Sì, ho visto la partita. Sì, il Toro ha perso male. Sì, le possibilità di andare in serie A sono piuttosto ridotte. Ma non capisco le facce smorte e depresse che ho visto in giro.
Intendiamoci, a nessuno fa piacere vedere una partita così, quattro gol quattro presi su episodi, e Taibi Brevi Melara che forse raggiungono la sufficienza sommando i loro tre voti (forse). Ma il campionato non è ancora finito; ci sono altri novanta minuti da giocare. Fino ad allora, nulla è deciso; fino ad allora, nessuno è autorizzato a mollare.
E’ legittimo lamentarsi, è legittimo essere delusi; ma non si può cedere al disfattismo. Non serve, anzi riduce le poche chance che ci sono rimaste. Noi non siamo gobbi, che alla prima sconfitta si mettono a piangere, a buttare merda su tutto. Noi, alle sconfitte, ci siamo abituati, allo stadio come nella vita, tanto più se non sono meritate. Abbiamo preso talmente tante mazzate, dalla vita, che ogni volta abbiamo avuto la sensazione che fosse finita, la tentazione di mollare. Ma poi, cocciutamente, ci siamo rialzati. Non ne avevamo avute abbastanza, e non ne avremo mai. Noi, comunque, ci crediamo.
Domenica, il nostro stadio sarà una bolgia. Dovremo essere in sessantamila, incazzati, a urlare contro un destino già scritto; qualsiasi cosa succeda, qualsiasi sia il risultato, dal primo al novantanovesimo minuto. E poi, se vinceremo, la festa sarà più bella; e se perderemo, piangeremo insieme di rabbia e delusione, e poi ci rialzeremo, e saremo di nuovo lì, alla prima partita dell’anno prossimo, a provarci ancora una volta.
Non esiste che una squadra che fa 150 punti in due anni l’anno prossimo sia ancora in serie B. Ma se succederà , sarà solo un’altra perla che si aggiunge alla nostra collezione di storie da Toro. Del resto, se tutto quel che ci interessava era vincere, avremmo tifato per la Juve. Ma non avrebbe avuto lo stesso sapore; non sarebbe stato così dolorosamente vero.