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Archivio per il mese di Ottobre 2007


mercoledì 17 Ottobre 2007, 14:47

Scienza e razzismo

Ha fatto scalpore tra i benpensanti l’intervista con cui il vecchio dottor Watson – quello di Watson & Crick, gli scopritori del DNA, premi Nobel nel 1962 – ha dichiarato che, secondo i suoi studi, i neri sono meno intelligenti dei bianchi.

Naturalmente, detta così è troppo generica; bisogna definire cosa si intende per “intelligenza”, e comunque è noto che buona parte di ciò che noi consideriamo tale deriva dall’educazione e non dal proprio patrimonio genetico; e sull’accesso all’educazione i neri, ovunque vivano, sono mediamente svantaggiati.

Credo comunque che uno scienziato di tal livello questo lo sappia, e suppongo quindi che abbia in qualche modo individuato una definizione di intelligenza di tipo esclusivamente genetico; bene, non mi stupirebbe affatto scoprire che i neri sono effettivamente meno intelligenti dei bianchi. Dal punto di vista strettamente matematico, per gruppi di persone di una certa dimensione, è molto difficile che la media di un qualsiasi indicatore all’interno di un sottogruppo coincida esattamente con la media su tutto l’insieme; succede se il parametro con cui si è selezionato il sottogruppo è completamente scorrelato da quello che si sta misurando, e invece nel mondo reale tout se tient. Darei quindi un 50% di chance ai neri di essere meno intelligenti dei bianchi, e un 50% di essere più intelligenti; per sapere quale delle due, bisogna fare misurazioni statistiche su larga scala, sempre ammesso di poterle depurare dell’effetto dell’educazione dei singoli.

Poi, per carità, magari Watson è veramente un vecchio stronzo e i suoi esperimenti non hanno alcun fondamento. La notizia interessante, però, non è la sua affermazione, ma la reazione: è che anche al giorno d’oggi, proprio da quegli strati sociali “laici” che si vantano di aver superato il buio del passato, ci siano teorie scientifiche respinte con sdegno per motivi morali. In un certo senso, la fiducia nel fatto che tutti gli uomini siano uguali almeno in potenza è una moderna religione laica, che va contro le differenze evidenti che ci sono tra tutti noi. Di fronte a questa religione illuminista, agli scienziati è richiesto di cedere il passo, come già a Giordano Bruno.

Eppure, tutte le inquisizioni di Santa Romana Chiesa non servirono a far sì che la Terra si mettesse a ruotare attorno al Sole; e così, spesso l’avere una visione ideologica degli esseri umani diventa un ostacolo al risolvere i loro problemi concreti.

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martedì 16 Ottobre 2007, 09:26

La censura di Internet in Cina

Si parla spesso di censura di Internet in Cina, forse persino all’eccesso, visto come Internet è filtrata e bloccata (seppure in misure diverse) in tante parti del mondo inclusa l’Italia. Comunque, Reporter senza frontiere ha pubblicato un interessante rapporto “sul campo” che documenta cosa e come le autorità di Pechino blocchino su Internet. Lo potete leggere qui; è certamente una lettura interessante.

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lunedì 15 Ottobre 2007, 16:26

Giustizia proletaria antigobba

Dopo l’autoriduzione proletaria, un racconto di giustizia proletaria antigobba direttamente dal forum di Forzatoro. Che poi lo so che arriverà il solito commento di quattro pagine a difesa dell’importanza dello status di VIP dei calciatori a strisce, ma l’aneddoto è carino lo stesso, e vi autorizzo espressamente a ripeterlo anche per il pullman del Toro se mai dovesse succedere qualcosa del genere.

“Sono le 23 circa e decido, insieme ad un ristretto gruppo di amici, di fare una sorpresa ad un altro nostro comune amico in arrivo dagli States (via Roma).. andiamo ad aspettarlo a Caselle.

Chi frequenta quell’aeroporto sa benissimo che parcheggiare al piano degli ARRIVI è praticamente impossibile (se non nel silos a pagamento), dal momento che non fai in tempo ad accostare e hai già la multa sul parabrezza. Io accosto, e mentre vedo il vigile che si sta avvicinando scorgo un pullman nero tamarrissimo con i vetri oscurati che parcheggia sui posti per handicappati: ERA IL PULLMAN DEI GOBBI che aspettava la squadra (ieri devono aver giocato un’amichevole, non so dove e comunque non me ne frega un cazzo).

