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Archivio per il mese di Ottobre 2006


giovedì 5 Ottobre 2006, 19:37

[[Pearl Jam – Army Reserve]]

Dopo i commenti al post di ieri stavo scrivendo un lungo post sulla finanziaria e le tasse, provocatorio come al solito, ma poi mi sono stufato da solo. Per cui, per oggi vi beccate questo pezzo di cui è da un po’ che volevo bloggare, dopo il concerto. E’ il solito genere della retorica dei fiori nei cannoni, ma è molto bello.

How long must she stand
Before the ground, it gives way
To an endless fall
She can feel this war on her face
The stars on her pillow
She’s folding in darkness, begging for slumber

I’m not blind, I can see it coming
Looks like lightning in my child’s eye
I’m not frantic, I can feel it coming
Violently shakes my body

Her son’s slanted
Always giving her the sideways eye
The empty chair where dad sits
How loud can silence get?
And mom, she reassures
To contain him – but it’s becoming a lie
She tells herself and anyone else
Father is risking his life for our freedoms

I’m not blind, I can see it coming
Looks like lightning in my child’s eye
I’m not frantic, I can feel it coming
Darling you’ll save me if you save yourself

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mercoledì 4 Ottobre 2006, 18:26

Se lo Stato arretra

Non è difficile trovare esempi in cronaca: solo negli ultimi giorni, si sono visti (a Torino) un gruppo di pusher senegalesi occupare per tre giorni una delle principali arterie cittadine, difendendo il territorio con la forza; e (a Roma) un gruppo di italiani di periferia assaltare a colpi di mazze e spranghe il bar dei romeni, accusati di ubriacarsi e molestare gli abitanti del quartiere, per riportare un po’ di “ordine” nel luogo dove vivono.

Sono casi di arretramento dello Stato: casi in cui le istituzioni rinunciano al proprio ruolo di mediatori e di garanti – con le buone o con le cattive – della convivenza civile e del rispetto della legge, lasciando libero sfogo agli istinti e agli attriti fino a che la situazione, non gestita, esplode.

D’altra parte, è difficile prendersela con le forze dell’ordine, cronicamente sottodimensionate, utilizzate anche per compiti impropri, e spesso prive di mezzi; costrette ad inseguire ladri e spacciatori che, anche se presi, il giorno dopo sono di nuovo in giro. Il problema è chiaramente politico.

In questo senso, il governo Prodi ha mandato due pessimi segnali all’Italia. Da una parte, con l’indulto, ha rimesso in circolazione malfattori di ogni genere, dimostrando che il crimine paga; dall’altra, al di là di tutte le foglie di fico che in questi giorni vengono agitate, ha prontamente aumentato le tasse. Come a dire: non ce ne frega niente della vostra vita quotidiana o della vostra sicurezza; veniamo una volta l’anno a prendervi dei soldi, e poi sono tutti cavoli vostri.

Non meraviglia, quindi, che di fronte a questo genere di messaggi la reazione crescente sia il fai da te, sia da parte degli onesti esasperati che dei criminali incalliti.

Chissà quanto manca al punto in cui anche da noi, come nelle periferie di Los Angeles o di San Paolo del Brasile, ci saranno intere zone in cui la polizia non oserà più mettere piede, demandate all’autogestione violenta delle fasce più povere e disintegrate della società.

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martedì 3 Ottobre 2006, 22:25

En plein

Oggi è stata una giornata dedicata in buona parte al Toro: non solo per la mattinata spesa in Municipio assistendo all’audizione delle commissioni comunali relativa alla ricostruzione dello Stadio Filadelfia, e per un brevissimo passaggio di cinque minuti all’allenamento pomeridiano; ma perchè stasera ho fatto un en plein.

Difatti, prima – alle 19 – La Stampa organizzava un botta e risposta via forum con il presidente Cairo, e tra il centinaio abbondante di domande inviate gli hanno fatto rispondere a una decina tra cui la mia; e Cairo mi ha dato lezione di bilancio ma si è dichiarato d’accordo :-)

E poi, alle 21, Alessandro Rosina, dal ritiro della Nazionale Under 21, si è messo dietro a un PC e, su una sezione speciale del suo forum, ha chiacchierato amabilmente con un manipolo di tifosi, rispondendo anche lui a un paio di mie domande. In generale, abbiamo scoperto che dal campo dell’Olimpico il tifo si sente molto di più che al Delle Alpi, abbiamo saputo che sono tutti carichi e incacchiati per l’intesa che manca e i risultati che non vengono, abbiamo ricevuto la promessa di una esultanza sotto la curva Primavera, e ho avuto la sensazione di una persona che, giocando a poco più di vent’anni nel ruolo più stressante di tutti, dimostra già una maturità e una consapevolezza sorprendenti.

