Non solo lettere
Stamattina mi sono recato nel centro ricreativo per anziani di via Foglizzo, quello con le insegne gialle con scritto Poste Italiane. Dovevo mandare una raccomandata; prima ho provato con il centro di via Stradella, ma ho scoperto che l’hanno chiuso, anche se ho riconosciuto agevolmente le vetrine in cui stava perché erano affollate di anziani che ci giravano attorno maledicendo la novità e non capacitandosi della chiusura, anzi alcuni continuavano a sbattere a ripetizione contro la porta di vetro inopinatamente chiusa, sperando che prima o poi si aprisse.
Anche in via Foglizzo, comunque, entrare non è uno scherzo; ci sono due bussolotti di vetro in parallelo come quelli delle banche, su ognuno dei quali campeggia una lucetta verde e un pulsante. Tuttavia, quello di sinistra è rotto e dunque ne resta in funzione uno solo. Tutti quelli che arrivano, trovandosi di fronte la porta chiusa, premono il pulsante per aprire; e invece no, il pulsante serve per chiedere assistenza ad una impiegata all’interno (comunque non risponde mai nessuno). Sui bussolotti campeggiano dunque due o tre cartelli fotocopiati con scritto “ENTRARE MAX DUE PER VOLTA SENZA PREMERE ALCUN PULSANTE”: bisogna avvicinarsi e attendere qualche secondo perchè una telecamerina noti la tua presenza e ti apra la prima porta, poi entrare, attendere la chiusura e poi l’apertura dell’altra porta, per poi venire travolti da quelli che devono uscire. L’unico bussolotto funzionante serve infatti a doppio senso, e il tutto è talmente lento e macchinoso che si formano code anche di una decina di persone sia all’interno che all’esterno: ottima progettazione, come ha espresso un tizio – grosso, tamarro e sfoggiante portachiavi della Juve – che non solo ha premuto ripetute volte il pulsante senza mai capire, non solo si è infilato nel bussolotto con due vecchietti spiaccicandoli tutti che poi han dovuto pulire, ma giunto all’interno ha fatto partire una sfilza di “minc**a zio fa’” che ha fatto rivoltare tutti i santi.
Ad ogni modo, ho preso il mio bigliettino alle 11:49 e mi sono accomodato davanti all’unico sportello dedicato alla spedizione di missive… in realtà erano due, ma in quello a fianco un’impiegata stava magnificando i pregi di un libro per bambini ad una incantata potenziale cliente; ormai potrebbero tranquillamente cambiare l’insegna in “Non solo lettere”. L’unico sportello era occupato da un tizio alto in polo elegante, che parlottava con l’impiegata sventolando dei fogli. A un certo punto l’impiegata è sparita per un periodo lunghissimo, e poi è tornata con un’altra; ero già lì da un quarto d’ora e così, con la solidarietà tipica dei dannati persi nelle code degli uffici privatopubblici italiani (pubblici come copertura dei costi, privati come distribuzione dei ricavi), mi sono messo a sentire la storia.
In pratica, il tizio era un avvocato che l’8 aprile aveva fatto spedire un qualche documento minatorio alla controparte di un suo cliente; la controparte ora sosteneva di non averlo mai ricevuto, e a lui mancava la prova della ricezione o del mancato recapito. Insomma, alla fine era alla ricerca di una cartolina di ricevuta postale di quattro mesi fa; a nessuna persona normale sarebbe mai venuto in mente che le Poste fossero in grado di collaborare, ma lui no, insisteva che qualcuno doveva avercela e che qualcosa doveva essere successo e che qualcuno doveva pur rispondere di quanto accaduto. Le ora due signorine lo gestivano in coppia (forse una pensava e l’altra parlava), ma rispondevano di aver perquisito l’archivio cartaceo dell’ufficio e di non aver trovato nulla.
