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giovedì 17 Aprile 2008, 17:23

Cielo

Oggi è una giornata decisamente grigia, tanto che fuori dalla mia finestra c’è il nulla, solo un bagliore smorto e lattiginoso disteso uniformemente sui tetti come se fosse il cielo.

E così, oggi non parlerò di politica se non per notare che per la prima volta, sulla mia lista di benpensanti internazionali del futuro della rete, è stato menzionato un politico italiano, e non solo: il suo pensiero è stato riportato da una delle persone più apprezzate e menzionato come illuminante, moderno e condivisibile. E’ interessante quindi notare come la citazione fosse “market if possible, state if necessary”, dalla lettera di Giulio Tremonti pubblicata ieri dal Financial Times: che dire, Tremonti è suscettibile, ma almeno sa scrivere in inglese.

Comunque, oggi il modo è pigro e sonnacchioso, e dal punto di vista lavorativo produco davvero poco. Però stamattina ho fatto una cosa che non si fa spesso: sono andato a piedi alle Gru.

E’ successo che ho portato la macchina dal solito carrozziere, quello convenzionato con la ditta di leasing, che due volte l’anno toglie le gomme invernali e mette quelle estive o viceversa, una roba che faccio perché è inclusa nel prezzo ma che prova ulteriormente come il nostro stile di vita sia, in termini di abuso di risorse, insensato.

Per cambiare quattro gomme ci mettono un’ora; probabilmente ciò dipende anche dalla scena che ho visto entrando nell’ufficio, dove la vecchia contabile chiedeva al giovane aiutante come si potesse entrare nel computer. Il giovane le spiegava che doveva usare “admin, admin” come username e password. La signora sbuffava, se lo faceva ripetere due o tre volte, si faceva fare lo spelling di “admin”, e infine se ne usciva esasperata: “Ma insomma! Non potremmo avere una sola password uguale per tutti?”.

Non avendo voglia di aspettare un’ora in officina, io regolarmente ne approfitto: da via Villa Sant’Anselmo, praticamente all’angolo con via Bard, mi incammino per cinque minuti verso il centro; passo davanti a Roby, poi alla sede della Chiesa Cristiana Pentecostale (Chapel of Victory), e infine arrivo a girare a destra in via Porta Littoria. E’ una zona interessante, dove l’isola costruita della città si sfrangia contro l’oceano dei prati, e gli edifici sono bassi e irregolari, salvo qualche palazzo anni ’70 che si staglia ma sembra completamente fuori posto.

In breve, la via arriva all’orlo della città; l’ultima casetta prima del mare è il famoso “centro estetico”, una anonima villetta caratterizzata da una piccola targa d’ottone con la scritta “Centro Estetico – Suonare”; non ci sono insegne di alcun tipo e nulla che attiri l’attenzione, e naturalmente nessuno metterebbe mai un centro estetico al fondo di via Porta Littoria, una via di estrema periferia dove non puoi proprio arrivare per caso, se non fosse in realtà un “centro estetico”; tanto è vero che oggi, ripassando dopo mesi, ho scoperto che sulla targa d’ottone c’è appiccicato un cartello a pennarello con scritto “Il centro estetico ha chiuso DEFINITIVAMENTE”.

L’orlo della città è un luogo molto particolare; la strada principale che arriva dal centro finisce nello sterrato, e subito dopo nel sottosovrappasso pedonale della ferrovia, una stranezza topologica per cui l’attraversamento ferroviario passa sia sopra che sotto ai binari. Ci sono muratori romeni che bivaccano in macchina, vecchi rifiuti abbandonati, e a destra segue il prato, mentre a sinistra incomincia Torino. Il sottosovrappasso è squallido, e quasi sempre si incrocia qualcuno che piscia; l’interno è ripieno di scritte di studenti che si amano o si mancano, anche se non ci sono scuole nel raggio di chilometri.

Dall’altra parte, si sbuca sullo stradone delle Gru, anzi su un ponte sul verde, largo e recente, che si stacca ardito dalla borgata Lesna, trattenendo il fiato per saltare i prati, e giunge fino al centro commerciale, ignorando nel tragitto un antico podere di campagna che oggi è diroccato, ma che ai suoi tempi, un tre secoli fa, doveva essere davvero bello.