Il vigile non fa in tempo ad aprire la bocca e io lo blocco subito: “scusi – faccio io – so che sono in torto e quindi la sposto immediatamente, ma guardi un po’ quel pullman nero dove si è parcheggiato”. L’agente muta immediatamente la sua espressione, che dal minaccioso diventa imbarazzata: “eh ma non saprei…lei ha ragione ma….. sa aspettano la squadra…l’aereo fa ritardo… ecc ecc ecc”. Io stavo per saltargli addosso quando arriva un altro vigile ancora più cazzuto del primo: “beh? che problemi ci sono?” fa a me e al suo collega. Io rispondo dicendogli che avevo l’auto in divieto e la stavo per spostare ma che il pullman delle merde era messo peggio di me e andava sanzionato.

Il secondo vigile, appena si accorge che il torpedone bianconero è sui parcheggi per handicappati, diventa viola in faccia e si scaglia dall’autista dei gobbi che stava fumando urlandogli: “VIA! VIA! CAMMINARE! LEI NON PUO’ STARE LI'”. L’autista (che era un misto tra Bettega e Moggi come tipo di persona) gli fa: “no ma guardi, lei non vede che questo è il pullman della JUVENTUS? Stiamo aspettando la prima squadra”. Il vigile, sempre più infervorato (un mito assoluto!!) urla sempre più forte: “E chi se ne frega se questo è il pullman della Juventus: lei lo deve spostare! Subito! Avanti! Camminare! Camminare! Camminaaaare!!!!!!!”, e intanto tira fuori il blocchetto delle contravvenzioni e comincia a scrivere.

L’autista, sbalordito (evidentemente abituato a fare che cazzo vuole a Torino), lascia cadere la sigaretta e, impaurito, sale sul pullman, lo mette in moto e si mette a fare un paio di giri attorno all’aeroporto senza poter parcheggiare, in attesa che arrivi la squadra. Dopo un quarto d’ora circa escono Nedved, Trezeguet, Belardi e compagnia bella e si mettono ad aspettare come dei coglioni in attesa che il pullman compia per la terza volta la rampa di accesso alla pista di carico viaggiatori, con tutti che chiedevano autografi (i giocatori erano visibilmente seccati). Il pullman questa volta accosta sul posto riservato alle forze dell’ordine. Io dico al mio amico che guidava di parcheggiare subito dietro. Vado dal vigile e gli dico: “se fa la multa a me, la faccia anche al pullman, mi raccomando!”. E lui mi fa: “stia tranquillo, se non se ne vanno entro due minuti chiamo i carabinieri!”. E infatti non ha nemmeno spento il motore, ha caricato i giocatori e se ne è andato.

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lunedì 15 Ottobre 2007, 11:53

Urne di cioccolata

Non so bene che cosa provo per voi, italiani che siete andati ieri a votare alle primarie del Partito Democratico: se ammirazione per la vostra residua fiducia nella politica italiana, o stupore per quanto sia facile farvi rientrare nel gregge.

Ovviamente quella è la mia area politica, e quello è il partito che voterei se dovessimo andare domani mattina alle urne (quelle vere, non quelle di cioccolata). Ma io, nel mio piccolo, non faccio il prestanome per nessuno; proprio perché rispetto la democrazia sopra ogni altra cosa, l’idea di andare a far parte di una coreografia di massa dal risultato già scritto, come la comparsa in una di quelle scenografie negli stadi della Corea del Nord, mi fa sinceramente ribrezzo.

Vado volentieri a farmi consultare, se mi consultano su qualcosa. Se mi chiedono se sono a favore o meno della legge 30, per esempio, e come cambiarla in meglio. Se mi chiedono se voglio o non voglio il nucleare, la caccia, l’aborto. O perlomeno se c’è qualcosa da decidere, come la composizione del Parlamento.

Quello di ieri, invece, era lo specchio della politica berlusconizzata reinterpretata dalla sinistra italiana. Il candidato era unico; doveva vincere Veltroni, come Prodi alle primarie precedenti; il partito gli ha messo di fronte un paio di candidati di cartapesta, giusto per salvare le apparenze, e un altro paio di sconosciuti sono saltati fuori facilmente, perché in Italia non si nega una telecamera a nessuno. La scelta, insomma, l’avevano già fatta loro per noi, come sempre; volevano solo la nostra benedizione per far bella figura in TV.

