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martedì 1 Luglio 2008, 17:26

Contabilità giudiziarie

Ogni tanto mi viene da fare qualche considerazione impopolare; deve esserci da qualche parte nella mia personalità un elemento antisociale.

Alle volte sono osservazioni innocue o semplicemente in contrasto con il segno dei tempi. Per esempio, ieri ho commentato la lettera di un genitore che si lamentava che alla sua figlia di tredici anni avessero dato troppi compiti per le vacanze; naturalmente ho suggerito che il genitore, volendo, era libero di dire alla figlia di non fare i compiti e di passare il tempo in discoteca, ma che poi non si lamentasse se da grande lei si sarebbe dimostrata scarsamente vogliosa di studiare e se come risultato fosse finita nel gorgo del precariato da call center. Come risultato, mi sono beccato una selva unanime di critiche e di lazzi, sia dai genitori di bimbi stressati, scarsamente interessati ad esercitare la faticosa autorità che gli spetta, sia dai lavoratori offesi dei call center che rivendicavano la propria assoluta professionalità e preparazione, sia dai moralisti indignati per l’insinuazione che d’estate una ragazzina di tredici anni possa andare in discoteca e magari farsi pure baccagliare (mi sa che non hanno visto Thirteen).

Tutto questo per dirvi che le recenti evoluzioni finanziario-giudiziarie della vicenda Thyssen-Krupp mi lasciano francamente perplesso. Bisogna ovviamente fare tutte le dovute premesse, cioè che nessuna cifra può restituire una persona cara di trent’anni morta in condizioni simili, e che allo stesso tempo è assolutamente giusto che le vedove e i figli ricevano una compensazione più che adeguata. Trovo quindi giusta non solo la sottoscrizione che, sull’onda dell’emozione pubblica, ha portato (si dice) diverse centinaia di migliaia di euro ad ognuna delle famiglie, ma anche la transazione con cui l’azienda ha appena versato una cifra mediamente di due milioni di euro per famiglia, in cambio della loro volontaria rinuncia a costituirsi parte civile al processo.

Credo che, se fossi stato nelle stesse terribili condizioni, avrei fatto anch’io la stessa scelta: alla morte non si può comunque rimediare, ma con due milioni di euro si può garantire un futuro agiato ai propri figli, perdipiù per famiglie operaie che non avrebbero di norma alcuna speranza di vedere nella propria vita anche solo un decimo di quella cifra.

Allo stesso tempo, è inevitabile – lo prevede la legge stessa – che la firma di un accordo di conciliazione tra le parti, con congruo risarcimento economico, attenui la posizione processuale dei dirigenti Thyssen, nonostante l’ampia quantità di fatti che parrebbero sostenere la tesi secondo cui loro sapessero perfettamente quali erano i rischi e avessero coscientemente deciso di correrli per risparmiare. E quindi, trovo incoerente accettare un assegno ieri e poi oggi presentarsi in tribunale per invocare l’ergastolo e financo (letteralmente) le fiamme dell’inferno per quelli che l’hanno firmato; ognuno fa legittimamente le proprie scelte, ma un dignitoso silenzio sarebbe stato meglio. Altrettanto triste il messaggio conclusivo del sindacalista, una cosa che suona come “ok, vi abbiamo aiutato a firmare l’accordo, avete incassato, adesso dateci la nostra parte”; triste per la richiesta di soldi, e triste per l’ipotesi sottintesa che le famiglie possano ora scappare con il risarcimento fregandosene di tutto e di tutti.

Ma forse la tristezza è complessiva, e sta in una vicenda dove sin dal principio le vite umane sono state trattate come una voce di bilancio, dove esse sono state poi sfruttate e contese a fini elettorali, e che si conclude con una ulteriore monetizzazione, con conseguenti – garbate ma evidenti – discussioni su dove vada meglio impiegato il ricavato (e non abbiamo nemmeno parlato dei tanti morti di serie B, deceduti in fabbriche meno politicizzate o in angoli meno centrali della penisola, e conseguentemente presto dimenticati dai media e dalla solidarietà). Anzi, è più che triste: è normalmente umano.

