La buona educazione
Supponete che sia da poco arrivato da voi in ufficio un nuovo collega. Viene da una famiglia umile ed è cresciuto nella miseria, ma ha faticato e ha fatto carriera, e da poco è riuscito ad abbrancare una posizione ben pagata. E’ un po’ spocchioso e primo della classe, però in fin dei conti è capace; ma non vi sta molto simpatico, un po’ perché vi conoscete poco e lui viene da un ambiente diverso dal vostro, e un po’ perché su di lui girano storie inquietanti, come il fatto che ogni tanto picchi la moglie.
A un certo punto il vostro collega annuncia di voler dare entro qualche settimana una grande festa per celebrare il fatto di lavorare ormai da alcuni mesi lì con voi e con un sacco di altra bella gente. E’ consuetudine che, un po’ a turno, qualche collega organizzi un party aziendale; certo, sulle prime alcuni storcono un po’ il naso all’idea che lo faccia questo tizio, e tra questi anche voi, ma alla fine accettate l’invito.
Dopodiché arriva il giorno della festa, e mentre voi mettete piede per la prima volta in casa sua, e lui è tutto orgoglioso di farvi vedere che bell’appartamento si è messo in piedi partendo dal nulla, voi non lo state nemmeno a sentire; mentre arraffate una birra, cominciate a gridare davanti a tutti: “Ehi, stronzo! Lo sappiamo che picchi tua moglie! Ti abbiamo fatto un favore a venire ma sei veramente stronzo!”. Poi, mangiucchiando le sue patatine, continuate a parlar male di lui con tutti gli altri, iniziando dalle foto della sua quinta elementare da cui evincete che, trent’anni fa, picchiava i compagni di classe; anzi, voi e i vostri colleghi più anziani formate un gruppetto in un angolo, isolando il padrone di casa in un angolino con qualcuno dei più giovani, e continuate a sparlarne per tutta la durata della festa, alla fine della quale, afferrando il regalino di benvenuto che lui vi ha porto all’ingresso, ve ne andate senza nemmeno ringraziare.
Ecco, questo non vi sembrerebbe un atteggiamento un po’ maleducato? Eppure è esattamente così che buona parte dell’Occidente si sta comportando con i cinesi in queste Olimpiadi: ha accettato l’invito e l’ospitalità , ma non perde occasione per offendere l’ospite.
I cinesi – tutti, dal primo all’ultimo, non certo solo il governo – vivono questa occasione come il proprio ballo dei debuttanti; il momento in cui possono dimostrare al mondo di avercela fatta, di essere riusciti a ridiventare una nazione grande e importante. Sanno che riceveranno critiche su ciò che ancora non va, ma si aspettano di ricevere con almeno altrettanta enfasi una pacca sulle spalle e un complimento per tutto ciò che sono riusciti a fare – e che è davvero stupefacente – in questi ultimi dieci anni: grattacieli, ferrovie, computer, razzi nello spazio, e centinaia di milioni di persone sottratte all’atavica miseria delle campagne per provare a costruirsi un futuro in nuove città tirate su in un attimo.
I cinesi si sentono in buona misura sotto esame; ma si aspettano che sia un esame oggettivo, non una bocciatura già pregiudicata. Invece, c’è il rischio che, dal loro punto di vista, gli ospiti occidentali si rivelino antipatici e prevenuti, lasciando in loro l’impressione duratura che siano irrimediabilmente stronzi e un po’ barbari proprio come, in Asia, si dice da decenni.
Tanto più che tutto questo accade a fronte dell’amico Putin che durante la cerimonia di apertura manda tank e bombardieri sulla confinante Georgia: e non una autorità occidentale che abbia detto mezza parola, non una bandierina o un girotondo a Piazza di Spagna. Tutti troppo occupati a essere maleducati coi cinesi?
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