I candidati principali, Veltroni e Letta, erano ovviamente lì solo per i propri innegabili meriti; il fatto che siano il figlio dell’ex direttore dell’Unità l’uno, e il nipote dell’ex assistente e manager di Berlusconi l’altro, non ha assolutamente avuto parte nella loro folgorante carriera politica. Si sono fatti da sé, senza aiutini, e sono quindi titolati a rappresentare il nuovo futuro dell’Italia, finalmente libero dalle raccomandazioni e dalle caste.

Questa, più che una elezione, era un negozio di giocattoli in cui ti vendono un solo modello di bambola, però ti chiamano con gran cerimonia a sceglierne il colore. Ti piace il verde? Puoi votare Veltroni ambientalista, con la lista “Con Veltroni. ambiente, innovazione, lavoro”. Preferisci il rosso? Ecco Veltroni presidente operaio, con la lista “A sinistra con Veltroni”. Vuoi l’azzurro? C’è Veltroni moderato, con la lista “Democratici con Veltroni”. Che differenza ci sia tra le tre, non è dato sapere.

Oppure, se proprio vuoi un tocco di anticonformismo, puoi votare per Letta o per Bindi; a differenza di Veltroni che propone… boh?, Letta propone… mah?, e Bindi invece propone… chissà? Una durissima contrapposizione politica: vota per me, che ho la faccia più simpatica. Tanto il risultato è già scritto, un tanto al chilo; facciamo avere un bel plebiscito a Veltroni, così è credibile, e diamo un contentino agli altri due, e agli outsider rompicoglioni mettiamo uno 0,1%, che di meno proprio non si può.

Per carità, i cambiamenti sono sempre difficili, e le attitudini non si modificano in un attimo, e ci sono comunque tante altre ragioni per dare al Partito Democratico una chance, prima fra tutte quella di volerci perlomeno provare. Prima, però, dimostrino che non è l’ennesima pagliacciata, e soprattutto abbiano il coraggio di chiedermi un parere su qualcosa di concreto dandomi veramente voce in capitolo, prima di mostrarsi sulla porta di casa mia.

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domenica 14 Ottobre 2007, 10:50

Carta dei Diritti

Oggi sono in montagna, per cui niente post. Vi segnalo però che nell’altro blog ho pubblicato il rapporto finale della conferenza di Roma sulla Carta dei Diritti della Rete, da me steso in qualità di rapporteur ufficiale: visto che nelle scorse due settimane ne hanno parlato – solitamente abbastanza a sproposito – Mantellini e altre blogstar, potrebbe essere utile leggerlo per capire che cosa sia successo veramente.

(Però i commenti in italiano metteteli qui, se no ci incasiniamo…)

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sabato 13 Ottobre 2007, 15:50

Otoberfest, ovvero dell’autoriduzione proletaria

Di Eataly, come ricorderete, ho già detto tutto il male possibile. Eppure, io al cibo non so resistere, specie se in compagnia: e così, mercoledì sono stato coinvolto nell’assalto alla Otoberfest (o meglio, questa sarebbe la grafia corretta in piemontese; loro, che sono barotti, scrivono un improbabile Ãœtuberfest), che colà si tiene per tutta la settimana, sino a domani sera.

L’assalto doveva avvenire alle 19, orario di apertura, ma viene purtroppo ritardato causa orari lavorativi di parte del gruppo: e così, ci presentiamo là attorno alle 21, per scoprire una ventina di persone in attesa all’ingresso della zona dedicata, di fronte a un signore che con forte accento di vacca ci annuncia che bisognerà attendere circa mezz’ora. Chiediamo se si può prenotare, la risposta è no; prendere un numero e andare a fare un giro, nemmeno; a che ora precisamente riapriranno gli ingressi, boh. Non c’è nemmeno una fila; semplicemente un grumo di gente che sgomita cercando di stare il più possibile vicino all’ingresso, e passandosi continuamente davanti.

Dopo venti minuti di famelica attesa, riusciamo finalmente ad entrare… quasi. Già, perchè avendo aperto le cataratte, la gente-che-non-ci-vede-più-dalla-fame si proietta nello stretto ingresso a gomiti alti; amici perdono amici, madri perdono bambini, famiglie vengono disperse e finiranno per sempre a Chi l’ha visto. Noi siamo in sei; i quattro dai gomiti più allenati entrano; i due più timidi e meno scattanti restano fuori dal numero chiuso.