[tags]lavoro, morti, solidarietà, thyssen, torino[/tags]

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12 commenti a “Contabilità giudiziarie”

  1. Nya:

    Eh si sembra strano…ma per un incidente come quello ci sono 2 processi distinti, uno civile e uno penale.

    Quello penale non è evitabile, quello civile si, arrivando ad un patteggiamento e quindi a un accordo ( monetario) tra le parti.
    Avendo affrontato io una causa di lavoro, so bene che i sindacati chiedono il 10% ai tesserati da meno di 2 anni e il 5% dai tesserati da almeno 2 anni, e quindi sono interessati a spuntare il piu possibile. Nel mio caso mi sto ancora mangiando le mani per aver accettato il patteggiamento, perchè a me quei soldi non hanno cambiato la vita, ma una causa di lavoro cambiava la reputazione dell’azienda coinvolta ( guardacaso un callcenter)

    Poi lo so che tu hai fatto un esempio a caso sulla situazione della tredicenne poco studiosa, ma la maggioranza dei lavoratori di callcenter sono studenti universitari o gente sopra i 35 anni che nessuno assumerebbe più per altre mansioni.

  2. Elena:

    non si tratta di patteggiamento, ma di transazione, la cosa è diversa: il patteggiamento è l’accordo tra pm e difesa per la comminazione di una pena all’imputato in certi casi previsti dalla legge, mentre nella transazione la vittima dell’illecito rinuncia all’azione civile in cambio di una somma di denaro a tacitazione di ogni ulteriore pretesa. Nè va confusa l’azione penale con l’azione civile: l’azione penale è proposta dal pm nell’interesse della collettività per la comminazione di una sanzione penale in specifici casi previsti dalla legge, mentre l’azione civile è proposta su istanza della parte interessata che lamenta di aver subito un danno. Ai miei tempi il mio dominus suggeriva sempre ai clienti di accettare (o quanto meno discutere) proposte transattive (la famosa frase: “pochi, maledetti e subito” quante volte l’ho sentita!) perchè nelle lungaggini giudiziarie non si può mai sapere cosa può succedere all’azienda controparte: può fallire, ad esempio, e allora l’insinuazione nel passivo rimaneva solo una magrissima consolazione, senza dimenticare che meglio l’uovo oggi che la gallina domani, poi sta alle scelte ed inclinazioni di ognuno.

    Per quanto riguarda la questione lavoratori dei call center e ragazzine baccaglianti in discoteca: ho letto i commenti di specchio dei tempi di ieri e sono abbastanza allibita sul tono generale della discussione. Probabilmente nessuno pensa più che un po’ di sacrificio (fosse anche fare un po’ di compiti d’estate, possibile che tutti i ragazzini hanno una memoria de fero che non dimenticano nulla durante i tre mesi di vacanza?) non ha mai fatto male a nessuno, anzi fortifica i caratteri, ma so benissimo anche io di essere vetusta e demodè nelle mie opinioni.

  3. .mau.:

    deve esserci da qualche parte nella mia personalità un elemento antisociale
    Mannò!
    Comunque i callcentristi non è affatto detto che siano sottoacculturati, specie al sud dove c’è la maggior parte di loro. Mi chiedo però che diavolo ti importasse della ragazzina. (io ai miei tempi i compiti per le vacanze non li facevo mica :-) )

    Sul fatto che il processo civile e quello penale siano separati e che quella sia una transazione, hanno gia spiegato tutto Nya ed Elena: tieni anche conto che i due milioni di euro sono per famiglia, e non sono poi tanto diversi da una buona assicurazione RCA.

    Ah: come mai non hai commentato su chi è l’avvocato per la Thyssen?

  4. FRANK:

    vb: http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/cronaca/morti-in-fabbrica-spoleto/morti-in-fabbrica-spoleto/morti-in-fabbrica-spoleto.html

    @.mau.:io ai miei tempi i compiti per le vacanze non li facevo mica

    Anche io, ma non mandavo mamma e papà a giustificarmi. Per Caldana: no, ero molto più piccolo, non potevo ancora usufruire dell’abbraccio della morte come arma offensiva/difensiva.

