Noi che non capiamo l’arte pubblica
Mi scuserete se in questo periodo parlo quasi sempre di Torino, ma alle volte saltano fuori delle storie allucinanti, che dicono bene quanto in basso siano cadute le nostre istituzioni.
Tutto comincia quando ieri, su Specchio dei Tempi, una lettrice segnala indignata che sabato pomeriggio, con il centro pieno di gente per la fiera libraria per le vie, “una decina di giovani ha pensato di scalare il “Caval ‘d Bronsâ€.”, il massimo monumento cittadino già tante volte in passato danneggiato da vandali di vario genere. La lettrice prosegue raccontando di avere chiamato i vigili, e che questi invece di intervenire si sono messi ad applaudire e godersi lo spettacolo.
Oggi, con un tempismo degno di migliori cause e ovviamente del tutto spontaneo, compaiono non una ma due repliche degli amministratori cittadini.
La prima è del comandante dei vigili urbani Mauro Famigli, che spiega che, sì, i vigili non hanno fermato né multato quelli che sono saliti sul monumento, però li hanno “stigmatizzati”: si sono messi sotto e hanno gridato “cattivi! dai, scendete… su, per favore… dai, venite giù…” Infatti non erano comuni vandali come pareva a tutti, ma “artisti di strada”, cioè gente che – non avendo evidentemente nient’altro da fare – passa il tempo a esibirsi ai semafori in cambio di elemosine, imbrattare i muri cittadini di graffiti e ora anche insudiciare i monumenti: basta mettersi un naso rosso e il Comune ti autorizza a fare qualsiasi cosa. E ti paga pure!
Dopo questa bella letterina del capo dei vigili (il cui stipendio è di 175.000 euro l’anno: se ci ha messo mezz’ora a scriverla, ci è costata 50 euro) scrive anche l’assessore alla Cultura Fiorenzo Alfieri, dicendo “torinesi cattivi! smettetela di salire sul monumento!”. Noi? Ma se gli unici che ci sono saliti li ha assunti e pagati lui finanziando la manifestazione! E in più chiude dicendo che, se la cosa si ripete, bisogna chiamare i vigili, gli stessi che dalle lettere precedenti si sa che non sono intervenuti! Ma ci prende per i fondelli?
E così, l’immagine pubblica dei chiamparinchi è salva: con la collaborazione de La Stampa (e ho anche il dubbio che qualcuno, per aver pubblicato quella lettera, sia stato cazziato) la frittata è stata prontamente rigirata per dimostrare che in realtà siamo noi, i torinesi, che vogliamo male alla nostra città e ai nostri monumenti; mica loro che, con i loro stipendi di giada pagati da noi, decidono di pagare qualcuno per salirci sopra (sempre con i nostri soldi) perché “è una forma d’arte”. E poi magari si lamentano pure che qualcuno vuole tagliare i miliardari budget cittadini della cultura…
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