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venerdì 11 Aprile 2008, 08:50

Povertà

Martedì sera sono uscito con amici. Siamo andati al pub; niente di che, un comune pub di periferia noto peraltro per essere buono, ma abbastanza caro (cinque euro una birra media, sette euro un piatto di pasta). Siamo arrivati presto, per cenare, ed era vuoto; ma verso le 22 non solo era strapieno di gente, ma fuori c’era un ingorgo di fuoristrada e macchine nuove abbandonate con due ruote sul marciapiede. Ed era martedì sera, in estrema periferia.

Ieri sono uscito di nuovo, in due; siamo andati a mangiare in centro. Camminando per arrivare al ristorante, abbiamo incrociato un grumo di gente, alcune decine di persone, che bloccava la via. Mentre passavamo, ho guardato e ho capito che era l’inaugurazione di una galleria d’arte o esposizione privata; era pieno di venticinquenni e trentenni dall’aria fighetta che si godevano un rinfresco. Mentre camminavo, pensavo che solo nella mia cerchia di amici conosco almeno due persone che negli ultimi anni hanno comprato o affittato un negozio, quindi uno spazio commerciale che ha un costo piuttosto elevato, e l’hanno adibito a studio / esposizione delle proprie opere di artista o professionista in erba. Naturalmente auguro ai miei amici di diventare famosi, ma per il momento non si tratta certo di persone che richiamano un business tale da ripagare queste spese: si tratta piuttosto di un desiderio personale, sovvenzionato dai genitori, che di solito, viste le scarse entrate che questo genere di attività portano finché non ci si fa un nome, sovvenzionano pesantemente anche la vita quotidiana. Ho pensato che se veramente qualcuna di queste famiglie avesse problemi di soldi, il pargolo si sarebbe cercato un lavoro meno eccitante ma con uno stipendio fisso, anche solo da commesso o call-centerista. Eppure i miei amici non sono figli di miliardari, ma di normali famiglie piccolo-borghesi.

Ovviamente, anche il ristorante alla fine era strapieno – ed era un posto dove si spendono dai trenta euro a testa in su, ed era giovedì sera.

Ho concluso che questa povertà di cui tutti parlano, per cui tutti chiedono prezzi calmierati e aumenti di stipendio per bacchetta magica statale, proprio non esiste. O meglio, esiste certamente una fascia di povertà, ma non è certo quella dei trentenni precari e mammoni o dei quarantenni e cinquantenni a stipendio fisso che si lamentano dal mattino alla sera; è quella dei pensionati al minimo che non escono di casa, o quella degli immigrati che vivono in otto in una baracca.

Gli stessi giovani che si lamentano continuamente di essere precari, poi non sono capaci di sacrificarsi e di risparmiare nemmeno mezzo euro; e se è assolutamente vero che la precarietà di oggi una volta non c’era (ma non c’erano nemmeno le opportunità che un sistema flessibile comunque crea), è anche vero che da sempre i giovani, pur di mettere su famiglia, hanno fatto sacrifici e vissuto con i soldi contati. Adesso, sembra che proporre a un trentenne di rinunciare alla Playstation 3, alla macchina fighetta, all’uscire fuori minimo tre sere a settimana, in cambio di metter su casa e famiglia, sia una lesa maestà: se provi a dirlo ti danno del reazionario.

Resta la sgradevole sensazione legata alla consapevolezza che la nostra economia è in crisi anche perché nessuno più considera accettabile sbattersi e sacrificarsi per migliorare la propria condizione sociale, ma ritiene tale miglioramento un diritto acquisito che è compito di qualcun altro garantire; e con queste premesse è facile che, più prima che poi, la dura realtà reclami il suo pegno.

[tags]economia, povertà, giovani, stipendi[/tags]

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9 commenti a “Povertà”

  1. Bruno:

    Che vuoi, VB, i giovani d’oggi non hanno voglia di fare sacrifici, non come ai nostri tempi! Allora sì che si lavorava e si studiava seriamente! La gente era più onesta e non c’erano tutti questi vini adulterati, e se rispondevi male a tua madre ti prendevi uno sberlone. Che tempi!