Qui si espone l’uomo di mondo, cioè io; chiedo al tizio dal sapor di vacca se può far passare i due rimanenti, che non si è mai visto di un posto dove i gruppi in attesa di cenare vengono separati a metà, e piuttosto potevano organizzarsi un minimo. Il tizio nicchia, ci dice che ha già tenuto fuori gente che aveva già pagato la cena, poi si affida alla tipica morale a scomparsa che regna in questi casi: invece di assumersi le proprie responsabilità, dice “per me va bene, se va bene agli altri in attesa”. Attimo di gelo; i due non scattanti non scattano, lasciando così il tempo a due più svegli di loro di dire “ma allora entriamo noi”. Preparo il fucile, e insomma riusciamo a fare entrare i nostri e tenere fuori gli altri.

All’alba delle 21:25 saliamo così le scale di Eataly, solo per trovarci di fronte a una ulteriore coda alla cassa. Arriviamo infine al bancone, dove una ragazza che sfoggia il caratteristico sguardo sveglio di chi è stato lobotomizzato da bambino ci spiega in soli quattro minuti che possiamo acquistare una birra a due euro, sei birre a dieci euro, il buffet a libero servizio a quindici, e dobbiamo lasciare tre euro di cauzione per avere il bicchiere in cui farsi servire la birra.

Qui parte il dramma. Il buffet è invitante, ma c’è una ulteriore e significativa coda per arrivarci, e poi è pur sempre un buffet da apericena; servono delle crespelle, e poi formaggi, salumi, pane, focaccia, insalata. L’idea di spendere quindici euro per un aperitivo, quando il prezzo di mercato, cocktail incluso, è tra i cinque e i sette, non piace ad alcuni; altri vorrebbero fregarsene e provare; tutti, comunque, odiano Eataly, compresi quelli che non c’erano mai stati e pensavano che io fossi un po’ troppo negativo. Alla fine, prendo un buono da sei birre, ne bevo una, ne offro un’altra ad Andrea, e poi scappiamo fuori a mangiare ai fast food dell’8 Gallery.

Poteva finire qui? Forse sì, ma a me non piace essere preso per i fondelli da una attività commerciale di gente dalle scarpe grosse, che ti fa pagare tutto uno sproposito e naviga nei miliardi, ma non ha neanche la decenza di organizzarsi per gestire i clienti non dico in modo perfetto, ma almeno come una trattoria di periferia.

Per cui, parte il piano “Rivincita con autoriduzione proletaria”: ieri sera, ci presentiamo in due alle 18:50, quando l’ingresso non è ancora presidiato nè chiaramente indicato. Saliamo di corsa le scale, e ci mettiamo in coda dietro a una decina di altri previdenti. Alle 19:10 (perchè, con la solita disorganizzazione, alle 19 non sono ancora pronti) aprono le porte; dietro di noi ci sono già un centinaio di persone, ma noi nel giro di tre minuti siamo alla cassa, dove prendiamo due bicchieri e un buffet, visto che io ho ancora quattro birre dalla sera precedente.

Io pago un buffet e un bicchiere; la tizia va in crisi, e prende la calcolatrice (non scherzo!) per fare 15 euro + 3 euro. Poi mi dà un euro di resto invece di due, e io la guardo perplesso, e lei mi spiega che, da oggi, la cauzione del bicchiere è salita a quattro euro; li pago di corsa prima che diventino cinque. Mi timbrano la mano con la data del giorno – no dico ragazzi, come nei centri sociali, ma lì almeno hanno i simbolini; proprio il numero sulla mano no, fa tanto Auschwitz! – e io mi presento al deserto buffet.

E qui, perfidamente, giriamo a nostro vantaggio la loro disorganizzazione; perchè alle 19:35 io ho già fatto tre giri del buffet, senza un secondo di attesa, e loro avranno fatto entrare sì e no cinquanta persone, visto quanto ci mettono a farle pagare; sai, ogni volta fare 15 + 4 (o, Dio non voglia, 15 + 10 + 4) con la calcolatrice… Ovviamente, io riempio ogni volta il piatto di roba, facendo pure tanti complimenti allo stagista da 400 euro lordi al mese che hanno messo a servire le lasagne; poi arrivo al tavolo, e ne mangiamo in due.

