L’autovelox è nudo
È nota la mia scarsa simpatia per i limiti di velocità troppo bassi, tipicamente messi per due ragioni – il desiderio di far cassa con le multe e l’avversione ideologica della sinistra radicale all’auto privata, in quanto simbolo borghese da punire – che non hanno nulla a che fare con la sicurezza stradale, la lotta all’inquinamento e la scorrevolezza del traffico.
Per molto tempo mi sono sentito un po’ isolato, di fronte ad assurdità cosmiche (come l’idea di mettere un limite di velocità a 30 km/h in un intero quartiere, viali compresi) che pure trovavano qualcuno talmente imbevuto della suddetta avversione ideologica da essere pronto a giustificarle. Questi giorni, però, sono stati pieni di soddisfazione.
Prima si è scoperto che tutti, ma proprio tutti, gli autovelox del Nord Italia sono gestiti tramite quelle che gli stessi inquirenti hanno definito “associazioni a delinquere”: due o tre ditte che non solo fanno contratti “chiavi in mano” a percentuale con i Comuni – con l’incentivo per tutti a regolare semafori e a definire limiti in modo che sia praticamente impossibile rispettarli senza impazzire – ma che “ricompensano” sindaci e vigili mediante assunzioni di parenti o vere e proprie mazzette; e poi, pare, taravano pure male gli autovelox in modo da barare.
Poi, il capolavoro: un sabato di “follia” – così lo chiama La Stampa – con mezza città in tilt per questo incidente:
Notate niente? Io sì: la cisterna si è ribaltata praticamente sotto il famigerato autovelox di corso Regina, quello che impone i 70 orari nel mezzo di quello che è in pratica un raccordo autostradale, e che ha staccato decine di migliaia di multe in pochi mesi. Chissà se l’autovelox c’entra qualcosa?
E’ probabile che non lo sapremo mai; bisognerebbe conoscere la dinamica dell’incidente. Magari la cisterna era sotto i limiti ma andava comunque troppo veloce, o l’autista ha avuto un colpo di sono. Magari, però, la cisterna non è riuscita a cambiare corsia, operazione che ormai è quasi impossibile tra tre file di auto tutte in lento movimento, oppure ha inchiodato per non tamponare quello davanti che ha rallentato a 60. Oppure il traffico si è incasinato per via di qualcuno che cercava di immettersi dallo svincolo che vedete sulla sinistra della cisterna: infatti, nelle ore di punta immettersi su corso Regina da via Pietro Cossa o corso Marche è diventato quasi impossibile, visto che le auto vanno troppo lentamente per lasciare strada libera per un tempo sufficiente. Oppure, ancora peggio, il guidatore della cisterna ha inchiodato di colpo accorgendosi all’ultimo dell’autovelox e temendo la multa (e ne ho visti vari fare questa manovra in quel punto, passando in pochi metri da 110 a 70); in questo caso ovviamente la responsabilità è la sua, ma senza l’autovelox paradossalmente l’incidente non sarebbe successo.
Un limite di velocità – o una qualsiasi regola sociale – dovrebbe essere naturale; dovrebbe servire a punire quel 5 – 10 per cento di indisciplinati e incoscienti che statisticamente esiste in qualsiasi attività umana. Se invece la regola è tale per cui la maggior parte delle persone si troverebbero in fallo se agissero in modo normale, allora c’è un problema con la regola, che o finisce per essere disattesa col tacito accordo di tutti e infine abolita, o richiede costi mostruosi per essere fatta rispettare. Questo vale per molte cose, dal divorzio allo scaricamento di file da Internet, e vale anche per i limiti di velocità .
Io sono assolutamente a favore degli autovelox e di un rispetto pignolo delle regole, ma dopo che le regole sono state rese rispettabili e tali da rispecchiare il sentire comune, e non quando le regole sono disegnate apposta per vessare le persone. Noi, purtroppo, siamo ancora pieni di politici vecchio stampo, quelli che vengono da una formazione ideologica; e l’ideologia altro non è che la pretesa di insegnare al mondo a girare nel verso opposto, con uno sforzo tanto immane quanto inutile. Spiace notare che l’assessore al traffico Sestero ancora non l’ha capito.
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