Cinici e cinesi
Hanno suscitato un certo scalpore, in giro per il mondo, le immagini del processo agli industriali caseari cinesi responsabili dello scandalo del latte alla melammina, conclusosi ieri con due condanne a morte, una terza tramutata in ergastolo, e altre pene esemplari:
(potete anche leggere una selezione delle fonti italiane, di cui naturalmente una parte parla di latte alla melamina e la grande maggioranza di latte alla melanina).
Le immagini che hanno fatto scalpore, però, non sono quelle della condanna, ma di ciò che accadeva fuori: i genitori dei bambini colpiti che protestavano con cartelli davanti al tribunale. In termini cinesi, la loro era una protesta durissima: stavano fermi lì, organizzati in forma quasi regolare, sorreggendo dei cartelli nel modo più ordinato possibile (tenere i cartelli ad altezze diverse e non allineati sarebbe una mancanza di simmetria e di ordine, istintivamente repulsiva per un gruppo di cinesi). Per gli standard cinesi, è un evento: naturalmente è impensabile che questi marcino per le strade (perdipiù non irreggimentati a passo da militari) o gridino slogan ad alta voce, come sono abituati a fare i licenziosi occidentali; ma l’esistenza stessa di una protesta, nonché il fatto che venga ripresa dalle telecamere, è molto significativa.
E’ probabile che questa protesta sia stata permessa perché bisogna mostrare agli occidentali che la Cina prende lo scandalo del latte sul serio, e fa di tutto perché non si ripeta mai più. Comunque, resta un evento; un indizio che la Cina, piano piano, si sta occidentalizzando o che perlomeno sente la pressione del mondo in tal senso.
A questo proposito, siete liberi di scegliere se preferite un paese dove uno che coscientemente inquina il latte in polvere invalidando e uccidendo decine di bambini viene messo a morte, o un paese dove uno del genere sarebbe condannato a massimo una decina di anni di carcere, scontati di un terzo per il patteggiamento, poi beneficerebbe di una buonuscita, di un indultino e di ulteriori sconti per buona condotta, e dopo pochi anni sarebbe fuori; un paese dove, anche se a forza di fiato sul collo, le telecamere riprendono una protesta, o un paese dove (visto ieri sera zappando al TG1) nominano come gestore supremo dei musei nazionali l’ex grande capo di McDonald’s Italia, dopodiché gli danno tre minuti nel momento di massimo ascolto sul principale telegiornale pubblico per dire quanto sarà bella la managerialità applicata ai beni culturali, senza contraddittorio e con un giornalista che invece di fare domande chiosa tra l’una e l’altra, ad esempio così: “Ricordiamo ai nostri telespettatori che in Spagna il museo Guggenheim è la prima industria della città ” (si è dimenticato di dire quale città , ma ai fini dell’indottrinamento è irrilevante).
Io, personalmente, preferirei una via di mezzo; ma il confronto è sufficiente per trovare il trattamento che i media italiani riservano alla Cina magari anche giustificato, ma soprattutto cinico.
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