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mercoledì 25 Ottobre 2006, 17:32

Vivere con se stessi

È piuttosto noto a chi mi conosce bene che la mia personalità è di tipo fortemente narcisistico, non solo nella interpretazione comune del termine, ma anche in quella clinica: ricado totalmente in sei o sette dei nove criteri diagnostici e anche nella maggior parte della descrizione clinica. Sono peraltro anche fortemente dipendente, il che mi rende difficile fare delle scelte e, in generale, sopportare la solitudine.

Una delle manifestazioni del narcisismo è quella di passare molto tempo nel proprio mondo interiore, sia per via della difficoltà indotta nei rapporti interpersonali, sia per via della necessità di concepire continuamente nuovi modi di avere successo per nascondere la propria sensazione di inferiorità congenita. Si finisce insomma per essere completamente assorbiti nei propri pensieri e nell’osservazione di se stessi, staccando il contatto con la realtà.

Una conseguenza di tutto questo sono alcuni tratti molto buffi. Ad esempio, questa mattina ho ritrovato l’avviso di giacenza di una raccomandata; all’ora di pranzo ero però ancora a casa in pigiama, a leggere e scrivere mail, e non avevo molta voglia di uscire. E’ cominciato allora un thread collaterale di pensiero che verteva sulla scelta, naturalmente complicatissima, se fosse meglio vestirsi e andare all’ufficio postale oppure rimandare a domani. Avendo imparato a gestire questo genere di situazioni mediante meccanismi per interrompere i loop infiniti, ho utilizzato un interrupt di basso livello per controllare il corpo, e così, mentre continuavo a pensare alla scelta da fare, mi sono lavato, vestito, e sono uscito di casa.

Solo allora il cervello si è riconnesso col mondo reale, si è guardato attorno, ha notato che c’erano il sole, una strada, delle case e delle aiuole, ed è rimasto basito; quindi ha chiesto al corpo dove fossimo, e che cavolo stesse succedendo. Il corpo ha fatto notare al cervello che eravamo già fuori, e che quindi, con o senza di lui, la decisione sulla questione era già stata presa; al che, il cervello si è stupito, ci è rimasto un attimo male, poi ha alzato le spalle e con sollievo ha preso atto del fatto che non c’era più la necessità di fare una scelta.

Ma questo non è certo l’unico caso: mi succede ad esempio di meditare su cosa voglio mangiare a cena mentre sto scolando e condendo la pasta…

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3 commenti a “Vivere con se stessi”

  1. Attila:

    Probabilmente è anche il tipo di lavoro che svolgi, che non ti da un ritmo…
    ho visto, che nel momento in cui non ho dei ritmi “eterodiretti” cado anche io nell’autocontemplazione dell’attimo… che mi porta all’estraneazione inconsapevole della psiche dal resto del corpo…
    a me succede spesso quando vado a fare footing o a nuotare… ho il cervello che elucubra e il corpo si subisce la fatica non facendomene rendere perfettamente conto…

  2. Simone:

    Io invece a volte rifletto cosi a lungo sulle cose da fare che alla fine non le faccio…

  3. francesca:

    io non so bene come sono capitata su questa finestra. sul blog ci sono finita tramite google cercando una spiegazione su una password numerica, una di quelle cose estenuanti che manco col copia cache capisci che c’entra con quello che cercavi e di solito lasci perdere, invece qui no perché c’erano argomenti comunque interessanti, solo che non c’entrano ancora niente con questa finestra.
    avevo messo l’indirizzo fra i preferiti in ufficio ma non con questa grafica, credo fosse il blog precedente perché erano ben spiegati i protocolli di internet per uno che non sa da dove cominciare. ho provato a ritornarci a memoria da casa e cercando finisco su questa pagina fortemente espressiva di un disorientamento comune a più di quanti sanno di averlo. io ho ho bevuto un po’ troppo stasera per commentare giustamente il pensiero che mi ha colpito (non tantissimo, due bicchieri in più di chianti per colpa del freddo che fa tutto insieme), d’altra parte se non fosse per questo non avrei scritto niente…
    volevo solo lasciare il segno di un passaggio su un punto che mi ha toccato.
    un saluto
    francesca

 
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