Il cibo, va detto, è di qualità eccellente; le lasagne sono ottime, i formaggi sono buoni, i salumi sublimi (nota: andare a comprare la mortadella da Eataly, dopo aver rapinato la banca). Mi servo senza ritegno di mezzo chilo di ottimo tonno delle Azzorre (cioè, non so da dove venisse, ma a Eataly non si può mica chiamarlo soltanto “tonno”). Le birre sono anche molto buone; a sorpresa, la migliore non è la Nora della leggendaria Baladin, ma una Menabrea 150° Anniversario che sa di lievito, e sembra di bere la pasta della pizza. Il suo unico difetto è che non riesce a trasformare in bellezze l’ammucchiata di bruttoni di ogni sesso che c’era in sala: concludo che il gene della bellezza fisica non è mai arrivato fino in Piemonte.

Purtroppo non sono riuscito a provare la pizza rossa, perché hanno cominciato a portarla dopo un po’, e appena la mettevano sul tavolo del buffet c’era una gazzarra indegna; le donne in particolare si riempivano i piatti senza ritegno, tipo cinque o otto pezzi per volta (appunto: mai sottovalutare l’aggressività femminile in materia di procurare il cibo, specie alla “festa della gente che compensa con il cibo le carenze affettive”).

Insomma, esco strapieno e compensato. Mentre scendiamo le scale, e sono le nove meno un quarto, la coda è diventata epica; inizia praticamente all’ingresso di Eataly, attraversa il piano terreno del negozio, si inerpica su per due piani di scale, poi percorre tutto il museo che sta al piano alto; saranno tranquillamente, senza esagerare, un centinaio di metri di coda, ovviamente amorfa e sregolata.

O voi in coda, che avete la faccia di quelli che si fanno turlupinare da Eataly! Imparate l’arte dell’autoriduzione proletaria, ché il capitalismo dalla faccia buona è fin peggiore di quello dalla faccia cattiva, e chi si fa abbindolare dalle finte motivazioni etiche finisce cornuto, mazziato, e a pancia vuota.

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venerdì 12 Ottobre 2007, 07:58

I conti tornano

Ieri i giornali titolavano che governo e sindacati hanno vinto: il loro progetto di riforma del welfare è stato approvato dai lavoratori con una valanga di voti, oltre l’80%! Dopodichè ci sono le percentuali delle grandi fabbriche: Alfa Romeo di Pomigliano, sì 8%, no 92%. Fiat Melfi, no all’85%. Alenia, no al 65%. E così via. Però hanno stravinto i sì.

Ci si può prodigare in spiegazioni credibili, secondo cui i vecchi operai conservatori e politicizzati delle grandi fabbriche hanno votato contro, mentre i giovani precari delle piccole imprese di servizi hanno votato a favore, e messi tutti insieme ribaltano il risultato. Resta il fatto che alla fine, sommando tutto insieme, comunque in qualche modo i conti tornano: senza alcun dubbio, ha vinto il sì con l’80%!

E non dubitate: domenica, alle primarie del Partito Democratico, magari i seggi saranno deserti, ma alla fine avranno votato almeno due milioni di persone!

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giovedì 11 Ottobre 2007, 11:51

Scene da un ministero

(con un riferimento velato e del tutto non casuale a questa cosa qui, di cui parlava martedì Repubblica – ma toh, l’articolo che criticava il governo, pur comparendo ancora nei risultati di Google, è stato rimosso in tutta fretta dal loro sito…)