Certo che Internet rende davvero più vicine le persone; questi saranno pure dei “token effort” più unici che rari (anche se Rosina ci ha lasciato dicendo “alla prossima settimana…”), ma creano comunque delle opportunità per comunicare e per conoscersi, abbattendo paradossalmente le barriere che le differenze di posizione sociale e di ruolo creano nel mondo fisico.

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martedì 3 Ottobre 2006, 00:01

Big change, no change

Ovvero: cambiare tutto per non cambiare niente. Il governo americano deve essere andato a scuola dal suo storico alleato Andreotti, se per mantenere il controllo di ICANN di fronte alle crescenti pressioni internazionali ha scelto la più classica delle formule dorotee.

Con la fine di settembre scadeva l’ultima proroga dello storico “memorandum of understanding” tra ICANN e il governo americano, che, con il complemento di altri documenti, stabiliva che cosa ICANN dovesse fare, con tanto di elenco dettagliato di attività che l’organizzazione doveva realizzare entro la scadenza del contratto.

Da mesi ci si chiedeva cosa sarebbe successo di questo accordo: se è vero che al summit di Tunisi ci si era accordati per ricercare un “nuovo modello di cooperazione” e quindi un nuovo ruolo dei governi nel controllo degli identificatori unici della rete (nomi a dominio e indirizzi IP), in pratica entrambe le opzioni erano sgradite: rinnovare l’accordo avrebbe voluto dire ribadire il principio secondo cui era il governo americano a stabilire il piano di lavoro di ICANN, mentre lasciarlo scadere senza sostituirlo avrebbe lasciato ICANN sostanzialmente senza controllo.

E allora, che cosa si sono inventati? Semplice: via il memorandum of understanding, arriva il joint project agreement: il governo americano e ICANN, da pari a pari, si mettono d’accordo su cosa si debba fare. Formalmente è un passo avanti; in pratica cambia poco.

Del resto, due sono le cose che veramente stanno a cuore al governo americano: che i cambiamenti al file radice del DNS – il file che contiene l’elenco dei domini di primo livello, sia generici che nazionali, e stabilisce chi gestisce ognuno di essi – continuino a richiedere la sua approvazione, e che tutti i possessori di domini del mondo siano obbligati a identificarsi e pubblicare i propri dati nel Whois, in modo che le multinazionali della proprietà intellettuale possano molestarli con efficacia. La prima cosa è prevista da altri accordi che restano bellamente in vigore; la seconda è stata esplicitamente inserita (al punto 5 dell’allegato A) come una delle clausole obbligatorie e perentorie che ICANN deve rispettare, nonostante sia, ai sensi delle leggi sulla privacy di tutto il resto del mondo, completamente illegale, tanto che gli stessi organismi interni di ICANN stavano per approvare una riforma del sistema (pericolo scampato, penserà la RIAA).

E il resto del mondo? Immagino che, volendo, anche gli altri governi del mondo potrebbero chiedere ad ICANN di fare un bel progetto insieme, e firmare il loro bell’accordino con cui baloccarsi. La verità, difatti, è che il potere di controllo esercitato da ICANN non deriva affatto dai soli accordi con il governo americano, o dalla sua struttura formale.

Deriva invece in gran parte dalla rete di relazioni interpersonali che c’è al suo interno e nelle altre organizzazioni che gestiscono la rete, da un management quasi tutto anglosassone, da quelle poche persone influenti che prendono le decisioni nei corridoi o davanti al buffet, e che appartengono tutte all’aristocrazia del grande business americano del settore (AT&T, Cisco, IBM, e le immancabili Google e Verisign, le centrali informative globali dell’America in rete).

E quindi, le forme cambiano per dare qualche contentino, se non proprio per darla un po’ a bere ai governi di mezzo mondo, un po’ gonzi e un po’ duri a comprendere il ventunesimo secolo, quello dove il controllo globale degli affari e dei flussi informativi determina un potere ben superiore a quello di qualsiasi legge nazionale o accordo diplomatico.

Ma finchè l’Europa non comincerà ad usare tecnologie e servizi propri, invece di quelli americani, resterà sempre la periferia dell’Impero.

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lunedì 2 Ottobre 2006, 11:34

E’ ora di farsi sentire

La notizia era già stata anticipata nelle scorse settimane in varie occasioni, ma ora è ufficiale: il governo italiano ha aperto una consultazione pubblica sui temi della società dell’informazione, dal diritto d’autore ai problemi dell’accesso a Internet, dallo spam alla diversità culturale.

