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martedì 24 Novembre 2009, 18:20

Acqua pubblica o acqua privata

Quella per l’acqua pubblica è una battaglia che Grillo porta avanti da anni, e prima di lui già molti altri; dunque in questi giorni sono stato bersagliato da messaggi di indignazione per l’approvazione in Parlamento della legge che permette la privatizzazione del servizio idrico. Al di là dell’ovvia considerazione che l’acqua è un bene vitale e dunque è vitale anche che esso sia gestito nel pubblico interesse anziché come una merce qualsiasi, là dove la privatizzazione è stata fatta le bollette sono andate alle stelle.

Del resto, non vi sfuggirà che al momento quella dell’acqua è l’unica bolletta di cui la maggior parte di noi nemmeno si accorge, al punto che viene emessa al condominio e divisa in maniera presunta, in base agli abitanti degli alloggi, perché le cifre in ballo sono talmente piccole che non vale la pena di installare contatori individuali. Qualcuno deve essersi chiesto: tanto la gente non smetterà comunque di comprare l’acqua, dunque perché non ne facciamo salire il prezzo per intascarci la differenza?

La vicenda è interessante anche perché tocca una questione fondamentale, quella della divisione di ruoli tra pubblico e privato. Molti di coloro che difendono l’acqua pubblica intendono tale difesa nel senso più rigido possibile: secondo loro, l’intero servizio idrico deve essere gestito da una società al 100% pubblica. Io, in linea di massima, non sono d’accordo; specialmente in Italia, è evidente a tutti come molti dei servizi affidati a società pubbliche siano gestiti al minimo indispensabile, se non lasciati allo sfascio, e i casi virtuosi rappresentino una eccezione. E’ utopistico pensare che questo possa cambiare facilmente, per via della mentalità italica per cui ciò che è di tutti non è di nessuno o al massimo è in uso privato alla persona o al partito che lo amministra.

La questione dunque non è se privatizzare o nazionalizzare; la questione è che il pubblico ha un ruolo irrinunciabile rispetto alle risorse fondamentali, quello di indirizzo e controllo. Il fatto che l’azienda che offre il servizio sia pubblica o privata dovrebbe essere irrilevante, perché lo Stato dovrebbe porre regole a garanzia degli interessi della collettività e dovrebbe garantirne il rispetto. All’interno di quelle regole, è poi giusto che un privato cerchi di massimizzare l’efficienza economica e dunque creare benessere, posti di lavoro, buon uso delle risorse: e questo vale anche per l’acqua, dato che la principale fonte di sprechi sono i nostri acquedotti pieni di falle che nessuno ha interesse a tappare.

Come al solito, il vero problema dell’Italia è la svendita dello Stato; la trasformazione dei politici in servi degli interessi economici privati, e l’abolizione per mancanza di risorse del sistema giudiziario. In queste condizioni, tutto il discorso che abbiamo appena fatto va a farsi benedire: perché alle teoriche efficienze del privato si sostituiranno gli arbitrii, le speculazioni e lo sfruttamento per interesse privato di antichi investimenti collettivi, lasciati nelle mani dei soliti amici degli amici; come è già successo per Alitalia, per Telecom, per le autostrade. A questo punto, meglio il servizio pubblico, che poi in molte città, compresa Torino, non è affatto male.

[tags]pubblico, privato, privatizzazione, nazionalizzazione, acqua, servizi[/tags]

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2 commenti a “Acqua pubblica o acqua privata”

  1. Mir:

    Un raro esempio di blog in cui si parla di privatizzazioni in termini realistici.
    Ma perche’ al contrario, in italia stiamo continuando a ragionare come quegli strateghi che perdono via via pezzi di territorio?
    Cosi’ si perde la guerra! Non illudiamoci che il privato faccia meglio, soprattutto il privato italiano, con imprenditori in gran parte discutibili che sempre piu’ reclutano la forza lavoro a PESO e pensano solo ai dividendi, non alla qualita’ del servizio!
    E allora negli anni 60/70/80 come facevano? Le aziende pubbliche non erano un bordello anche allora? Forse allora non si beveva o gonfiavamo il debito pubblico a dismisura per colpa degli acquedotti?
    No!
    E’ che da un po’ di anni a questa parte (una ventina, per quello che mi ricordo) in italia sta accadendo che pubblico=merda e pubblico=si puo’ rubare e malgestire a man bassa. Per cui accade che lo stesso professionista che spesso lavora sia in ambito pubblico che privato, lavora in 2 maniere differenti! Cito qui noti primari d’ospedale, ma gli esempi in tutti i settori sarebbero molteplici.
    E’ il rispetto per la cosa pubblica che manca in Italia!
    Non facilitiamo la vita ai LUPI che vogliono lucrare su quanto resta delle nostre chiappe o tra qualche anno non potremo piu’ nemmeno respirare! Occorre far pressione per cambiare le leggi affinche’ chi ruba il bene pubblico sia “legnato” come si deve, altroche’! Cosi’ come per il fisco, ci farebbe bene imparare un po’ dal modello americano, dove le regole sono chiare e chiudono un occhio e anche due, ma quando si muovono se ti beccano in fallo ti mettono in ginocchio..
    Altro che scudo fiscale!
    Li inchioderei alla sedia certi dirigenti della cosa pubblica.. “No! Ora tu stai li’, NON ti dimetti, ti pago, non 300mila euro all’anno, ti bastano 50mila, ma alla fine devi far funzionare il tutto, ti lego alla sedia! E non te ne vai finche’ non mi dimostri che fai funzionare le cose!”
    Troppo comodo girare al privato con la scusa dell’efficienza per saccheggiare meglio cio’ che resta di infrastrutture create per il benessere comune dalla lungimiranza degli avi..

  2. Piero:

    Spesso nel costo dell’acqua c’è anche il costo della depurazione per quei condomini allacciati alla fognatura pubblica e i costi non sono irrisori, per cui in molti condomini si preferisce ripartire le spese in base alla lettura del contatore installato in ogni appartamento.

    Non è detto che la gestione affidata al pubblico sia meglio di quella affidata al privato, così come viceversa.
    Probabilmente la soluzione sta nel mezzo.

    Il privato mira a fare profitto e si fa passare l’idea che il profitto abbia ricadute positive sulla collettività. In realtà il profitto è l’utile, cioè la differenza tra il valore del prodotto (acqua potabile) dato dal mercato e il suo costo di produzione (potabilizzazione).

    Nel caso dell’acqua, materia prima, bene di tutti, come dovrebbe essere la terra e l’aria, chi stabilisce il suo valore? Se l’acqua è di tutti, anche il profitto dovrebbe essere ripartito tra tutti e ritornare alla collettività. In verità, invece il profitto finisce nelle tasche del privato e solo la parte che viene tassata ritorna al “pubblico”.

    La legge non ribadisce che il profitto proveniente dall’acqua debba essere ripartito tra tutti, perché a quel punto non avrebbe più senso privatizzare l’acqua. Si tratta quindi, dal mio punto di vista, di un abuso legalizzato ai danni del cittadino che non vuole assumersi le sue responsabilità in merito alla gestione di un bene che gli appartiene.

 
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