Rappresentante del Ministero ABC: Bene, ora possiamo incominciare la riunione…
Rappresentante del Ministero XYZ: Mi scusi, mi scusi!
ABC: Sì?
XYZ: Volevo lamentarmi per lo scarso anticipo con cui sono stato invitato a questa riunione!
ABC: Eh, purtroppo abbiamo potuto dare soltanto una settimana di preavviso, ci dispiace.
XYZ: Sì, ma io ho saputo di questa riunione solo due ore fa!
ABC: Come, due ore fa? Ma noi abbiamo inviato la convocazione per iscritto una settimana fa, alla dott.ssa JKL!
XYZ: E come mai non l’avete inviata a me? Io sono (pausa ad effetto) il Consulente ICT & New Media del Ministro XYZ!
ABC: Sì, ma quando abbiamo interpellato le varie amministrazioni per comporre il comitato, dal vostro ministero ci è stata indicata come referente la dott.ssa JKL…
XYZ: Eh, ma non importa, dovevate informarvi meglio! E visto che siamo qui per Internet, non è possibile che si utilizzi la carta! La prossima volta inviate le comunicazioni anche a me, e usate la posta elettronica: un cc non costa nulla!
ABC: Va bene; allora, visto che un cc non costa nulla, le invieremo le convocazioni per email: qual è il suo indirizzo di posta elettronica?
XYZ: (Attimo di smarrimento)
ABC: (Sguardo interrogativo)
XYZ: Uhm… era qualcosa tipo… c’aveva il mio nome… un punto… Un attimo, eh, che prendo l’agenda: non me lo ricordo!

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mercoledì 10 Ottobre 2007, 18:28

I will not illegally download this movie

Lunedì sera siamo andati a vedere il film dei Simpson, al cine Massaua, già teatro nella mia infanzia e ora multisala con annesso ristorante messico-tarro.

Siamo entrati all’orario annunciato, e abbiamo dovuto sorbirci dieci-dodici minuti di pubblicità; alla fine è iniziato il film, che poi altro non è che un episodio dei Simpson gonfiato fino a un’ora e un quarto di lunghezza (divertente comunque). Nella sigla iniziale, la scritta che Bart scrive sulla lavagna è appunto “I WILL NOT ILLEGALLY DOWNLOAD THIS MOVIE”.

O almeno così pareva di capire, perchè cinque minuti dopo l’inizio le immagini erano già sfocate, fino a diventare praticamente inguardabili, tanto da far male agli occhi. C’è voluto un quarto d’ora, e uno spettatore incazzato che è uscito a svegliare il proiezionista, perché se ne accorgessero e lo rimettessero a fuoco. Dieci minuti dopo, hanno troncato una battuta a metà per chiamare l’intervallo in anticipo e sistemare meglio il problema.

Giunti alla precoce fine del film, dopo poco più di un’ora, cominciamo a sorbirci i titoli di coda: difatti, su di essi sono sovrapposte varie scenette che invitano ad aspettare in sala, perché c’è un pezzo di film dopo la fine dei titoli. Peccato che dopo il primo minuto dei titoli, in sala vengano accese le luci, rendendo lo schermo quasi invisibile e spingendo la gente ad andarsene.

Noi, e un paio di manipoli di coraggiosi, resistiamo. Aspettiamo quasi dieci minuti di titoli insopportabilmente prolissi, per vedere cosa c’è alla fine del film.

E, quando i titoli finiscono, pare che cominci un dialogo; ma la proiezione viene conclusa bruscamente. Guardiamo l’inserviente in sala, che alza le spalle e fa, “Eh, ce l’hanno mandato così…”.

Morale: d’ora in poi smetterò di vedere i film al cinema. Li si può vedere molto meglio scaricandoli illegalmente.

P.S. 1: Comunque, probabilmente non c’era più niente da vedere: difatti la prima parola di Maggie – detta durante i titoli – che in italiano è “continua”, nell’originale è “sequel”: non si riferisce quindi ai titoli stessi.

P.S. 2: Il filone più carino del film (purtroppo molto marginale e presto esaurito) è decisamente quello del maiale adottato da Homer e denominato Spider Pig, o in italiano Spider Pork, per motivi di rima che scoprirete guardando la gag qui sotto e che è già leggenda:

Ora, potevamo noi italiani non distinguerci? Non dimostrare che la mamma dei cretini è sempre incinta? No, vero? E quindi ecco la nostra risposta, in diretta da Sorrento (NA), con tanto di entusiastici commenti dei visitatori. Qualcuno chiami la protezione animali.

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mercoledì 10 Ottobre 2007, 13:41

Nomi strani

Se vi siete mai posti dei dubbi in merito, qui c’è un video in cui ICANN spiega i concetti fondamentali sui nomi a dominio internazionalizzati (IDN), con l’apparizione di Tina Dam (che se non è stata Miss Danimarca avrebbe dovuto esserlo) e le barchette di Marina del Rey sullo sfondo.

La cosa interessante è che usano dotSub, e quindi ho potuto dedicare mezz’oretta a sottotitolarvi il video in italiano.

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