Anche quest’anno vi tocca il pippone di Natale: adesso non è che possiate pensare di cavarvela uppando subdolamente il pippone di Natale dell’anno scorso! E’ vero che dice in parte le stesse cose, ma questo è il pippone di Natale nuovo e come tale ve lo dovete pippare. Buon Natale.
Fin da bambini ci educano a pensare che il Natale sia il momento migliore dell’anno, un momento di tranquillità , felicità e di bontà per tutti.
La realtà è ben diversa: ad una analisi oggettiva dei fatti, il Natale è invece caratterizzato dall’essere il momento più stressante. Per settimane, il traffico diventa ingestibile, e le persone si affollano per spendere una quantità spropositata di denaro in regali altrettanto ansiogeni: e cosa prendo per Tizio, e cosa prendo per Caio, e se lo faccio a lui devo farlo anche a lei, e se per caso poi non piace, e se poi ce l’ha già .
Quando poi arriva il momento della festa, i casi sono solitamente due: o vi toccano pranzi e cene con i parenti – magari a tappe, se siete nel numero crescente di persone che dispone di più di un gruppo di parenti in rotta tra loro – nei quali, visto che i parenti non si scelgono, spesso ci si sente in imbarazzo, quando poi non riemergono le liti ancestrali per l’eredità del bisnonno; oppure rimanete da soli e vi sentite tagliati fuori dal mondo, abbandonati e inutili.
Non è quindi un caso che il periodo di Natale sia, secondo i dati, uno di quelli in cui più si addensano suicidi, liti e casi di follia omicida; che poi sarebbe il caso di smettere di chiamarli “follia”, visto che praticamente sempre hanno cause estremamente chiare e maturate lungo un cospicuo periodo di tempo, perché l’uomo non agisce mai senza un motivo.
Ciò nondimeno, pur essendo coscienti di tutto questo, c’è comunque modo di vivere il Natale in un modo più tranquillo e insieme più profondo. Mi scuso quindi in anticipo se non ho fatto regali quasi a nessuno, perché l’idea di pescare un CD o un libro a caso mi sembra insensata; e se è vero che è il pensiero quello che conta, il pensiero per me è l’osservare una necessità o un desiderio di un altro e cercare di soddisfarli, il che può avvenire in un qualsiasi momento dell’anno, a intervalli irregolari, e non necessariamente sotto una festa comandata.
Vorrei invece utilizzare il post di Natale per ricordare che c’è una dimensione più profonda e spirituale in tutto ciò che facciamo; qualunque sia il senso che voi attribuite alla ricorrenza, oggi può essere un buon momento per pensare al proprio piccolo ruolo nel mondo, in relazione con tutto ciò che ci circonda, e a come ci si propone di interpretarlo.
L’altro giorno su La Stampa era riportato un aneddoto raccontato da don Piero Gallo: una signora ha appena subito un grave lutto e non riesce a riprendersi. Le amiche le dicono “Ora è tempo di farsene una ragione”; ma lei risponde che la ragione se l’è già fatta, ma non è servita, perché non è con la ragione che si soffre, ma con il cuore. La nostra società è basata sull’ossessione della razionalità , e la nostra educazione è spesso concentrata sullo sviluppo delle nostre capacità intellettive; eppure non è la razionalità a determinare se siamo o non siamo felici, ma la nostra sfera emotiva.
Imparare ad esaminare, riconoscere e condividere le nostre emozioni è una impresa a cui siamo poco abituati; ma è anche la strada per ritrovare l’armonia con la nostra parte più profonda, con gli altri e con l’immensità della natura. Il Natale dovrebbe essere il momento in cui, lasciando per un attimo da parte le carte di credito e i panettoni, ci si dedica almeno un po’ a ricercare la via.
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P.S. Per il resto, sottoscrivo in pieno il post di Suzukimaruti e faccio mie tutte le sindromi ivi descritte.