Contrattempi
Ieri era il giorno delle visite: infatti, il progetto per cui sono qui è legato anche allo studio della lotta all’AIDS e dell’accesso ai medicinali, e così ogni tanto mi aggrego al gruppo che va a incontrare chi lavora sul campo.
L’inizio di mattinata, però, va raccontato perché è molto indicativo di come funziona la vita in Africa. Infatti, dovevamo alzarci, prendere la macchina parcheggiata sotto casa, guidarla per due-isolati-due fino all’ufficio, dove l’autista nero doveva prenderla in consegna e portarci tutti alla prima visita.
E invece, ci siamo alzati, siamo scesi (ieri mattina funzionava addirittura l’ascensore), abbiamo preso la macchina, e immettendoci da bordo strada nel caotico traffico di Maputo abbiamo centrato col nostro fuoristrada una vecchia berlina verde che ha stretto di colpo; nulla di grave, data la velocità minima, ma un copricerchione è saltato per aria ed è rimbalzato in giro. Ci siamo fermati, abbiamo contato i copricerchioni delle due auto, e ce n’erano quattro per ognuna: abbiamo concluso che o quello volato via era stato frutto di magia, oppure era lì abbandonato per terra in mezzo alla strada e in realtà non ci eravamo toccati.
Fatti i due isolati, siamo arrivati all’ufficio; lì ci hanno detto che c’era un po’ di casino perché il giorno prima erano andati a rubare in casa a uno degli italiani che lavorano lì; l’inferriata che proteggeva l’ingresso era rotta da settimane e non era mai stata riparata dai padroni di casa, e comunque si sospetta che siano state le guardie del palazzo. Hanno portato via un computer e un proiettore, e l’ultimo backup era di dicembre: costernazione.
Quindi, uno dei due autisti dell’ufficio era stato mandato a riparare la porta di casa del derubato; l’altro doveva essere lì per noi, ma non c’era perché, secondo le segretarie, era andato un attimo a trombare. Non scherzo: l’autista è un gran bel ragazzo, quindi quasi tutti i giorni, stazionando davanti all’ufficio, rimorchia una tipa per strada, si appartano, trombano un po’ (non so dove, onestamente) e poi lui torna in servizio.
Pertanto, con già mezz’ora di ritardo, siamo partiti noi, due donne bianche e il sottoscritto a proteggerle, per andare in uno dei bairro lontani. Per fortuna il posto che cercavamo non era tra le casupole del bairro, ma sulla strada principale che collega Maputo al nord del paese, quindi non era pericoloso arrivarci. Però ci è andata bene, anche perché siamo riusciti ad evitare i posti di blocco della polizia: non avevamo gli specchietti (li hanno rubati tre giorni fa dalla macchina parcheggiata) e ciò, almeno per i bianchi, è causa di multa immediata; dovevano essere sistemati dall’autista di cui sopra, ma avete capito che non è molto affidabile.
Andando via, abbiamo chiesto se serie così di imprevisti accadevano spesso: la risposta di chi vive qui è stata “tutti i giorni, basta farci l’abitudine”.
P.S. Il posto dove siamo andati è un ospedale rionale per malati di AIDS realizzato e gestito dalla Comunità di Sant’Egidio, con fondi donati da alcune ONLUS torinesi. Gli stessi abitanti del posto dicono che, fatta 1 la quantità di aiuto concreto fornita contro l’AIDS dall’apposita agenzia ONU finanziata dai contribuenti mondiali, quella fornita da Medici Senza Frontiere è tipo 5, e quella fornita da Sant’Egidio è tipo 100. Sapevatelo.
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