Sky
Vittorio vb Bertola
Affacciato sul Web dal 1995

Gio 26 - 20:35
Ciao, essere umano non identificato!
Italiano English Piemonteis
home
home
home
chi sono
chi sono
guida al sito
guida al sito
novità nel sito
novità nel sito
licenza
licenza
contattami
contattami
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vecchi blog
vecchi blog
personale
documenti
documenti
foto
foto
video
video
musica
musica
attività
net governance
net governance
cons. comunale
cons. comunale
software
software
aiuto
howto
howto
guida a internet
guida a internet
usenet e faq
usenet e faq
il resto
il piemontese
il piemontese
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
software antico
software antico
lavoro
consulenze
consulenze
conferenze
conferenze
job placement
job placement
business angel
business angel
siti e software
siti e software
admin
login
login
your vb
your vb
registrazione
registrazione
giovedì 17 Settembre 2009, 15:27

Che la guerra continui

Oggi, con quello che è successo a Kabul, è un momento particolare per parlare di guerra.

Io credo nel pacifismo e nel ripudio della guerra, nella riconversione delle spese militari, e anche nel fatto che le attuali “missioni di pace” siano funzionali a un modello politico-economico colonialista, basato sulla crescita indefinita e insostenibile del PIL, e siano dunque decise soprattutto in base agli interessi economici; sono molto fiducioso sul fatto che la decrescita possa portare pace.

Tuttavia, credo che la posizione che rifiuta l’uso della forza militare sempre e comunque sia ipocrita: senza l’uso della forza oggi saremmo tutti nazifascisti. Dubito molto che l’autodifesa nonviolenta, a fronte dell’invasione da parte di un esercito nemico o di una guerra civile in corso, possa vincere da sola: dunque ci sono delle condizioni in cui un esercito è necessario.

Ricordo la posizione di un grandissimo europeo quale fu Alexander Langer, certo non tacciabile di militarismo, quando andò a vedere Tuzla dopo la strage e ne tornò con il grido di denuncia dei bosniaci, “siamo attaccati da un regime nazionalista che ci vuole sterminare e voi europei non fate nulla, dunque siete loro complici”. Lui lo sottoscrisse e invocò l’intervento armato dell’ONU, e per uno che aveva diretto Lotta Continua e fondato i Verdi ed era divenuto leader riconosciuto dei primi movimenti ecologisti e pacifisti d’Italia fu una posizione difficile, che lo portò all’isolamento e che forse fu una delle cause del suo suicidio. Ma sono profondamente convinto che avesse ragione.

Dunque credo che rifiutare per principio qualsiasi uso delle armi sia una posizione semplicistica, talvolta addirittura egoista, che per evitare di affrontare il dilemma scomodo – esistono condizioni in cui l’uso della forza è il male minore? – abbandona al loro destino interi popoli. E credo che una volta che si sono spedite delle truppe dall’altra parte del mondo – truppe scelte sì, magari anche con qualche esaltato, ma in generale fatte di persone che lo fanno come lavoro, talvolta per mancanza di alternative, spesso anche con grande convinzione sul valore positivo della loro missione – sia doveroso non abbandonarle al loro destino: ogni appello al ritiro in queste condizioni è una coltellata alle loro spalle, e incita gli attentatori ad altri attentati, perché dà ad essi la speranza di poter vincere il conflitto in questo modo.

Abbandonare intere parti del mondo nelle mani di una cultura profondamente antidemocratica e autoritaria come quella integralista islamica – quella in cui i genitori ammazzano le figlie perché frequentano un non musulmano – mi sembra una idea ributtante, nonché un modo per preparare conflitti più grandi per il futuro, esattamente come successe quando l’Europa, per evitare lo scontro, non reagì alle prime annessioni del nazismo.

Ricostruire un mondo pacifico al posto di un mondo di conflitti è una impresa che richiede cambiamenti profondi nel modo di pensare, dunque richiede molte generazioni; richiede anche dialogo, integrazione, la costruzione di una cultura profondamente rispettosa delle diversità di tutti. Ma non può tradursi nel rifiuto delle responsabilità, anche militari, che toccano ai paesi più sviluppati. Probabilmente in Afghanistan non ci dovevamo andare, forse si poteva ottenere qualcosa con la diplomazia e con più pazienza – del resto molti regimi autoritari si stanno democratizzando quasi (quasi!) senza uno sparo, come la Russia e la Cina. Eppure non penso che possiamo permetterci da subito di rifiutare per principio qualsiasi uso delle armi: sarebbe una posizione bella, appagante per noi e per le nostre coscienze, ma irresponsabile per persone che, come chi fa parte del movimento di Grillo, potrebbero trovarsi prima o poi ad avere responsabilità pubbliche.