  2. simonecaldana:

    Bruno, di solito quando si fa questo tipo di sarcasmo si esagera in meglio sui “vecchi tempi”… tu hai dipinto la realta’ dei medesimi ;)

  3. Bruno:

    In realtà prendevo in giro soprattutto una vecchietta, mia vicina di casa, ora defunta, che faceva sempre questo genere di discorsi….

  4. vb:

    Appunto, l’ho anche scritto: se fai questo genere di discorso passi per un reazionario… Eppure non mi sembra di avere scritto nulla di falso: certamente ci sono anche giovani che fanno sacrifici, ma, per esempio, basta parlare con un insegnante per scoprire che il livello di scuola superiore e università si è abbassato e che ormai è d’uso promuovere anche gli ignoranti; e che moltissimi giovani pensano che tutto gli sia dovuto, e se non lo ottengono tendono a lamentarsi e pietire, invece di rimboccarsi le maniche ed agire. O no?

  5. Bruno:

    Ma siamo sicuri che il fatto che promuovano anche gli ignoranti sia così negativo?
    In fondo, un grande dirigente non dev’essere per forza colto… ;-)

  6. Alberto:

    Per quanto moralmente si possa trovarlo ripugnante, in genere il disagio per le mutate condizioni di vita è prevalentemente relativo, ovvero qualunque sia il mio status di partenza una diminuzione della mia ricchezza mi porta disagio paragonabile. Non ci si deve stupire quindi che un mutamento che consenta comunque ancora delle condizioni di vita più che dignitose susciti comunque disagio e lamentazioni.
    Il punto è che questo disagio porta chi vede ridotto il suo margine di guadagno a consumare, a torto o ragione, di meno e far far meno profitti quindi a chi ha un esercizio commerciale o un’azienda. Per questo a qualcuno viene in mente di far sì che guadagni un po’ di più…

  7. vb:

    Ma la cosa che osservo io, e che trovo preoccupante, è che molto spesso non calano i consumi, calano i risparmi e gli investimenti a medio-lungo termine, partendo da casa e famiglia.

    Trovo inoltre che qui non stiamo parlando di “diminuzione della ricchezza”, ma al massimo di “non aumento”: credo che i 20-25enni di oggi abbiano almeno lo stesso tenore di vita che avevamo noi dieci anni fa, e che i 30-35enni di oggi, anche se in parte proprio per la rinuncia a risparmiare e investire, abbiano un tenore di vita superiore a quello dei propri genitori pur facendo meno sacrifici… o sbaglio?

  8. Francesca:

    L’impoverimento c’e’ stato rispetto alle generazioni precedenti!
    Mio nonno era ragioniere, era impiegato e con il suo stipendio ha mantenuto moglie e 2 figli, di cui uno 8 anni a fare l’universita’ fuori sede; aveva 2 auto e ha comperato 3 appartamenti, uno per se e uno a testa ai figli.
    Io sono laureata, sono impiegata, vivo in affitto in un piccolo appartamento e una volta pagato l’affitto, il cibo e acqua/luce/gas/monnezza/condominio, non avanza gran che.
    Non mi posso permettere l’automobile, non vado in vacanza, l’unico “lusso” e’ la linea telefonica fissa a casa e l’ADSL. Di acquistare casa non se ne parla nemmeno, il computer lo ho gratis perche’ e’ della ditta per cui lavoro; certo ho qualche gadget tecnologico che i miei nonni non avevano, ma un lettore DVD costa 50 euro e non lo cambi certo ogni anno.
    Per fortuna a natale arriva la busta dei miei e cosi’ posso mettere quello e quel poco che mi avanza ogni mese nella pensione integrativa, perche’ mio nonno -morto 10 anni fa- prendeva di pensione piu’ di quanto io prendo di stipendio ora, mentre io devo sperare che i miei genitori non spendano tutti i loro risparmi in badanti e mi avanzino qalcosina per non passare la vecchiaia in miseria.
    Forse la ricchezza totale non e’ diminuita, ma la sua distribuzione certamente si.

  9. Ankou6:

    Vangelo.
    La parola giusta per descrivere questo articolo.

 
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