    FRANK

  5. vb:

    Ma infatti la cosa che non capisco è che io ho detto che non studiando si può aspirare al massimo ad un lavoro precario in un call center, e tutti hanno reagito come se avessi detto che chi lavora in un call center è per forza uno che non ha studiato. Forse nelle scuole medie italiane dovrebbero fare più ore di logica :-)

  6. vb:

    Frank: In linea teorica la richiesta di Spoleto ci può anche stare: supponi di affidare a un elettricista dei lavori in casa tua e che l’elettricista per sua imperizia provochi un incendio che brucia tutto l’alloggio; tu non gli chiederesti i danni? Temo però che possa invece essere una azione studiata per cercare di scaricare la colpa, nell’ambito delle strategie processuali; non conoscendo la situazione nel dettaglio, non lo posso sapere.

  7. Lidia:

    Sulla ragazzina oberata dai compiti, caro vb, mi sono domandata pure io chi te lo abbia fatto fare di infilarti in quel ginepraio!!! Anche se non c’entro un accidenti con la tua vita e il tuo blog, mi permetto di sbirciare di tanto in tanto e spero non ti scocci.
    Comunque devo segnalare che, ultimamente, alcuni insegnanti della scuola dell’obbligo, forse frustrati nelle proprie aspirazioni professionali, hanno perso un filino il senso della misura! Dato che sono una madre molto crudele, però, ai miei figli non ho mai dato manforte nelle lamentele e poi…. beh, mi vergogno ad ammetterlo dopo le vostre confessioni, ma io, ai miei tempi, i compiti delle vacanze li ho sempre fatti. Tutti. E magari leggevo qualche libro extra.
    Vabbè, vado a nascondermi.
    Passo e chiudo. ;-)

  8. D# AKA BlindWolf:

    @vb (commento #6): la cosa assurda è che è difficile che le famiglie degli operai defunti abbiano 35 milioni per pagare i danni.

    @vb (commento #5): (a scanso di equivoci: qui ironizzo) lavoro precario in un call center? Se lo scordino, quei lavativi! Ai call center ci lavori solo dopo aver studiato duramente a Lettere o Scienze della Comunicazione… se non hai voglia di fare i compiti delle vacanze al massimo puoi fare il direttore delle risorse umane nella fabbrichetta di papà.

  9. .mau.:

    @vb (#5): se tanti laureati in Scienze della Comunicazione, Lettere, Filosofia ecc. prendono i posti di callcentristi, non rimane spazio per chi non ha studiato.
    D’altra parte, visto che lo stipendio che ti danno è uguale, per i datori di lavoro tanto vale prendere i più qualificati, no?

  10. Piero:

    Non mi vengono altre parole a commento di questa vicenda se non quelle di Gesù: “Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti”, da riscrivere in “lasciate che i morti valutino i loro morti, ma voi …”

  11. Nya:

    Ops scusate se ho fatto confusione tra patteggiamento e transazione, non sono avvocato :D solo che l’avvocato del sindacato credo avesse usato il termine “patteggiamento” per indicare un accordo del tipo: “rinuncio alla mia causa di lavoro e a ogni pretesa ora e sempre, ma in cambio tu mi dai dei soldi” …. ( vista così suona anche come “dichiarare il falso in cambio di soldi”)
    Non intendevo il patteggiamento a livello di procedura penale!

  12. FRANK:

    @Lidia: secchiona!
    Cmq, alle superiori avevo un docente di matematica, molto bravo, che non dava compiti delle vacanze. Sosteneva che non servissero a nulla. I più bravi o furbi li avrebbero fatti tutti ad inizio estate. La maggior parte non li avrebbe fatti, copiando a settembre quelli dei più bravi.
    Ma al ritorno dalla vacanze ci aspettavano due settimane da brivido, dove la memoria ti tornava per forza. Ci faceva un c… così!
    FRANK

 
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