Si tratta di uno dei risultati del recentemente costituito “Comitato consultivo sulla governance di Internet”, presieduto dal professor Rodotà, di cui faccio parte insieme ad altri sei esperti. Nato per volontà del ministro Nicolais e del sottosegretario Magnolfi, il comitato ha lo scopo di preparare la posizione italiana per il prossimo Internet Governance Forum delle Nazioni Unite, che si terrà ad Atene a fine ottobre.

Allo stesso tempo, abbiamo cercato di costruire un canale di comunicazione tra il governo e il “popolo della rete”, trasformando la prima esperienza del “tavolo Stanca” istituito dal governo precedente in qualcosa che potesse essere aperto a tutti gli utenti della rete, inclusi i singoli individui. E’ nata così l’idea di una consultazione pubblica online, che in Italia ha pochissimi precedenti: da oggi fino al 22 ottobre, partendo da questa pagina e seguendo il link “consultazione virtuale”, è possibile leggere le bozze della posizione italiana ed inviare commenti di qualsiasi genere. Si terrà comunque anche un incontro fisico, il 12 ottobre a Roma, per il quale è necessario registrarsi sul sito, e che sarà trasmesso in webcast in diretta.

Personalmente, l’obiettivo per cui ho spinto per questa apertura è molto chiaro: anche alla luce delle esperienze del passato, legge Urbani in testa, ritengo che i governi italiani di qualsiasi colore debbano prendere l’abitudine di ascoltare molto più attentamente la voce del pubblico, e in particolare di quegli individui e quelle associazioni attive sulla nostra rete che dispongono di idee, competenza specifica, esperienza e capacità di innovazione; tutte caratteristiche che troppo spesso mancano alle istituzioni italiane, rendendo ad esse così difficile gestire adeguatamente l’impatto sociale ed economico delle nuove tecnologie, e così facile cadere vittima della sindrome da “colazione con Bill Gates” – quella per cui la modernità è firmare accordi miliardari con le multinazionali in cambio di un comunicato stampa.

Finora, ci siamo trovati davanti ad interlocutori politici inusualmente aperti e liberi da questo genere di impostazione mentale; tuttavia, si sa, la politica segue il consenso. E’ per questo che è così importante che dalla rete venga un supporto vasto e rumoroso alla pratica di concertazione che stiamo tentando di mettere in piedi, e una opinione libera e indipendente su tutti i temi di Internet, con l’obiettivo di orientare la politica del nostro governo anche dopo Atene, e di segnare una svolta rispetto al quinquennio passato; una svolta a favore dei diritti degli individui, della privacy, della piccola impresa, degli standard aperti, dell’inclusione digitale, della lotta al digital divide, della condivisione della conoscenza, della protezione dei consumatori dell’ICT; in un’Italia che ristagna, una innovazione vera.

Con tutti i caveat e i limiti di una prima volta, la possibilità c’è: sta a tutti noi sfruttarla. La politica è un territorio spesso imprevedibile e legato a logiche difficili da contrastare, per cui nessuno può garantire che questa esperienza avrà risultati tangibili; eppure, vale la pena di provare a farsi sentire. In questo caso, bastano tre minuti, due click e una mail.

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lunedì 2 Ottobre 2006, 09:34

E ribadisco, viva Lidl

Non voglio sembrare troppo cinico; in realtà, i due lunghissimi thread (uno e due) in cui si discute da mesi sulle condizioni di lavoro in Lidl hanno sicuramente sfidato alcune delle mie certezze.

Tuttavia, poco fa stavo facendo colazione con i recentemente introdotti Fior di Cioccolato e devo dire che sono davvero eccezionali: buoni come le originali Gocciole – che, nel frattempo, sono apparse anche loro al Lidl, in un disperato tentativo di preservare quote di mercato – ma costano, a occhio, il 30% in meno (controllerò la cifra esatta).

Allo stesso tempo, a tutti quelli che si sono scandalizzati leggendo il blog di Beppe Grillo e che hanno giurato sdegnati di non andare più a far la spesa dai tedeschi, raccomando di leggere qui (grazie per la segnalazione) cosa succede all’Auchan.

A questo punto, coerentemente, consiglio a chi ha problemi etici verso il sistema della grande distribuzione moderna di far la spesa solo nel negozietto sotto casa. E di rinunciare alle vacanze per poterselo permettere.

