Mezz’ora di normale ingorgo
Oggi, proprio all’ora di uscire dagli uffici, nel cielo su Torino si è scatenato un temporale. E il risultato dei temporali è noto: appena finiscono scatta l’ingorgo, in parte per le strade allagate, in parte perché tutti sono rimasti al chiuso fin che non ha smesso e poi si sono riversati sulle strade nello stesso momento.
Però, venti minuti da piazza Sabotino a piazza Rivoli – pur conoscendo tutte le stradine e infilandomi in tutti i passaggi segreti – non ce li avevo mai messi. Era completamente intasato corso Racconigi, a causa dello smontaggio del mercato, con tutte le vie circostanti; ma l’intasamento era tale da bloccare da un lato corso Vittorio e dall’altro corso Peschiera, dove la coda nel viale centrale iniziava quasi in piazza Sabotino. E poi, il normale grumo di piazza Rivoli nell’ora di punta, moltiplicato dalla geniale idea di fare lavori in mezzo a corso Lecce in piena primavera (non potevano farli ad agosto?), aveva riempito di auto corso Vittorio fino quasi in via Cesana.
Il problema di fondo è dato dalla schizofrenica incapacità di cooperazione tra pubblico e privato, che tirano ognuno in direzione perfettamente opposta. Da una parte c’è una amministrazione pubblica che – in modo esasperato grazie all’assessora rifondarol-chic, Maria Grazia Sestero – considera il traffico privato come un male a prescindere, ma non si preoccupa di fornire alcuna vera alternativa; la sola strategia del Comune per limitare l’uso dell’auto è asfissiare la città in un unico gigantesco ingorgo.
Si è cominciato anni fa trasformando l’asse di corso Svizzera-Racconigi in uno stretto budello a servizio del mercato; poi l’asse di corso Ferrucci-Tassoni è stato azzoppato dall’abbattimento della sopraelevata di corso Mortara, con tanto di cartelli gialli che da lustri invitano a “percorso alternativo in corso Lecce-Potenza-Grosseto”; poi si è prima stretto e poi chiuso corso Principe Oddone per i lavori del passante ferroviario. Avendo eliminato con successo tutti gli assi di scorrimento nord-sud tranne uno, tutto il traffico si è riversato in corso Lecce-Potenza, dove persino la signora Sestero è stata costretta ad approvare l’onda verde dei semafori, che normalmente a Torino è esplicitamente vietata perché secondo loro incentiva all’uso dell’auto. E però, già che c’erano, ci hanno messo in mezzo degli altri lavori; e poi c’è sempre il piano folle di abbattere entro un paio d’anni anche la sopraelevata tra corso Potenza e corso Grosseto, così tanto per aumentare ancora un po’ traffico e inquinamento.
Dall’altra parte c’è il privato: una cittadinanza che in gran parte non riesce a rinunciare all’auto nemmeno per andare dal panettiere. Che sia il mercato, che sia la scuola, che sia un ufficio pubblico, qualsiasi polo di attrazione ormai è punteggiato di macchine in doppia fila o direttamente in mezzo alla strada, senza nemmeno più provare a cercare un parcheggio. E nonostante la crisi, in giro è pieno di macchine nuove; toglietemi tutto, ma non il mio SUV. D’altra parte, come può il pubblico arginare questa tendenza se basta accendere la televisione o prendere un giornale per trovare pubblicità di auto, recensioni di auto, racconti di gare automobilistiche, insomma un assalto di feticismo automobilistico a cui nessuno potrebbe resistere?
E’ chiaro che così non si risolve niente; per ridurre il traffico c’è un metodo solo, quello di convincere i torinesi che le alternative al mezzo privato costano meno e funzionano meglio. Con i divieti e gli ingorghi scientifici si va poco lontano, sia perché esistono comunque dei casi in cui l’auto è oggettivamente insostituibile, sia perché i divieti fomentano la “resistenza a quei comunisti che vogliono toglierci la macchina”. La battaglia va combattuta da un lato organizzando meglio la città e le altre forme di trasporto, e dall’altra cambiando la cultura delle persone con il dialogo e con meccanismi di incentivo economico: già solo trasferendo su chi usa l’auto i relativi costi sociali ed ambientali le dinamiche cambierebbero radicalmente, senza per questo impedirne l’uso quando serve davvero.
