Dormire dentro
Ieri sono andato a Roma in giornata; come spesso accade, per ottenere la migliore combinazione di orari e prezzi, ho fatto l’andata in aereo – uscita di casa ore 6:20, volo Blu-Express a 70 euro, arrivo in centro a Roma alle 10:50 – e il ritorno in treno – partenza da Termini ore 15:05, Eurostar a 60 euro, arrivo previsto a casa alle 21:10, arrivo effettivo alle 21:45 (grazie Trenitalia, e grazie anche per i dieci minuti di attesa nel tossico tunnel in discesa che porta alla stazione di Milano Porta Mai Pulita Da Quando Ci Passò Garibaldi).
Ho passato praticamente tutto il viaggio di ritorno a guardare il paesaggio dal finestrino, in parte lavorando al computer o ascoltando musica, ma senza mai perdere di vista l’esterno; è uno dei motivi per cui adoro il treno. Ho potuto così ancora una volta constatare come l’Italia sia davvero bellissima, tutta, dall’inizio alla fine. A patto naturalmente di addormentarsi per mezz’oretta mentre si attraversa Milano: ma quanto staranno bestemmiando gli abitanti della casa verdina a cui stanno costruendo a mezzo metro dal balcone un mega-cavalcavia ferroviario per l’ormai inutilissimo collegamento diretto Centrale-Malpensa?
Comunque, il resto è meraviglioso: si comincia con un pomeriggio dorato sui prati e sui campi della direttissima per Firenze, che si snodano tra le colline fino a giungere alla zona di piccoli calanchi che segna l’ingresso nella valle dell’Arno. Poi si vede Firenze, e di lì le montagne in cui la ferrovia si inserisce senza tanti complimenti, con tutta la supponenza dell’epoca fascista, fino al tragico tunnel sotto l’Appennino (cento morti sul lavoro tra incidenti e silicosi, ma un’opera che per l’epoca era fantascientifica). Poi c’è la pianura padana, un susseguirsi di campi che profumano d’estate e di aria immobile, fino a un fantastico tramonto dal ponte sul Po. Poi, dopo la mezz’oretta di dormita, ci si sveglia in mezzo ai boschi della riva del Ticino e di lì alle risaie, e infine alla corona delle Alpi.
Ebbene, con tutto questo popò di meraviglia, io ero l’unico di tutto il vagone che guardava fuori. Il signore davanti a me leggeva un romanzo giallo di Franco Cardini (per la serie “anche gli insigni storici vanno in cerca di celebrità ”). I due al mio lato leggevano Il Sole 24 Ore e Inmoto (sì, esiste una roba che si chiama così, e non ha lo spazio in mezzo al nome). La signora dall’altra parte ha telefoninato per tre quarti del tempo, e nel resto si è guardata le unghie; il ragazzo di fronte ha passato tutto il tempo a giocare col cellulare.
Non sono ben sicuro di cosa sia andato perso; se la capacità di meravigliarsi, il senso del bello, la comunione con la natura, oppure la voglia di vivere e di conseguenza la possibilità di accorgersi della vita che scorre fuori dal treno. C’è però qualcosa di molto sbagliato in tutto questo.
[tags]treno, paesaggio, italia, natura, vita[/tags]
17 Luglio 2008, 23:07
Se invece vuoi passare delle ore di noia mortale prova a percorrere in macchina le autostrade del sud della Germania (Baden e Baviera): centinaia di chilometri di boscaglia senza il minimo accenno di paesaggio (a parte qualche sporadico viadotto tra colline).
18 Luglio 2008, 03:36
Magari hanno gia’ visto il paesaggio decine di volte…
18 Luglio 2008, 09:20
Ma il paesaggio cambia continuamente, non è che dopo che l’hai visto una volta è sempre uguale…
18 Luglio 2008, 09:38
Che bel post! Come direbbe Anacleto della spada nella roccia sono pienamente d’accordo.
Che spreco, quante cose si perde la gente: di fronte alla bellezza l’unica cosa da fare sarebbe fermarsi ed aspettare che ci pervada/elevi/stordisca/trascini in un’altra dimensione.
Quando vedo al museo la gente fare le corse, mi chiedo cosa mai ci sono venuti a fare (nella vita ci son fatti che ci fanno uscire pazzi…)
18 Luglio 2008, 10:53
vivere con lentezza, ma ormai non si può più.
18 Luglio 2008, 11:13
Che cosa è la bellezza? Dire che salverà il mondo è pura retorica se quando ce l’abbiamo vicino non ce ne accorgiamo e dobbiamo andare nei musei per vederla.
E’ che siamo diventati ciechi perchè non ci accorgiamo più della poesia di ciò che ci circonda, di un fiore o di un filo d’erba, di un riflesso o dello stormire delle foglie. Noi ci piazziamo sopra capannoni, magari abusivi, una fila di tralicci o di villette a schiera e dell’armonia non ce ne frega niente, non porta allo sballo.
18 Luglio 2008, 14:01
Grazie di questo bel post.
Oggi, tornato a casa, spolvererò il tappeto sull’uscio: c’è disegnata una grande lumaca, e una grossa scritta di fianco ricorda un imperativo troppo spesso ignorato: LIVE SLOWLY.