Oppure, si potrebbe anche auspicare una revisione complessiva dell’organizzazione del lavoro in questi ambienti, con contratti più simili alla realtà delle cose ma comunque con dei limiti di orario e di mansioni che vengono fatti rispettare. Solo che questo porterebbe inevitabilmente a un aumento dei costi, e quindi dei prezzi per il consumatore finale. Domanda non retorica: è quello che vogliamo?

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domenica 1 Ottobre 2006, 21:47

Restringimenti

Come vi avevo detto, oggi sono andato dai miei parenti a Loano.

A Loano ho passato praticamente tutte le mie estati e molti dei miei weekend, fino ai vent’anni. Poi, piano piano, sono cresciuto e ho cominciato ad andare in vacanza da solo e ad avere i miei giri di amicizie altrove, e nel frattempo alcuni dei miei parenti sono mancati, altri sono invecchiati, e la casa dove andavamo d’estate è stata venduta. Insomma, adesso ci vado in media una o due volte l’anno, a Natale e a Pasqua, e nemmeno sempre.

Questa volta, comunque, è stata la prima dopo parecchio tempo, e anche la prima con la macchina nuova. Non so se sia dovuto a questo, ma i luoghi che pure riconosco ancora perfettamente mi hanno fatto una impressione molto strana: mi sono sembrati… più piccoli.

La Liguria è da sempre soffocata dal cemento, con stradine strettissime e case costruite ovunque. Eppure, stavolta mi è sembrata un budello persino l’autostrada, con quelle gallerie lunghissime intervallate da salite, discese e viadotti; e poi, nonostante ultimamente abbiano sfondato interi muretti per allargarla e fare delle nuove rotonde, mi è sembrata stretta e intasata di auto anche l’Aurelia; e poi tutte le altre vie del paese, strette e vecchie – forse anche perchè quelli del posto, da buoni liguri, in trent’anni non hanno nemmeno dato il bianco alle case, o cambiato le insegne dei negozi.

Forse è perchè ho memorizzato tutti questi luoghi con gli occhi di un bambino; ma quelli che una volta mi sembravano stradoni, oggi si rivelano a malapena capaci di far passare due macchine, fermandosi per riuscire a incrociarsi; e percorsi lunghissimi durano in realtà trenta secondi di macchina.

La sensazione è stata più forte quando, salendo verso la vecchia casa, ho affrontato quello che all’epoca era un temibile doppio curvone in salita, sulla cui rampa si rischiava la vita, e che ora è poco più di una chicane sulla stradina. Questo anche perchè hanno abbattuto la palazzina che stava sulla curva, per costruire nuove case; e a questo scopo hanno invaso anche il terreno retrostante. Subito dopo la curva, difatti, la strada era fiancheggiata da quello che nei miei ricordi era un lunghissimo campo di ulivi, sempre pieno di reti rosse distese sotto le fronde, per raccogliere i frutti senza che cadessero a terra.

Ora, al posto di quel campo, ci sono… due mucchi di ghiaia. Grandi, eh; ma pur sempre due mucchi di ghiaia, messi lì per preparare il terreno per il cantiere delle nuove case. In auto, ci abbiamo messo tre secondi a fare quello che, da bambino, era un mezzo viaggio in direzione del mare.

Non so bene che morale trarre da questa storia; forse, che sarebbe bene tenere i propri ricordi d’infanzia ben archiviati in un cassetto, e ben slegati dalla nuova realtà dei luoghi dove si sono svolti.

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domenica 1 Ottobre 2006, 00:58

Bentornato?

Torno a Torino appena in tempo per arrivare allo stadio, e mi tocca vedere una partita così. Bah. Se proprio ci tenete a sapere cosa ne penso, il resoconto per il forum è qui.

Il giro a OpenExp è stato in compenso molto interessante; la manifestazione è bella, così come il luogo in cui è ospitata, e la dimensione ragionevole la rende ancora più godibile. Il mio talk è stato un successo, anche se, causa mal di gola dovuto a notte fredda e scoperta in albergo, avevo solo un filo di voce. E ho avuto modo di conoscere e scambiare idee con un po’ di persone interessanti, che poi è uno degli obiettivi principali di questo genere di attività.

Inoltre, nei ritagli di tempo del meeting, ho anche visitato Verona, che non avevo mai visto, e che si è rivelata molto bella, anche se parecchio turistica e quindi ben organizzata per pelare il forestiero. Su questo, spero di aver tempo di bloggare un racconto nei prossimi giorni – non oggi (domenica), perchè sono tutto il giorno dai parenti in Liguria.

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