ultimo giorno impreparati e senza sapere che fare. Invece, è stato fatto tutto quel che si poteva per esasperare gli animi e creare le basi per un disastro. Complimenti davvero.

[tags]serie b, calcio, toro, brescia, bianchi, sky, ultras, tifosi, polizia, questura, incidenti[/tags]

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giovedì 10 Giugno 2010, 20:38

Bavagli selettivi

È interessante sapere che d’ora in poi l’Italia sarà il Paese in cui sarà vietato sia appurare che raccontare in pubblico che importanti personaggi politici o economici si telefonavano deridendo le vittime di un terremoto o accordandosi per regalare un appartamento a un ministro a sua insaputa, ma in cui si può tranquillamente pubblicare un servizio fotografico sui poveri resti di un cadavere lasciato per diciassette anni a putrefare nella soffitta di una chiesa.

In fondo, tutto ciò rispecchia perfettamente la cultura sociale degli italiani: ipocrita e guardona.

[tags]censura, legge bavaglio, informazione, giornalismo, italiani, ipocrisia[/tags]

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mercoledì 9 Giugno 2010, 18:51

Collocamento E. Ghigo & C.

Alcune settimane fa, come Movimento 5 Stelle, abbiamo pubblicizzato la possibilità per qualunque cittadino di candidarsi ad una lunga serie di posizioni negli enti pubblici partecipati dalla Regione Piemonte – posizioni in cui, tipicamente, vengono piazzate persone più per aderenze politiche che per l’eventuale competenza (che talvolta c’è, ma più spesso è un optional). Abbiamo anche sollecitato qualche candidatura al nostro interno e tra le persone che conoscevamo, purché avessero una competenza specifica per il posto per cui andavano a proporsi, con l’intento di smascherare il meccanismo: non abbiamo certo speranze di poter influenzare le nomine, ma perlomeno non potranno dire che hanno selezionato un incompetente (ma parente di qualcuno o legato al partito) perché non c’erano candidati competenti sul tavolo.

Anche io ho messo avanti il mio nome per le due posizioni su cui ho una preparazione specifica: quella di consigliere d’amministrazione del CSI Piemonte e quella di consigliere d’amministrazione dell’Ente per il Diritto allo Studio Universitario. Riguardo alla prima, in tema di organizzazione e strategia per le aziende ICT penso di saperne più di qualcosa… tanto che, prima delle elezioni, erano state le stesse rappresentanze sindacali del CSI ad approcciarmi per capire la posizione del Movimento 5 Stelle sul loro futuro, visto anche che il CSI è in un momento di mutazione storica e ha davvero bisogno di idee per sostenere i propri livelli occupazionali. Riguardo alla seconda, la mia esperienza specifica risale agli anni ’90, con due anni da membro del CdA del Politecnico e altri due nei vari organismi interni dell’Ateneo. In totale, sono stato consigliere d’amministrazione di sei aziende (tra cui un grosso ente pubblico e una corporation californiana) e di un certo numero di associazioni… insomma, credo di avere idea di come si stia in un Board.

Nonostante questo, so di non avere la minima possibilità di essere nominato; se ancora avessi avuto qualche dubbio, il mitico Bojafauss ieri mattina ha orecchiato una tranquilla conversazione in pubblico tra una signora che perorava una qualche candidatura e un politico che ha risposto che le nomine regionali – almeno quelle di una certa importanza – saranno decise personalmente da Enzo Ghigo.

Le promesse di Ghigo, come sempre in politica, sono quelle che sono: ricordo anch’io di averlo sentito al telefono, durante la serata dei risultati elettorali a Palazzo Lascaris, esclamare a voce altissima “non preoccuparti, noi abbiamo garantiti 10 assessori” – risultato, Cota alla fine gli ha imposto una riduzione a 8. Comunque – dando per scontato che alcuni degli assessori mancati saranno ripiazzati in queste posizioni – siamo tutti curiosi di scoprire i nomi e i curriculum dei vari candidati.

Già, perché in un paese civile tutti i curriculum presentati sarebbero pubblicati su un sito web, in cui chiunque potrebbe leggerli e magari anche commentarli; e la selezione prevederebbe anche, per esempio, un colloquio con i vari candidati per controllare ciò che è stato dichiarato su carta, discutere motivazioni e obiettivi e scegliere a ragion veduta. Ma se le nomine sono decise direttamente dal maggiorente del partito più grande, previa spartizione cencellinata con gli alleati, è inutile pretendere profondità e trasparenza.

[tags]regione piemonte, nomine, curriculum, selezione, csi piemonte, edisu, ghigo, cota, trasparenza[/tags]

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