Dopodiché, io sarei comunque favorevole a fare di Torino la prima città “SUV-free”, dando un congruo numero di anni di preavviso in modo che chi deve cambiare auto ne sia conscio…
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30 Aprile 2010, 20:17
Non che gli assi Est-Ovest vadano molto meglio a Torino Nord… tra corso Vittorio e corso Grosseto (e comunque le code in Piazza Rebaudengo sono non trascurabili) l’abbattimento della sopraelevata di corso Mortara e del ponte di via Breglio obbliga all’uso di corso Regina Margherita (che si restringe ad una corsia in due punti, tra cui Piazza della Repubblica) per oltrepassare la ferrovia. (Sì, al posto della sopraelevata ora c’è un passaggio per via Stradella… ma alle ore di punta è un delirio).
30 Aprile 2010, 21:53
…ebbene si ho un SUV. E ne sono molto contento e non per lo status bensì per la comodità che offre per una famiglia di 5 persone di tutte le età (da 5 a 80 anni). Inoltre preciso che lo utilizzo solo con tutta la famiglia e solo quando è necessario per cui chiederei al popolo antisuv di fare un distinguo perché per qualcuno (pochi) è una necessità (potendo permetterselo ovvio).
Il problema non è, a mio parere, il SUV o il privato. Semmai diciamo che in questi ultimi anni le politiche seguite dalle amm.ni comunali (Torino su tutte) hanno continuato ad ignorare un segnale chiaro e limpido: potenziare con efficacia il trasporto cittadino a partire dalle periferie e pedonalizzare tutto il centro cittadino.
Ma per quello servono persone capaci ed i risultati si vedono solo dopo 5/10 anni per cui è meglio restringere corso g.cesare e creare limitazioni semaforiche in zone scorrevoli della città e mettere una bella rotonda alla francese in piazza derna (passateci dalle 17 alle 20 e poi vedrete che l’idea di lobotomizzare il sindaco e la giunta non vi sembrerà così male). La presunzione di ritenere che creando delle barriere si costringa la gente a salire su autobus e rinunciare all’auto è una benemerita STRONZATA!
Dopodiché non discuto sul fatto che anche Io ho visto un sacco di pseudo fighetti/e da soli/e su astroSuv solo per farsi vedere ma questo non è un problema di traffico: è vanità di chi esercita questo malcostume ed invidia di chi non può permetterselo.
Pedonalizzare il centro ed allargare la copertura degli autobus almeno fino alla prima cintura è la soluzione che consentirebbe di diminuire di un buon 40% il traffico cittadino.
Infine incentivi alle aziende se spostano i loro uffici in zone periferiche. E’ comodo per tutti.
1 Maggio 2010, 18:44
Il problema è che anche il trasporto pubblico viene costantemente azzoppato. In maniera duplice: per fare corso Principe Oddone ci metti venti minuti sia con il 60 che con il mezzo privato, e comunque le preferenziali fanno poco se il traffico viene rallentato dai semafori a caso. Poi si riducono i percorsi tramviari, come ad esempio il 18 che sii vuole limitare in via Abegg, anziché come sarebbe logico cercare di prolungarlo verso Beinasco. La geniale idea di togliere i binari da via Orvieto sapendo che ci avrebbero costruito case ed uffici, per non parlare del sottopassaggio di Corso Regina.
(Nel senso che se si fosse fatto passare i tram sotto porta Palazzo, la larghezza delle corsie non sarebbe stato un problema ed i tram avrebbero potuto viaggiare piu` velocemente e non perdere otto minuti ad attraversare la piazza grazie ai semafori non sincronizzati.
Stendiamo un velo pietoso poi sulle piste ciclabili e su come in Italia venga considerata la bicicletta.
Il risultato finale è che le persone devono impiegare più tempo a spostarsi e quindi alla fine rinunciano agli spostamenti oppure se questi spostamenti sono necessari vanno a togliere tempo ad altre attività produttive.
1 Maggio 2010, 23:39
@vb, sei mainstream. Oggi c’era una lettera su Specchio dei Tempi sulla tua linea.
@mike: se fai passare il tram sotto, devi fare lo spazio per le fermate, mica è banale. Sarebbe stato molto più semplice togliere gli alberi tra il rondò della Forca e i Giardini Reali, spostare i binari su quello spazio e fare due corsie per il sottopasso. Per i semafori sincronizzati, esistono da una vita quelli comandati.
(per le piste ciclabili, vieni a Milano e ne parliamo con calma)