Eragon
Nonostante le sfighe, qualcosa di buono nel volo di ritorno c’è stato: sono riuscito finalmente a vedere Eragon, filmone fantasy che mi ero perso al momento dell’uscita al cinema.
Il film è ambientato in un mondo fantastico, popolato da uomini e draghi; un mondo in cui non è ancora giunto alcun ritrovato della tecnologia moderna, ad eccezione del gel modellante per capelli. Il film prende il nome dal protagonista; il nome è stato in realtà selezionato mediante una batteria di supercomputer impegnati a calcolare tutte le variazioni possibili della parola “dragon”; sfortunatamente, il programma girava sotto Windows, e così, dopo ripetuti schermi blu all’avvio dell’applicazione, gli autori si sono fermati al primo step.
Il film narra la storia di due attori. Il primo è vecchio e da tempo fuori dal proprio periodo glorioso, e passerà tutta la durata del film a convincersi di poter credere di nuovo in se stesso, fino a riuscire ad imitare ancora Viggo Mortensen. Il secondo inizia il film da biondino spavaldo ma incapace, e finisce il film da biondino spavaldo ma incapace, lasciando gli spettatori a chiedersi di chi sia parente per aver avuto la parte. E’ comunque vero, però, che durante la storia egli scoprirà dentro di sè capacità misteriose e soprannaturali, come quella di materializzare e smaterializzare un cavallo ogni qual volta ciò sia funzionale alla trama del film.
La sua capacità principale, comunque, sarà quella di mettersi in contatto immediato con un centro di controllo aereo – e senza nemmeno doversi dare un colpetto con la mano sul petto! – rappresentato da un drago realizzato in grafica computerizzata; peccato che Uhura sia doppiata da una signorina del 12. In una serie di battaglie epiche, Eragon invocherà l’aiuto del proprio drago, che invariabilmente risponderà con voce flautata, declamando una frase qualsiasi sempre come se fosse “Il numero da lei selezionato è inesistente”.
Il cast è completato da attori di fama, come John Malkovich nella parte del re per dieci secondi (compare in cinque scene da due secondi l’una) e Rachel Weisz nella parte del nome nei titoli di coda.
Insomma, che dire? Eragon si rivela un orrendo polpettone costruito sulla scia del Signore degli Anelli; gli sceneggiatori, in particolare, andrebbero frustati e spellati vivi. L’unica scena che si salva è quella, purtroppo di pochi secondi, in cui l’immancabile principessa elfa strafiga viene catturata e distesa seminuda su un tavolo (quale prigioniero non viene disteso seminudo su un tavolo?), dove il supercattivo mago Oronzo le provoca orgasmi a ripetizione con la sola imposizione delle mani. Per il resto, il film scorre; scorre anche troppo, visto che ogni tanto sembra di avere schiacciato il pulsante del fast forward, passando in cinque minuti dall’iniziazione dell’eroe alla sconfitta del cattivo e di lì alla battaglia finale, con personaggi che appaiono e scompaiono nel giro di tre scene. Probabilmente sarebbe venuto meglio se fosse stata una trilogia; ma, visto il risultato, dubito molto che i due seguiti già programmati – Fragon e Gragon – si faranno davvero.