A bocca chiusa
Non so che cosa ne pensiate voi, ma io vorrei spendere due parole per la dipartita di un grande personaggio: Gianfranco Funari. E le vorrei spendere proprio sapendo che molti storceranno il naso, perché Funari è sempre stato considerato un arruffapopolo, un banfone, un pecoraio, un burino volgare e arricchito che si vestiva da lord inglese e girava con la Bentley, ma basava le proprie fortune, ben prima di Maria De Filippi, sulle massaie e sui tamarri che si insultavano in tivvù a colpi di luoghi comuni.
A me, invece, Funari è sempre piaciuto, proprio perché era così; perché in un Paese dove tutti sono ossessionati dal sembrare intellettuali, dal pubblicare libri che nessuno legge, dal rilasciare interviste colte che fanno addormentare e dal farsi chiamare Maestro anche se si è solo un onesto Pino Mango come tanti, lui preferiva essere popolare; usare le parole che usiamo tutti, comprese le parolacce, e non avere paura di dire le cose come stanno; e nel frattempo baccagliarsi qualsiasi femmina passasse in zona. E basare tutto su un’esperienza di vita vera, una vita che lo aveva portato a fare il croupier e il pugile e tante altre cose, prima di entrare in televisione.
Funari fu il primo epurato dell’era berlusconiana; prima ancora che scoppiasse Mani Pulite, parlò male di Craxi e fu cacciato da Retequattro; si inventò una cosa mai vista, cioè una syndication dal basso, registrandosi lui il suo programma e mandando le cassette a 75 piccole televisioni locali per farle trasmettere. Tornò e fu cacciato varie altre volte, tanto è vero che dal 1996 al 2007 non apparve più né sulla Rai né su Mediaset, se non qualche volta come ospite; si inventò il suo angolino, di nuovo sulle reti private, e lì rimase, facendo parlare chi pareva a lui, che fosse un antisistema come Travaglio o un democristiano come Rotondi. Non per queste epurazioni si mise a fare la vittima, o a pietire un posto da eurodeputato come Santoro; le prese, semplicemente, come la conseguenza necessaria della sua sincerità , che non intendeva abbandonare. Tirò quindi dritto per la sua strada, anzi andò pure a trovare Craxi ad Hammamet, per dargli del ladro a quattr’occhi e però capire qualcosa di quell’uomo, esattamente come voleva capire qualcosa delle casalinghe a cui dava la parola in televisione.
Questa è l’impressione che rimane: quella di una persona vera che amava la vita, che apprezzava la sua fortuna ma non per questo si considerava superiore agli altri, tanto è vero che adorava la sua Bentley, ma la usava per scorrazzare sul lungomare di Loano, mica quello di Porto Cervo.
Come per tutte le persone vere, prima o poi la fine arriva ed è dura; perché chi ama la vita trova sempre nuove cose da fare, e non vorrebbe andarsene. Eppure, anche se Funari se la tirava troppo poco per poter finire sui libri di storia, credo che saremo in molti a ricordarci di lui ancora per un bel po’.
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