Dopo circa venti minuti dall’inizio la coda era ancora bloccata, anche perché l’impiegata al secondo sportello teoricamente riservato alle operazioni postali stava ora magnificando ad un’altra cliente il libro-diario “Io sono nato!”, su cui ogni genitore dall’autostima concentrata sul proprio cucciolo potrà annotare dati imperdibili come l’altezza e il peso giorno per giorno, e incollare le foto del pargolo nonché quelle della mamma e del papà in posizioni buffe, impegnate o anche devastate dalla stanchezza. Il marketing pitch verteva sull’ampia disponibilità di spazio del diario, che conteneva pagine per arrivare fino a sei anni (anche se, per gli standard attuali, dovrebbe arrivare almeno fino a trentasei); comunque, alla fine sono finite a discutere dell’organizzazione dei matrimoni delle rispettive figlie.
A questo punto dunque al mio sportello è arrivato il direttore, che con piglio marziale ha esclamato “Consultiamo ‘o regolamento!”, estraendo da un armadio metallico un grosso faldone contrassegnato dalla scritta “DIRETTIVE POSTALI”. In tre, ignorando completamente la coda di almeno una decina di numeri accumulatasi nel frattempo, hanno cominciato a scartabellare, fino a trovare una procedura grazie alla quale “‘o terminalo” ha scoperto che la notifica in questione era stata respinta al mittente e regolarmente riconsegnata allo studio dell’avvocato in data 12 maggio, con tanto di firma sulla ricevuta in mano alle Poste.
E così, alle 12:15, dopo aver tenuto occupato lo sportello per oltre mezz’ora e dopo vari altri minuti di suo arrampicamento sugli specchi, l’avvocato è stato rispedito indietro a cercarsi le carte sue a casuccia sua, e sono stati chiamati i numeri successivi; e dato che tutti quelli prima di me avevano già desistito, io sono stato il primo.
Poteva finire così? Può forse finire così? Certo che no! Infatti io ho consegnato la busta e i miei moduli debitamente compilati; l’impiegata reduce dall’avvocato la pesa e mi fa “Farebbe 5,35 euro, ma guardi che se vuole con 5 euro può fare la nuova raccomandata uno!”. A questo punto mi sono reso conto di essere caduto nell’orribile trappola, e che anche io sarei stato vittima di un marketing pitch; anzi ho pensato che tutti gli impiegati dell’ufficio si sarebbero fermati e poi all’unisono, allargando le braccia in posa divertente, avrebbero gridato “RACCOMANDATA – UNO!”. Invece no, l’impiegata si è limitata a spiegarmi che Raccomandata Uno è il nuovo prodotto di Poste Italiane grazie al quale le lettere arrivano in tutta sicurezza; in altre parole, la raccomandata normale viene persa o inserita in un girone infernale di avvisi di ritiro presso l’ufficio postale di Timbuctù, mentre questa la consegnano anche. L’unica differenza però è che non c’è la ricevuta di ritorno (che a me stavolta non serviva), a meno di non pagare altri 4 euro “però in offerta 3 euro fino al 31 dicembre”; in compenso c’è la ricevuta fiscale “che può anche scaricare” (occhiolino).
E cosa dobbiamo fare? Facciamo la raccomandata uno: al che la signorina, rallentando ulteriormente l’operazione, si mette a ricopiare i dati di mittente e destinatario dal modulo raccomandata normale al modulo raccomandata uno (mica vorrai digitarli su un computer…). Poi infila un foglio nella stampante per preparare la ricevuta, e lì ovviamente la stampante si inceppa; al che l’impiegata sospira ed estrae un librone di fogli staccabili, con il quale si mette a compilare da perfetta amanuense (cioè con calligrafia illeggibile) una intera fattura ricamata a mano; ce l’ho qui con me e a chi vuole la faccio anche vedere. Per cinque euro, la produttività è assicurata; ma io, dopo soli 38 minuti, sono riuscito a spedire la mia raccomandata.
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