[tags]guerra, pacifismo, crescita, pace, onu, afghanistan, bosnia, langer, grillo[/tags]

divider

13 commenti a “Che la guerra continui”

  1. mfp:

    Non ho idea di quale sia la situazione (reale? realisticamente?) in Afganistan, temo soltanto che quell’operazione sia stata irrimediabilmente compromessa dal fatto che e’ partita in un clima sbagliato, da mani sbagliate, nel modo sbagliato, con movente sbagliato, e condita da troppe cazzate. Prima ce ne andiamo da li’, meno manipolazioni facciamo su quel territorio, meno tempo ci vorra’ poi per appianare la porcata agli occhi della popolazione locale; e ovviamente prima loro avranno un problema in meno di cui discutere (“lo straniero occupante”). Oltretutto a quanto ho capito i giapponesi ci hanno appena soffiato una grossa “commessa di ricostruzione” li’ in Afganistan, quindi anche a voler essere cinici… non abbiamo neanche un movente economico per stare li’ (ma, cinismo a parte, ho sempre sostenuto il ritiro immediato). Non si tratta di pacifismo; si tratta di prendere atto di 10 e piu’ anni di politica estera fallimentare. Invece di perseverare nel fallimento. Pensi sul serio che 4 anni di guerra cambino la cultura locale?

  2. raccoss:

    Usare “democrazia” e “Karzai” nella stessa frase è una figura retorica. Stiamo sprecando tempo e risorse per difendere una figura retorica.
    Tanto per fare un paragone, Karzai è un inciucione alla Mastella, se non di più. Eletto grazie a manipolazioni e brogli, il suo castello di “alleanze e amicizie” si sta avvitando su se stesso. Con la popolazione sempre più insofferente che si trova i talebani e gli americani come l’incudine e il martello.
    Si, fermarsi all’infinito mi sembra proprio la cosa più giusta da fare.

  3. raccoss:

    NO, Mfp, i giapponesi ci hanno appena soffiato i pozzi di petrolio di Nassiriya

  4. vb:

    Nessuno ha detto che ci si debba restare all’infinito. In teoria ci si dovrebbe restare fino a quando non ci sarà una situazione di pace almeno passabile; arrivare al livello di elezioni un po’ pasticciate ma svoltesi in pace e senza bombe qua e là sarebbe un buon obiettivo.

    Tuttavia, ritirarsi di corsa dicendo “toh, ci siamo sbagliati, ci stiamo cagando sotto e in fondo ci chiediamo chi ce l’ha fatto fare, dunque noi andiamo eh, mo’ sono tutti cazzi vostri” sarebbe indegno di un paese serio (sempre tornando al discorso dei paesi seri già fatto in passato).

    E comunque, se se ne deve parlare, perlomeno si abbia quel minimo di rispetto da non farlo con i cadaveri dei nostri soldati ancora lì da seppellire.

  5. raccoss:

    Aspetta e spera, Vittorio. Aspetta vah.

  6. raccoss:

    Per brevità linko il post di Leonardo sperando che i grillini che andranno al potere abbiano una visione internazionale più simile alla sua.

  7. rccs:

    http://leonardo.blogspot.com/2009/09/il-segno-di-una-resa-indelebile.html

  8. Piero:

    La guerra la fa chi ha paura della morte, chi non crede nel futuro, chi non crede nell’uomo e in definitiva torniamo sempre lì: chi non crede in Dio. Fare la guerra è una contraddizione nei termini.

    Condivisibile quando dici: “Ricostruire un mondo pacifico al posto di un mondo di conflitti è una impresa che richiede cambiamenti profondi nel modo di pensare, dunque richiede molte generazioni; richiede anche dialogo, integrazione, la costruzione di una cultura profondamente rispettosa delle diversità di tutti.”

    Discutibile invece quando dici: “Ma non può tradursi nel rifiuto delle responsabilità, anche militari, che toccano ai paesi più sviluppati.”

    Se vogliamo costruire una cultura profondamente rispettosa delle diversità altrui, a mio avviso, non possiamo accettare l’uso del mezzo militare per imporre ad altri una cultura che a noi ci pare più rispettosa o più sviluppata.

    Ciò non significa sottrarsi alle proprie responsabilità di giustizia o difesa del più debole, altrimenti si dovrebbe fare la guerra anche nei confronti di chi, per esempio, abortisce o di quei paesi che legalizzano l’aborto credendo di essere più sviluppati, perché l’aborto, dal mio punto di vista, è un crimine come tanti perpetrato dal più forte nei confronti del più debole.

