La guerra civile fredda
Da ieri gira a ciclo continuo sui telegiornali Mediaset un servizio ironico-sfottente che racconta questa storia: l’avvocato di un ladruncolo che arriva in aula prima dell’udienza, butta un occhio sulle carte del giudice e vi trova la sentenza già scritta, prima ancora che il processo cominci. La storia viene ovviamente utilizzata dai media berlusconiani per saltare alle conclusioni: la magistratura è tutta pigra, inefficiente e soprattutto piena di pregiudizi a sfavore degli imputati, tanto da dare per scontato che saranno condannati.
In realtà lo scandalo è relativo: in buona parte dei processi per piccoli reati le cose sono già talmente chiare e provate dall’azione di polizia che effettivamente è difficile che il processo finisca diversamente dalla condanna. Ma la questione interessante è un’altra: c’è, tra gli spettatori di questi media, un’Italia che è effettivamente convinta che la magistratura sia tutta faziosa e forcaiola; un’Italia che, a priori, tifa “contro” la magistratura. E ovviamente c’è la parte opposta, quella degli oppositori di Berlusconi e del suo regime, che dà per scontato che tutte le critiche alla magistratura siano fatte dai criminali per delegittimarla; che tifa “a favore”. La verità sta ovviamente nel mezzo; ci saranno giudici equi e giudici faziosi, giudici coraggiosi e giudici imboscati. Ma questo non interessa più a nessuno: ognuno è assolutamente convinto che la verità stia dalla propria parte.
Il discorso, purtroppo, è più generale. C’è un’Italia per cui Berlusconi è vittima di una campagna di odio e anche di attentati fisici, e c’è un’Italia per cui l’attentato a Berlusconi non è mai avvenuto ed è una sua invenzione ben pianificata. C’è un’Italia in cui la TAV è una grande occasione di sviluppo i cui oppositori sono terroristi che mandano lettere con pallottole, e un’Italia in cui essa è un progetto mafioso concepito con la sola e chiara intenzione di mangiarci sopra.
La via di mezzo non esiste, anzi chi la considera è visto da entrambe le parti come un traditore; e l’informazione, che avrebbe il dovere di essere obiettiva e di calmare le acque, si schiera acriticamente da una parte o dall’altra, avvalorando le certezze di ciascuno, ed essendo considerata ormai soltanto come uno strumento di propaganda per una posizione decisa a priori.
E’ in questo modo che le due fazioni imparano a odiarsi, perché ognuna pensa che l’altra neghi la verità – quella che essa percepisce come verità lampante – e dunque che lo faccia in malafede. Non c’è dialogo e non c’è conciliazione; c’è solo un urlare sempre più forte per sconfiggere l’avversario, anziché convincerlo.
Questa è la sostanza di una guerra civile fredda: una situazione in cui due consistenti gruppi sociali si odiano e si vogliono eliminare a vicenda. Il problema sta nel rischio che prima o poi, in qualche modo, la situazione si scaldi.
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