Abba vive
Stamattina, a Vercelli, è salito sul treno un signore anziano e distinto, sui settant’anni, in giacca e cravatta. Si è distintamente accomodato sulla poltrona davanti a me e ha distintamente estratto una copia de Il Giornale (ormai sui treni Torino-Milano è almeno altrettanto letto di Repubblica).
Io ero lì che ascoltavo i classici degli anni ’90 (tipo, Your Woman di White Town) e non ho potuto fare a meno di ridacchiare amaramente leggendo l’inizio dell’editoriale di Feltri, che sotto il titoletto “Il clima d’odio” sparava a tutta pagina “VOGLIONO UCCIDERE BERLUSCONI” e iniziava parlando di “questa Italia in cui i fanatici e i buzzurri hanno avuto il sopravvento sui cittadini impegnati a produrre e a superare la crisi” (cacchio, sembrano proprio i miei post). Feltri che si lamenta del clima d’odio è un po’ come la Juve che si lamenta degli errori arbitrali, dunque sono passato appropriatamente all’ascolto di Shpalman, e la cosa sarebbe potuta finire lì.
Tuttavia, due minuti dopo è arrivato il controllore, e il signore anziano ha distintamente estratto un biglietto non obliterato. Il controllore non ha detto una parola, nemmeno “non si fa”: ha preso una penna, ha scritto la data sul biglietto e gliel’ha restituito come se fosse la cosa più normale del mondo.
E avendo visto sì torme di controllori ignorare bellamente i gruppi di neri sul treno senza biglietto, ma anche torme di controllori aggrapparsi a qualsiasi stupidaggine se si trovano in maggioranza numerica davanti a una persona in fallo non italiana, ho pensato che in quel momento – su di treno diurno, pieno di italiani, in cui il personale non avrebbe subito alcun pericolo di ritorsioni – se il controllore avesse avuto davanti un immigrato sarebbe finita molto diversamente.
In realtà , quel signore mi sembrava un anziano fragile, di quelli che cercano in Vittorio Feltri le certezze di un tempo che fu, quando i treni arrivavano in orario e non li si doveva condividere con tutte le puttane della Nigeria.
Ma magari era solo uno stronzo.
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