    Chi ti dice che paese che legalizza l’aborto o l’eutanasia è culturalmente più sviluppato di un paese che invece condanna a morte chi commette un adulterio o un omicidio?

  9. Alberto:

    Sono d’accordo con te sul fatto che sarebbe ridicolo andarsene con la coda tra le gambe come qualcuno anche all’interno del governo propone oggi. La perdita di vite umane è un prezzo da pagare per qualunque missione militare, indipendentemente dai suoi esiti e va messa in conto.
    Il problema è a monte, cioè nell’efficacia dello strumento, nell’idea che quello militare sia uno strumento attraverso il quale sia davvero “esportare la democrazia”. L’opzione militare va benissimo in scenari nei quali devi semplicemente separare due contendenti come in Bosnia e bene facemmo in quello scenario ad intervenire.
    L’opzione militare invece è del tutto inefficace per modificare un sistema politico in senso democratico. Per far nascere la democrazia sono necessarie una serie di premesse socioculturali che nessun esercito può costruire e che anzi più difficilmente si sviluppano in un contesto militarizzato.
    Oggi ci ritroviamo con l’alternativa tra tornarcene a casa lasciando sul campo tante vittime inutili o restare a combattere per una causa persa. Forse ci sarebbe una terza alternativa che è quella di mettere in piedi qualcosa di simile ad un Piano Marshall che accompagni un lento e faticoso processo di sviluppo di quell’area. Questo presupporrebbe però l’esistenza di una classe politica illuminata che sappia condurre la propria linea d’azione su strade che sono molto diverse da quella che segue l’emozione popolare o l’orgoglio nazionale ferito. Direi che da Bossi e da La Russa non possiamo aspettarci nulla di tutto ciò, ma qui andiamo fuori argomento…

  10. vb:

    Ma infatti: è indubbio che promuovere cambiamenti culturali con le armi sia, oltre che moralmente inaccettabile, anche inefficace; le armi servono in casi estremi, dove sono appunto il male minore.

    Vorrei però sottolineare che non sono affatto d’accordo con il relativismo culturale imperante, secondo cui qualsiasi cultura è per definizione accettabile perché c’è gente che la abbraccia. Non sono nemmeno d’accordo con Piero però sull’emettere giudizi etici su fatti personali come l’aborto e l’eutanasia (autogestita). C’è una riga ben chiara che va tirata: tutti i comportamenti che non danneggiano la convivenza civile e pacifica vanno tollerati, tutti quelli che la danneggiano vanno impediti. Dunque vanno vietate, se necessario con la forza, quelle parti di alcune culture islamiche che rendono impossibile la convivenza civile, mentre vanno non solo tollerate ma difese le altre. Chiaramente “dove porre la riga” è una operazione comunque incerta, ma su questo credo che abbiamo parecchio da imparare dai francesi, nonostante gli incendi delle banlieue, e dagli stessi inglesi.

  11. mfp:

    Ah… VB, pure io vorrei che la cultura fosse una sola, e fosse la mia, pero’ ne esistono tante altre indipendentemente dal mio metro (con cui le giudico accettabili e non accettabili). Esistono. Vorrei non essere d’accordo… ma per non essere d’accordo col fatto che esistono, bisogna prima cancellarle; oppure, semplicemente, farsele andare bene senza dare nomi aulici (“anti-relativismo culturale”) a pensieri poco nobili (“credi in dio? No? Bum… morto”, “credi in dio? Si? E credi nel mio dio? No? Bum… morto”). Guarda ad esempio Piero: tempo fa parlando del Vangelo ha scritto qualcosa come “e’ il miglior Manuale di vita possibile”; accecato dalle sue credenze ha cioe’ invertito causa ed effetto… “galeotto fu il libro e chi lo scrisse”… li’ dove il Vangelo sembra funzionare e’ perche’ esistono tante persone che lo applicano, cioe’ che si omologano ad un set di comportamenti atti a garantire al Clero la sua missione terrena (ie: perire nel tentativo di conquistare il mondo per avere “la sorte, l’eredita’” in premio nel mondo dei cieli; cfr. etimo Clero), non perche’ il libro (ie: quella cultura) e’ efficace. E’ successo ad esempio con un libro per smettere di fumare, scritto da un grande affabulatore, che un paio di anni fa andava molto… suggestione… misticismo. Come e’ anche Lo Stato. Un concetto mistico. Anch’esso utile a proliferare, ma mistico. La figura giuridica massima che racchiude tutte le altre (teoricamente; a parte cioe’ il Vaticano e altri paradisi fiscali vari, la corruzione, e l’evidenza che Lo Stato non racchiude tutte le risorse naturali e umane necessarie e sufficienti). Una cloaca di creature di fantasia insomma; un secchio della spazzatura dove raccattare di tanto in tanto i lampi di genio del caos. Che funziona solo li’ dove c’e’ qualcuno che applica il relativo manuale (ie: la Costituzione e via dicendo). Insomma, non ho idea di quali siano le “parti di cultura islamica che rendono impossibile la convivenza civile”; pero’ per esempio conosco quelle cattoliche e quelle statali… (cfr. etimo di Clero; nota in particolare cosa e’ cambiato dal vecchio al nuovo testamento)