Se arrivate alle Gru in auto, non vedrete mai tutto questo; quei trecento metri saranno solo un lampo in una accelerata evaporazione di petrolio. A piedi, invece, si respira il non-luogo; un posto apparentemente insignificante e vuoto, dove però, tutto attorno, si stratifica con evidenza la vita umana. Respirando il vento e l’umidità del prato, ti puoi immaginare l’antica strada sterrata che portava a Grugliasco, i campi coltivati, la villa settecentesca prima florida, poi diroccata, poi la costruzione del lungo rettilineo della ferrovia per la Francia, la strada asfaltata, le case che cominciano a spuntare come funghi dall’altro lato, l’invasione della città sulla campagna, la chiusura del passaggio a livello che devia il flusso di auto e condanna il futuro centro estetico al suo magico isolamento. E poi il cantiere per il trincerone ferroviario per l’interporto, il centro commerciale, l’allargamento della strada e le invasioni barbariche di tutti i sabati pomeriggio, e siamo arrivati ai giorni nostri.

A metà di tutto questo, un’auto con la scritta “CITTA’ DI TORINO” si ferma proprio accanto a me e alla villa pericolante. Un tizio scende, guarda con attenzione un cartello, poi esclama: “Ma minchia!! E’ comune di Grugliasco!” (lo sapevo pur io, il confine passa proprio sulla strada). Il compare, dall’auto, fa un segno di stizza. Alla fine il primo esclama “Vabbe’, facciamo lo stesso le foto, poi le mandiamo al comune di Grugliasco”. Giornata salvata.

P.S. Naturalmente, dopo essere tornato a casa, la carrozzeria mi ha richiamato per dirmi che avevano montato le gomme sbagliate, cioè due vecchie invece di due nuove che mi erano “dovute” (cioè, che potevano essere montate sulla mia auto addebitandole alla ditta di noleggio e facendo quindi aumentare il conto). Quindi dovrò fare un’altra passeggiata la prossima settimana; nel frattempo, però, per sconfiggere un po’ il cielo grigio (e per averlo promesso a Fabbrone ieri sera), ecco qui Soledad Pastorutti con la sua Tren del cielo. Viva il cielo azzurro, e viva un po’ di sano folk-rock latinoamericano; basta con la plastica stinta della musica anglosassone, e con la roba da vecchi che tira regolarmente fuori Suzukimaruti!

[tags]torino, le gru, tremonti, suzukimaruti, soledad pastorutti, musica argentina, admin, password, carrozzeria, porta littoria, passeggiate urbane, vita, cielo[/tags]

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7 commenti a “Cielo”

  1. Tizio:

    Sai che anche a me ha sempre affascinato moltissimo quell’antico podere di campagna? Ma non c’è proprio nessuna possibilità di salvarlo dalla completa rovina?

  2. .mau.:

    io mi chiedo sempre dove ti inventi quei nomi di vie.

  3. vb:

    Mica sono inventati… Semplicemente, dopo il cambio di governo, mi sono portato avanti con il lavoro e ho già rimesso i nomi italiani al posto di quelli francesi.

  4. Attila:

    Visti i chiari luna con la lega a percentuale in ognidove nel nord, dovresti riscriverle in piemontese…

  5. D# AKA BlindWolf:

    Già adesso i postini non francofoni hanno dei problemi con vie quali Rochemolles o Chambéry (addirittura via Oulx è nota anche come via Ulzio o via Lagrange/via Lagrangia).

  6. vb:

    Mica solo i postini: in radio passa continuamente la pubblicità della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo in cui l’indirizzo viene letto tranquillamente come “via ModanE”, con la E bella lunga…

  7. AlePollon:

    Buffo! Stavo ascoltando gli Intillimani (prima di aprire il tuo blog), li interrompo per sentire Soledad e gli strumenti non cambiano.
    Ho capito che questo WE andrò a fare due foto al podere.

 
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