    E non sono da meno. A me, la cosa che innesca dispiacere per i soldati morti non e’ tanto il fatto che sono morti (non li conoscevo; la mia vita non cambia di una virgola)… in guerra ci sono andati coscienti, ci sono andati pagati, ci sono andati… ma che siano morti invano. Per misticismo di gente DROGATA di politica sterile, che ha vissuto un’intera esistenza nulla, campata per aria, senza ne’ onore ne’ dignita’, un’esistenza cioe’ falsata da decenni di supremazia bellica, ipocrisia mistica a suo imperituro alibi, e il conseguente secolare furto sistemico di risorse naturali ai danni di tutto il globo. Una finta abbondanza di risorse cioe’ che da una parte gli ha dato l’arrogante impressione di aver scoperto “come funziona il mondo” (cit. Greenspan 2006), dall’altra gli ha tolto umanita’… fino al punto di consumare i propri figli. Cosa c’e’ di piu’ idiota? Per questo mi dispiace per quei giovani italiani; li avrei preferiti in un corpo di polizia, ad arrestare chi ha mandato il nostro esercito in guerra (se ricordi bene all’epoca ci fu’ la dichiarazione di un membro del governo Berlusconi in cui diceva apertamente che la guerra in Afganistan era stata presentata in un certo modo solo per far tacere il custode della Costituzione; l’Italia, in teoria, ripudia la guerra… pero’ per continuare a comprarsi televisori “HD Ready” rifiutati da altri paesi, e altra merda cinese… si puo’ fare pure quella? Allora non siamo: io sono, e voi morite in guerra… quaqquaraqua… altro che “i nostri ragazzi”).

  12. dariofox:

    Mi permetto di contribuire facendo osservare che i nostri soldati sono morti facendo il loro lavoro.

    Come un operaio che muore in una fabbrica in un incendio.

    Per un soldato in missione in Afghanistan era almeno nei rischi possibili.

    Non credo siano morti invano perchè loro lavoravano inannzitutto per mantenere se stessi e le loro famiglie e credo poco agli alti e nobili ideali ma al pane portato a casa.

    Da soldato di leva 8/98 conservo il ricordo che la naja mi ha dato di un’Italia nobile e allo stesso tempo misera nei marescialli e tenenti che ho conosciuto e che ricordo anelare a partire per il Kosovo per vivere un’avventura ben retribuita.
    Onore ai caduti.

  13. mfp:

    dariofox, lungi da me infangare l’onore (se credenti) o la dignita’ (se laici) dei nostri soldati; quelli vivi ancor prima di quelli morti. E so’ gia’ che l’addestramento militare da’ l’idea di una Italia nobile (ie: La Causa Nazionale; il motivo mistico necessario e sufficiente ad impugnare un arma e ammazzare nonostante la paura atavica di essere ammazzati; senza un motivo valido rischi di andare in palla “sul piu’ bello”), ed e’ inevitabile notare la pochezza dei “caporali” (sottoufficiali e sotto-tenenti)… in genere vengono scelti esattamente per quello… sono uomini d’azione con poco cervello… hanno la fondamentale funzione di far muovere il culo all’unita’ base senza pero’ spendere troppo prezioso (e a volte determinante) tempo in pensieri che hanno gia’ fatto altri al posto loro. E nessuno puo’ svolgere meglio di uno che urla senza pensare, quel compito. Che l’esercizio delle funzioni belliche sia cosi’, e’ materia vecchia come il cucco. E pure onore ai caduti sia… per quanto inutile. Anche solo per il fatto che nessuno ci ha mai spiegato perche’ la guerra in Afganistan era cosi’ importante; solo qualche ipotesi di strada, inevitabilmente inaffidabile (es: il gasdotto!). Perche’ sono morti? Per catturare Bin Laden!? Ma se l’amministrazione USA ha chiesto scusa per tutti quegli anni di bugie!? Quando dico “inutili” non voglio offendere i caduti…

 
Creative Commons License
Questo sito è (C) 1995-2024 di Vittorio Bertola - Informativa privacy e cookie
Alcuni diritti riservati secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo
Attribution Noncommercial Sharealike